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Le Nazioni Unite contro l'Italia: "Dovete dare una casa ai rom"


L'Onu intima all'Italia di dare una casa a tutti i nomadi che vivono ancora nei campi rom. "Garantire un alloggio adeguato e culturalmente appropriato"

Sergio Rame - Ven, 23/12/2016 - 08:42
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Una casa per tutti i rom. Gratis, ovviamente. Mentre gli italiani non riescono ad arrivare a fine mese, il Comitato per l'eliminazione della discriminazione razziale delle Nazioni Uniti si concentra sui nomadi e impone all'Italia di assegnare "alloggi sociali" ai 40mila che vivino nei campi rom.
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In alternativa lo Stato italiano potrà concedere "sussidi" che che permettano loro di "uscire dalla segregazione". Un vero e proprio schiaffo a tutti quegli italiani che non hanno una casa e che attendono ancora un alloggio popolare.

Lo scorso 9 dicembre, come riporta oggi Libero, l'Onu ha scritto all'Italia facendo leva su un vecchio foglio di carta sottoscritto dall'allora premier Mario Monti. Si tratta della "Strategia nazionale di inclusione dei rom, dei sinti e dei camminanti 2012-2020". Il documento impegna il nostro Paese a superare il "disagio abitativo" e "favorire l'inclusione sociale ed economica delle comunità". E già oggi lo Stato italiano fa davvero molto: dall'"edilizia sociale in abitazioni ordinarie pubbliche" al "sostegno all'acquisto di abitazioni ordinarie private", dal "sostegno all'affitto di abitazioni ordinarie private" alle "autocostruzioni accompagnate da progetti di inserimento sociale". E ancora: l'"affitto di casolari/cascine di proprietà pubblica in disuso", l'individuazione di "aree di sosta per gruppi itineranti" e la "regolarizzazione della presenza di roulotte in aree agricole di proprietà" delle comunità nomadi.

A leggere la strategia sottoscritta da Monti si capisce subito che lo Stato italiano fa già moltissimo per i rom. Ma, evidentemente, per l'Onu non è abbastanza. Adesso fa pressioni per imporci una casa per tutti e i 40mila rom che vivono ancora all'interno dei campi nomadi. Secondo le Nazioni Uniti, infatti, l'Italia dovrebbe "arrestare eventuali piani per ulteriori sgomberi delle Comunità". E, una volta messo fine "all'uso di campi segreganti, garantire un alloggio adeguato e culturalmente appropriato" a tutti i rom.


E L'ENERGIA GAS ,LUCE ECC..CHI LI PAGA?
E IL LAVORO CHI GLIELO DA?

TRANQUILLI SI PAGA TUTTO NOI ITALIANI BRAVA GENTE...ECC....
 
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[h=1]Islamico uccise la figlia: libero con sconto di pena[/h] [h=2][/h]
Polemica a Padova: scarcerato ed espulso perché per il giudice «odia ancora la nostra società»

Serenella Bettin - Ven, 23/12/2016 - 08:38
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Padova Uccise la figlia a bastonate perché troppo occidentale e ora il padre padrone è stato espulso.
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In lui ci sarebbe ancora profondamente radicato l'islam. Era il 25 settembre del 2004 quando Mohammed Lhasni, marocchino, di religione musulmana, che viveva a Grantorto, nel padovano, aveva colpito con pugni, calci e bastonate la figlia Kaoutar di anni 19. Le bastonate furono talmente forti da fracassarle le ossa. La giovane morì dopo un'ora e mezza di agonia, soffocata dal suo stesso vomito e completamente sanguinante per le ferite provocatele. La sua «colpa» era quella di essersi innamorata di un uomo diverso da quello che il padre le aveva predestinato. Il fatto viene ricordato come l'omicidio di Grantorto e l'uomo, che all'epoca faceva il saldatore in una azienda di Carmignano di Brenta, venne condannato con rito abbreviato a 15 anni di reclusione poi ridottisi. Ora, dopo averne scontati dieci, per omicidio volontario, a fine 2014 è uscito dal carcere.

Come riporta Il Gazzettino attualmente si trovava in Italia come clandestino, girovagava senza lavoro tra i paesi dell'alta padovana. Il 27 giugno scorso il questore aveva firmato la revoca del permesso di soggiorno dell'uomo e addirittura un ricorso contro il provvedimento risulta pendente al tribunale ordinario. Ma pochi giorni fa, per lui, le danze si sono concluse. I carabinieri lo hanno rintracciato e su disposizione di un decreto del prefetto, l'uomo è stato rimpatriato. L'altra sera, il sessantaquattrenne marocchino è stato accompagnato all'aeroporto Marco Polo di Tessera e rispedito nel proprio paese di origine. Il giudice di pace, nella convalida del decreto prefettizio, ha ritenuto che nel padre padrone Lhasni siano rimaste profondamente radicate le convinzioni culturali e religiose che, dodici anni fa, lo avevano portato a uccidere la figlia. E anche per i carabinieri il suo contesto socio culturale sarebbe incompatibile con i principi fondanti della Repubblica Italiana. E la storia che questa famiglia ha alle spalle è assai triste. Il padre violento e spesso ubriaco, picchiava moglie e figli, e aveva già venduto la diciannovenne Kaoutar in sposa per 5 mila euro a un parente residente in Marocco.

Ma la ragazza non ne voleva sapere e si era innamorata di un altro giovane, operaio in una azienda tessile. Secondo il padre la figlia era troppo «occidentale», tanto da disonorarlo e mancargli di rispetto e ogni volta che si parlava di quella relazione, per lei erano botte. Pesanti, sanguinanti. Quella sera, dopo cena, l'ennesima lite. Le urla disperate di Kaoutar, i pianti, i gemiti, finiti tutti nell'ultimo sospiro. Quello di chi ha provato a cambiare ma ha pagato con la morte.




MA NON è IL GOVERNO CHE FA LE LEGGI ... CREDO DI NO.
 

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