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escherichia coli nei formaggi

Alien.

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[IMG2=JSON]{"data-align":"none","data-size":"full","src":"https:\/\/www.liberoquotidiano.it\/upload\/1539080061861.jpg"}[/IMG2]
BATTERIO PERICOLOSO [h=1]Scamorza e Cuori di fette: escherichia coli nei formaggi delle due famosissime marche[/h]
18 Ottobre 2018

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Allarme per la presenza di Escherichia coli nel formaggio: il Ministero della salute ha richiamato alcuni lotti di scamorza bianca a fette a marchio Coop e Cuor di Fette Parmareggio. Il prodotto è distribuito in confezioni da 140 grammi con i seguenti numeri di lotto e scadenza: Coop: lotto numero 25L18341 e data di scadenza 08/11/2018; lotto numero 25L18345 e data di scadenza 12/11/2018. Parmareggio: lotto numero 25L18345 e data di scadenza 12/11/2018; lotto numero 25L18345 e data di scadenza 17/11/2018.

La scamorza a fette è stata prodotta da Parmareggio nello stabilimento di Montecavolo di Quattro Castella, in provincia di Reggio Emilia. L’avviso di richiamo precisa che la presenza di Escherichia coli produttore di Shiga-tossina (Stec) è stata accertata dalle analisi dell’Istituto zooprofilattico sperimentale del Mezzogiorno (rapporto prova 152853 del 15/10/2018) per l’Asl NA 2 Nord. Alcuni dei lotti sono stati richiamati in via precauzionale, in quanto si sospetta una contaminazione della materia prima usata in fase di produzione. Si raccomanda di non consumare la scamorza bianca a fette Coop e Parmareggio con i numeri di lotto e le scadenze segnalate e di restituirla al punto vendita d’acquisto per il rimborso.
 
[h=1]Ritirati mix 5 cereali precotti Pedon e Carrefour: possono provocare intossicazioni[/h]
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Mix 5 cereali precotti ritirati dagli scaffali dei supermercati. A rendere noto il richiamo è stato il Ministero della salute. I prodotti potrebbero infatti contenere il Bacillus Cereus, batterio che può provare un'intossicazione alimentare simile a quella causata dallo Stafilococco.

Ancora un'allerta alimentare segnalata tra gli avvisi di sicurezza del Ministero. Questa volta a essere stati ritirati sono tre lotti di cereali precotti prodotti da Pedon e commercializzati sia da vari supermercati che da Carrefour attraverso la sua linea In Forma.

Tutti i lotti ritirati sono stati prodotti da Pedon presso i propri stabilimenti in via del progresso 32, a Molvena (Vi). Si tratta delle confezioni da 500 grammi che contengono 5 cereali: grano, farro, orzo, riso e avena

Ecco di seguito tutti i dettagli sui tre lotti ritirati:
[h=2]Misto 5 Cereali C'è Di Buono[/h]
In questo caso, il richiamo riguarda il Misto 5 Cereali "C'è Di Buono". I lotti ritirati sono caratterizzati dalle seguenti date di scadenza: 31/07/20 e 01/08/20.
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[h=2]Mix 5 cereali precotti[/h]
Il secondo richiamo riguarda il Mix 5 cereali precotti del marchio In Forma di Carrefour. Il lotto ritirato è quello contraddistinto dalla data di scadenza 29/02/20.
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Se avete acquistato questi cereali, controllate la data di scadenza e se coincide con una di quelle oggetto di richiamo da parte del Ministero della salute, non consumatela. Potete riconsegnarla al punto vendita per ottenere un cambio o un rimborso.

Per informazioni è possibile contattare il produttore al n° 800 034437.
[h=2]Il Bacillus Cereus[/h]
Questo batterio produce tossine che danno luogo a intossicazioni alimentari. SI tratta di un microrganismo comunemente presente nel suolo e nella polvere ma che contamina spesso alimenti a base di riso, e occasionalmente pasta, carne e vegetali, prodotti lattiero-caseari, minestre, salse, dolciumi che non sono stati raffreddati rapidamente ed efficacemente dopo la cottura e/o adeguatamente conservati.

Il Bacillus cereus può dare luogo a 2 tipi di intossicazioni alimentari: una caratterizzata da vomito dovuta all'ingestione di una tossina presente nell'alimento. L'altra, con presenza di diarrea, è dovuta all'ingestione di cellule/spore batteriche capaci di produrre enterotossine.

In questo caso, i sintomi sono diarrea acquosa, forti crampi addominali e in alcuni casi anche nausea e vomito. Il periodo di incubazione varia tra le 6 e le 15 ore dopo il consumo degli alimenti contaminati.

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Francesca Mancuso



SIAMO SOLO BIDONI DI IMMONDIZIA UMANI
 
QUANDO ACQUISTI INTEGRATORI IN FARMACIA O ERBORISTERIA CONTROLLA CHE NON VI SIA BIOSSIDO DI SILICIO O TITANIO.
SE TI VUOI BENE.ALTRIMENTI NON IMPORTA.


[h=1]Che cosa ci fa il biossido di titanio nel nostro cibo? E soprattutto: è dannoso per la salute? Ecco gli ultimi studi in materia[/h]
Redazione Il Fatto Alimentare 14 gennaio 2013 Sicurezza AlimentareCommenti disabilitatisu Che cosa ci fa il biossido di titanio nel nostro cibo? E soprattutto: è dannoso per la salute? Ecco gli ultimi studi in materia

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L’impiego principale del biossido di titanio (TiO[SUB]2[/SUB]) è nella produzione di vernici; lo si trova anche in numerosi altri prodotti, tra cui cosmetici (filtri solari), prodotti per l’igiene personale (dentifrici) e negli alimenti, ed è quest’ultimo il caso che ci interessa.



Come additivo alimentare, colorante per la precisione, il biossido di titanio compare sotto la sigla E171. Le particelle di biossido ad uso alimentare sono eterogenee: sono, infatti, comprese tra 40 e 220 nanometri (nm), come emerge dal recente studio americano Titanium Dioxide Nanoparticles in Food and Personal Care Products, guidato da Alex Weir dell’Università dell’Arizona.

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Quando le dimensioni delle particelle sono comprese nell’intervallo 1-100 nm, il biossido di titanio costituisce un nanomateriale (nano TiO[SUB]2[/SUB]). Negli ultimi anni, la produzione di nano TiO[SUB]2[/SUB] è aumentata e ciò, a sua volta, ha accresciuto sia l’esposizione umana a questo materiale, sia la sua immissione nell’ambiente. E qualcuno ha cominciato a chiedersi se il nano TiO[SUB]2[/SUB] può essere tossico?

Studi finalizzati alla valutazione della tossicità dell’E171 hanno evidenziato una relazione sia con la struttura e le dimensioni delle sue particelle, sia con la forma cristallina naturale da cui derivano (il TiO[SUB]2[/SUB] è presente in natura sotto tre diverse forme cristalline: il rutilio, l’anatasio e la brookite).



Il biossido di titanio sotto forma di anatasio è 100 volte più tossico del rutilio. Alcuni studi recenti hanno attribuito proprietà proinfiammatorie alle particelle inalate (Hussain 2011); inoltre le interazioni con la superficie gastro-intestinale potrebbero essere coinvolte nell’insorgenza del morbo di Chron (Lomer 2002). Al biossido di titanio è stato attribuito un ruolo potenzialmente carcinogenico dalla Canadian Centre for Occupational Health and Safety (CCOHS) e dall’International Agency for Research on Cancer (IARC). Il Fatto Alimentare, infine, ha già ampiamente parlato del rischio alimentare delle nanoparticelle.

Il 36% delle particelle di E171 negli alimenti ha dimensioni nanometriche e gli alimenti più ricchi di questa sostanza sono le gomme da masticare, le caramelle e alcuni dolciumi, alimenti consumati soprattutto dai bambini. Sono dunque i nostri figli i più esposti al biossido di titanio?

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Questo è quanto emerge dello studio già citato di Alex Weir e altri (2012). In particolare, i ricercatori hanno rintracciato alti livelli di E171 in alcuni prodotti alimentari massicciamente presenti sul mercato USA come Dickinson Coconut curd (3,59 ug/mg), le Mentos Freshmint Gum (con livelli > 0,12 ugTi/mg) e i confetti al cioccolato M&M (1,25 ug/mg).



Gli autori hanno valutato anche la potenziale esposizione di diverse fasce di popolazione: poiché il biossido di titanio è presente in molti prodotti per l’infanzia, in USA i più piccoli sono anche i più esposti (in media l’apporto giornaliero sarebbe tra 1-2 mg di titanio per kg di peso, mentre per gli adolescenti si è stimato un apporto di circa 0,2-0,7 mg/kg di peso corporeo).



Quanto ai prodotti in commercio in Europa, è difficile dire: non esiste uno studio simile a quello di Weir e la dicitura E171 non basta a farci capire se si tratta di nanoparticelle e neppure se si tratta di biossido da rutilio o biossido da anatasio.



L’unica cosa certa è che nella UE, la legislazione imporrà l’indicazione dei nanomateriali in etichetta.



Gianna Ferretti docente della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Politecnica delle Marche e blogger di Papille Vagabonde


Foto: Photos.com
 
[h=1]Microplastiche anche nel sale da cucina. L’allarme di Greenpeace: più del 90% dei campioni contaminato. Firma la petizione[/h]
Elena Mattioli 26 ottobre 2018 Sicurezza Alimentare Lascia un commento

[IMG2=JSON]{"data-align":"none","data-size":"full","height":"326","width":"489","src":"https:\/\/ilfattoalimentare.it\/wp-content\/uploads\/2014\/04\/470746783.jpg"}[/IMG2]Microplastiche, ovvero frammenti di plastica di misura inferiore a 5 mm, anche nel sale da cucina. Una recente ricerca condotta su vasta scala e pubblicata da Environmental Science & Technology ha rilevato la sgradita presenza in 36 dei 39 campioni di sale da cucina analizzati, provenienti dai luoghi più disparati del pianeta, compresa l’Italia. L’indagine ha preso in esame non solo sale marino, ma anche di miniera e di lago. La ricerca conferma la gravità dell’inquinamento da plastica, ormai individuato in molti tipi di alimenti, compresi pesci, carne, frutti di mare, acqua del rubinetto, imbottigliata, bibite e ora anche sale. Sembra impossibile sfuggire alla contaminazione.

Il lavoro è nato dalla collaborazione tra Greenpeace e l’Università di Incheon in Corea del Sud. I frammenti sono fatti di polietilene, polipropilene e polietilene tereftalato (Pet), ossia i tipi di plastica più comunemente utilizzati per imballaggi monouso. Occorre un’inversione di rotta a livello globale su produzione e utilizzo. È il parere di Giuseppe Ungherese, responsabile Campagna Inquinamento di Greenpeace Italia, che avvisa: “È necessario fermare l’inquinamento alla radice ed è fondamentale che le grandi aziende facciano la loro parte riducendo drasticamente l’impiego della plastica usa e getta per confezionare i loro prodotti”.
[IMG2=JSON]{"alt":"microplastiche","data-align":"none","data-size":"full","height":"335","width":"499","src":"https:\/\/ilfattoalimentare.it\/wp-content\/uploads\/2015\/11\/plastica-inquinamento-mare-ambiente-Fotolia_82592161_Subscription_Monthly_M-1024x687.jpg"}[/IMG2] Il sale marino è il più contaminato da microplastiche. C’è una correlazione con l’inquinamento ambientale dell’area geografica di provenienza del sale
Lo studio ha messo in evidenza una correlazione tra il numero di particelle di microplastica per chilo di sale e il rilascio di plastica nell’ambiente nella stessa area geografica di provenienza del sale. I campioni asiatici sono risultati in media i più contaminati con un picco di 13 mila frammenti. L’Indonesia risulta essere seconda per l’apporto globale di plastica nei mari con 0-1674 microparticelle per chilo, seguito dal sale dei laghi salati (28-462) e dal sale di miniera (0-148). Quello italiano, marino o di miniera, ha evidenziato una presenza variabile da 4 a 30 microparticelle per chilo.

Un adulto che introduce in media con la dieta 10 grammi di sale al giorno, potrebbe assumere inconsapevolmente in un anno circa 2 mila microplastiche. Kim Seung-Kyu, professore dell’Università di Incheon e autore dell’articolo avverte: “Per limitare la nostra esposizione sono necessarie misure preventive riguardo all’immissione di plastica in mare, una migliore gestione dei rifiuti in ambiente terrestre e, soprattutto, la riduzione della produzione di rifiuti in plastica”.

Accogliendo questa raccomandazione Greenpeace ha attivato una raccolta firmeper rivolgere una petizione a grandi marchi come Coca-Cola, Pepsi, Nestlé, Ferrero, Unilever, San Benedetto, Procter & Gamble e McDonald’s, affinché riducano i contenitori e gli imballaggi in plastica monouso. Due milioni di persone in tutto il mondo hanno già aderito.

L'UOMO MODERNO E INTELLIGENTE SI è PROGRAMMATO L'AUTODISTRUZIONE SPARIREMO CHE GLI ANTICHI EGIZIANI.
 
[h=1]Biossido di titanio (E171): in Francia il gruppo Casino lo eliminerà entro l’anno. Troppi sospetti sulla tossicità[/h]
Beniamino Bonardi 17 ottobre 2018 Sicurezza Alimentare Commenti

[IMG2=JSON]{"alt":"biossido di titanio","data-align":"none","data-size":"full","height":"333","width":"500","src":"https:\/\/ilfattoalimentare.it\/wp-content\/uploads\/2013\/07\/dolci-donuts-153905753.jpg"}[/IMG2]Il gruppo di supermercati francese Casino ha annunciato l’eliminazione entro l’anno del biossido di titanio da tutti i prodotti a proprio marchio, non solo dagli alimentari. L’additivo già non viene utilizzato nei prodotti per neonati e bambini della catena. Il Biossido di titanio che ha come sigla E171, è un colorante usato, anche in forma di nanoparticelle, come pigmento per conferire un aspetto bianco brillante e liscio a pasticcini, confetteria e anche per opacizzare yogurt e gelati.

L’attenzione sui possibili rischi è cresciuta molto in Francia negli ultimi due anni, dopo che uno studio condotto su animali dall’Istituto nazionale francese per la ricerca agronomica (Inra), pubblicato nel gennaio 2017 dalla rivista Scientific Reports, aveva indicato che l’esposizione cronica a questa sostanza, tramite la sua ingestione, “provoca stadi precoci di cancerogenesi”. La ricerca aveva riscontrato lesioni precancerose al colon nel 40% degli animali coinvolti nel test dopo cento giorni. Tuttavia, l’Inra aveva affermato che allo stato attuale i risultati non erano direttamente applicabili all’uomo.

Nel settembre dell’anno scorso, il mensile 60 millions de consommateur ha pubblicato i risultati dei test condotti su diciotto dolciumi particolarmente popolari tra i bambini, che in etichetta indicavano la presenza del colorante E171, cioè del biossido di titanio. Tutti contenevano il colorante sotto forma di nanoparticelle e questo aspetto deve essere indicato in etichetta con la dicitura “nano”. La rivista ha però denunciato la mancanza di questa dicitura. Lo scorso maggio il segretario di Stato alla Transizione ecologica, Brune Poirson, aveva annunciato che entro l’anno la Francia avrebbe vietato l’utilizzo negli alimenti del colorante E171, la cui “unica virtù è l’estetica, e al quale non viene riconosciuto alcun valore nutrizionale, mentre ci sono seri dubbi sui rischi per la salute associati alla sua ingestione”.

Il gruppo Casino ha deciso di non aspettare l’emanazione del decreto del governo, dichiarando di aver identificato il biossido di titanio come una sostanza controversa nella forma di nanoparticelle sin dall’inizio del 2017, grazie alle indicazioni di un proprio comitato sanitario composto da vari esperti, come endocrinologi, tossicologi, nutrizionisti e agronomi.
 
[h=1]Listeria nel salmone affumicato: quattro morti in Europa. Individuato il focolaio in uno stabilimento polacco[/h]
Giulia Crepaldi 26 ottobre 2018 Sicurezza Alimentare Lascia un commento

[IMG2=JSON]{"alt":"salmone affumicato","data-align":"none","data-size":"full","height":"331","width":"500","src":"https:\/\/ilfattoalimentare.it\/wp-content\/uploads\/2016\/04\/Fotolia_76313832_Subscription_Monthly_M1.jpg"}[/IMG2]Un focolaio di listeriosi ha investito tre Paesi europei – Danimarca, Germania e Francia – colpendo 12 persone, di cui quattro sono decedute. A causare il contagio, secondo le autorità sanitarie danesi, sarebbe stato il salmone affumicato a freddo prodotto in Polonia dall’azienda BK Salmon. Lo rivela un report congiunto dell’Autorità per la sicurezza alimentare (Efsa) e del Centro europeo per il controllo e la prevenzione delle malattie (Ecdc).

Analisi di laboratorio hanno confermato che, in tutti i casi, è stato lo stesso ceppo a causare il contagio. Le infezioni da Listeria monocytogenes sono state registrate tra l’ottobre 2015 e il maggio 2018. I Paesi più colpiti sono Danimarca e Germania, che contano rispettivamente sei e cinque casi, mentre in Francia si è verificata una sola infezione, causata da una confezione di salmone marinato prodotta nello stesso stabilimento polacco.

Secondo l’Ecdc con tutta probabilità esiste una contaminazione ambientale nell’impianto polacco dove viene prodotto il salmone affumicato. Controlli svolti nello stabilimento hanno confermato la presenza del batterio nell’ambiente, anche se fino ad ora non è stato possibile accertare il ceppo rilevato nelle persone colpite. A questo punto delle indagini, però non si può escludere una contaminazione dei salmoni provenienti dalla Norvegia.

Le allerta per la presenza di Listeria monocytogenes nel salmone affumicato sono ricorrenti. La Listeria è un batterio che resiste e si riproduce anche alle temperatura del frigorifero, e per inattivarlo è necessario raggiungere i 70°C per almeno 10 secondi. Il rischio che si sviluppi la Listeria nel salmone si riduce quando il processo di affumicatura viene eseguita a caldo, perché le alte temperature usate durante il procedimento la inattivano, cosa che però non accade con quella a freddo, sempre più utilizzata, soprattutto per il salmone nordeuropeo. In ogni caso è importante conservare il salmone affumicato alla temperatura più bassa possibile tra 0 e 4° e consumarlo molto prima della data di scadenza indicata sulla confezione.


Tra il 2015 e il 2018 un’altra contaminazione ambientale persistente da Listeria, questa volta in uno stabilimento di verdure surgelate, ha provocato un’epidemia di listeriosi che ha colpito cinque Paesi europei ed è giunta fino in Australia, provocando 54 contagi e 10 morti con un richiamo di surgelati su scala mondiale, con ben 107 Paesi coinvolti.
 
[h=1]E171 Biossido di Titanio[/h]
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E171 BIOSSIDO DI TITANIO o DIOSSIDO DI TITANIO


Il biossido di titanio è una polvere di colore bianco, di origine minerale.
Può essere contenuto principalmente in confetti, chewing-gum, dolciumi ecc.
Il biossido di titanio può essere utilizzato in vari modi:


  • come pigmento bianco usato nelle vernici e nel cemento da costruzione, nelle materie plastiche e come polvere opacizzante per le vernici colorate (viene per questo chiamato “bianco di titanio”);
  • come catalizzatore capace di degradare, per ossidazione, numerosi composti organici;
  • sotto forma di particelle nanometriche, il biossido di titanio può essere utilizzato anche in alcuni cosmetici (per l'esattezza creme per il corpo e makeup); viene inoltre inserito nella formulazione di alcuni prodotti solari per la sua capacità di filtrare la luce del sole, bloccando la componente UV e proteggendo in questo modo la pelle. Attualmente, però, si stanno svolgendo numerosi studi per cercare di capire se esiste la possibilità che le polveri del biossido di titanio possano infiltrarsi anche attraverso la cute, entrando poi nel circolo sanguigno. Queste ricerche sono nate in seguito allo sviluppo delle nanopatologie, cioè di quelle malattie causate dall'esposizione e successiva permanenza nell'organismo (animale ed umano) di particelle inorganiche talmente piccole da non poter essere rimosse dall'organismo, e come tali potenzialmente in grado di provocare processi flogistici che possono degenerare, in alcuni casi, in neoplasie;
  • come colorante alimentare indicato con la sigla E171 (dolcetti e snack colorati tipo M&MS, dolcificanti artificiali, donuts)
Attualmente non è ancora stata dimostrata la totale innocuità del biossido di titanio, circa il potenziale cancerogeno quando ingerito come additivo. In particolare alcuni studi hanno puntato il dito contro il biossido di titanio per la sua capacità di aumentare la risposta infiammatoria intestinale in soggetti colpiti da morbo di crohn, che per questo dovrebbero ridurre il più possibile le fonti alimentari di E171



DOSE ADI: la dose giornaliera attualmente accettabile non è stata ancora determinata.

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Tratto da https://www.my-personaltrainer.it/additivi-alimentari/E171-d-biossido-di-titanio.html
 
[h=1]Alluminio negli Alimenti[/h] Alluminio negli AlimentiAlluminio negli AdditiviAlluminio e Preparazione dei CibiTossicità dell'Alluminio
[h=2]Alluminio negli Alimenti[/h]
L'alluminio è un elemento metallico che costituisce circa l'8,2% della crosta terrestre.
Nel XIX secolo, la scoperta di processi estrattivi più economici (dall'ossido di alluminio e dalla bauxite) ha esaltato l'applicazione e la versatilità del materiale.
Additivi alimentari, utensili da cucina, farmaci, deodoranti, cibi e bevande contengono alluminio in quantità più o meno rilevanti.
Tuttavia, contrariamente ad altri elementi metallici (come il ferro, lo zinco, il rame ecc.), l'alluminio non è né utile, né tanto meno essenziale per l'uomo. Ecco perché la sua presenza eccessiva nella dieta va considerata potenzialmente nociva per la salute.
[h=2]Alluminio negli Additivi[/h]
Trattandosi di un elemento ubiquitario, l'alluminio si trova nel suolo e nelle acque di tutto il globo. Ciò significa che la maggior parte dei cibi lo contiene “almeno”, facendolo entrare quotidianamente nell'organismo umano.
Specifichiamo fin da subito che piccole quantità di alluminio non causano alcun tipo di lesione ma, nel corso del tempo, questo metallo potrebbe accumularsi nei tessuti.
L'alluminio è un elemento fondamentale per certi additivi alimentari, contenuti soprattutto: nel lievito chimico, nei formaggi fusi (sottilette, formaggino ecc) e nei sottaceti.
La tabella sottostante riassume la lista italiana e quella americana degli additivi alimentari che racchiudono alluminio.

Additivi Concessi negli USA
In Italia, il Ministero della Salute considera sicuri i seguenti additivi alimentari:
Negli Stati Uniti, la “Food and Drug Administration” (FDA) considera generalmente sicuri (GRAS) i seguenti additivi alimentari:
  • Solfato di alluminio
  • Solfato di alluminio e ammonio
  • Solfato di alluminio e sodio
  • Silicato di calcio e alluminio
  • Stearato di alluminio
  • Fosfato acido di sodio e alluminio
  • Nicotinato di alluminio

[TD="width: 50%"] Additivi Concessi in Italia [/TD]


La sicurezza di questi ingredienti è tutt'ora oggetto di discussione.

Nel settembre 2005, un gruppo di ricerca conosciuto come “Department of the Planet Earth” ha presentato una richiesta di esclusione degli additivi contenenti alluminio dalla lista dei GRAS (Generally Recognized As Safe, ovvero generalmente riconosciuti come sicuri)..
A sostegno della petizione, vennero riportati alcuni studi che tentavano di dimostrare una correlazione tra l'alluminio e la malattia di Alzheimer.
Tuttavia, questi approfondimenti non si sono dimostrati statisticamente significativi.
[h=2]Alluminio e Preparazione dei Cibi[/h]
Oltre ad essere naturalmente presente nei cibi e nelle bevande, e a strutturare vari additivi, l'alluminio può contaminare gli alimenti durante la loro preparazione. Il transito del materiale avviene dagli utensili (padelle, contenitori ecc) all'alimento, attraverso l'usura di tipo chimico o fisico.
Nel settore culinario, l'alluminio è uno dei materiali più utilizzati. Lo contraddistingue un'ottima conduzione termica, tipicizzata da uniformità ed efficacia.
D'altro canto, l'alluminio è un metallo abbastanza tenero; se raschiato, cede facilmente piccoli frammenti che “sporcano” i cibi. Un esempio indicativo è la produzione di creme e besciamella; in queste ricette si richiede un utilizzo massiccio della frusta che, se in acciaio (più duro dell'alluminio), corrode il tegame. Talvolta, le particelle che vengono liberate da questo processo sono talmente abbondanti da modificare il colore della salsa o della crema facendola diventare verde o grigia.
Inoltre, l'alluminio tende a reagire con i cibi acidi come la frutta, gli ortaggi, l'aceto, ed il vino (soprattutto in presenza di calore). Questa interazione chimica favorisce l'erosione del metallo e ne promuove il passaggio dentro gli alimenti. Inoltre, l'alluminio promuove l'ossidazione dei cibi, ragion per cui NON risulta particolarmente adatto nella conservazione.
Per scongiurare queste eventualità, molti produttori hanno iniziato a costruire tegami e padelle in alluminio anodizzato. Questo processo consente di:

  • Mantenere la conducibilità del materiale
  • Creare uno strato superficiale più duro
  • Prevenire la reazione alimentare.
E' comunque necessario evitare di graffiare i contenitori, ad esempio utilizzando mestoli, pinze e fruste meno aggressivi (ad es quelli in plastica o rivestiti in silicone). [h=2]Tossicità dell'Alluminio[/h]
Secondo alcune analisi di laboratorio effettuate negli Stati Uniti, i cibi che contribuiscono maggiormente all'assunzione di alluminio sono: cereali e derivati (come pane, dolci, biscotti e pasticceria), verdure (spinaci, rafano e lattuga), funghi, bevande ( e cacao) ed alcuni prodotti della primissima infanzia. Anche l'acqua potabile e i medicinali costituiscono una fonte significativa di alluminio.
Sulla base di alcune ricerche, considerando la scarsa eliminazione del metallo dai tessuti, la “European Food Safety Authority” (EFSA) ha ristretto l'assunzione alimentare di alluminio a 1mg/kg di peso corporeo alla settimana. Oltre questo limite non è escluso che possa creare problemi alla salute.
L'esposizione alimentare media della popolazione europea è calcolata tenendo in considerazione gli studi eseguiti in nazioni differenti (Paesi Bassi, Francia, Regno Unito e Svezia). L'approfondimento, svolto da un gruppo di esperti nominati dall'EFSA, ha messo in evidenza quanto eterogenea possa essere l'esposizione collettiva. La media per la popolazione adulta è compresa tra 0,2-1,5mg/kg settimanale; per i soggetti più giovani, i limiti massimi hanno variato tra 0,7-2,3mg/kg per settimana.
La “New York University Langone Medical Center” riferisce che l'esposizione prolungata, soprattutto ad alti livelli, può causare gravi problemi di salute.
Mangiando alimenti che contengono fosfato acido di sodio ed alluminio, o vivendo in prossimità delle miniere di estrazione, l'esposizione al metallo diventa più nociva col passare del tempo.
Tuttavia, anche l'esposizione a breve termine come, ad esempio, respirare la polvere di alluminio sul posto di lavoro, può essere molto dannosa.
La tossicità dell'alluminio colpisce il sistema muscolo-scheletrico ed il cervello, causando: debolezza muscolare, dolore alle ossa, osteoporosi, alterazioni fetali, ritardo della crescita nei bambini e alterazioni della funzione riproduttiva maschile (compromissione dei testicoli). Il peggioramento delle capacità mentali, la
demenza e le convulsioni si manifestano prevalentemente nei soggetti affetti da insufficienza renale.
Tratto da https://www.my-personaltrainer.it/alimentazione/alluminio-alimenti.html
 

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    80
    60
    72
    Palermo
    56
    11
    82
    01
    08
    Roma
    20
    65
    49
    27
    67
    Torino
    60
    03
    10
    61
    47
    Venezia
    17
    52
    62
    83
    23
    Nazionale
    53
    46
    70
    68
    78
    Estrazione Simbolotto
    Nazionale
    28
    39
    26
    38
    04

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