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[h=1]Sardegna, la strage nascosta[/h] [h=2]Una serie impressionante di decessi per leucemie e tumori. Ma anche casi di malformazioni e altre malattie. Nel sud est dell'isola, dove nel poligono militare venivano testate armi anche radioattive. La Procura ha disposto la riesumazione di 18 salme e il sequestro di 160 cartelle cliniche. Sotto accusa tre generali. Ecco le foto dell'area[/h] DI PAOLO BIONDANI
Poligono sperimentale. Basta tradurre il concetto per misurare l'assurdità: un territorio dove militari italiani, eserciti stranieri e perfino industrie private hanno potuto per decenni provare armi segrete, esplosivi, missili e ordigni micidiali. Un fronte interno, il teatro di guerra simulata più grande d'Europa, incredibilmente collocato tra spiagge, pascoli e paesi abitati della fascia sud-est della Sardegna.
Qui, nei 130 chilometri quadrati di area off-limits del poligono sperimentale del Salto di Quirra, sono stati testati per cinquant'anni i più micidiali prototipi di nuove tecnologie belliche. Nessuno sa quali armi e quali sostanze siano state utilizzate: finora il segreto militare ha coperto gran parte delle attività. Di certo negli ultimi mesi un'inchiesta giudiziaria sta cercando di far luce su una serie impressionante di decessi e malformazioni. Un anno fa un primo rapporto aveva attestato che il 60 per cento dei pastori che condividevano i terreni del poligono con i militari sono morti o si sono ammalati di leucemia o tumori emolinfatici. Ora la procura competente di Lanusei ha ordinato la riesumazione della salme di 18 vittime e disposto accertamenti su un totale di 160 cartelle cliniche di persone colpite da quella che molti cittadini qui ormai chiamano la «sindrome di Quirra».
"L'Espresso" pubblica in esclusiva le prime immagini della «zona brillamenti», l'area a più alto rischio di contaminazione: ettari di terra devastata da sistematiche esplosioni di tonnellate di materiale bellico da smaltire al riparo da sguardi indiscreti.
Una distesa di crateri e carcasse metalliche che, come aveva anticipato una nostra inchiesta , è stata utilizzata per anni come una specie di discarica di guerra. Le consulenze tecniche fatte eseguire dalla magistratura ora documentano, tra l'altro, un'elevata contaminazione da torio, un metallo pesante, radioattivo e altamente cancerogeno, che per anni veniva utilizzato nei sistemi di puntamento.
In tutta la zona si registrano gravissime malformazioni anche negli animali: agnelli con due teste, vitelli con zampe deformi e altri orrori.
Sulla scia degli studi dei fisici e dei veterinari che per primi lanciarono l'allarme, ora gli inquirenti hanno riaperto anche il caso dei 14 bambini nati nel 1988 con gravi malformazioni a Escalaplano, uno dei comuni confinanti con il poligono.
Nei giorni scorsi il procuratore Domenico Fiordalisi ha chiuso la prima fase delle indagini, quella che riguarda le mancate misure di prevenzione dei danni alla salute della popolazione e la presunta manipolazione dei dati sul reale livello di inquinamento prodotto da oltre mezzo secolo di sperimentazioni ed esercitazioni belliche di fatto incontrollate: erano infatti gli stessi utilizzatori del poligono, cioè gli eserciti anche stranieri e le industrie private che venivano autorizzate ad affittare la struttura, ad auto-certificare la regolarità delle operazioni.
Sotto accusa, in particolare, sono finiti tre generali che negli ultimi anni si sono avvicendati al comando del poligono, con esclusione dell'attuale responsabile, nominato di recente.
Dopo sei mesi di sequestro giudiziario dell'intero poligono, nel settembre scorso il ministero della Difesa si è formalmente impegnato a mettere in sicurezza le strutture, impermeabilizzare i terreni e a bonificare l'area. In cambio la procura ha concesso il dissequestro, restituendo il poligono al controllo delle forze armate. Tra ministero e magistratura continua però un silenzioso braccio di ferro attorno al pieno ed effettivo rispetto delle misure imposte con l'ordinanza di sequestro, a cominciare dalla recinzione completa delle zone con i più alti valori di contaminazione.
Ultimate le indagini ambientali, la procura di Lanusei conta di chiudere entro la primavera prossima anche il capitolo più delicato dell'inchiesta: il rapporto tra le operazioni militari e l'abnorme numero di casi di tumori e malformazioni denunciati da comitati di cittadini, parenti di allevatori, militari e loro familiari. Da almeno dieci anni gruppi locali e associazioni nazionali segnalavano inutilmente decine e decine di morti sospette. E dal settembre scorso, sull’esempio della madri dei desaparecidos argentini di Plaza de Mayo, ogni 15 del mese alcuni di questi gruppi si ritrovano in Piazza del Carmine a Cagliari in un sit-in per chiedere verità e giustizia.
Dopo i clamorosi sviluppi giudiziari, anche la Regione Sardegna con l'Istituto superiore di sanità ha avviato una nuova indagine epidemiologica, mentre la commissione parlamentare d'inchiesta sull'uranio impoverito ha effettuato sopralluoghi anche nei giorni scorsi in tutti i poligoni sardi. La regione su cui grava il 60 per cento del demanio militare italiano.
Le immagini pubblicate da "L'Espresso" fanno parte dell'archivio di documenti, materiali video e testimonianze raccolte dai giornalisti Carlo Porcedda e Maddalena Brunetti per il libro-inchiesta "Lo sa il vento – Il male invisibile della Sardegna" (Edizioni Ambiente, collana Verdenero, con prefazione del musicista Paolo Fresu), dedicato al poligono di Quirra e alle altre emergenze ambientali, dalle industrie inquinanti alle miniere abbandonate, che affliggono l'isola: una regione che custodisce gli ultimi paradisi naturali del Mediterraneo.
Qui, nei 130 chilometri quadrati di area off-limits del poligono sperimentale del Salto di Quirra, sono stati testati per cinquant'anni i più micidiali prototipi di nuove tecnologie belliche. Nessuno sa quali armi e quali sostanze siano state utilizzate: finora il segreto militare ha coperto gran parte delle attività. Di certo negli ultimi mesi un'inchiesta giudiziaria sta cercando di far luce su una serie impressionante di decessi e malformazioni. Un anno fa un primo rapporto aveva attestato che il 60 per cento dei pastori che condividevano i terreni del poligono con i militari sono morti o si sono ammalati di leucemia o tumori emolinfatici. Ora la procura competente di Lanusei ha ordinato la riesumazione della salme di 18 vittime e disposto accertamenti su un totale di 160 cartelle cliniche di persone colpite da quella che molti cittadini qui ormai chiamano la «sindrome di Quirra».
"L'Espresso" pubblica in esclusiva le prime immagini della «zona brillamenti», l'area a più alto rischio di contaminazione: ettari di terra devastata da sistematiche esplosioni di tonnellate di materiale bellico da smaltire al riparo da sguardi indiscreti.
Una distesa di crateri e carcasse metalliche che, come aveva anticipato una nostra inchiesta , è stata utilizzata per anni come una specie di discarica di guerra. Le consulenze tecniche fatte eseguire dalla magistratura ora documentano, tra l'altro, un'elevata contaminazione da torio, un metallo pesante, radioattivo e altamente cancerogeno, che per anni veniva utilizzato nei sistemi di puntamento.
In tutta la zona si registrano gravissime malformazioni anche negli animali: agnelli con due teste, vitelli con zampe deformi e altri orrori.
Sulla scia degli studi dei fisici e dei veterinari che per primi lanciarono l'allarme, ora gli inquirenti hanno riaperto anche il caso dei 14 bambini nati nel 1988 con gravi malformazioni a Escalaplano, uno dei comuni confinanti con il poligono.
Nei giorni scorsi il procuratore Domenico Fiordalisi ha chiuso la prima fase delle indagini, quella che riguarda le mancate misure di prevenzione dei danni alla salute della popolazione e la presunta manipolazione dei dati sul reale livello di inquinamento prodotto da oltre mezzo secolo di sperimentazioni ed esercitazioni belliche di fatto incontrollate: erano infatti gli stessi utilizzatori del poligono, cioè gli eserciti anche stranieri e le industrie private che venivano autorizzate ad affittare la struttura, ad auto-certificare la regolarità delle operazioni.
Sotto accusa, in particolare, sono finiti tre generali che negli ultimi anni si sono avvicendati al comando del poligono, con esclusione dell'attuale responsabile, nominato di recente.
Dopo sei mesi di sequestro giudiziario dell'intero poligono, nel settembre scorso il ministero della Difesa si è formalmente impegnato a mettere in sicurezza le strutture, impermeabilizzare i terreni e a bonificare l'area. In cambio la procura ha concesso il dissequestro, restituendo il poligono al controllo delle forze armate. Tra ministero e magistratura continua però un silenzioso braccio di ferro attorno al pieno ed effettivo rispetto delle misure imposte con l'ordinanza di sequestro, a cominciare dalla recinzione completa delle zone con i più alti valori di contaminazione.
Ultimate le indagini ambientali, la procura di Lanusei conta di chiudere entro la primavera prossima anche il capitolo più delicato dell'inchiesta: il rapporto tra le operazioni militari e l'abnorme numero di casi di tumori e malformazioni denunciati da comitati di cittadini, parenti di allevatori, militari e loro familiari. Da almeno dieci anni gruppi locali e associazioni nazionali segnalavano inutilmente decine e decine di morti sospette. E dal settembre scorso, sull’esempio della madri dei desaparecidos argentini di Plaza de Mayo, ogni 15 del mese alcuni di questi gruppi si ritrovano in Piazza del Carmine a Cagliari in un sit-in per chiedere verità e giustizia.
Dopo i clamorosi sviluppi giudiziari, anche la Regione Sardegna con l'Istituto superiore di sanità ha avviato una nuova indagine epidemiologica, mentre la commissione parlamentare d'inchiesta sull'uranio impoverito ha effettuato sopralluoghi anche nei giorni scorsi in tutti i poligoni sardi. La regione su cui grava il 60 per cento del demanio militare italiano.
Le immagini pubblicate da "L'Espresso" fanno parte dell'archivio di documenti, materiali video e testimonianze raccolte dai giornalisti Carlo Porcedda e Maddalena Brunetti per il libro-inchiesta "Lo sa il vento – Il male invisibile della Sardegna" (Edizioni Ambiente, collana Verdenero, con prefazione del musicista Paolo Fresu), dedicato al poligono di Quirra e alle altre emergenze ambientali, dalle industrie inquinanti alle miniere abbandonate, che affliggono l'isola: una regione che custodisce gli ultimi paradisi naturali del Mediterraneo.