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La grande avanzata della carne sintetica voluta da Bill Gates: com'è prodotta e perché scatena polemiche​

La produzione industriale è sempre più inquinante, il fondatore di Microsoft e magnate dei vaccini privati ora punta tutto sul cibo prodotto in laboratorio

Gates e la carne sintetica



di Cristiano Sanna Martini
Due fatti sono ormai acclarati e la pandemia li ha esasperati nel bene e nel male. Cresce in modo allarmante lo spreco alimentare e le nuove tendenze della spesa vanno verso due poli opposti. C'è chi sceglie più prodotti a basso costo e di dubbia qualità anche per via della minore disponibilità economica, e chi acquista con molta più accortezza, riavvicinandosi ai prodotti stagionali, alle botteghe di quartiere o paese, e a una dieta che tiene conto di quanto inquinamento viene generato per la produzione di ciò che arriva sulla nostra tavola (vedi questo approfondimento). Ma non basta ancora, e la grande imputata resta la carne, soprattutto quella rossa. Non tanto per gli effetti sulla salute, quanto per il carbonio che si sprigiona per renderla disponibile ad un mercato sempre più ampio. A questo scenario si unisce il ruolo di testimonial di Bill Gates a favore della carne sintetica già descritta come uno dei trend del futuro prossimo. Tra molte polemiche.
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L'hamburger prodotto con carne sintetica di Impossible Food


Bill il multimilionario, sempre lui

La polemica non è tanto per la cosa in sé (cibo sintentico che "inganna" il palato e rende indistinguibile un sapore creato in laboratorio da quello presente nella tradizione alimentare) ma proprio attorno alla figura di Gates. L'uomo che ha messo Windows e il personal computer nelle case e sulle scrivanie di tutto il mondo, che da anni parlava di un rafforzarsi dei pericoli da virus pandemici ed è fra i principali investitori privati nello studio e lo sviluppo dei vaccini, ora è un deciso sponsor della diffusione della carne sintetica. Ne ha parlato di recente, spingendo sull'opinione pubblica perché i Paesi ricchi comincino a consumare al 100% soprattutto carne bovina prodotta in laboratorio, perché è quella dalla cui filiera industriale si diffonde la maggiore concentrazione di metano, anidride carbonica e gas serra di origine animale. Un recente report della Fao spiega come un americano in media si ciba di 114 chili di carne l'anno, contro i 7 di un abitante dell'Etiopia. E la tendenza andrà a raddoppiare entro i prossimi 30 anni. Ma siccome parla Bill Gates, ecco che riesplodono le teorie complottiste sul suo ruolo occulto nello scatenare allarmi globali e poi lucrarci sopra. Al momento la carne sintetica è prodotta ancora in quantità limitate e per ora destinata soprattutto all'alimentazione di lusso. Il che vale al fondatore di Microsoft anche l'accusa di ipocrisia. Ma andiamo dritti alla questione principale: il gusto.
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La carne ottenuta da cellule animali nei laboratori di Harvard

Come si produce synthetic meat e il "cibo impossibile"

Sono due le tecnologie di produzione della carne sintetica: la prima mescola materie prime di origine vegetale e le combina in laboratorio per emulare il gusto di quella di origine animale, la seconda estrae le cellule dagli animali e le clona con tecniche non molto dissimili da quelle usate per le staminali. Si arriva così a prodotti come il burger di pesce vegetale ora disponibile anche in Italia che ha sapore e consistenza pari a quelle del merluzzo ma è prodotto usando proteine di piselli soia, ceci, fave, lenticchie, fagioli. A cui si aggiungono sedano e cipolla, olio di girasole, aromi naturali, limone, aglio, lievito e sale. Chi lo ha assaggiato ha faticato a distinguerlo da un "normale" fishburger. Tornado alla carne: mentre la catena Burger King aggiunge le prime quantità di synthetic meat ai suoi hamburger da fast food, negli Usa a darsi battaglia per il prossimo mercato globale sono Beyond Meat, startup del cibo finanziata da Gates, Richard Branson e da altri imprenditori della Silicon Valley, Impossible Food che per emulare la carne animale usa la concentrazione vegetale di eme, molecola del sangue che trasporta ossigeno e determina la consistenza, il sapore e l'odore alla cottura a cui siamo abituati. E Memphis Meats, azienda che usa le staminali di suini, anatre, pollame e bovini per creare in un bioreattore bistecche, braciole, petti e salsicce. Già nel 2019 nei laboratori di Harvard un team era riuscito a produrre una bistecca con sapore e consistenza del tutto simili a quelle "naturali".

Il bivio che si avvicina rapidamente

Il mercato cresce rapidamente e attrae investimenti, ma anche se la produzione riduce moltissimo l'inquinamento e consuma fino al 90% in meno di suolo rispetto a quella industriale solita, il costo finale del prodotto è per ora troppo alto e quindi svantaggia il consumatore medio-basso. Mentre tutti continuiamo a parlare di cibo a filiera corta, prodotto in modo ecosostenibile e rispettoso della storia e delle tradizioni del territorio locale, la popolazione mondiale avanza fino al prossimo tetto stimato in 8 miliardi entro il 2023. Più gente più inquinamento. Da qui il bivio: mangeremo davvero più cibo "impossibile" e sintetico o riusciremo a convincerci a mettere da parte il più possibile la carne a beneficio di una dieta a maggiore base vegetale? Il dibattito resta aperto.
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"Cresciuto in laboratorio": un'etichetta che potrebbe diventare sempre più consueta
22 aprile 2021
 

Torino, colpito da tumore dopo uso prolungato del cellulare: per la Corte d’Appello ha diritto a una rendita​

di Simona Lorenzetti
Un tecnico specializzato di un’acciaieria è diventato sordo dall’orecchio sinistro: per 13 anni ha usato il telefono cellulare, per lavoro, per circa due ore e mezza al giorno
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Per 13 anni, tra il 1995 e il 2008, ha usato il telefono cellulare per circa due ore e mezza al giorno. Era una necessità di lavoro. E ora l’Inail è stata condannata dalla Corte d’Appello di Torino a riconoscere all’uomo, un 63enne aostano, un rendita di 300 euro al mese. Perché le radiofrequenze irradiate dal telefonino gli hanno provocato un tumore benigno (un neurinoma del nervo acustico) che lo ha reso sordo dall’orecchio sinistro, con conseguente paresi facciale. Dopo il caso di Roberto Romeo, l’ex dipendente Telecom che per primo fece causa all’Inail perché gli fosse riconosciuta la malattia professionale per aver sviluppato un tumore alla testa a causa di un uso massiccio del telefonino, una nuova sentenza sancisce il nesso causale tra l’esposizione alle radiofrequenze rilasciate dalla telefonia mobile e l’insorgere della malattia.
Il caso, patrocinato dagli avvocati dello studio legale Ambrosio & Commodo, ha come protagonista un tecnico specializzato di un’acciaieria valdostana, che subito dopo essere andato in pensione aveva scoperto il tumore all’orecchio. In primo grado il Tribunale di Aosta aveva confermato il nesso causale. Ma l’Inail aveva deciso di ricorrere in appello. I giudici torinesi, per sfatare ogni dubbio, hanno deciso di disporre una nuova perizia e affidarla al professor Roberto Albera (ordinario di Otorinolaringoiatria dell’Università di Torino, autore di oltre 400 pubblicazioni). Il luminare, dopo mesi di confronto e studio con gli esperti di parte, ha confermato «l’elevata probabilità» del collegamento causale tra l’uso del telefono e il tumore anche «in relazione all’esclusione dell’intervento di fattori causali alternativi». «Appare ben evidente — si legge nella consulenza — che al momento l’etiologia del neurinoma dell’acustico non è conosciuta, ma che tra i fattori concausali vi sia l’esposizione a radiofrequenza se la dose espositiva è stata di sufficiente entità». Nel caso del 63enne aostano è stata calcolata una esposizione lavorativa «per non meno di 10.361 ore dal 1995 al 2008, a radiofrequenza da utilizzo di telefono cellulare con tecnologia Etacs fino al 2005».
«Questa sentenza è stata scritta da scienziati e non da giuristi. E conferma i rischi connessi all’uso del cellulare — spiegano gli avvocati Renato Ambrosio e Stefano Bertone —. Si profilano nuovi problemi legali: sia Romeo che il nostro odierno assistito usavano cellulari omologati e settati secondo indicazioni di scienziati, che rassicuravano sostenendo l’innocuità per esposizioni sotto una certa soglia. Ciò nonostante hanno subito gravissimi danni alla salute». Al momento lo studio di via Bertola sta portando avanti altre cinque cause analoghe di fronte ad altri tribunali italiani. «Il nostro lavoro — insistono i legali — non è solo assistere persone che hanno riportato un danno, ma diffondere anche la cultura della prevenzione. Dopo la sentenza Romeo siamo stati contattati dai consulenti per la sicurezza di un grande gruppo automobilistico torinese, che su richiesta dei clienti erano interessati a studiare la sentenza». Per gli avvocati diversi accorgimenti possono rappresentare uno strumento di tutela: «La distanza resta il migliore alleato, non andrebbero mai tenuti a contatto con il corpo. Lo scarico di un motore diesel lo si percepisce con l’olfatto, la lama tagliente di un coltello con il tatto, ma le radiofrequenze si percepiscono solo con rilevatori elettrici. E ciò determina in chi li usa una incongrua sensazione di rassicurazione».
 

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