Alien.
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BASTANO 6 MESI
Introdotta la possibilità di divorziare dopo 1 solo anno di separazione, anziché dopo 3 anni come previsto dall'attuale legge in materia. Sarà addirittura possibile farlo anche solo dopo soli 6 mesi, purchè vi sia accordo consensuale.
Nella versione ultima del testo, approvata dopo gli emendamenti, ai fini della riduzione del termine non si tiene inoltre conto della presenza o meno di figli minori.
Inoltre, secondo lo schema di Ddl, i nuovi termini decorrono dalla notifica dell'atto di separazione e non dal deposito secondo una prima versione del testo.
Ora invece il tempo decorre dalla comparizione dei coniugi di fronte al presidente del tribunale nella procedura di separazione.
Lo scioglimento della comunione dei beni, inoltre, sarà possibile già dal momento in cui arriva l'autorizzazione da parte del giudice a vivere separatamente.
NIENTE PIU' GIUDICE
Ma la novità più forte, che renderebbe superflua la comparizione dinanzi al giudice di cui al punto precedente, è quella che vuole introdurre il ministro della Giustizia Andrea Orlando, che ha esposto il proprio programma in commissione Giustizia al Senato.
Nello schema di Orlando la coppia che sceglie di dirsi addio in modo consensuale non ha l'obbligo di presentarsi davanti a un giudice, tutto si risolverà con un accordo tra i coniugi assistiti dai rispettivi avvocati. L'Italia intende così rifarsi al modello francese di "procedura di negoziazione assistita da un avvocato". La previsione - spiega Orlando - è che "l'accordo dei coniugi assistiti dagli avvocati superi la necessità dell'intervento giurisdizionale, tranne nei casi di figli minori o portatori di grave handicap". Recentemente la Commissione giustizia della Camera ha approvato un testo bipartisan sul divorzio breve (un anno dalla separazione consensuale contro i tre attualmente previsti per legge), ma il provvedimento di Orlando introduce l'ulteriore novità dell'accordo senza mettere piede in tribunale.
Un articolo aggiuntivo introduce una disciplina transitoria che garantisce l'immediata operatività della legge anche nel caso il procedimento di separazione risulti pendente all'entrata in vigore della nuove norme.
IL RESTO D'EUROPA
La legge italiana attuale è piuttosto distante da quelle di altri Paesi europei. In Francia, infatti, se la decisione di porre fine all'unione è consensuale non è necessario alcun periodo di separazione, mentre se non è consensuale il divorzio può essere concesso dopo soli due anni. La procedura tedesca prevede un anno di separazione se vi è consenso e tre se non c'è. In Gran Bretagna sono previsti due o cinque anni di separazione, ma se si dichiara che vi è stato da parte dell'altro coniuge un "comportamento che rende insostenibile la prosecuzione del rapporto" il giudice può dichiarare immediatamente il divorzio. "Ci auguriamo - ha detto la relatrice del ddl Alessandra Moretti (Pd) - che il percorso di questa legge, per troppe volte rimandata nelle scorse legislature, possa essere rapido, anche grazie all'accordo preso dai presidenti di Camera e Senato che hanno previsto tempi stretti per la calendarizzazione del provvedimento"
DOPO IL DIVORZIO/1: I PRESUPPOSTI PER L'ASSEGNO
Al coniuge malato e non idoneo al lavoro spetta l'assegno divorzile anche in caso di oggettivo ed evidente sproporzione fra i redditi dei due ex coniugi. È quanto emerge dall'ordinanza 3365/2014 della Cassazione. La Corte di appello, ribaltando la decisione del Tribunale, ha riconosciuto all'ex moglie il diritto a percepire l'assegno. Le condizioni di salute - ad avviso dei giudici - le impedivano di lavorare. Decisione confermata in terzo grado, considerata l'inadeguatezza dei mezzi e l'impossibilità di procurarseli.
DOPO IL DIVORZIO/2: L'ASSEGNO PUO' AUMENTARE?
Solo ed esclusivamente se il mutamento delle condizioni dell'ex coniuge è tale da cambiarne radicalmente l'assetto patrimoniale. Ad affermarlo è la sentenza 1165/2014 della Cassazione. La controversia nasce dalla domanda di revisione dell'importo, avanzata da una signora divorziata, per via del migliorato stato economico dell'ex marito. Pretesa in quel caso infondata: le variazioni di reddito erano inidonee ad alterare l'equilibrio stabilito dalle parti nel giudizio di divorzio.
DOPO IL DIVORZIO/3: LA PENSIONE DI REVERSIBILITA'
Per il calcolo della ripartizione della pensione di reversibilità tra l'ex moglie divorziata e l'eventuale vedova, va considerata la data di separazione e la convivenza prematrimoniale della superstite con il defunto. Lo precisa la sentenza 6019/2014 della Cassazione. Ricorso bocciato per la vedova di un uomo, alla cui morte la pensione è stata divisa in parti uguali con la prima moglie. A incidere sul calcolo, oltre alla durata dei matrimoni, è ovviamente anche la presenza di figli con la divorziata, nonchè l'eventuale assistenza fino alla morte prestata dalla seconda consorte.
DOPO IL DIVORZIO/4: L'EREDITA'
Alla morte dell'ex coniuge, l'assegno a carico dell'eredità (a cui può aver diritto il divorziato) va quantificato in base a diversi fattori: misura dell'assegno di divorzio, entità del bisogno, eventuale pensione di reversibilità, sostanze ereditarie, numero e qualità degli eredi e rispettive condizioni economiche. È quanto ricorda la sentenza 1253/2012 della Cassazione.
Introdotta la possibilità di divorziare dopo 1 solo anno di separazione, anziché dopo 3 anni come previsto dall'attuale legge in materia. Sarà addirittura possibile farlo anche solo dopo soli 6 mesi, purchè vi sia accordo consensuale.
Nella versione ultima del testo, approvata dopo gli emendamenti, ai fini della riduzione del termine non si tiene inoltre conto della presenza o meno di figli minori.
Inoltre, secondo lo schema di Ddl, i nuovi termini decorrono dalla notifica dell'atto di separazione e non dal deposito secondo una prima versione del testo.
Ora invece il tempo decorre dalla comparizione dei coniugi di fronte al presidente del tribunale nella procedura di separazione.
Lo scioglimento della comunione dei beni, inoltre, sarà possibile già dal momento in cui arriva l'autorizzazione da parte del giudice a vivere separatamente.
NIENTE PIU' GIUDICE
Ma la novità più forte, che renderebbe superflua la comparizione dinanzi al giudice di cui al punto precedente, è quella che vuole introdurre il ministro della Giustizia Andrea Orlando, che ha esposto il proprio programma in commissione Giustizia al Senato.
Nello schema di Orlando la coppia che sceglie di dirsi addio in modo consensuale non ha l'obbligo di presentarsi davanti a un giudice, tutto si risolverà con un accordo tra i coniugi assistiti dai rispettivi avvocati. L'Italia intende così rifarsi al modello francese di "procedura di negoziazione assistita da un avvocato". La previsione - spiega Orlando - è che "l'accordo dei coniugi assistiti dagli avvocati superi la necessità dell'intervento giurisdizionale, tranne nei casi di figli minori o portatori di grave handicap". Recentemente la Commissione giustizia della Camera ha approvato un testo bipartisan sul divorzio breve (un anno dalla separazione consensuale contro i tre attualmente previsti per legge), ma il provvedimento di Orlando introduce l'ulteriore novità dell'accordo senza mettere piede in tribunale.
Un articolo aggiuntivo introduce una disciplina transitoria che garantisce l'immediata operatività della legge anche nel caso il procedimento di separazione risulti pendente all'entrata in vigore della nuove norme.
IL RESTO D'EUROPA
La legge italiana attuale è piuttosto distante da quelle di altri Paesi europei. In Francia, infatti, se la decisione di porre fine all'unione è consensuale non è necessario alcun periodo di separazione, mentre se non è consensuale il divorzio può essere concesso dopo soli due anni. La procedura tedesca prevede un anno di separazione se vi è consenso e tre se non c'è. In Gran Bretagna sono previsti due o cinque anni di separazione, ma se si dichiara che vi è stato da parte dell'altro coniuge un "comportamento che rende insostenibile la prosecuzione del rapporto" il giudice può dichiarare immediatamente il divorzio. "Ci auguriamo - ha detto la relatrice del ddl Alessandra Moretti (Pd) - che il percorso di questa legge, per troppe volte rimandata nelle scorse legislature, possa essere rapido, anche grazie all'accordo preso dai presidenti di Camera e Senato che hanno previsto tempi stretti per la calendarizzazione del provvedimento"
DOPO IL DIVORZIO/1: I PRESUPPOSTI PER L'ASSEGNO
Al coniuge malato e non idoneo al lavoro spetta l'assegno divorzile anche in caso di oggettivo ed evidente sproporzione fra i redditi dei due ex coniugi. È quanto emerge dall'ordinanza 3365/2014 della Cassazione. La Corte di appello, ribaltando la decisione del Tribunale, ha riconosciuto all'ex moglie il diritto a percepire l'assegno. Le condizioni di salute - ad avviso dei giudici - le impedivano di lavorare. Decisione confermata in terzo grado, considerata l'inadeguatezza dei mezzi e l'impossibilità di procurarseli.
DOPO IL DIVORZIO/2: L'ASSEGNO PUO' AUMENTARE?
Solo ed esclusivamente se il mutamento delle condizioni dell'ex coniuge è tale da cambiarne radicalmente l'assetto patrimoniale. Ad affermarlo è la sentenza 1165/2014 della Cassazione. La controversia nasce dalla domanda di revisione dell'importo, avanzata da una signora divorziata, per via del migliorato stato economico dell'ex marito. Pretesa in quel caso infondata: le variazioni di reddito erano inidonee ad alterare l'equilibrio stabilito dalle parti nel giudizio di divorzio.
DOPO IL DIVORZIO/3: LA PENSIONE DI REVERSIBILITA'
Per il calcolo della ripartizione della pensione di reversibilità tra l'ex moglie divorziata e l'eventuale vedova, va considerata la data di separazione e la convivenza prematrimoniale della superstite con il defunto. Lo precisa la sentenza 6019/2014 della Cassazione. Ricorso bocciato per la vedova di un uomo, alla cui morte la pensione è stata divisa in parti uguali con la prima moglie. A incidere sul calcolo, oltre alla durata dei matrimoni, è ovviamente anche la presenza di figli con la divorziata, nonchè l'eventuale assistenza fino alla morte prestata dalla seconda consorte.
DOPO IL DIVORZIO/4: L'EREDITA'
Alla morte dell'ex coniuge, l'assegno a carico dell'eredità (a cui può aver diritto il divorziato) va quantificato in base a diversi fattori: misura dell'assegno di divorzio, entità del bisogno, eventuale pensione di reversibilità, sostanze ereditarie, numero e qualità degli eredi e rispettive condizioni economiche. È quanto ricorda la sentenza 1253/2012 della Cassazione.