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Un chip permette la comunicazione tra cervello e PC

Continua lo sviluppo di interfacce tra cervello e computer: presto potrebbero comunicare grazie ad un chip impiantato nella corteccia cerebrale.


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chip impiantato nella corteccia cerebrale.

Domani
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Davide Falanga, 8 marzo 2013, 8:30
Sviluppare un’interfaccia tra cervello e computer, consentendo la comunicazione quanto meno nella direzione che va dal primo al secondo, con la speranza di allargare la “corsia” di marcia per consentire il transito delle informazioni nel verso opposto. È questo l’obiettivo che alcuni ricercatori della Brown University intendono raggiungere: un obiettivo piuttosto lontano, ma forse non troppo, come dimostrano i risultati ottenuti dai primi sensori impiantati nel cervello di alcune cavie circa un anno fa.
Tali sensori sono in grado di catturare informazioni contemporaneamente da un massimo di 100 neuroni all’interno del cervello di uno stesso paziente, permettendo così il monitoraggio delle relative attività cerebrali in maniera innovativa. La comunicazione con i computer avviene quindi attraverso una rete wireless, permettendo così l’abolizione di eventuali cavi di collegamento per consentire l’uso del dispositivo anche in mobilità. E, nel caso in cui l’autonomia residua si scarsa, è disponibile anche un apposito sistema di ricarica.

Tale device si compone di una serie di elettrodi di ridotte dimensioni impiantati direttamente nella corteccia cerebrale, oltre che da una batteria agli ioni di litio, un sistema per l’analisi e l’elaborazione dei segnali catturati dagli elettrodi e, come detto, un modulo per la trasmissioni dati senza fili. La trasmissione avviene ad una velocità di 24 Mbps, usufruendo della banda tra i 3,2 e i 3,8 GHz per comunicare con un apposito dispositivo esterno. L’intero apparato consuma un totale di 100 milliwatt, rendendolo dunque particolarmente efficiente.
Il tutto rappresenta secondo gli addetti ai lavori un incredibile passo in avanti nella direzione delle prime interfacce cervello-computer capaci di offrire concreti vantaggi nel campo delle neuroscienze, in quanto ha già fornito risultati concreti sulle cavie e potrebbe presto trovare applicazioni concrete anche su pazienti umani. Presto, insomma, il cervello potrebbe davvero comunicare con un computer, permettendo ad esempio il monitoraggio in tempo reale di pazienti affetti da determinate patologie.

 
[h=1]I robot di domani si comanderanno con il pensiero[/h] [h=2]Nuovi passi in avanti nella comprensione delle attività cerebrali: una scimmia è riuscita a comandare un robot a distanza con il cervello.[/h] Domani
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Davide Falanga, 22 febbraio 2013, 12:00
Il cervello è universalmente riconosciuto come l’organo più complesso in assoluto, ma contemporaneamente offre opportunità e potenzialità che vanno oltre ogni immaginazione. Il principale ostacolo da superare è la sua comprensione: capire esattamente cosa stanno a significare i milioni di impulsi elettrici che esso produce, trasformarli in qualcosa che abbia un significato concreto. Ed è proprio questo che il professor Miguel Nicolelis della Duke University intende fare: comprendere i segnali provenienti dal cervello e tradurli in stimoli da inviare a sistemi artificiali per far sì che essi possano muoversi.
Da oltre un decennio Nicolelis è alle prese con alcuni studi sul cervello dei primati, in particolare delle scimmie, analizzando le informazioni prelevate da un’apposita interfaccia digitale. Nel tempo è riuscito quindi a far sì che un esemplare, dopo aver compreso il funzionamento di un semplice gioco basato sull’utilizzo di un joypad, fosse in grado di giocare senza muovere un dito, utilizzando semplicemente il suo cervello.

Le informazioni raccolte durante l’utilizzo del joypad hanno infatti permesso la creazione di un modello sufficientemente completo del funzionamento del cervello durante attività da poter rendere sufficiente il solo pensiero. La scimmia ha così compreso poter muovere un puntino luminoso sullo schermo semplicemente pensando tale movimento: gli stimoli nervosi prodotti da tali pensieri sono stati interpretati da un sistema di elaborazione che li ha quindi tradotti in realtà, permettendo alla scimmia di continuare il proprio gioco utilizzando esclusivamente il cervello.
Se di per sé tale studio può rappresentare un mero esercizio teorico, Nicolelis è riuscito negli ultimi mesi a sviluppare applicazioni concrete di enorme portata. La stessa scimmia si è dimostrata infatti in grado di comandare un robot distante oltre 10000 Km utilizzando il pensiero: grazie alla stessa interfaccia ed all’utilizzo di una videocamera che mostrava in tempo reale quanto svolto dal robot, la scimmia ha potuto comandarne i movimenti dagli Stati Uniti semplicemente pensandoli e vedendoli quindi sullo schermo, benché il robot fosse in Giappone.
Trattasi quindi di un importantissimo passo in avanti nella comprensione delle attività elettriche del cervello. Inoltre, secondo alcune analisi, l’invio del segnale cerebrale del primate in Giappone si è rivelato circa 20 millisecondi più veloce rispetto a quanto impiegato dal cervello stesso per inviare il medesimo segnale ai muscoli dell’animale. In altre parole, l’utilizzo di tale sistema artificiale si è rivelato esser maggiormente efficiente rispetto alla controparte naturale, permettendo lo sviluppo di applicazioni per il controllo in tempo reale da remoto di sistemi articolati mediante il cervello.
Fine ultimo delle attività di ricerca di Nicolelis non è tuttavia lo sviluppo di tali soluzioni, bensì la creazione di sistemi elettromeccanici in grado di comprendere gli stimoli provenienti dal cervello durante il moto di trasformarli in movimenti anche qualora ciò non sia possibile a causa di danni alla colonna vertebrale. Durante una conferenza TED tenuta nei giorni scorsi, lo stesso docente ha proposto degli esoscheletri artificiali comandati mediante una tecnologia simile a quella utilizzata dalla scimmia per consentire la deambulazione di pazienti afflitti da gravi problemi motori, se non del tutto incapaci di muoversi a causa di danni permanenti al sistema nervoso.


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[h=1]Topi, i cervelli comunicano a lunghe distanze[/h] [h=2]Uno scienziato ha dimostrato la possibilità di scambiare informazioni tra i cervelli di due cavie. Presto potrebbe accadere anche tra essere umani.[/h] Domani
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Davide Falanga, 4 marzo 2013, 14:00
Secondo Miguel Nicolelis, il cervello umano non potrà mai essere replicato in forma digitale, in quanto troppo complicato e composto da un numero eccessivo di cellule da poter ritenere sufficientemente affidabili le simulazioni effettuate al computer. Eppure, crede che tale organo sia dotato di enormi potenzialità, alcune delle quali strettamente legate allo sviluppo di nuove tecnologie. Ed è su tale paradigma che si è basata la sua ultima scoperta: il Prof. Nicolelis è infatti riuscito a stabilire una connessione tra i cervelli di due ratti a distanza di diverse migliaia di chilometri.
Nello specifico, gli scienziati della Duke University, guidati proprio da Nicolelis, sono riusciti a registrare uno scambio di informazioni tra il cervello di una cavia negli Stati Uniti ed un’altra situata in Brasile. I due cervelli sono stati dunque collegati elettricamente a distanze enormi, dimostrando la possibilità di inviare e ricevere informazioni codificate come ad esempio sensazioni tattili oppure stimoli motori.

I nuovi studi poggiano le proprie basi su una serie di scoperte precedenti: siccome il cervello dei ratti si è dimostrato in grado di recepire ed elaborare informazioni provenienti da dispositivi esterni, acquisendo la capacità di percepire raggi ad infrarossi, gli scienziati hanno pensato di poter sfruttare tale capacità per scambiare informazioni provenienti dal cervello di altre cavie. Uno dei due ratti è stato quindi utilizzato come encoder, rispondendo a stimoli luminosi premendo un pulsante oppure un altro; l’altro invece ha ricevuto le informazioni provenienti dal primo, agendo in maniera identica a quest’ultimo dimostrando così la bontà dell’esperimento.
Il mondo scientifico ha accolto la pubblicazione di tale scoperta in maniera entusiasta, in quanto rappresenta una chiara dimostrazione di come sia possibile utilizzare elettrodi e collegamenti elettrici per scambiare informazioni tra cervelli di diversi soggetti. Ciò potrebbe rappresentare anche il primo passo verso l’era del computing organico, permettendo una maggiore comprensione del cervello umano e lo sviluppo di soluzioni tecnologiche capaci di agire in maniera simile.


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[h=1]i cervelli comunicano a lunghe distanze se...questo è vero,allora si può influenzare anche gli eventi,con la concentrazione ,la preghiera,oppure pensare intensamente una persona e farla innamorare o farla ammalare? o altro.Mi ritornano in mente vecchie storie di stregonerie,telepatia,sensitivi ecc....forse è tutto vero,hai avuto esperienze del genere?Dimmi-------...........[/h]
 

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