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entro il 2050

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Paul McCartney
si porta nuovamente sotto i riflettori della cronaca ambientalista, richiedendo un maggiore sforzo ai governi per il salvataggio del Pianeta. Un progetto di crescita condivisa che passi per l’abbandono definitivo della carne, vera piaga per la sussistenza dell’uomo in futuro.

Galleria di immagini: Star Vegane e Vegetariane

Non è certo un mistero l’impegno che l’ex Beatle da anni dimostra per dell’ambiente, comprovato non solo con una dieta rigidamente vegetariana e vegana, ma anche con numerosi progetti per la salvaguardia degli animali. L’occasione per la sua ennesima presa di posizione è la Conferenza sul Cambiamento Climatico di Doha, a cui il musicista ha indirizzato un’accorata lettera.
La missiva, spedita ai due esperti Christiana Figueres H.E. Abdullah bin Hamad Al-Attiyah, chiede un maggiore impegno alla Conference of the Parties (COP) per l’abbandono completo della carne. La COP non è altro che l’organismo governativo della Convention on Biological Diversity, l’ente che studia il cambiamento climatico e come le attività dell’uomo abbiano un’impatto sulla biodiversità. Queste le parole del cantante:


«Nonostante emergano sempre più prove a dimostrazione di come la crescita globale dell’industria della carne stia portano a conseguenze ambientali allarmanti, l’impatto dell’allevamento sul surriscaldamento globale non sembra essere stato preso in giusta considerazione dalla Conference of the Parties (COP). Pertanto richiedo di portare la questione all’attenzione di questa conferenza e vi incoraggio ad adottare policy e azioni individuali, come ad esempio un giorno a settimana privo di carne».
Le Nazioni Unite hanno già riconosciuto l’importanza del progressivo abbandono della dieta onnivora, tanto che nell’ultimo incontro di Rio si è sostenuto come l’intera popolazione mondiale dovrà necessariamente divenire vegetariana entro il 2050. Un processo che appare come inevitabile, perché gli allevamenti stanno mettendo a repentaglio la sussistenza dell’uomo e del Pianeta con la deforestazione e delle emissioni di CO2 non più sostenibili. Già solo un giorno alla settimana “meat free”, ovvero privo di carne così come consiglia McCartney, sarebbe un buon inizio per intraprendere questo percorso di rinascita umana e ambientale.
Fonte: Ecorazzi
 
Chimica non è roba per umani

Chimica non è roba per umani

Quanta chimica c’è nei cibi che mangiamo? Siamo purtroppo abituati a notizie sui rischi degli additivi alimentari, ma a volte finiscono sulle nostre tavole anche sostanze che col cibo non dovrebbero avere niente a che fare. Secondo una ricerca pubblicata su Environmental Health Perspectives, in molti alimenti sono state rinvenute tracce di un ritardante di fiamma bromurato (esabromociclododecano, HBCD) utilizzato nella produzione di schiume isolanti e apparecchiature elettriche.
La sostanza è presente in alte concentrazioni all’interno di numerosi prodotti alimentari di largo consumo negli Stati Uniti. Si va dalle sardine in scatola al salmone fresco, dal burro di arachidi al chili in scatola, ma anche prosciutto, tacchino, pollo e altri cibi.
Eppure, spiegano i ricercatori, l’esposizione all’HBCD può causare diversi problemi di salute, incluse alterazioni del sistema immunitario, problemi all’apparato riproduttivo, effetti neurotossici e anomalie del sistema endocrino. A rendere questa sostanza ancora più pericolosa è il fatto che, anche se assunta a dosi minime, si accumula nei tessuti nel corso del tempo, moltiplicando lentamente il suo potenziale nocivo.
Gli studiosi, guidati da Arnold Schecter della School of Public Health dell’Università del Texas, hanno individuato all’interno dei prodotti alimentari anche altre sostanze tossiche, ma quella dei ritardanti di fiamma rappresenta forse la situazione più preoccupante.


L’uso di questi composti, infatti, è scarsamente regolamentato e, come se non bastasse, l’esabromociclododecano può provocare, oltre ai problemi di salute già citati, anche danni alla fauna selvatica e all’ambiente in generale. Paradossalmente, infine, i ritardanti di fiamma possono avere conseguenze devastanti anche sul fronte degli incendi, determinando roghi ancora più incontrollabili.
 
[h=1]Prosciutto DOP da maiali nutriti con rifiuti sequestrato dai NAS[/h]
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Prosciutti e maiali posti sotto sequestro dai NAS di Cremona. L’intervento delle forze dell’ordine si è reso necessario in quanto l’allevamento incriminato avrebbe nutrito gli animali con scarti e rifiuti alimentari. Sigilli per 2.300 prosciutti D.O.P. tipo San Daniele, Parma, Modena e per 750 suini, ma si stima che negli ultimi due anni i prodotti così realizzati siano circa 3.500.
L’operazione denominata “Trash Food” ha visto il Nucleo AntiSofisticazioni di Cremona effettuare controlli in oltre 40 stabilimenti, all’interno dei quali sono avvenuti i sequestri. Denunciato per frode in commercio e vendita di prodotti non genuini il titolare dell’allevamento da cui provenivano i maiali, nutriti con rifiuti dell’industria alimentare destinati in realtà allo smaltimento in impianti a biogas. Denuncia per traffico illecito di rifiuti, in concorso con l’allevatore, per il proprietario di due ditte alimentari responsabile della vendita dei propri scarti di produzione.


Elevato il valore della merce posta sotto sequestro, pari a circa 300 mila euro. L’indagine è partita in primavera, quando le forze dell’ordine si sono accorte della presenza di importanti stoccaggi di rifiuti alimentari all’interno dell’allevamento, ed è coordinata dalla Procura di Mantova. Posti sotto sequestro prosciutti prodotti da suini portati al macello negli ultimi 15 mesi, prodotti che verranno ora controllati e di cui dovrà essere stabilità la possibilità o meno di essere destinati al consumo. Certa comunque, anche in caso di via libera alla vendita, la perdita del marchio di qualità.


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Ci sono maiali e" maiali"

Ci sono maiali e" maiali"

l Consiglio Superiore di Sanità (CSS) ha dato il via libera all’allevamento in Italia di maiali OGM, con delle opportune limitazioni relative soprattutto al carattere “sperimentale” e all’obbligo di sottostare ai serrati controlli del Ministero della Salute per chi si dedicherà a questo tipo di allevamento. Dopo un acceso dibattito i maiali transgenici arrivano quindi anche in Italia, dove lo stesso Ministero della Salute, interpellato in merito dalla Regione Lombardia, aveva delegato al CSS di stabilire l’opportunità di concedere tale permesso ad Avantea, una ditta di Cremona che ne aveva fatto espressamente richiesta.
La nota del Ministero chiarisce i termini e gli obiettivi di questo via libera, spiegando di essere:
Consapevole dell’importanza potenziale che la produzione di suini transgenici può avere sulla salute umana con particolare riferimento al settore dei trapianti e della terapia delle malattie degenerative dell’uomo. Tuttavia, non può nemmeno sfuggire che tale produzione, al di là dei suoi aspetti e interessi economici, non può essere considerata un semplice allevamento di animali a uso sperimentale, in quanto può comportare conseguenze di sanità e benessere animale, nonché ambientali, di complessa valutazione.
Si tratta quindi di un “sì” con delle precise limitazioni e dato solo in attesa di chiarire meglio la situazione dal punto di vista legislativo, in quanto nell’ordinamento italiano non esiste al momento alcuna legge che regoli la clonazione di animali per scopi scientifici, essendo scaduto il 31 dicembre 2001 il decreto che impediva questa prassi.
 
La Corte di Giustizia europea ha stabilito che la vendita di miele o derivati contenenti tracce di polline modificato geneticamente potrà avvenire solo a seguito di una particolare autorizzazione. La presenza di sostanze OGM, inoltre, dovrà essere espressamente dichiarata nell’etichetta del prodotto.
La sentenza giunge dopo l’appello presentato da un apicoltore tedesco, che aveva scoperto, in un campione del proprio miele, residui di DNA e proteine provenienti da polline di mais transgenico. Il granturco di varietà MON810 veniva coltivato dal colosso delle biotecnologie Monsanto in alcuni terreni molto vicini all’azienda agricola, ed evidentemente le api ne avevano raccolto del nettare, con polline OGM annesso.
Di qui, per evitare ripercussioni legate alla commercializzazione del miele con tracce di materiale transgenico, la decisione di ricorrere alla Corte di Giustizia, che ora ha espresso il suo parere. Secondo il giudice, anche se il miele in questione non rientra in senso stretto nella nozione di OGM (perché è contaminato per via indiretta), ricade nell’applicazione del regolamento europeo in materia di prodotti alimentari transgenici, e quindi non può essere messo sul mercato senza una specifica autorizzazione.
Soddisfazione per la sentenza è stata espressa dalla Coldiretti, concorde con la Corte del Lussemburgo nell’affermare che, in presenza di materiale geneticamente modificato, l’autorizzazione debba essere richiesta “indipendentemente dal fatto che tale materiale sia stato incluso intenzionalmente o meno”.


La coltivazione di un campo Ogm è in grado di determinare la contaminazione del miele attraverso il trasporto del polline da parte delle api, – osserva l’associazione – rendendo necessaria in ogni caso una specifica autorizzazione per la messa in vendita, a prescindere dalla proporzione di materiale geneticamente modificato contenuta nel prodotto di cui trattasi.
Perché scatti la necessità del nulla osta, infatti, basta che nel prodotto siano presenti anche minime tracce di materiale OGM. Secondo la Corte di Giustizia, infatti, l’obbligo di richiedere l’autorizzazione prima della vendita esiste «a prescindere dalla percentuale di materiale geneticamente modificato contenute nel prodotto in questione».
 

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