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Pensione 67+25, la nuova ipotesi di riforma che premia chi si ritira dal lavoro più tardi

Flessibilità in uscita dai 63 anni ai 72 e penalizzazioni per chi accederà prima dei 67: sono queste alcune delle linee guida della proposta del Centro Studi

3 Luglio 2024 09:55Foto di Giorgio Pirani
Giorgio Pirani
GIORNALISTA ECONOMICO-CULTURALE

Pensione 67+25, la nuova ipotesi di riforma che premia chi si ritira dal lavoro più tardi

Fonte: 123RFPensioni novità 2025: anticipate (range 64-72) e vecchiaia (67+25): a chi conviene
Il dibattito sulle pensioni continua, e le ultime novità arrivano da Alberto Brambilla, Presidente del Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali, e Antonietta Mundo, del Comitato Tecnico Scientifico Itinerari Previdenziali, che suggeriscono un nuovo modo per andare in pensione: introdurre una flessibilità in uscita dai 63/64 anni fino ai 72 anni, con penalizzazioni per chi sceglie di ritirarsi prima dei 67 anni; stabilire una pensione di vecchiaia dai 67 anni con almeno 25 anni di contributi, anziché i 20 attuali; e razionalizzare i pensionamenti per i lavori gravosi.

Cos’è la nuova pensione 67+25

Che il sistema previdenziale italiano vada riformato non è un segreto. E che si anche l’attuale governo Meloni stia lavorando a una possibile nuova riforma delle pensioni è un dato di fatto. Sono diversi metodi su come andare in pensione prima, tra quelle anticipate come Ape sociale e Opzione Donna e la proposta della Lega di Quota 41.
La combinazione 67+25 rappresenta un inasprimento dei requisiti per le pensioni di vecchiaia, che oggi si ottengono con la combinazione 67+20. Per chi matura i requisiti minimi per la pensione di vecchiaia nel 2025, 5 anni di contributi in più possono essere determinanti, poiché possono escludere dalla pensione di vecchiaia molti lavoratori. Non si tratta di veri esodati, ma 5 anni in più di contributi sono tanti e per alcuni significa dover rimandare la pensione e restare al lavoro per altri 5 anni. Oltre alla nuova pensione 67+25, si parla anche di una nuova fascia 64-72, che riguarda la cosiddetta flessibilità.

Uscire prima dal lavoro accettando una pensione più bassa è il principio alla base della flessibilità in uscita. Il suggerimento del Centro Studi propone una flessibilità a partire dai 64 anni fino ai 72 anni, con un taglio dell’assegno per chi esce prima dei 67 anni.
La proposta di Brambilla e Mundo era stata pubblicata il 25 giugno sulla rivista del Centro Studi: a distanza di 28 anni dalla riforma Dini, la soluzione potrebbe essere quella di tornare a una flessibilità in uscita con coefficienti di trasformazione dai 63/64 ai 72 anni e, contemporaneamente, innalzare il requisito di anzianità per la pensione di vecchiaia proponendo – per l’accesso con 67 anni – almeno 25 anni di contribuzione effettiva o un importo di pensione pari a 1,5 volte l’assegno sociale.
Secondo Brambilla e Mundo, di questa nuova riforma, “se ne avvantaggerebbero l’adeguatezza delle pensioni e, allo stesso tempo, si ridurrebbe la durata delle prestazioni che, nella più grande fase di invecchiamento della popolazione italiana, potrebbe mettere a rischio la sostenibilità del nostro sistema. Sistema che, ricordiamo, è basato su un forte patto intergenerazionale già eluso con l’enorme debito pubblico”.

Premi per chi resta di più a lavorare e tagli per chi lascia prima

C’è poi in campo un’altra ipotesi: alle penalizzazioni per chi lascia il lavoro prima, si aggiungono dei premi per chi resta al lavoro oltre i 67 anni; tutto questo per rendere la misura più sostenibile per le casse dello Stato. Misure di pensionamento anticipato senza tagli e favorevoli per la maggioranza dei lavoratori costerebbero troppo allo Stato. Lo stesso principio vale per la nuova pensione 67+25 con flessibilità tra i 64 e i 72 anni.
Come soluzione low cost, alla pensione a 67 anni con 25 anni di contributi o alle uscite a partire dai 64 anni, verrebbe anche imposto il solito limite dell’importo minimo della pensione. Per evitare che molti pensionati, pur di lasciare il lavoro, accettino un assegno basso che li renderebbe poveri in futuro, è necessario un vincolo.
Per poter uscire con le versioni anticipate di pensionamento, l’importo della pensione non deve essere inferiore a 1.5 volte l’assegno sociale. Questo era lo stesso vincolo che fino al 2023 riguardava i contributivi puri (senza contributi prima del 1996) per le pensioni di vecchiaia. Un vincolo che il governo ha eliminato nell’ultima legge di Bilancio e che sarebbe necessario reinserire.
Tag: Riforme Tasse e Contributi
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Cosa cambia per i 30enni

Ma cosa cambia per i giovani che hanno appena iniziato a lavorare? Per i 30enni la luce in fondo al tunnel sembra arrivare attorno ai 67 anni con contributi, mentre è ben più lontana per chi di contributi non ne ha.

Nello specifico, simulando gli scenari di un 30enne (classe 1994) che ha cominciato a lavorare da poco e che verserà 20 anni di contributi e maturato un assegno superiore a una certa soglia (tre volte l’importo mensile dell’assegno sociale nel 2024, quindi 1603,23 euro), l’età pensionabile sarebbe a 66 anni e 8 mesi.

Un uomo nato all’inizio del 1994 che ha cominciato a lavorare all’inizio del 2022 e ha almeno 20 anni di contributi andrà in pensione di vecchiaia a dicembre del 2063 con 69 anni e 10 mesi di età. Diversa la situazione per i 30enni senza contributi, con l’età pensionabile posticipata a 74 anni.

Come funziona Pensami

Ma cos’è Pensami e come funziona? Si tratta del simulatore pensionistico dell’Inps a libero accesso, con qualsiasi utente che può simulare gratuitamente e senza richiesta di accesso o registrazione la propria situazione riguardante la pensione. Si tratta di un sistema online che, inserendo pochi dati anagrafici e relativi alla contribuzione, fornisce le informazioni relative alle pensioni cui è possibile accedere.

Pensami, nello specifico, fornisce una consulenza pensionistica “fai da te” a tutti gli utenti, con l’obiettivo di scoprire quando e come andare in pensione cumulando tutta la contribuzione. È un simulatore che permette di conoscere le principali pensioni e alcuni istituti per anticipare l’accesso alla pensione, ma non fornisce informazioni sugli importi delle pensioni né sulle pensioni previste per determinate categorie di lavoratori.

Il simulatore fornisce informazioni esclusivamente sui trattamenti pensionistici diretti valorizzando, in base alle disposizioni vigenti, la contribuzione presente nelle seguenti gestioni previdenziali:

  • Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti (Fpld);
  • Gestione esercenti attività commerciali (Com);
  • Gestione artigiani (Art);
  • Gestione coltivatori diretti, mezzadri e coloni (Cd/Cm);
  • Gestione Separata;
  • Cassa Pensioni dei Dipendenti delle Amministrazioni dello Stato (Ctps);
  • Cassa Pensioni dei Dipendenti degli Enti Locali (Cpdel);
  • Cassa Pensioni degli Ufficiali Giudiziari (Cpug);
  • Cassa Pensioni Insegnanti (Cpi);
  • Cassa Pensioni Sanitari (Cps);
  • Casse professionali.
I risultati forniti sono riferiti alle sole pensioni maturate dal 2019 e non si tiene conto dell’eventuale titolarità di pensioni. Il simulatore non calcola gli importi pensionistici e pertanto non verifica i requisiti pensionistici collegati a questi importi.

Come simulare con Pensami

Per accedere al servizio Pensami è necessario visitare il sito dell’Inps alla voce Pensione e previdenza. Seguendo il percorso Esplora Pensione e Previdenza, accedendo nella sezione Strumenti è possibile selezionare Vedi tutti e lì si troverà il simulatore Pensami – Simulatore scenari pensionistici alla lettera P.

Tramite l’applicazione Inps Mobile, il servizio è raggiungibile senza necessità di autenticazione, selezionando il tab Servizi dalla home page e, successivamente, il servizio Pensami.

PENSAMI MI FA "PENSARE"
 
NEET: sono più degli studenti delle scuole superiori
"A fronte di 8 milioni di studenti che frequentano ancora la scuola esiste un esercito di 3 milioni di giovani fino ai 34 anni che non studiano e non lavorano. Un numero che basterebbe a riempire un intero ciclo scolastico. Basterebbe questo numero a far rabbrividire. Il neo-eletto 'Governo del Merito' riceve in eredità una situazione in cui il merito fa fatica ad emergere a causa delle disuguaglianze che affliggono in particolare i giovani e, ancora di più, le giovani donne, soprattutto al Sud Italia. Il 18 novembre gli studenti scenderanno in piazza anche, tra le altre cose, per il diritto allo studio, per cui propongono una legge nazionale. Diritto allo studio che il ministro Valditara ha definito, in occasione della Giornata Internazionale dello Studente, strettamente correlato alla libertà. Ma questa libertà, ancora, sembra essere appannaggio solo dei meno vulnerabili", così commenta Daniele Grassucci, direttore di Skuola.net.

NEET=GIOVANI CHE NON STUDIANO E NON LAVORO SONO 3 MILIONI ,MI PREOCCUPA MOLTO
.Ma il peggio è per i genitori in ansia eterna per il futuro dei figli.
 
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