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Cassazione choc: "Risarcite i migranti della Diciotti"

Storia di Luca Fazzo
• 17 ora/e•
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Cassazione choc: Risarcite i migranti della Diciotti

Cassazione choc: "Risarcite i migranti della Diciotti"
È la magistratura, e non la politica, a poter decidere se una nave carica di migranti può entrare in un porto italiano. È questo il principio che ieri i giudici della Cassazione mettono nero su bianco, con una sentenza destinata a rendere incandescente lo scontro tra governo e giudici sul tema della giustizia. Le Sezioni unite, il massimo organo della Cassazione, condannano il governo italiano a risarcire uno dei 177 migranti che nell'agosto 2018 vennero trattenuti per alcuni giorni a base della motonave Diciotti della Guardia Costiera, che li aveva soccorsi al largo di Lampedusa.





È la stessa vicenda per cui il tribunale di Catania voleva processare per sequestro di persona il ministro degli Interni Matteo Salvini, ma che venne stoppata dal rifiuto dell'autorizzazione a procedere da parte del Parlamento: per il Senato i provvedimenti assunti in quei giorni dal governo e in particolare dal ministro Salvini rientravano appieno nella sfera dell'attività politica di governo, e non potevano essere sottoposti al vaglio della autorità giudiziaria.

Ora la Cassazione ribalta quella decisione del Senato. I provvedimenti sugli sbarchi, dice la sentenza, sono atti amministrativi, quindi soggetti al giudizio della magistratura. E il trattenimento dei migranti sulla Diciotti fu un atto illecito, contrario alle leggi del mare e alle convenzioni internazionali. Per questo il governo dovrà pagare al migrante assistito dall'avvocato Alessandro Ferrara un risarcimento per ogni giorno di permanenza forzata sulla motonave, che verrà quantificato dalla Corte d'appello di Roma.



Nella sentenza firmata dal presidente Ettore Cirillo e scritta dal giudice Emilio Iannello si legge che «va certamente escluso che il rifiuto dell'autorizzazione allo sbarco dei migranti soccorsi in mare protratto per dieci giorni possa considerarsi quale atto politico sottratto al controllo giurisdizionale». Le «motivazioni politiche alla base della condotta» non impediscono alla magistratura di giudicarlo.

Per condannare il governo a risarcire i profughi della Diciotti, la Cassazione deve sconfessare sia il tribunale di Roma, che nello stesso caso in primo grado aveva stabilito la insindacabilità delle scelte del governo, che la Corte d'appello di Roma che aveva escluso una colpa del governo «alla luce delle concrete modalità con cui si è realizzato il fatto, nonché della complessità e della non univocità della normativa di riferimento». Oltretutto, avevano scritto i giudici d'appello, mancava qualunque prova del danno sofferto dai profughi per la prolungata permanenza a bordo.










Ora la Cassazione azzera quella decisione, con una sentenza che - con toni singolarmente veementi - rivendica il diritto della magistratura a giudicare la politica e il governo: «Il giudice è per statuto costituzionale garante della legalità, e quindi non arretra là dove gli spazi della discrezionalità politica siano circoscritti da vincoli posti da norme che segnano i confini o indirizzano l'esercizio dell'azione di governo. La giustiziabilità dell'atto dipende dalla regolamentazione sostanziale del potere».

Il provvedimento di Salvini è «giustiziabile», dice la Cassazione, perché «l'azione del Governo, ancorché motivata da ragioni politiche, non può mai ritenersi sottratta al sindacato giurisdizionale quando si ponga al di fuori dei limiti che la Costituzione e la legge gli impongono, soprattutto quando siano in gioco i diritti fondamentali dei cittadini». Quei diritti sono stati violati perché le norme internazionali non son affatto «non univoche» come ha sostenuto la Corte d'appello, ma prevedono lo sbarco dei migranti «nel più breve tempo ragionevolmente possibile». La «decisione di non far scendere i 177 migranti per cinque giorni sebbene la nave fosse già ormeggiata nel porto di Catania» costituisce una violazione di quella norma». E che fine fa la decisione del Senato, che aveva negato l'autorizzazione a procedere? Quella, dice la Cassazione, valeva solo sul piano penale.

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