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[h=1]Tangenti a Ischia: spuntano Kyenge, Zingaretti e Sposetti[/h] [h=2][/h]
Nelle carte di Henry John Woodcock c'è dentro mezzo Partito democratico. Ecco tutti i politici finanziati dalla cooperativa rossa

Sergio Rame - Mar, 31/03/2015 - 10:08
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Nelle carte di Henry John Woodcock c'è dentro mezzo Partito democratico.
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Nessuno è indagato. Eppure, in un modo o nell'altro, sono molti i personaggi di spicco del Nazareno su cui la procura di Napoli ha messo gli occhi per i rapporti che in questi anni hanno intessuto con la Cpl Concordia, la cooperatica rossa che "oliava" con il sindaco di Ischia Giuseppe Ferrandino con tangenti e favori.

Quello di Massimo D'Alema è il nome che ieri ha fatto più rumore. Nelle carte dell'inchiesta della procura di Napoli sulla metanizzazione di Ischia sono finiti i tre bonifici da 20mila euro ciascuno alla fondazione "Italianieuropei". Nella lista dei finanziamenti erogati dalla cooperativa Cpl Concordia ci sono, però, anche altre donazioni illustri. Come prescrive la legge, sono tutte registrate regolarmente negli uffici della tesoreria della Camera dei deputati. Ecco dunque i 2mila euro protocollati il 5 agosto del 2014 e destinati all’ex ministro per l'Integrazione Cécile Kyenge e i 10mila stanziati nel 2013 a sostegno della Lista Civica Nicola Zingaretti.

Il 2 maggio 2013 è stato staccato un finanziamento da 10mila euro per il senatore del Pd, già tesoriere dei Ds, Ugo Sposetti. Altri 10mila euro sono stati versati al Comitato Ambrosoli Presidente nel 2013. E ancora: 6mila euro sono stati donati al Pd Comitato Provvisorio Città di Roma, mentre 15mila euro sono andati, sempre nel 2013, al Partito democratico di Ferrara.
 
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AI DOMICILIARI [h=1]Sanità, arrestati il segretario regionale Pd Bocci e l'assessore Barberini[/h]
12.04.2019 - 23:10
Il segretario del Pd dell'Umbria Gianpiero Bocci e l'assessore regionale alla Salute e coesione sociale Luca Barberini sono stati arrestati dalla guardia di finanza nell'ambito dell'indagine della procura di Perugia su alcune irregolarità che sarebbero state commesse in un concorso per assunzioni in ambito sanitario. Nei confronti dei due sono stati disposti i domiciliari. Stesso provvedimento per il direttore generale dell'Azienda ospedaliera Emilio Duca e per il direttore amministrativo della stessa azienda.

Sono 35 gli indagati nell’inchiesta sulle presunte irregolarità nei concorsi per le aziende ospedaliere umbre e sarebbero otto le procedure di selezione del personale "condizionate illecitamente" durante il periodo delle intercettazioni telefoniche che hanno portato all’inchiesta sulla sanità umbra. "L’alterazione dei risultati della selezione - si legge nell’ordinanza del gip di Perugia - è avvenuta mediante reiterati reati di rivelazione di segreti d’ufficio, falso ideologico in atto pubblico e abuso d’ufficio compiuti mediante la comunicazione a terzi interessati delle tracce d’esame, e inoltre indirizzando la Commissione in ordine alle valutazioni da assegnare ai candidati".

Nell’ordinanza d’arresto del gip di Perugia che ha portato alla luce lo scandalo della sanità umbra si legge tra l’altro di una presunta "alterazione della procedura concorsuale consistita nella manipolazione dell’esito del sorteggio dei componenti della commissione esaminatrice".

Un video documenta come il direttore generale dell’ospedale di Perugia, Emilio Duca, "avesse con sé le tracce delle prove scritte del concorso e le dovesse portare in ’consiglio regionale', per consegnarle all’assessore regionale Luca Barberini, il quale risulterà in effetti dal prosieguo delle conversazioni il soggetto più interessato all’esito della procedura e quello anche più ascoltato". Questo emerge ancora dall’ordinanza emessa dal gip di Perugia. In particolare, l’ordinanza fa riferimento alla "conversazione intercettata" e alle "immagini captate presso l’ufficio di Maurizio Valorosi il giorno prima delle prove scritte".

Tra le conversazioni captate all’interno dell’ufficio di Emilio Duca, tra gli indagati dell’inchiesta di Perugia sulla sanità, lo stesso Duca "indicava chiaramente come sponsor" di uno dei candidati da ’sponsorizzare' a scapito di altri candidati ai concorsi per incarichi ospedalieri un certo "assessorato", riferendo "inoltre di un colloquio avuto in proposito anche con la presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini", si legge sempre nell’ordinanza del gip di Perugia.

A Bocci il gip fa riferimento per due conversazioni intercettate all’indagato Duca, dg dell’ospedale di Perugia. Nella prima, del 9 maggio 2018, Duca parla con Alvaro Mirabassi, vicepresidente del Consiglio Comunale di Perugia: "Anche il Mirabassi chiede di avere le tracce della prova scritta che si terrà il 16 maggio e il Duca lo rassicura aggiungendo inoltre che avrebbe dovuto darle anche a ’Gianpiero' (dovendosi intendere evidentemente l’onorevole Bocci)", si legge nell’ordinanza. Nella seconda intercettazione e in altre a seguire si conferma "la necessità avvertita da entrambi di far combaciare i diversi interessi clientelari, in particolare quelli segnalati dai predetti Barberini (assessore regionale alla Salute, ndr) e Bocci, al quale, ultimo, il Duca ripromette di consegnare le tracce scritte l’indomani". Il gip riporta l’intercettazione nella quale Duca dice: "Ah, anche Bocci è a Roma, me lo ha detto lui, ora gli mando un messaggio e domani pomeriggio, quando tornava su, gli porto le domande".

Intanto dopo l’autosospensione del segretario regionale dell’Umbria, il segretario del Pd, Nicola Zingaretti, ha deciso immediatamente di nominare commissario il presidente della Federazione regionale,Walter Verini.
 
ROMA
Venerdì, 27 aprile 2018 - 16:04:00[h=1]Regione Lazio, il Tar commissaria Zingaretti su piano rifiuti[/h] [h=2]Rifiuti, il responsabile nel Lazio di Energie per l'Italia rivela la "bacchettata" al governatore Zingaretti[/h]
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di Donato Robilotta [h=3]Il Tar del Lazio con la sentenza n. 04524/2018, pubblicata il 24 Aprile, torna a bacchettare la Regione Lazio sulle sue inadempienze sul piano rifiuti e arriva addirittura a commissariare Zingaretti[/h]


Il Tar con questa sentenza ricorda che la Regione Lazio è rimasta inadempiente rispetto alle prescrizione di una sentenza del 2016, che obbligava la giunta Zingaretti a “ individuare la rete integrata ed adeguata di impianti di smaltimento rifiuti in ambito regionale”.

Quella sentenza del Tar, la n. 2902/2016, non è stata impugnata e dunque è passata in giudicato e la giunta Zingaretti avrebbe dovuto ottemperare entro il 30 settembre 2016, mentre è rimasta inerme.

Come si ricorderà il Tar in quella occasione aveva bacchettato la Regione annullando un atto amministrativo che impediva di portare rifiuti fuori regione perché, pur in presenza di direttive europee in materia di prossimità, c’è sul nostro territorio una situazione di “deficit di smaltimento”.

Ed aveva anche chiarito che l’obbligo di “creare la rete integrata ed adeguata di gestione rifiuti spetta alla Regione e non allo Stato”, come aveva provato a difendersi impropriamente l’amministrazione regionale.

Come si sa il problema è la mancanza del sito della discarica di servizio a Roma, ed infatti la Regione in sede di difesa ha provato a scaricare le responsabilità sulla città Metropolitana di Roma Capitale, rea di non aver ottemperato alla sua competenza di individuare i siti idonei sul proprio territorio.

E sempre a difesa la Regione spiega che ha approvato la delibera n. 199/2016 sul fabbisogno ma non ha potuto approvare ancora il piano proprio per le mancate risposte sui siti da parte delle Province e della Città Metropolitana.Probabilmente in Regione si sono dimenticati che proprio in quell’atto è scritto nero su bianco, anche in maniera drammatica, che tutte le discariche del Lazio sono in via di esaurimento e che da qui al 2026 c’è la impellente necessità di trovare volumetrie per circa 10 milioni di mc.

Il Tar Lazio bacchetta la Regione spiegando che la delibera 199/2016 sul fabbisogno non ha niente a che vedere con l’ottemperanza della sentenza n. 2902/2016 sulla rete integrata degli impianti di smaltimento e che l’eventuale inadempimento di enti territoriali sub-regionali non esime “la Regione da responsabilità, avendo la stessa omesso di esercitare i doverosi poteri sostituitivi”

.Insomma tradotto significa che Zingaretti di fronte all’ inerzia della Città Metropolitana avrebbe dovuto commissariare la Sindaca Raggi e individuare lui il sito della discarica di servizio, perché la competenza primaria sulla gestione del ciclo dei rifiuti è della Regione.D’altra parte era proprio quello che aveva chiesto il Ministero dell’ambiente nel Gennaio scorso quando aveva intimato alla Raggi di provvedere a individuare la discarica e ammonito Zingaretti a utilizzare i poteri sostitutivi che la legge gli assegna.

Nel dispositivo finale il Tar del Lazio afferma con forza “l’obbligo della Regione Lazio di dare esecuzione nel termine di 60 giorni alla sentenza n. 2902/2016” e dispone che, “in caso di inutile decorso del termine assegnato, per l’ottemperanza all’esecuzione della predetta sentenza, provveda il Commissario ad acta, nominato sin d’ora nella persona del Prefetto di Roma o di un funzionario da lui delegato, per l’adozione dei provvedimenti di esecuzione, entro ulteriori 60 giorni dalla scadenza del termine assegnato”.

Insomma entro Giugno Zingaretti deve decidere sul sito della discarica altrimenti provvederà il Prefetto di Roma nominato commissario ad acta, e forse è proprio quello che vogliono sia la Sindaca di Raggi, che con il movimento 5 stelle continua a dire no a discariche e no ai termovalorizzatori, sia il Presidente della Regione, incapaci entrambi di assumersi le proprie responsabilità di governo
 
INDOVINA CHI è IL MANDANTE ? POTEVA CAPITARE A TE.
[h=2]Molestie finte e morti vere: il “caso zero” dei bimbi rubati[/h] Biella - Vent’anni prima dell’inchiesta sul sistema di Reggio Emilia, una famiglia di quattro persone si è suicidata durante il processo per accuse di pedofilia. Nella vicenda gli stessi protagonisti di oggi
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di Selvaggia Lucarelli | 6 Luglio 2019

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Il 5 giugno del 1996, a Sagliano Micca, provincia di Biella,
si suicidarono quattro persone. Insieme, dopo aver lasciato delle lettere d’addio, scesero nel garage di casa, entrarono in una Fiat Uno verde, mandarono giù qualche pasticca di sonnifero e respirarono il gas di scarico fino a morire. Erano Alba Rigolone (66 anni), suo marito […]
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[h=5]QUESTO è ISTIGAZIONE AL SUICIDIO[/h]
ASSASSINI DEL POPOLO ITALIANO INDOVINA CHI ?
 
CHI PECORA SI FA LUPO SE LA MANGIA.(ITALIA)
[h=1]Piacenza: "sono un profugo, non pago la spesa". Gambiano in manette[/h] [h=2][/h]
Il finto profugo, che in realtà è risultato essere senza fissa dimora e con precedenti, ha poi spintonato un addetto del supermercato ed inveito contro i carabinieri intervenuti. Portato davanti al giudice con fare arrogante ha ribadito il concetto: "Non ho fatto nulla, non so perchè sono qui. Posso fare ciò che voglio"

Salvatore Di Stefano - Lun, 08/07/2019 - 14:36
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Un gambiano di 23 anni è finito in manette a Piacenza con le accuse di rapina impropria, resistenza a pubblico ufficiale e rifiuto di fornire le proprie generalità.


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Secondo i media locali l'africano si era presentato pochi giorni fa alla cassa di un supermercato della città emiliana ma, anziché provvedere al regolare pagamento della merce, aveva detto all'attonita cassiera: "Non pago, sono un profugo. Non mi potete fare niente: siamo in Italia". Non contento il 23enne aveva anche spintonato un addetto ed inveito contro i carabinieri intervenuti dopo la segnalazione del personale.

I successivi controlli hanno fatto emergere che il finto profugo in realtà era senza fissa dimora ed inoltre sul suo capo già pendevano alcuni precedenti. Vista la situazione lo straniero è stato processato per direttissima ma neanche in tribunale si è rabbonito, dispensando sguardi di sfida a chiunque e ribadendo con naturalezza al giudice le sue convinzioni: "Non ho fatto nulla, non so perché sono qui. Posso fare ciò che voglio, sono un profugo“ .

Per concludere, al momento della comunicazione della custodia cautelare in carcere, l'africano ha tentato di reagire ed è stato bloccato dagli agenti di polizia penitenziaria che lo tenevano sotto controllo. Il processo nel frattempo è stato rinviato al prossimo mese di ottobre, così come richiesto dall'avvocato difensore.



SPIACENTI MA IL PD DEVE SPARIRE SAPETE COME SI FA ,GIUSTO?
 
[h=1]Nicola De Felice, l'ammiraglio della Marina contro le ong: "Ma quali aiuti umanitari? Salvini ha stra-ragione"[/h]
8 Luglio 2019

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Non solo Matteo Salvini sostiene che le ong siano, seppur indirettamente, al servizio degli scafisti, facilitando il loro lavoro. In tal senso, e in modo nettissimo, si esprime anche l'ammiraglio della Marina, De Felice, intervistato dal Tg4 e rilanciato sui social da Silvia Sardone. "Salvini non ha ragione, ha stra-maledettamente ragione. E c'è un popolo, quello del buonsenso, che lo segue e condivide le sue iniziative - sottolinea il militare -. Dobbiamo smetterla di credere ai falsi aiuti umanitari delle ong. Sono responsabili del fenomeno di attrazione che i vari schiavisti e mercanti di uomini attuano perché sono dei pirati e hanno ben chiaro movimenti e rotte delle navi ong. Io non sono un giurista, ma un militare, e quando si prendono iniziative giudiziarie o politiche verso le leggi dello Stato italiano o delle norme internazionali ratificate dal Parlamento italiani, bisogna muoversi con cautela. Dobbiamo conoscere le conseguenze che ne derivano. In particolare quando vengono messe in discussione le competenze delle forze dell'ordine, come nel caso della Guardia di Finanza", conclude De Felice. Parole fortissime, quelle del militare, che spara ad alzo zero contro le ong. Rilanciando il video sui social, la Sardone commenta come le parole del militare confermino "la bontà dell'azione di Salvini" e smontino "le tesi della sinistra radical chic".

Leggi anche: Alan Kurdi, autorizzato lo sbarco a Malta
 

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