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IL CONIUGE SEPARANDO PUO’ CHIEDERE LA RESTITUZIONE DELLE SOMME SOSTENUTE NEL CORSO DEL MATRIMONIO?

In questo articolo analizzeremo il caso del coniuge che intende chiedere la restituzione di somme sostenute durante il matrimonio, nel corso della separazione. E’ una pretesa legittima?
IL CASO
Si rivolge a me una persona in procinto di separarsi dal marito e che versa nella seguente condizione:

  • regime patrimoniale della coppia: comunione legale;
  • casa coniugale: di proprietà di uno dei coniugi, poiché ereditata prima del matrimonio.
Nel corso della vita coniugale, però, entrambi hanno devoluto le somme derivanti dalle rispettive attività professionali per apportare migliorie all’immobile, che necessitava di ristrutturazioni.

PUO’, DURANTE LA SEPARAZIONE, IL CONIUGE NON PROPRIETARIO CHIEDERE LA RESTITUZIONE DELLE SOMME DEVOLUTE ALL’IMMOBILE CHE RESTA NELLA DISPONIBILITA’ DEL CONIUGE CHE NE E’ PROPRIETARIO?

Secondo l’orientamento giurisprudenziale maggioritario il coniuge non proprietario non può chiedere la restituzione delle spese sostenute, durante la pendenza del matrimonio, per apportare migliorie alla casa coniugale, in quanto tali spese configurano donazione avvenuta in adempimento del dovere di contribuzione ex art. 143 c.c. e non sussiste alcun diritto al rimborso.
In tal senso si è espressa di recente anche la Cass. civ., sez. II, con ord. 3 settembre 2021, n. 23882.

PERCHE’ UN TALE ORDINAMENTO DA PARTE DEI GIUDICI?

La questione nasce da una interpretazione restrittiva del codice civile in tema di regime patrimoniale da parte della Corte di Cassazione.
Come è noto, in tema di comunione, ex art. 192 c.c., da un lato ciascun coniuge deve rimborsare all’altro il denaro prelevato dal patrimonio comune e impiegato per scopi diversi dal soddisfacimento delle esigenze familiari e dall’altro il coniuge può richiedere all’altro la restituzione delle somme prelevate dal patrimonio personale ed utilizzate per spese ed investimenti sul patrimonio comune.
Da tale assunto sembrerebbe sussistere quindi, il diritto di recuperare gli importi elargiti per l’immobile di proprietà dell’altro coniuge, in costanza di matrimonio.
Affidamento dei figli

E’ DAVVERO COSI’?

Purtroppo, la Cassazione ha escluso da tale principio proprio la casa coniugale.
Tutte le somme investite, infatti, per l’abitazione familiare rientrerebbero tra le donazioni, nell’adempimento del dovere previsto dalla legge per entrambi i coniugi, ovvero quello di provvedere alla famiglia anche sotto il profilo economico. Si tratterebbe di donazioni indirette e il beneficiario ha il diritto di trattenere quanto acquisito.
Le somme sostenute dalla coppia devono ritenersi compiute per il soddisfacimento dei bisogni familiari e, conseguentemente, le spese si considerano come una donazione avvenuta in adempimento del dovere di contribuzione ex art. 143 c.c. e non sussiste alcun diritto al rimborso. Ovviamente si fa riferimento alle spese effettuate in costanza di matrimonio. Restano salve, dunque si può chiedere la restituzione di quegli importi destinati alle ristrutturazioni compiute prima della formalizzazione del rapporto di coniugio, o dopo la separazione.

E’ POSSIBILE INVOCARE L’ ART. 1150 C.C. IN TEMA DI RIPARAZIONI, MIGLIORAMENTI ED ADDIZIONI EFFETTUATE DAL POSSESSORE?

Si tratta di una disposizione che non c’entra nulla con l’ambito delle separazioni e dei divorzi. Eppure è stata invocata poiché dispone che il possessore ha diritto ad una indennità per i miglioramenti recati al bene, purché sussistano al tempo della restituzione.
Tale indennità corrisponde ed è computata nella misura dell’aumento di valore conseguito dalla cosa per effetto dei miglioramenti.
La Suprema Corte ha però escluso anche questa possibilità nella fattispecie che qui consideriamo.
E’ recentissima, infatti, l’ordinanza del 3 settembre 2021, n. 23882, che ha affermato che il fatto di essere convivente in un rapporto sentimentale o coniugale con la proprietaria esclusiva dell’alloggio, non attribuisce ipso iure la qualifica di compossessore dell’immobile, ma soltanto quella di detentore qualificato.

RESTITUZIONE DELLE SOMME DURANTE LA SEPARAZIONE: IL CASO SPECIFICO

Nel caso specifico, si trattava di una donna, proprietaria della casa, che era stata condannata a pagare all’ex coniuge, sulla base della sentenza, oltre 41.000,00 Euro a titolo di indennizzo per i miglioramenti eseguiti in costanza di matrimonio.
La donna proponeva ricorso sostenendo che non si potesse applicare il principio di cui all’art. 1150 c.c., assumendo che in realtà il marito non era compossessore del bene, ma un semplice detentore e quindi non andasse riconosciuta l’indennità per i miglioramenti.
In particolare la donna denunciava la violazione e la falsa applicazione dei principi in tema di tutela possessoria e, precisamente, degli artt. 1150 e 1141 c.c. rilevando che le norme non fossero applicabili nel caso concreto, in quanto l’ex coniuge non proprietario non poteva essere ritenuto automaticamente possessore della casa coniugale per il semplice fatto della convivenza, potendo vantare al più una posizione di detentore qualificato.
La Cassazione, fermo restando il diritto del marito di recuperare le somme pagate per la ristrutturazione della casa prima del matrimonio, per quanto riguardava le richieste indennità relative ai miglioramenti effettuati in costanza di coniugio, accoglieva il ricorso ed escludeva il diritto dello stesso ad ottenere automaticamente tali indennità commisurate all’aumentato valore della casa.

CONCLUSIONE

Dunque la convivenza, anche se in regime matrimoniale, con il proprietario dell’immobile non fa sorgere in capo al coniuge i diritti di un compossessore, il quale resta mero detentore.
In conclusione, il regime di comunione dei beni comporta che tutti i beni acquisiti nel corso del matrimonio appartengano ad entrambi i coniugi, ne restano esclusi però alcune tipologie, come quelli derivanti da eredità donazione, i quali restano nella disponibilità personale di chi li ha ereditati e se quel bene, nel caso specifico, l’immobile è destinato a casa coniugale resterà nella proprietà esclusiva di tale coniuge. Se, nell’ambito del rapporto coniugale, entrambi i coniugi destinano le loro risorse economiche al miglioramento dell’immobile al fine di un maggiore godimento dell’abitazione per le esigenze familiari, questa contribuzione rientra nel novero delle donazioni di cui non si può chiedere la restituzione.

COSA FARE PER TUTELARSI IN UNA SITUAZIONE ANALOGA?

Una soluzione a tale domanda potrebbe essere quella di intestare la comproprietà dell’immobile ereditato o ricevuto in donazione al coniuge, al fine di farlo rientrare tra i beni comuni. In questo caso, sarà possibile che ciascuna parte possa richiedere lo scioglimento della comunione e conseguentemente, in caso di opposizione, la vendita dell’immobile e la distribuzione del ricavato secondo le quote di proprietà.
Fonti:

https://www.rivistafamilia.it/

(IL MARITO HA PAGATO IL MUTUO MA L'ABITAZIONE NON E SUA GLI RESTA UN PUGNO DI SABBIA E DOVRA PAGARSI L'AFFITTO IN UNA NUOVA CASA )




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