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L’ITALIA CON LA LIRA ERA UNA DELLE PRIME POTENZE MONDIALI.

Alien.

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L’ITALIA CON LA LIRA ERA UNA DELLE PRIME POTENZE MONDIALI. LA GERMANIA CI STAVA DIETRO, MA CI HA SORPASSATI GRAZIE ALL’EURO

[IMG2=JSON]{"data-align":"none","data-size":"full","src":"https:\/\/forum.lottoced.com\/1"}[/IMG2]DI STOPEURO — APR 3, 2018 IN BASTA EURO / NEWS321
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[IMG2=JSON]{"data-align":"none","data-size":"full","src":"https:\/\/forum.lottoced.com\/1"}[/IMG2]Così Paolo Becchi smaschera i tedeschi: “Così con la Lira li rovinavamo”…!

Secondo molti economisti l’ euro fu costruito sulla base di due principi : la stabilità dei prezzi che assieme all’ equilibrio di bilancio avrebbe dovuto favorire la crescita economica e l’ idea che l’ adozione di una moneta unica avrebbe contribuito alla convergenza della crescita nei diversi Paesi che l’ avessero adottata e del reddito pro-capite. Non vi è dubbio che questi siano i principi “liberisti”, per dare loro la caratterizzazione ideologica che li contraddistingue, posti a fondamento del Trattato di Maastricht, ma sono economicamente validi?

Innanzitutto occorre sottolineare che non c’ è una correlazione positiva tra equilibrio di bilancio e crescita. I principi di Maastricht si fondano su un presupposto che non trova riscontro nell’ analisi economica, ovvero che ridotti livelli di deficit sul Pil aiutino la crescita. Basti pensare a come è stato individuato il criterio del limite del 3% sul Pil, deciso «in meno di un’ ora e senza nessuna base teorica», come racconta il suo inventore, il francese Guy Abeille. Quel parametro del 3% è stato del resto ampiamente contestato. In secondo luogo va osservato che con la lira il reddito procapite dal 1968-1998 era cresciuto del 104%. Dal 1999 (anno in cui viene fissato il cambio irreversibile con l’ euro di 1936,27 lire), al 2016 è invece calato dello 0,75%.

Non è su questo che intendo insistere dal momento che oggi molti ammettono che nessuno di questi due principi si è realizzato. Ma allora è lecito chiedersi: perché quei principi dovevano essere giusti se in pratica sono stati così clamorosamente smentiti dai fatti? L’ idea che spesso si avanza è che i principi fossero buoni e i cattivi siamo stati noi italiani, che non siamo stati abbastanza bravi ad applicarli. Ora, se con il cambio fisso un Paese rinuncia all’ opzione della svalutazione, ci deve essere una contropartita in termini di redistribuzione fiscale. Se questa viene a mancare non c’ è nulla in caso di crisi che possa impedirgli di subire un tracollo che porterà, alla fine, all’ emigrazione come unica alternativa alla povertà o alla fame. Sono cose nella letteratura ampiamente ribadite da validi economisti che mettevano in discussione il modo in cui si intendeva procedere all’ introduzione della moneta unica. E invece abbiamo condiviso la moneta ma non il debito, e questo ci è costato circa 35 miliardi di euro all’ anno.


Se noi oggi ci troviamo con la povertà crescente questo è dovuto proprio alla costruzione dell’ euro. Per molti invece la colpa continua ad essere non dell’ euro, ma del fatto che noi italiani non siamo stati in grado di accettare le «nuove sfide poste dalla globalizzazione». Mettiamo banalmente a confronto la produzione industriale dell’ Italia e della Germania, prima e dopo l’ introduzione della moneta unica. Prima l’ Italia aveva una produzione industriale superiore a quella tedesca e in crescita tra gli anni 1992-1995, proprio grazie alla svalutazione della lira.

Dopo l’ euro, dal 2002 in poi, inizia il sorpasso della Germania nei confronti dell’ Italia, e il meccanismo è dovuto ai differenziali di inflazione più bassi della Germania con i quali ha acquisito competitività rispetto alle nostre merci.

L’ Italia nei primi anni dell’ euro aveva un’ inflazione più alta della Germania, e impossibilitata ad operare una svalutazione del cambio, che le avrebbe consentito di recuperare il terreno perduto nei confronti della produzione industriale tedesca, ha cominciato il suo declino industriale.


Prima dell’ euro eravamo superiori alla Germania, dopo l’ euro ha prevalso invece la Germania che ha sfruttato una moneta fortemente sottovalutata. Mi pare dunque evidente che sia proprio la fissità del cambio ad aver prodotto i problemi che abbiamo oggi.

Ritornando alla lira potremmo svalutare la nostra moneta, e dunque tornare ad essere competitivi, ma ecco pronta la replica: svalutando crescerà l’ inflazione. Vale forse la pena soffermarsi su questo punto. La svalutazione è un deprezzamento del tasso di cambio nominale verso un’ altra valuta; l’ inflazione è l’ aumento annuale di un determinato paniere di beni scelto dall’ Istat come riferimento. È una fake non più tanto news sostenere che il deprezzamento dell’ uno (il cambio) porti all’incremento dell’ altra (l’ inflazione). Non c’ è nessuna evidenza empirica che dimostri che una svalutazione del cambio comporti necessariamente un aumento dell’ inflazione. A questo proposito basta citare la svalutazione della lira verso il marco del 1992, quando era legata ancora allo Sme, l’ accordo di cambi fissi dell’ epoca. Prima del 1992 il cambio fisso era di 750 lire per marco; dal 1992 al 1995 la lira svaluta del 50% verso il marco, ma l’ inflazione addirittura scende dal 5,2% del 1992 al 4,1% del 1994, per poi ritornare al 5,2% del 1995. Come si vede la svalutazione di per sé non ha prodotto l’ incremento dei prezzi e lo stesso può dirsi anche per la svalutazione giapponese del 2012 o quelle di Gran Bretagna e Svezia del 2008.

Su quella svalutazione della lira rispetto al marco è davvero illuminante un discorso tenuto al parlamento tedesco nel 1998 da Ingrid Matthäus-Maier, ai tempi responsabile della politica fiscale della SPD: «Dobbiamo spiegare ai cittadini l’ euro in maniera più comprensibile. Mi ricordo di un caso nel mio collegio elettorale nel 1994. Pochi giorni dopo la svalutazione della lira stavo visitando l’ acciaieria Klöckner -Mannstaedt. Il morale era terra. Dobbiamo licenziare lavoratori, mi dicevano. La lira è andata giù. Cinque giorni dopo gli italiani avevano cancellato tutti gli ordini a quest’ acciaieria tedesca. A causa della svalutazione della lira avrebbero dovuto pagare le fatture in marchi, per farlo servivano molte più lire di quante non sarebbero state necessarie prima. In seguito hanno deciso di spostare tutti gli ordini verso altri paesi. Questi esempi concreti ci mostrano che le turbolenze valutarie sono pericolose anche per il nostro Paese. Per questa ragione l’ euro è una buona cosa, soprattutto per noi».
Effettivamente qui la spiegazione dei vantaggi dell’ euro per i tedeschi è chiarissima. Il cambio fisso ci ha sempre danneggiato, con l’ euro ci sta distruggendo.

via Il Fastidioso
 
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[h=1]DIEGO FUSARO – M5S-LEGA, ORA È IL MOMENTO DEL GOVERNO POPULISTA[/h]
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DI STOPEURO — MAG 16, 2018 IN NEWS
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I mercati si innervosiscono. Scalpitano. Non accettano che i popoli votino altrimenti. Altrimenti rispetto ai desiderata dei signori apolidi del mondialismo turbocapitalistico. Le elezioni del 4 marzo non le hanno digerite. Né poco, né punto. Non ha vinto la destra, non ha vinto la sinistra. Contro ogni aspettativa, ha vinto il basso, il servo precarizzato. E ora fanno di tutto, con i loro uomini istituzionali, per scongiurare il rischio di un governo in Italia che sia populista, cioè in difesa delle masse nazionali-popolari precarizzate e non del Signore mondialista no border.

Stanno per giocare la carta del governo tecnico, sul modello del 2011 e del colpo di Stato finanziario. Occorre evitarlo in ogni modo. Sarebbe la tragedia per il Paese. Sarebbe la vittoria dell’interesse mondialista dei mercati contro l’interesse nazionale delle classi lavoratrici e imprenditoriali. Ordunque, Lega e Cinque stelle operino di concerto.

Debbono governare, insieme, mettendo da parte le differenze. Difendendo gli interessi dei ceti deboli e della massa dannata degli sconfitti della mondializzazione. L’uscita dall’euro e dall’Unione europea è il punto chiave su cui Lega e 5Stelle debbono agire di concerto. È l’orizzonte comune, la base per la risovranizzazione dell’economia e per l’opposizione al mondialismo dei mercati e dei signori apolidi del turbocapitale. Di qui occorre muovere. Prima che sia troppo tardi.

Diego Fusaro

via Il Fatto Quotidiano
 

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ELSA FORNERO UMILIA ANCORA GLI ESODATI: “MANDARE IN PENSIONE PERSONE GIOVANI SIGNIFICA IMPOVERIRLI”.

[IMG2=JSON]{"data-align":"none","data-size":"full","src":"https:\/\/forum.lottoced.com\/1"}[/IMG2]DI STOPEURO — MAR 7, 2018 IN NEWS608
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Col solito ghigno beffardo, Elsa Fornero si è fatta nuovamente vedere in televisione. Dopo il trionfo di Matteo Salvini al voto – un trionfo dovuto anche alla campagna contro di lei e contro la sua sciagurata riforma delle pensioni -, la ministra delle Lacrime era ospite a DiMartedìdi Giovanni Floris. E, ancora una volta, difendeva la sua riforma affermando che smantellarla sarebbe sostanzialmente una follia.

E tra le varie prese di posizione della Fornero, una ha colpito e fatto più male delle altra: “Mandare in pensione gente giovane vuol dire ritrovarla impoverita dopo pochi anni”, ha affermato. Insomma, Elsa parla di “giovani in pensione“. Ma quali? Già, perché dopo la sua riforma, tra le più rigide in Europa, di giovani in pensione non ce ne sono più, almeno tra i privati. Vuoi vedere che forse si riferiva ai “giovani” esodati a cui ha rovinato la vita? Andate a dirlo a loro che se fossero andati in pensione, anni dopo, si sarebbero ritrovati “impoveriti”…

via Libero
 
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[h=1]GOVERNO, BEPPE GRILLO: “POSSIAMO TROVARE UN ACCORDO”. E INSISTE SUL REFERENDUM CONSULTIVO SULL’EURO: “SIAMO FAVOREVOLI”[/h]
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DI STOPEURO — MAG 16, 2018 IN NEWS131
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Il fondatore del M5s intervistato da Newsweek il 20 aprile rilancia il colloquio sul suo blog in occasione della pubblicazione: “Potrebbe essere una buona idea avere due Euro, per due regioni economiche più omogenee. Uno per l’Europa settentrionale e uno per l’Europa meridionale”. Sull’immigrazione: “Flussi da controllare, problema non può essere lasciato in mano alle ong”

“Ci vorrà ancora un po’ di tempo, ma accadrà”. In un’intervista a Newsweek Beppe Grillo si dice convinto che “possiamo trovare un accordo”. La via per raggiungere l’intesa, secondo il fondatore del M5s, è puntare “a ridurre le imposte per le piccole e medie imprese” e “a un reddito di cittadinanza“, quindi a “migliorare la vita delle persone”.

Temi caldi – Dichiarazioni, quelle del fondatore dei Cinque Stelle, rilasciate il 20 aprile prima del suo spettacolo Insomnia ad Ancona, nell’ultimo giorno del mandato esplorativo della presidentessa del Senato, Maria Elisabetta Alberti Casellati per tentare di trovare un accordo che coinvolgesse tutto il centrodestra. L’intervista, in edicola il 14 maggio, viene rilanciata dal blog del garante nel pieno della discussione con la Lega – proprio l’unico pezzo della coalizione con cui Di Maio insisteva in quei giorni di voler dialogare – per trovare un accordo che permetta di dare un governo al Paese. E tocca molti dei temi caldi del contratto che le due forze politiche stanno cercando di stendere.

“Sì al referendum consultivo” – Sull’Unione Europea, Grillo si dice nuovamente favorevole a un “referendum consultivo” sull’Euro. Un concetto già espresso il 4 maggio scorso, con Luigi Di Maio che aveva definito il fondatore “uno spirito libero” e assicurato che la posizione dei pentastellati non sarebbe cambiata. “Potrebbe essere una buona idea avere due Euro, per due regioni economiche più omogenee – si legge nell’intervista – Uno per l’Europa settentrionale e uno per l’Europa meridionale”.

“Ue disfunzionale” – L’Unione europea “in passato aveva molti meriti, ma ora è disfunzionale, ha bisogno di riforme”, spiega. Il Parlamento europeo “non ha alcun potere, le decisioni sono prese dai commissari” e “se si guarda a chi siede nelle commissioni, si trova un politico circondato da sette lobbisti”. La visione del M5s per l’Europa, aggiunge, “si ispira al modello svizzero di democrazia diretta“.

“Flussi migratori da controllare” – Parlando di immigrazione, invece, il garante dice che “devono essere controllati” perché “dobbiamo sapere chi entra in Italia” e, riferendosi alle ong, sostiene che “il problema non dovrebbe essere lasciato a gruppi non governativi sovradimensionati”. Altro tema caldo nel confronto con la Lega per la formazione del governo è quello legato ai rapporti con Mosca. Secondo Grillo, Vladimir Putin è “certamente una persona che ha idee chiare, non lo temo affatto”. La Russia, spiega, “vuole fare commercio, non la guerra” e “l’antiputinismo ci costa miliardi in sanzioni”. Sul paragone proposto da Newsweek tra lui e Donald Trump, entrambi provenienti dal mondo dello spettacolo, Grillo osserva “che i media mainstream erano così totalmente contro di lui che, alla fine, lo hanno aiutato. Lo stesso è accaduto con il Movimento Cinque Stelle. I media hanno ottenuto l’opposto di quanto mirassero. Lo stesso è accaduto con Brexit“.

Il suo ruolo nel M5s – Riguardo al suo ruolo all’interno del M5s, il garante si definisce un “mecenate”: “Avete mai sentito parlare de “La mossa dell’immortale” durante una partita a scacchi? Quando un giocatore sacrifica i pezzi più importanti per vincere con una sola pedina? Questo è il mio caso. Sono una sorta di padre nobile, un mecenate”. Grillo assicura che “lo osservo dall’esterno e interverrei solo se si perdessero di vista i principi“. Fondamenti di sinistra o di destra? “Come il populismo sono concetti privi di senso. Incomprensibili per le nuove generazioni – spiega – L’intelligenza artificiale sta distruggendo il mondo del lavoro tradizionale. I vecchi Stati nazionali sono stati svuotati dall’interno e stiamo tornando all’era delle Città-Stato“.

Fonte: https://www.ilfattoquotidiano.it/20...consultivo-sulleuro-siamo-favorevoli/4359045/
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[h=1]MA QUALE EURO, CHI NE STA FUORI DIVENTA RICCO: ECCO LA LISTA DEI NUOVI MILIONARI[/h]
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DI STOPEURO49
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C’è vita fuori dall’euro, e soprattutto c’è denaro. Lo dimostra un indicatore poco conosciuto, l’HNWI, cioè l’High Net Worth Individual, usato nel mondo del private banking che individua quelle persone che possiedono un alto patrimonio netto, di solito rappresentato da un minimo di un milione di dollari. Insomma, è quell’indicatore che ci dice quanti e in quale percentuale relativamente a uno o più Paesi hanno messo via abbastanza soldi tra case (esclusa quella in cui vive), liquidi e asset finanziari da avere una vita più che decorosa o perfino da ricchi. Ebbene questo HNWI sviluppato nel World Wealth Report da CapGemini ci dice che nel corso dell’ultimo anno la crescita globale dei benestanti è stata dell’8,2% contro il 4% del 2015. Ma soprattutto ci dice che la facoltosa Europa dell’euro è al di sotto di questa media con una crescita del 7,7%, mentre l’Europa fuori dell’euro e della Ue cresce del doppio se non di più.

La Norvegia e la Svezia ad esempio hanno conosciuto un boom di «milionari», pari al 13% di crescita per entrambi. Nell’Europa area euro solo i Paesi Bassi sono riusciti a tener loro testa con un 13,7%. Anche l’Italia non si è battuta male, con un 10% in più rispetto al 2015 (da 229 a 252), ma i nostri nuovi benestanti annuali sono sempre la metà di quelli francesi (579 nel 2016) e addirittura un quinto di quelli tedeschi (1280 in più nel 2016). Nell’area geografica europea la miglior performance dell’HNWI è stata registrata a sorpresa dalla Russia, cresciuta del 19,7% nonostante le sanzioni europee e americane, il forte ribasso del prezzo del petrolio e la crisi del rublo.

Il dato molto basso della Gran Bretagna, tra i fanalini di coda con il 3%, spiega al contrario la sofferenza economica di un Paese che ha trovato nella Brexit la soluzione dei suoi problemi. L’esperto di finanza della CapGemini Johan Bergström spiega invece che l’aumento dei nuovi benestanti nei Paesi scandinavi è dovuto principalmente all’aumento del prezzo delle case, alla crescita delle Borse e alle economie forti e stabile. Al contrario, dice, nei Paesi asiatici la crescita dei nuovi ricchi (attorno al 10% un po’ ovunque) dipende dagli investimenti e dalle nuove imprese che vengono continuamente aperte.

CapGemini prevede che la ricchezza complessiva dei HNWI del mondo supererà i centomila miliardi di dollari entro il 2025, il 60% dei quali distribuiti in quattro Paesi: Usa, Giappone, Germania e Cina. Secondo un’altra recente classifica di HNWI stilata da Credit Swiss attualmente la maggior concentrazione di persone che possiedono più di un milione di dollari si trova negli Stati Uniti, seguiti da Giappone, Gran Bretagna e Germania. Sempre secondo questa classifica l’Italia è settima con 1 milione e 132 mila benestanti, con una media per adulto di 104mila dollari. Destinata però, insieme al resto d’Europa, a fare più di un passo indietro. Tranne la Germania, ovvio.

Fonte: qui
 

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