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[h=1]Jihad, finte spose reclutate a Roma L’Antiterrorismo apre un’inchiesta[/h] [h=2]Future mogli contattate nelle mense per i poveri e nelle case occupate. Il sospetto è che attraverso i matrimoni fasulli possano entrare in Italia militanti del Califfato[/h] [h=3]di Redazione Roma online[/h]

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Reclutate nelle mense per i poveri e nelle case occupate di Roma. E poi sposate a immigrati che vogliono stabilirsi in Italia. Lo scambio matrimonio-permesso di soggiorno non è una novità, se non fosse che adesso sul fenomeno indaga l’Antiterrorismo. Il dubbio infatti è che attraverso le nozze di comodo si possano infiltrare in Italia militanti jihadisti. Magari pronti a compiere attentati nel nostro Paese.
[h=5]L’allarme[/h] La notizia è stata confermata all’Ansa dalla sezione antiterrorismo della Questura di Roma. Le indagini sono iniziate dopo l’attentato dell’ 11 luglio al cairo, quando è esplosa una bomba davanti al consolato italiano. In quel periodo un siriano e un altro mediorientale si sarebbero rivolti all’organizzazione clandestina che cura le nozze fasulle chiedendo con urgenza una sposa e offrendo di pagare il doppio della tariffa standard, che pare sia di alcune migliaia di euro. Perché? In parte la vicenda è ancora da chiarire, ma la scoperta della trattativa ha messo in allarme gli investigatori.
[h=5]I fiori d’arancio[/h] L’Antiterrorismo ha ricostruito che il siriano ha concluso l’accordo aspettando nel deserto. Dopo aver pagato, alla futura sposa italiana viene fornito un biglietto aereo - per ora come destinazione è spuntato l’Egitto - dove vengono celebrate le nozze. “Festeggiato” il matrimonio, non resta che registrarlo in Italia. E a quel punto lo sposo ha il via libera per trasferirsi nel nostro Paese.
[h=5]La storia[/h] L’ Ansa ha anche raccolto la testimonianza di P., 33 anni, madre di una bimba di due anni, disoccupata. Abita in 30 metri quadri in un immobile occupato in un quartiere popolare della Capitale ed è pronta al suo terzo (finto) matrimonio: il primo, racconta, è stato con un trans brasiliano («Abbiamo aspettato che passasse un po’ di tempo e abbiamo divorziato»), poi c’è stato un africano e ora le hanno proposto un mediorientale promettendole novemila euro. «Quei soldi mi servono, me ne hanno promessi tanti, ma in verità andrebbero bene anche molto meno», spiega. Lo sposo lo conoscerà solo in Egitto, dove dovrà restare giusto il tempo di registrare le pratiche. «Non lavoro e non mi sento una delinquente - sottolinea -. Non è un reato e se vengo pagata non vedo cosa ci sia di male». Ora P. aspetta solo il biglietto e l’anticipo di mille euro che ha concordato con l’intermediario, un italiano che si è sposato in Iran con un’eritrea usando lo stesso sistema.
21 agosto 2015 | 13:23