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[h=1]Quei cristiani perseguitati che nessuno vuole salvare[/h] [h=2][/h]
Nell'islamico Sud Sudan 700 mila profughi: i bambini costretti a pregare Allah per mangiare. E le Ong tacciono

Fausto Biloslavo - Dom, 10/09/2017 - 20:19
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I bambini cristiani nei campi profughi del musulmano Sudan, in fuga dalla guerra civile, sono costretti a recitare i versi del Corano se vogliono la razione di cibo e sopravvivere.


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Nessuna grande Ong, che si strappa le vesti per i migranti in Libia, denuncia vessazioni del genere. I piccoli cristiani sono lontani, non fanno notizia e la loro fede è d'intralcio nel nome del politicamente corretto che non ama puntare il dito sulle discriminazioni religiose perpetrate dagli islamici. Gli unici a denunciare tali nefandezze sono le organizzazioni cristiane, come Aiuto alla chiesa che soffre (Acs), fondazione pontificia.
«I bambini cristiani nei campi profughi sudanesi sono costretti a recitare le preghiere islamiche per ricevere il cibo» ha rivelato una fonte locale protetta dall'anonimato per timore di ritorsioni.

Almeno 700mila cristiani del Sud Sudan sono in fuga dall'orribile guerra civile dello stato indipendente da pochi anni e hanno trovato un rifugio precario sul territorio controllato dal governo islamista di Khartoum di Omar al Bashir. I profughi sono costretti a vivere in condizioni drammatiche confinati in campi poco degni di questo nome «perché il governo - spiega la fonte di Acs - non li permette di proseguire verso nord e raggiungere le città». Nei campi le razioni di viveri sono spesso insufficienti. La quantità fornita ogni mese a ciascuno famiglia dura appena per due settimane. Il motivo della scarsità di viveri è semplice: gran parte degli aiuti arrivano dalle agenzie per i rifugiati dell'Onu, ma vengono in gran parte trafugati e venduti al mercato. Spesso sui sacchi di aiuti in vendita sono ben visibili i marchi dell'Onu, che li ha donati per i rifugiati.

Acs denuncia che «il governo impedisce alle organizzazioni umanitarie di vigilare sulla distribuzione degli aiuti e non permette alle associazioni legate alla Chiesa di offrire alcun sostegno ai rifugiati».

Non stupisce che i cristiani non solo si trovino ad affrontare la miseria, ma pure la discriminazione se non persecuzione. In questo contesto si sono verificati i casi dei più piccoli costretti a recitare versi del Corano per ottenere il cibo quotidiano.

La discriminazione religiosa è «una piaga purtroppo diffusa in tutto il Paese afferma il direttore di Acs-Italia Alessandro Monteduro -. Nel Sudan guidato dal regime islamista di Al Bashir, in cui vige la sharia islamica, la persecuzione anti cristiana ha raggiunto livelli gravissimi».

Diverse donne sono state arrestate all'uscita dalle chiese per «abbigliamento indecente» ovvero semplici pantaloni o gonne. I rappresentanti pastorali di 2 milioni di cristiani hanno inviato in maggio una lettera aperta al governo denunciando a chiare lettere la discriminazione. E protestando per le demolizioni delle chiese, la confisca di proprietà ecclesiastiche, l'impossibilità di costruire nuovi edifici di culto e le restrizioni agli spostamenti dei rappresentanti religiosi. Almeno 17 chiese sono state distrutte con la scusa che non rispettavano le norme vigenti. «E molte altre rischiano di essere abbattute continua Monteduro - La motivazione addottata da Khartoum è la violazione dei piani regolatori, ma è ben noto l'intento di al-Bashir di eliminare la presenza cristiana dal Paese». Non a caso il Sudan è nei primi posti della lista nera dei paesi nel mondo per il mancato rispetto della libertà religiosa. FBil

www.gliocchidellaguerra.it




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[h=1]Il piano segreto dell'Onu per far ripartire gli sbarchi[/h] [h=2][/h]
Il segretario Guterres (vicino alle Ong) ispira l'Unhcr Denuncia i lager libici ma non stanzia fondi e uomini

Fausto Biloslavo - Dom, 10/09/2017 - 08:12
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E adesso scende in campo l'Onu, contro l'Italia, per lo stop ai migranti dalla Libia. Il giordano Zeid bin Raad Al Hussein, Alto commissario per i diritti umani delle Nazioni Unite non fa solo da stampella alle dure accuse di Msf.


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Punta il dito contro il nostro Paese per l'appoggio alla Guardia costiera libica che intercetta i migranti in mare. Peccato che assieme alla ritirata delle Ong e agli accordi con i trafficanti per fermare le partenze gli sbarchi in agosto siano diminuiti dell'86% rispetto allo stesso mese del 2016. Dietro le quinte è in atto un'offensiva dei talebani dell'accoglienza tacitamente ispirata dal segretario generale del palazzo di Vetro, l'ex premier socialista portoghese Antonio Guterres.

Il suo alfiere giordano, rappresentante dei diritti umani, accusa l'Unione europea e l'Italia di «chiudere gli occhi» davanti alle sofferenze dei migranti in Libia. Secondo Al Hussein la Ue punta principalmente «verso il blocco della rotta verso l'Europa», come se fosse un reato e non una legittima decisione. Ovviamente ripropone la solita galleria degli orrori parlando di «migranti che muoiono di sete, fame o malattie. Alcuni sono torturati e picchiati a morte o costretti a lavorare come schiavi ed altri assassinati».

Sotto tiro finisce non solo la Ue, ma «in particolare l'Italia che appoggia la Guardia costiera libica, che ha sparato alla nave di una Ong con il risultato che le Organizzazioni umanitarie operano a maggiore distanza in alto mare». Gli spari erano in aria proprio per allontanare l'imbarcazione dalle coste libiche evitando che faccia da calamita per i trafficanti e la loro merce umana. Le Ong si sono ritirate smettendola di fare i taxi del mare anche grazie al codice di condotta imposto dal ministero dell'Interno del nostro Paese, guidato da Marco Minniti, che fa parte dell'Onu. Al Hussein si schiera a spada tratta con Msf che accusa l'Europa e l'Italia «di cinica complicità» nell'impedire ai migranti di arrivare a ondate.

Non è una mossa a caso, ma l'ennesimo tassello di un'offensiva coordinata Onu-Ong contro la Ue e l'Italia sul contrasto ai migranti. Il nuovo segretario generale Guterres è stato per dieci anni Alto commissario dell'agenzia dell'Onu per i rifugiati conquistandosi la fama di difensore ad oltranza delle Ong. Non solo: L'ex premier socialista portoghese è molto vicino alla linea di Papa Bergoglio sui migranti.

Nel mirino dell'ultima stoccata ci sono i centri di detenzione libici, ma l'Alto commissario dell'Onu non lancia nessuna appello alla mobilitazione dell'Unhcr, l'agenzia delle Nazioni unite per i profughi che dovrebbe prendere in mano questi gironi infernali. Il sospetto è che Onu e Ong non vogliano sporcarsi le mani per alzare lo standard dei centri di detenzione libici. Il nodo verrà al pettine la prossima settimana quando il ministro dell'Interno, Marco Minniti, convocherà le Ong per invitarle a «gestire i campi di detenzione» dei migranti in Libia con l'obiettivo di migliorarne le condizioni umanitarie.

Le denunce delle nefandezze nei proclami dell'Onu e di Msf servono da grimaldello politico per riaprire le frontiere europee agli arrivi dalla Libia, ma per ora sono i migranti a pagarne il prezzo sulla loro pelle. L'Organizzazione internazionale per le migrazioni, agenzia dell'Onu, non ha soldi e uomini sufficienti per il rimpatrio dei dannati dai centri di detenzione libici. Al Hussein neppure ne parla. Al contrario continua scandalosamente a chiedere «serie azioni per proteggere le centinaia di migliaia di migranti imbottigliati in Libia come gente innocente maltrattata ogni giorno». E conclude: «Non possiamo continuare a distogliere lo sguardo da questa brutale realtà». Giusto, ma è proprio l'Onu che dovrebbe occuparsene sbarcando in forze in Libia per alleviare le pene dei migranti.
 
[h=1]Case cantoniere requisite per i profughi Il Trentino in rivolta contro l'accoglienza[/h] [h=2][/h]
E in fabbrica si «assumono» solo stranieri, gli italiani all'ultimo posto

Francesco Barone - Dom, 10/09/2017 - 08:17
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Trento In Trentino le abitazioni private messe a disposizione dei richiedenti asilo non bastano più, così la provincia passa ad interessarsi alle case cantoniere come future sedi per i profughi.


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Questo è quanto emerge dall'interrogazione provinciale depositata dal consigliere Claudio Civettini, a seguito del sopralluogo fatto nei giorni scorsi nella la casa cantoniera di Masi di Avio. Già da tempo il sindaco di Avio, alla richiesta della Provincia Autonoma di Trento di trovare alloggi per profughi e richiedenti asilo, aveva risposto picche. Sembrava che la PAT si fosse, quindi, rassegnata ma in questi giorni torna alla carica questa volta però aggirando il problema, vale a dire semplicemente bypassando l'amministrazione comunale. Insomma quando i numeri lo richiedono, la tanto decantata strategia tridentina di spalmare sul territorio i profughi in collaborazione con gli enti locali, al fine di integrare nelle comunità il contingente di richiedenti asilo assegnati, può passare in secondo piano. È così che, senza che nessuno sapesse nulla, il Sindaco si è trovato presso la casa cantoniera di Masi di Avio i tecnici della provincia oltre che i Vigili del Fuoco, per controllare l'agibilità della struttura. Pare, anche se nessuna conferma è arrivata ancora dalla Provincia Autonoma di Trento, che alla piccola ma molto coesa comunità di Avio siano destinati circa una ventina di richiedenti asilo, evenienza che al di là del numero, che emerge dall'interrogazione, il sindaco definisce «quantomeno preoccupante», perché senza ombra di dubbio una frazione di meno di una cinquantina di abitanti ne risulterebbe totalmente disgregata.

«D'altronde - spiega il sindaco Secchi - il territorio di Avio ha affrontato negli ultimi anni numerosi problemi, prima di tutto di natura economica per la penuria di lavoro e, di certo, andare ad inserire migranti di cui non conosciamo la storia non è una cosa positiva. Nella cittadina già risiedono stabilmente numerosi immigrati che, avendo scelto loro di venire, non hanno mai dato alcun problema ma anzi si sono perfettamente integrati nel tessuto sociale. Inserire forzatamente persone che nemmeno vogliono integrarsi è una scelta scellerata». Ma al di là di queste problematiche che investono indistintamente tutto il territorio nazionale, non si può non riflettere sulla singolare scelta di utilizzare le case cantoniere; dopo i numerosi bandi pubblicati dalla Pat per sistemare in abitazioni private i richiedenti asilo, se ci si spinge fino al punto di acquisire le case cantoniere per dare un tetto ai migranti, vuol dire che il modello trentino non sta dando i frutti sperati e che l'intero sistema potrebbe essere vicino al collasso.

D'altronde in Trentino «ci sono oltre 170 amministrazioni comunali, in pochissimi abbiamo espresso formale dissenso all'arrivo dei profughi e vista la condanna degli altri sindaci mentre io tutelavo la mia comunità, ora siano pronte le altre amministrazioni a dare accoglienza - conclude Secchi -, non vedo perché forzare la mano proprio ad Avio».

Intanto mentre i problemi legati alla disoccupazione sono tutt'altro che risolti, il Cinformi continua a proporre alle aziende trentine di prendere come tirocinanti non retribuiti giovani extracomunitari a costo zero per inserirli nel mondo del lavoro. All'ultimo posto rimangono sempre e comunque gli italiani.



COMMENTI:

questo non governo ci odia grazie a chi ha votato PD
 

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