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Torna a ruggire il primo motore a scoppio della storia: orgoglio italiano
Il primo motore a scoppio della storia, opera di Padre Eugenio Barsanti e dell’ingegnere Felice Matteucci, torna a ruggire presso il Museo Galileo di Firenzehttps://www.VIOLAZIONE: scambio email non consentito !/motori/wp-content/uploads/sites/4/2024/01/magarini.jpeg?w=60&h=60&crop=1
Manuel Magarini
Giornalista automotive
Pubblicato: 19 Gennaio 2025 15:12
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Fonte: LulopIl primo motore a scoppio è tornato a ruggire a Firenze
Sembra quasi un riflesso tipico del nostro essere italiani: inventiamo qualcosa di straordinario, poi, però, ci “assicuriamo” che il merito vada a qualcun altro. È successo con la paternità del telefono, a lungo attribuita ad Alexander Graham Bell, in ritardo di cinque anni su Antonio Meucci. Ha seguito lo stesso copione la radio: per errore definita un’opera di Nikola Tesla, anziché a Temistocle Calzecchi Onesti. Gli errori storici potevano esonerare le quattro ruote? Ma certo che no: il motore a scoppio rappresenta un’opera italiana.
Indice
- Intuizione apripista
- Un atto di riscatto
Intuizione apripista
Domanda a bruciapelo: secondo voi chi ha ideato il motore a scoppio? Probabilmente, senza che ve lo avessimo anticipato, avreste risposto Nikolas Otto. Eppure, l’ideazione appartiene a Padre Eugenio Barsanti e all’ingegnere Felice Matteucci, nel 1853: ben nove anni prima di Otto. In quel di Lucca, i due visionari depositarono il loro progetto presso l’Archivio dei Georgofili e l’Osservatorio Ximeniano di Firenze, realizzando il primo prototipo nella Fonderia Benini a Firenze.Tuttavia, a dispetto della sua portata rivoluzionaria, la disinformazione e scarsa valorizzazione spinsero a snobbare l’intuizione. Nonostante diversi brevetti in vari Paesi europei, tra cui l’Inghilterra e la Francia, Barsanti e Matteucci non riuscirono a ottenere il riconoscimento. L’idea di proporre su larga scala la creazione andò in fumo, a causa dell’insufficiente apporto finanziario e industriale. Il Belpaese era ancora diviso in stati regionali, e la mancanza di una rete industriale solida rese difficile trasformare il prototipo in un prodotto commerciale. Al contrario, in Germania, Nikolaus Otto poté contare su un contesto industriale in pieno fermento, favorevole all’espansione globale.
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Dopo decenni di oblio, l’impegno di un gruppo di appassionati ha dato nuova luce al motore a scoppio di Barsanti e Matteucci. Nel 2022, il Club Moto d’Epoca Fiorentino Federato ASI, ha, infatti, avviato un’iniziativa ambiziosa: realizzare una fedele copia del propulsore originale, funzionante secondo le specifiche del 1853. In una cornice d’eccellenza quale il Salone del Cinquecento di Palazzo Vecchio, a Firenze, è andata in scena la conferenza, che ha radunato istituzioni ed esperti. Tra i relatori figuravano rappresentanti del Comune di Firenze, esponenti della Fondazione Basanti e Matteucci, accademici dell’Università di Firenze e il Presidente ASI, Alberto Scuro.
Il momento clou è stato la messa in moto ufficiale presso il Museo Galileo, avvenuto lo scorso 10 gennaio. Il pubblico ha assistito con emozione alla ripartenza di un motore che non funzionava da quasi due secoli, mentre il suono ritmico del pistone scandiva il ritorno di un pezzo di storia italiana.
Un atto di riscatto
La riproduzione ha richiesto un’attenta analisi delle fonti originali custodite presso l’Accademia dei Georgofili, l’Osservatorio Ximeniano e il Museo Galileo, oltre a un approfondito studio tecnico. In collaborazione con officine specializzate, il Club Moto d’Epoca Fiorentino ha ricostruito il motore, con l’ausilio di tecnologie moderne volte a replicare i componenti originali. Tra questi, il cilindro verticale (diametro di 150 mm) e il sistema di accensione basato sul rocchetto Ruhmkorff sono stati ricreati seguendo schemi ritrovati presso l’Accademia dei Georgofili e altre fonti.Il propulsore funziona con un principio gravi-atmosferico a tre tempi: aspirazione, scoppio e scarico. L’esplosione della miscela gas/aria spinge il pistone verso l’altro, mentre la fase discendente, favorita dal peso del pistone stesso e dal raffreddamento dei gas, genera il lavoro meccanico. Grazie a un sistema di accensione elettrica basato su un rocchetto Ruhmkorff, il “cuore pulsante” emanava una scintilla potente a sufficienza da avviare la combustione.
Pur meno determinante rispetto alle successive evoluzioni, la tecnologia costituì una pietra miliare nella storia della meccanica, dando prova dell’ingegno di due brillanti menti italiane. In mezzo a ingranaggi e metallo, c’è un atto di riscatto per un Paese che, talvolta, ha visto il proprio genio offuscato.
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