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CGIL DAGLI OPERAI AL radicalismo islamico

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[h=1]Espulso l'imam di Lecco: era in Italia grazie alla Cgil[/h] [h=2][/h]
I legami di Idrizovic con il radicalismo islamico Col sindacato ha avuto il permesso di soggiorno

Fausto Biloslavo - Mer, 01/11/2017 - 17:48
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«Sono in Italia da dieci anni con la protezione sussidiaria e il patronato della Cgil mi ha aiutato per il permesso di soggiorno.


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Non sono un terrorista», sosteneva in giugno al Giornale Idriz Idrizovic espulso ieri mattina dall'Italia per «ragioni di sicurezza nazionale». Il kosovaro, che secondo il ministero dell'Interno, ha collegamenti con il radicalismo islamico, non solo godeva della protezione sussidiaria, uno status simile a quello di rifugiato, perché nel suo paese sarebbe in pericolo. Idrizovic, dal 2008 in Italia, «stava chiedendo la cittadinanza italiana» secondo fonti dell'antiterrorismo. Nell'incontro con lui alla stazione di Lecco all'inizio dell'estate, il predicatore kosovaro respingeva le accuse di essere «un cattivo maestro» e prendeva le distanze dal radicalismo, forse perché sentiva il fiato sul collo. Per questo motivo sottolineava che come gorani, etnia non amata dagli albanesi del Kosovo, aveva ottenuto dalla Commissione per l'asilo la «protezione sussidiaria» nel nostro paese. E per questo aveva diritto al permesso di soggiorno rilasciato fino al 2019 grazie all'aiuto del patronato Cgil. Idrizovic viveva a Olgiate con la moglie e cinque figlie.

Il decreto di espulsione indica i collegamenti del kosovaro con «imam itineranti» ultraradicali come Idriz Bilibani arrestato nel 2014 dall'antiterrorismo kosovaro e Husein Bosnic alias Bilal, veterano del battaglione mujaheddin durante la guerra in Bosnia e reclutatore per il Califfato in carcere a Sarajevo. «Ho conosciuto Bosnic a Damasco nel 2004 dove studiavo arabo. Allora era una brava persona. Sul dopo ognuno deve rispondere per quello che ha fatto», spiegava Idrizovic nell'incontro a Lecco. Fino al 2012 continuava a postare sulla sua pagina Facebbok i video sermoni di Bosnic. E nel 2013 il kosovaro espulso aveva pubblicato anche il passaporto nero dello Stato islamico. «L'ho fatto perché sulla copertina c'era il sigillo con la professione di fede musulmana. Nel 2103 era l'inizio e non sapevo cosa facessero. L'ho capito quando hanno cominciato ad ammazzare i civili che non c'entravano nulla», si discolpava Idrizovic. Lo scorso febbraio, però, ha postato la foto dello sceicco cieco Omar Abdel Rahman morto in carcere negli Usa e condannato all'ergastolo per il primo attentato alle Torri gemelle del 1993, come fosse un martire. «È morto dietro le sbarre - sosteneva Idrizovic -. In un paese democratico non dovrebbe accadere».

Il kosovaro è cognato di un altro discusso imam, Sajd Bajrakthar, che predicava in provincia di Siena, dove ha invitato «cattivi maestri» come Bosnic e Bilibani. Bajraktar è tornato da poco a Restelica, un villaggio del Kosovo, punto di partenza di diversi volontari della guerra santa per la Siria. E dal decreto d'espulsione si legge che Idrizovic si collegava dall'Italia a Radio Bambus, emittente della zona di Restelica, «per predicare pensieri salafiti estremisti» secondo una fonte dell'antiterrorismo. Il dossier è stato raccolto dal Ros dei carabinieri di Milano guidati dal colonnello Paolo Storoni, oggi passato ad un altro incarico a Bergamo. Idrizovic aveva tentato di raggiungere la sorella in Germania dove avrebbe predicato in una moschea di Dortmund, ma le autorità tedesche gli hanno proibito l'ingresso nel paese considerandolo un radicale. Nell'incontro alla stazione di Lecco dello scorso giugno giurava: «Non ho più una moschea in cui predicare. A quali giovani avrei fatto il lavaggio di cervello?».

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[h=1]Autista del bus pestato da immigrato: "Fermato e subito rilasciato"[/h] [h=2][/h]
Paura sul bus da Firenze e Panzano. "Mi ha dato una botta alla testa e poi mi ha tirato calci e pugni". Poi la denuncia: "Lo hanno preso e subito liberato"

Claudio Cartaldo - Mer, 01/11/2017 - 12:02
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Sabato scorso un nuovo episodio di violenza da parte di un immigrato ai danni di un autista.


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Questa volta la vittima guidava il bus linea extraurbana di Busitalia, nel tratto tra Firenze e Panzano. Un nigeriano lo ha pestato intorno alle 13. L'ennesimo caso choc.

"Ha cercato di sfilarmi le chiavi dal quadro, mi ha dato una botta alla testa – ha detto la vittima alla Nazione - e poi mi ha tirato calci e pugni. Per fortuna sono riuscito a mantenere il controllo dell’autobus. A bordo viaggiava una quarantina di ragazzi di 15-16 anni. Poteva andare molto peggio". Ma quello che più ha infastidito il conducente di Busitalia è l'essere venuto a sapere che "l’aggressore è stato fermato e identificato, ma poi rilasciato perché non ci sono lesioni gravi". "

Come tanti altri suoi colleghi, al pestaggio seguirà un periodo di riposo. I medici che lo hanno visititato gli hanno prescritto 20 giorni di prognosi. Ma non è tanto "il dolore fisico" a preoccupare l'autista, quando il timore che l'aggressione possa ripetersi di nuovo. E magari finire peggio. "Ho paura - confessa - Ho paura per me stesso e per l’incolumità dei passeggeri che trasport. La persona che mi ha aggredito, che fa parte di una comunità che c’è in località Presura, non è nuova a queste cose".

È proprio questo il problema. Il racconto che l'uomo fa alla Nazione dimostra tutta l'insicurezza in cui sono costretti ad operare gli autisti dei bus in tutta Italia. Ricorderete forse il caso di Parma, dove la furia di un gruppo di immigrati era arrivata a pestare il conducente. Simile quanto successo a Firenze: "Mercoledì scorso – racconta il conducente – ha tentato di fare la stessa cosa. Ubriaco, si è addormentato nel parcheggio degli autobus a Greve in Chianti. La mattina, quando sono entrato in servizio da Greve verso Firenze, è salito a bordo, in stato confusionale. Dopo poco voleva farmi tornare indietro, per recuperare un bagaglio. Ha tentato di togliermi le chiavi dal quadro, mi ha tirato una botta, ma la cosa poi è finita lì. Non gli ho dato molto peso". Dal canto suo Busitalia prova a gettare acqua sul fuoco: "Al tavolo con le altre aziende e le prefetture – ha fatto sapere l'azienda alla Nazione – ci confronteremo per trovare le soluzioni più adeguate a far fronte a questo fenomeno, che ci sembra di tipo sociale".

Ora, se è vero che è stato liberato, allora non è detto che non dicida di tornare alla carica. "Tornerò a lavoro e me lo ritroverò a bordo - dice l'autista preoccupato - Qualche suo amico, che sta con lui nel centro di accoglienza dell’Ugolino, mi ha fatto anche le foto. Non sono affatto tranquillo. Anche perché viaggiano a gruppi".




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