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[h=1]Pensioni lavoratori precoci, prepensionamento e reddito minimo: parla Boeri, nuova ipotesi[/h] [h=2]Prepensionamento lavoratori precoci e reddito minimo: fondamentale il piano esposto da Boeri, i dettagli.[/h] Sino a cinque anni di copertura contributiva garantita ai lavoratori ultracinquantenni disoccupati per consentir loro di raggiungere la pensione: è questa la nuova ipotesi di riforma presentata da SEL alla fine di aprile e assegnata ad inizio settimana alla Camera dei Deputati. La misura potrebbe interessare anche il caso pensioni lavoratori precoci, che in tal modo potrebbero fruire di un sostegno economico in attesa di raggiungere i requisiti di abbandono dell'impiego. Il prepensionamento da raggiungersi attraverso nuove statuizioni governative appare in effetti sempre più complesso anche e soprattutto perché solo uno dei tanti ddl presentati in Parlamento prevede l'ormai famosa Quota 41. Un'altra forma di sostegno potrebbe arrivare dal reddito minimo, che il presidente INPS Tito Boeri vorrebbe poter finanziare tramite un taglio degli assegni più alti con conseguente introduzione di un contributo di solidarietà. Quest'oggi l'ex professore della Bocconi terrà un meeting presso la Camera dei Deputati che potrebbe rivelarsi fondamentale per capire in che direzione si muoverà la proposta formalizzata dall'INPS. L'idea sarebbe dunque di garantire ai lavoratori over 50 disoccupati una copertura contributiva per il quinquennio 2015-2019 tramite la creazione di un Fondo con una disponibilità massima di 30 milioni di euro annui. Il programma potrebbe interessare anche il caso pensioni lavoratori precoci per i quali il prepensionamento 'puro' sembra farsi sempre più complicato. L'impressione è che si vada verso la creazione di forme di sostegno al reddito in grado di agire sin tanto che i lavoratori stessi non maturino i requisiti di accesso alla Legge Fornero, una soluzione di ripiego certo che però viene tenuta in debita considerazione dal governo Renzi. Procede nel medesimo solco anche il piano stilato da Boeri che vorrebbe l'introduzione di un contributo di solidarietà col quale poter finanziare la configurazione di un reddito minimo: 'C'è un problema di equità intergenerazionale di cui tener conto: chi ha avuto molto di più, sotto il profilo previdenziale, potrà essere chiamato a dare un contributo di solidarietà a chi avrà in futuro pensioni molto più basse' ha dichiarato lo stesso Tito Boeri a margine della presentazione del 'Rapporto sullo stato sociale, anno 2015' avvenuta a Roma presso l'Università La Sapienza. Sempre durante il convegno è stato fatto notare come l'ammontare delle pensioni medie si ridurrà sempre di più rispetto al reddito medio: si calcola che in meno di un ventennio il rapporto toccherà quota 33% contro il 45% odierno.
 
[h=1]Renzi non aiuta i pensionati ma trova i soldi per i migranti[/h] [h=2]Renzi non trova i soldi per i pensionati ma per i clandestini sì. È infatti pronto a pagare ulteriormente i Comuni che apriranno le porte agli immigrati...[/h] Segnalato da : ilgiornale


Renzi non aiuta i pensionati ma trova i soldi per i migranti (Di martedì 9 giugno 2015)Renzi non trova i soldi per i pensionati ma per i clandestini sì. È infatti pronto a pagare ulteriormente i Comuni che apriranno le porte agli immigrati: «Dobbiamo dare incentivi ai Comuni che ci danno una mano», dice inserendosi nell'infuocata polemica sugli sbarchi non specificando, ovviamente, dove troverà le risorse. Di soldi per i clandestini se ne troveranno ancora (già spendiamo circa 900 milioni di euro l'anno per l'accoglienza, ndr ); per i pensionatiche ne hanno diritto, invece no. O meglio: sì ma poche briciole fatte peraltro passare come «bonus» visto che la Corte costituzionale ha detto che andrebbero restituiti 18 miliardi, ma il premier ne darà solo 2 una tantum. Una furbata perché i denari scarseggiano. Non sembrano scarseggiare, invece, se si parla di profughi. Profughi per i quali il governo ha un occhio di riguardo...
 
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Il parziale dossier della Caritas
[h=1]Gli stranieri una risorsa? Macché: ci costano 40 miliardi l'anno[/h]
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Come ogni anno, la Caritas Migrantes ha presentato il suo rapporto annuale sull’immigrazione. Come sempre il documento ha ricevuto «fraterna» accoglienza da parte di quasi tutti gli organi di informazione che contano, che gli hanno così conferito una sorta di ufficialità, di insindacabile verità. È - come sempre - piuttosto strano che sia una struttura privata a «dare i numeri» sull’immigrazione, invece di uno dei tanti organismi statali che si occupano della materia. Dov’è - ad esempio - il Ministero che era stato inventato per «valorizzare» la simpatica signora Kyenge? La Caritas non è al di sopra delle parti, non è l’arbitro del gioco ma uno dei giocatori e - come tale - ci mette del comprensibile settarismo. Prendere per buoni i suoi dati è come farsi certificare la velocità da un automobilista, magari col piede un po’ pesante.
Quest’anno la presentazione del Dossier capita in un momento un po’ sfigato, nel bel mezzo della bufera giudiziaria che (finalmente) sta devastando il peloso mondo dell’accoglienza e del business dell’immigrazione. Naturalmente l’organizzazione ecclesiale è al di sopra di ogni sospetto (a parte l’incidente del presidente della Caritas di Trapani accusato di concussione e reati sessuali «multiculturali») ma suona pur sempre beffardo che in un turbinio di scandali e porcherie collegate alla gestione dell’immigrazione ci venga a proporre i suoi soliti mantra quali fossero verità di fede.
Il primo e più gettonato è che gli stranieri siano un affare per l’Italia perché «rendono» più di quel che costano e perché rivitalizzano energie economiche che sembrano un po’ rilassate fra gli indigeni. Il dogma si basa sul calcolo secondo cui i foresti, che sono l’8,1% della popolazione produrrebbero l’8,8% del Pil. Già sui numeri c’è da fare qualche osservazione. Mancano dal conteggio i clandestini (c’è chi dice un milione) e non si valuta l’età media delle comunità: la percentuale di stranieri in età da lavoro è molto più alta di quella dei «vecchi» italiani. Non sarebbe più corretto fare un confronto entro la fascia dell’età produttiva, nella quale gli stranieri regolari sono circa il 12%? Ma il vero calcolo da fare riguarda dati con i quali la Caritas si cimenta solo parzialmente . Il conto va fatto sul contributo fiscale e previdenziale degli stranieri, dalla cui somma va detratta una lunghissima lista di voci: erogazioni previdenziali, spese sanitarie (ricoveri, operazioni, medicine, assistenza a parenti, pronto soccorso ecc.), quota parte della spesa per l’istruzione (i fruitori stranieri del servizio scolastico sono circa il 10% in rapida crescita), quota parte della spesa per la gestione di ordine pubblico, giustizia e detenzione (circa un terzo del totale), rimesse legali e clandestine, insolvenze nei pagamenti di servizi, quote di ammortamento dell’edilizia popolare affidata a stranieri, costo dell’accoglienza (che la Caritas conosce in dettaglio), oltre ad alcuni altri parametri di più difficile quantificazione, come le attività illegali e il costo sociale dei comportamenti asociali di molti ospiti. Anni fa, un conteggio approssimativo dava un peso dell’immigrazione gravante sui cittadini italiani di 30-40 miliardi l’anno: altro che «risorsa», altro che «ricchezza», altro che «vantaggio per l’economia italiana»!
di GILBERTO ONETO
 
Non mi meraviglio più di niente: chi dice la verità è additato come terrorista. I giudici come Borsellino e Falcone che cercavano la verità, abbiamo visto che fine hanno fatto. Chiunque si permette di dire che le cose vanno bene, ha (i prosciutti) sugli occhi, oppure vive su marte, oppure non ha i problemi che hanno milioni di italiani.
 
Ultima modifica:
l'ITALIA E' PROPRIO LO SCHIFO CHE STIAMO VIVENDO BEATO LEI CHE NON HA PROBLEMI E NON LI VEDE EVVIVA I PARAOCCHI
 

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