vediamo che danni crea il piombo
Tossicità
Il piombo figura al 2° posto nella lista delle sostanze pericolose indicate dall' ATSDR (Agency for Toxic Substances and Disease Registry) nel 1999. La nocività di questo metallo è nota da molto tempo, specie nelle sue manifestazioni acute (colica saturnina). Tuttavia recentemente, come è accaduto per numerosi altri agenti inquinanti, la dose considerata critica è stata notevolmente abbassata. Fino a circa trent'anni fa, l'avvelenamento cronico da piombo era definito dalla presenza di una dose superiore a 80µg/dl nel sangue, mentre attualmente viene considerata 'alta' una dose di Pb di 30 µg/dl e potenzialmente nocive, specie nello sviluppo, quantità uguali o superiori a 10µg/dl (0.1ppm).
Assorbito essenzialmente attraverso la respirazione e la nutrizione, il piombo non viene metabolizzato, ma per larga parte escreto, mentre il resto (circa 20%) si distribuisce nei tessuti e in particolare:
nel sangue, ove circola quasi esclusivamente negli eritrociti
nei tessuti minerali (ossa e denti), ove si accumula
nei tessuti molli (reni, midollo osseo, fegato e cervello)
piombo sparato in mare..........ma nel mare ci sono i pesci...............che sono un ottimo alimento umano....................ma un po indigesto se nelle sue carni vi è il piombo non credete?
passiamo ad un altro nostro gioiello
Nichel e piombo: nel mare di Cagliari come nei terreni vicino alla Saras
Articolo pubblicato il 22 giugno 2013
Foto di Roberto Pili
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Nichel, piombo e vanadio: metalli pesanti, ossia veleni. Sono gli stessi che si trovano nelle acque del mare di Cagliari e pure nei terreni di Sarroch, appena 20 chilometri a ovest nello stesso Golfo degli Angeli. E poi ancora nelle acque ci sono cadmio e cromo, come nei siti industriali installati e operativi da decenni. Sono i risultati recenti di uno studio riportato oggi dal quotidiano l’Unione sarda, realizzato dall’Università, con il docente Marco Schintu, uno dei responsabile del Dipartimento di Sanità Pubblica, insieme alla Capitaneria di porto. Le analisi sono state chieste dal sostituto procuratore di Cagliari Emanuele Secci che indaga proprio sull’eventuale presenza di agenti inquinanti oltre i limiti nell’area industriale tra Cagliari-Macchiareddu e Sarroch legate anche e soprattutto alla lavorazione del petrolio. E infatti, la stessa inchiesta è partita da alcune segnalazioni e dalla diffusione di “Oil”, il documentario di Massimiliano Mazzotta sulla Saras contestato duramente dai Moratti. LEGGI L’ARTICOLO
LE COZZE E I POMODORI AVVELENATI. I dati forniti non sono rassicuranti e si procede contro ignoti per violazioni ambientali, i tecnici dovranno appurare da dove arrivano i metalli pesanti. Le analisi sono quindi in corso: ora si procederà con quelle di aria e terreno. E se per le acque si è fatto affidamento ai mitili, ossia le cozze, per i terreni si potranno studiare gli ortaggi, come i pomodori. E c’è chi, privatamente, ha già scoperto (con orrore) che la sua azienda produce e distribuiva pomodori al nichel, al piombo, all’arsenico. E’ il caso Romanino, già segnalato da SardiniaPost, cinque mesi fa e diventato oggetto di un’interrogazione parlamentare del senatore Roberto Cotti (M5S).
LEGGI LA TESTIMONIANZA
Carlo Romanino era il titolare di un’azienda agricola a pochi passi dalla raffineria Saras, produceva pomodori. “Pomodori all’arsenico”, dice lui e cita le analisi commissionate al geologo Aime. “Ripetute tre volte, perché la concentrazione era troppo alta”: da lì la vicenda giudiziaria.
OXFORD E I BIMBI CON MUTAZIONI GENETICHE. E poi c’è la ricerca internazionale pubblicata sulla rivista “Mutagenesis” dell’università di Oxford, acquisita dal procuratore Secci. Lo studio, guidato da Annibale Biggeri, ha analizzato i gruppo di bambini tra i 6 e i 14 anni che vivono a Sarroch e li ha confrontati con altri ragazzini che vivono in altre zone della Sardegna. Le conclusioni, inquietanti, e che hanno fatto scalpore dicono che ci sono delle dei danni al Dna, e hanno attestato un’alta presenza di benzene.
L’inchiesta servirà a chiarire da cosa è provocato l’inquinamento e stabilire (eventualmente) un nesso di casualità con la presenza e attività delle industrie.
passiamo adesso ad un "bellissimo" SPORT?
Caccia – un mare di piombo per tutti noi – gli allarmanti dati per la salute umana diffusi dall’ISPRA
A rischio soprattutto zone umide e aree attorno agli appostamenti dei cacciatori - piombo nel sangue e bambini con deficit intellettivi.
di Giovanni Guadagna | 23 novembre 2012
GEAPRESS – Sarebbero non meno di 10.000 le tonnellate di piombo ogni anno disperse dagli italici cacciatori, sull’intero territorio nazionale. Questo secondo un recentissimo rapporto pubblicato dall’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale) e dal Ministero dell’Ambiente. Quantitativi allarmanti e comunque calcolati per difetto. La preoccupazione non diminuirebbe neanche se venisse presa in considerazione la più ottimista delle stime, ovvero 4600 tonnellate di piombo. Un dato tutt’altro che trascurabile, riferisce l’ISPRA la quale, ricordiamo, è un organo tecnico statale. Tra i suoi compiti anche le problematiche afferenti la gestione della fauna selvatica. Si tratta della stessa struttura tanto snobbata da talune regioni (ad esempio quelle della caccia in deroga agli uccellini protetti) che sono arrivate a proporre, pur di togliersela di mezzo, surrogati tutti stretti in chiave regionale.
Un dato, quello del piombo disperso nell’ambiente, rilevante da tutti i punti di vista. Ad esempio il raffronto con altri paesi europei. A determinare la differenza sarebbe, sempre ad avviso dell’ISPRA, il più alto numero dei cacciatori italiani e le particolari forme di caccia, quali quelle ai piccoli uccelli migratori tipiche delle aree mediterranee.
Dati che, grazie agli studi specifici, iniziano ad allarmare evidenziando concentrazioni più elevate, specie nelle zone umide e dove si pratica la caccia da appostamento. Ecco alcuni esempi. Saline Margherita di Savoia (FG), Cervia (RV) e Padule di Fucecchio (FI – PT). La concentrazione dei pallini per ettaro è impressionante. Da un minimo di 630.000 ad un massimo di 1.270.000 (82-165 chilogrammi), nel primo caso. 470.000 – 710.000 per le saline di Cervia (61-92 chilogrammi) e fino a 3.111.110 pallini per ettaro, pari a 404 chili, per alcune zone del Padule di Fucecchio.(SALINE?)
E che dire delle aree dove si pratica la caccia da appostamento?
Non poteva a questo proposito mancare la provincia di Brescia, regina dei cacciatori italiani nonché di talune forme di bracconaggio, tanto estese da impegnare per un interno mese le squadre speciali del NOA (Nucleo Operativo Antibracconaggio) del Corpo Forestale dello Stato. Secondo l’ISPRA per ognuno dei 5139 appostamenti autorizzati nel 2005 è calcolabile una dispersione pari a non meno di 5-6 kg di piombo. Calcolo eseguito sul numero di uccellini comunicati dai cacciatori. L’ISPRA, ovviamente, non lo dice, ma qualcuno potrebbe pensare alla correttezza di tali compilazioni. Ad ogni modo, trattandosi di salute umana, meglio rimanere fermi sui dati ufficiali che però sono quelli derivati dagli stessi cacciatori. L’ISPRA, sottopone altre valutazioni. Buona parte di questi appostamenti, ad esempio, sono vecchi di 50 anni. Provando a moltiplicare si arriva, sempre per singolo appostamento, ad alcuni quintali di piombo. Fermo restando che di appostamenti ce ne sono vecchi di un secolo e nel passato si sparava per un periodo più ampio. In definitiva, secondo l’ISPRA, in prossimità degli appostamenti si deve ritenere essere presente un’alta contaminazione, tale da consigliare controlli specifici e prevedere interventi utili a prevenire l’insorgenza di problematiche ambientali. Piombo, ed altro ancora, visto che nelle leghe delle cartucce, sebbene in misura minore, sono presenti anche l’Arsenico e l’Antimonio, anch’essi notoriamente velenosi.
Come arriva il velenoso piombo nell’organismo umano?
Se di caccia, mangiandolo. In linea teorica, una volta che ha contaminato il terreno, anche in altre maniere ma in questi casi l’estrapolazione dei dati è più complessa. Conviene, pertanto, soffermarsi solo su quello mangiato assieme a fagiani, caprioli, conigli ed altre vittime dei cacciatori. Tanto piccolo, il piombo frantumato, da non poterlo notare neanche al consumo. Figuriamoci al momento della pulitura della carcassa. Tanto piccolo da far consigliare all’ISPRA di eliminare la carne attorno ai fori di penetrazione dei proiettili, tagliandola ampiamente ed in profondità. Questo per i grandi ungulati. Ma per gli uccelli? E’ il caso dei piccoli storni al piombo delle province di Piacenza e Bologna. Inquinamento industriale? No, ciliegie, quelle che i cacciatori dovevano proteggere sparando contro gli storni.
Di mezzo, però, c’è anche il latte materno ed il quoziente intellettivo. In uno studio condotto in Groenlandia è risultata, infatti, la correlazione tra i tassi di piombo nel sangue degli abitanti e le abitudini alimentari. Ove mangiavano selvaggina i tassi erano più elevati di quelli dell’industrializzata Danimarca. Ove, invece, i groenlandesi non mangiavano selvaggina, le cose andavano in maniera molto diversa. In Ontario, poi, è stata trovata una correlazione tra il tasso di piombo rinvenuto nel cordone ombelicale alla nascita dei bambini e le abitudine alimentari delle madri (ovvero consumatrici di selvaggina). Idem per il latte dei bambini allattati al seno. Assunzioni che possono variare in funzione delle semplici tecniche di cottura. In definitiva per cercare di assumere meno piombo, la carne dovrebbe essere poco cotta e senza l’ingrediente principe delle preparazioni culinaria a base di selvaggina, ovvero l’aceto. Meno acidi ci sono e meglio è.
Ad ogni modo, dice sempre l’ISPRA, per garantire la salute dei bambini non può valere alcuna soglia di rischio, per quanto bassa possa essere stata stabilita. Danni, sempre nel caso dei bambini, che si possono riflettere sullo sviluppo intellettivo. Deficienze considerevoli e che perdurano nel tempo così come per gli effetti del saturnismo, ovvero l’intossicazione “classica” da piombo, quella cioè che può provocare gravissimi rischi al nostro metabolismo, fino ad arrivare, nei casi più gravi, alla morte. Il saturnismo (a proposito di caccia) è stato rilevato negli uccelli acquatici, specie negli anatidi cosiddetti di fondo e nei fenicotteri, abituati a cercare e filtrare il cibo nella fanghiglia. Rischi che non esentano neanche i granivori, dove i pallini raccolti da terra e scambiati per sassolini, vengono ingeriti per macerare le granaglie che arrivano allo stomaco. E che dire dei rapaci? Si sospetta che alcune aquile reali e probabilmente anche avvoltoi, sono rimasti intossicati fino alla morte a seguito dell’abitudine di nutrirsi delle viscere degli ungulati abbandonate nel corso della primissima macellazione praticata dal cacciatore. Questo nelle Alpi, non in Groenlandia. Pallini, dicevamo, che possono anche diventare frammenti piccolissimi, tanto da far dire all’ISPRA di poter essere pericolosi anche per l’uomo in quanto non avvertibili neanche al consumo. Non in Ontario, ma in provincia di Sondrio, dove è stato condotto uno studio specifico. Frammenti che, nel caso precedente delle viscere, arrivano a contaminare il 65% degli ungulati con punte del 77,77% nel capriolo. Poveri rapaci ma anche altri animali che di queste viscere si vanno subito a nutrire.
Cosa dice a proposito di piombo la nostra legislazione? Niente o quasi. Esiste il divieto di utilizzare munizioni di piombo solo per le aree umide di ZPS (Zona di Protezione Speciale) e ZSC (Zona Speciale di Conservazione), solo che queste ultime devono ancora essere definite. L’alternativa ci sarebbe ma costa fino a sei-sette volte di più per i pallini senza piombo dei fucili a canna liscia. Meno rilevante, invece, il divario per quelli a canna rigata (carabine) utilizzate per gli ungulati. Anche qui, chissà perché, le opposizioni delle Province (alle quali è affidata la gestione sulla caccia) è spesso netta, almeno a giudicare dai ricorsi al TAR promossi dalle associazioni protezioniste.
In estrema sintesi, per il problema piombo, il consumo di selvaggina comporta un rischio per la salute umana, soprattutto per la donna in stato di gravidanza e di allattamento, per i bambini e gli adolescenti. Dice sempre l’ISPRA.