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COLPO DI STATO IMMINENTE ?

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[h=1]Diciotti, i senatori M5S per il sì al processo. Salvini tranquillo: voglio vedere...[/h] [h=2]La linea del capogruppo Patuanelli. Per i leghisti sarà il bivio decisivo del governo: «Se non mandano Matteo a processo, si ritrovano in contraddizione con la propria storia»[/h] di Marco Cremonesi
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Matteo Salvini (LaPresse)hadow
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L’«uomo più tranquillo del mondo». Matteo Salvini si autodefinisce così riguardo al voto del Senato che dovrà decidere se mandarlo a processo per la vicenda Diciotti come chiesto dal Tribunale dei ministri di Catania. Ma c’è un altro stato d’animo che si può attribuire al vicepremier, da lui confidato ai suoi ieri pomeriggio: «Sono proprio curioso... » di vedere che cosa decideranno i 5 stelle. Le difficoltà del Movimento le riassume un salviniano doc: «Se non mandano Matteo a processo, si ritrovano in contraddizione con la propria storia. Se ce lo mandano, ebbé... tutti ne trarranno le conseguenze». Certo, Salvini ieri ha detto di non voler «nemmeno sentir parlare di crisi di governo»: «Abbiamo tanto da fare, tanto da lavorare, tante tasse da abbassare, quindi non ci sono problemi dietro l’angolo».





[h=5]Qualche irritazione[/h]
Ma la vicenda è una partita di poker. Ieri il ministro ha incassato la linea garantista di Silvio Berlusconi. Poi, il capogruppo stellato Stefano Patuanelli ha detto che il Movimento voterà sì al processo, ma i leghisti sono convinti che la decisione ancora non sia presa: «Loro fanno finta di credere che sarà lo stesso Salvini a chiedere di farsi processare, ma anche questa decisione non è affatto presa. Certo, toglierebbe loro le castagne dal fuoco almeno dal punto di vista politico. Ma le decisioni non ci sono, nessuna delle due». Peraltro, il sostegno della linea dura venuto anche ieri sia da Luigi Di Maio che da Danilo Toninelli è stato apprezzato: «Come faranno a votare per il processo se i loro massimi esponenti sono a favore della nostra posizione?». Mentre si raccoglie qualche irritazione per il via libera al processo venuto da Carlo Sibilia, in quanto il deputato campano è sottosegretario al ministero dell’Interno.





[h=5]Ipotesi Colle[/h]
Ma se è vero che le decisioni non ci sono, è difficile valutare il «conteggio spannometrico» che ieri andavano facendo alcuni leghisti: nella Giunta delle Immunità il verdetto sarebbe in parità, 11 a favore e 11 contro, sempre che il presidente Maurizio Gasparri non decida di interrompere la prassi per cui il presidente non vota. Un conteggio che però non tornerebbe se i 5 stelle votassero come un sol uomo a favore del processo. Inoltre, i leghisti sono convinti che i dem non abbiano sparato a palle incatenate perché loro stessi incerti sull’opportunità di sollevare quello che si prospetta come un conflitto dirompente tra volontà politica e azione della magistratura. Addirittura c’è chi ipotizza, ma è illazione pura, che possa arrivare una suasion del Colle per evitare lo stress istituzionale.





[h=5]«Come ogni buon padre di famiglia«[/h]
In ogni caso, Matteo Salvini è «l’uomo più tranquillo del mondo» perché ritiene di trovarsi in una situazione in cui, comunque la vicenda finisca, lui ne uscirà vincitore: se il Senato boccerà la richiesta del Tribunale dei ministri, non ci sarà processo e lui passerà comunque come colui che ha aperto il problema per rispettato la parola data agli elettori. Se invece il Senato desse il via libera, il vicepremier si giocherebbe il ruolo di perseguitato in nome della volontà popolare. Come Salvini ha detto ieri nel comizio milanese, «sto facendo il ministro e sto facendo quello che dovrebbe fare ogni buon italiano: ovvero, difendere i confini e la sicurezza del mio paese. Giudicherà il Senato se sto facendo bene».

26 gennaio 2019 (modifica il 27 gennaio 2019 | 00:09)




SE VA IN "PORTO" LA CONDANNA DI SALVINI DIVERRA UN COLPO DI STATO COME HANNO FATTO CON BERLUSCONI.

FARANNO DI SALVINI UN MARTIRE ED I MARTIRI VIVONO IN ETERNO.

VEDIAMO POI SE GLI ITALIANI FARANNO I VOLTA FACCIA.O HANNO UN'ANIMA.
 
AVUTA LA GRAZIA GABBATO LU SANTU

RESIDENTE DELLA CAMERA GRILLINO [h=1]Roberto Fico, Filippo Facci: "Deve a Matteo Salvini la sua poltrona ma continua ad attaccarlo"[/h]
5 Febbraio 2019
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Che succede a Roberto Fico? Diciamo meglio: che succede al cervello quando si diventa presidenti della Camera? No, perché da dieci anni, anzi undici, chiunque sia diventato terza carica dello Stato è stato preso da tic e riflessi progressivi che l'hanno trasformato in qualcos'altro da ciò che era o credevamo che fosse, soprattutto da ciò per cui era stato votato. Gli ultimi tre sono stati Gianfranco Fini, Laura Boldrini e Roberto Fico.

Fini, figurarsi, già si diceva che «strabordava» (cioè travalicava la sua funzione) e oggi in confronto sembra Churchill. Poi è arrivata la personaggia più tracotante, proterva, spocchiosa e strabordante che la Seconda Repubblica abbia portato con sé: una che doveva badare al funzionamento della Camera (una capostazione istituzionale, come all' estero) ma che era solita intestarsi battaglie politiche che poi ammazzava regolarmente tanto era divisiva.

Leggi anche: "Stiamo esagerando, così rischi di andare a casa". Retroscena, Salvini e la telefonata di fuoco a Conte

Ora persino Roberto Fico detto «lo scialbo» (l' aggettivo più ricorrente off the records) comincia a far girare il suo diesel e forse anche altre cose.

BASTIAN CONTRARIO - Detto in tre parole, Fico fa facendo apertamente politica contro la Lega (più che dal suo scranno solenne, lo fa da Fabio Fazio) e cioè contro i voti che hanno contribuito ad eleggerlo; se non vogliano personalizzare, allora diciamo che fa politica contro i temi che i sondaggi indicano come il collante che tiene in piedi questo governo e gli hanno dato popolarità, tipo il piglio intransigente su immigrazione, sicurezza e anche la famigerata «quota cento», a quanto pare.
Altri temi paiono popolari a favore (tipo il Tav) ma non sappiamo quanto contribuiscano alla legislatura.

Se invece vogliamo personalizzare, aggiungiamo che dal medesimo scranno istituzionale - da Fabio Fazio - l'altra sera Roberto Fico ha detto di essere favorevole all'autorizzazione a procedere contro Matteo Salvini (caso Diciotti) e che pregherebbe la Camera di dare l' autorizzazione «senza se e senza ma», due congiunzioni che i grillini tendono a non usare perché rendono le frasi complicate.

Ovviamente Fico ha parlato «personalmente», fingendo d' ignorare che il «personalmente» lui può scordarselo per l' intera legislatura e anche di più - può usarlo coi suoi amici - perché ogni cosa che dirà verrà interpretata in virtù della carica che gli è stata concessa: non è per l' ipocrita «personalmente» che lo invitano da Fazio. Già che c' era, il punto è anche che c' era: gli piace andare in tv (la prima volta che andò da Fazio era l' ottobre 2013) è spesso anche a La7 e da Lucia Annunziata: fortuna che la tv era morta.

Restando all' altro giorno, però, già che c' era, Fico ha ritenuto di dover precisare che Lega e Cinque Stelle sono molto diversi (e non c' è dubbio) e che ci sono molte cose che possono portare a divergere, con la certezza che lui non se ne farà sfuggire neppure una.

MALEDETTA SICUREZZA - Già che c'era, l'ha fatto lì, e ha detto che non bisogna «far rimanere a lungo le navi fuori dai porti», poi ha messo nel mirino il decreto sicurezza di Salvini, ha difeso le ong «demonizzate quasi quotidianamente» e piuttosto ha proposto «un tavolo ong-governo». Già che c' era, ha detto no al Tav e ha chiarito che «su questa questione non è possibile tornare indietro», e qui non ci ha aggiunto neanche un «personalmente».

L'intervista a Fazio è recentissima, e ci fa comodo perché riassume tutte le uscite di Fico da quando è presidente della Camera: senza aver chiaro neppure lui, tuttavia, che cosa sia un presidente della Camera. Uno, ossia, che dovrebbe far rispettare il regolamento; che giudica i testi, mantiene l' ordine e modera la discussione; altre cose, più tecniche, Fico può ripassarsele leggendo l' articolo 55 della Costituzione, anche se la Carta non regolamenta le interviste rilasciate a Fazio e non cita neanche la facoltà di invadere il campo della rappresentanza. La Costituzione non cita la facoltà di intestarsi battaglie su temi politici che spetterebbero agli organi democraticamente eletti. Che poi, nel caso dei singoli grillini, quel «democraticamente eletti» suona un po' forte. La Costituzione non precisa, neppure, che non esiste «personalmente» per chi non è persona ma istituzione: ma forse dovrebbe precisarlo.

BATTAGLIE PERSONALI - In questo modo, forse, Fico si premurerebbe di non farci sapere urgentemente - come ha fatto - di essere a favore dello jus soli e delle adozioni gay. Forse, ecco, potrebbe occuparsi di calendarizzare una discussione parlamentare sul suicidio assistito e sull' eutanasia, visto che la Corte Costituzionale ha chiesto di farlo entro l' autunno: e non parlava «personalmente», la Consulta.

Detto questo, notizia: la presidenza della Camera non è un palcoscenico donato dal cielo per vivere politicamente di rendita. Rendita da poltrona, s' intende. Perché la rendita vera, in realtà, a Fico deriva dall' aver fondato la prima cellula grillina a Napoli, ed essere comunque nella manica di Grillo. Deriva dall' essere subentrato a una come Laura Boldrini. Deriva da quell' arietta da disoccupato napoletano che s' arrangia - ciò che sostanzialmente era - anche se definì «master» un banale corso finanziato dal ministero del Lavoro. Deriva dalle patetiche passerelle mediatiche con sua fotografia mentre va alla Camera in autobus, salvo chiedere poi i rimborsi dei biglietti e soprattutto dei taxi. Ci ha fatto una campagna social. Non in tv: la tv è morta. Poi ci va. Non sui giornali: i giornali sono morti. Allora li chiudono.

di Filippo Facci
 

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