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QUINDI LO STATO SAREBBE DA METTERE IN GALERA E CONFISCARGLI TUTTI I BENI COMPRESO I POLITICI..****#######

MA SI SA LO STATO E LO STATO..........MA LA LEGGERE NON ERA UGUALE PER TUTTI? NO PER LO STATO NO-----COME DIRE ARMIAMOCI E....PARTITE....

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Krugman: l’Euro è un fallimento, ma l’Europa non lo ammette
News di Federica Agostini - 15 Apr 2013 - 17:08
Troppa storia, troppe dichiarazioni e troppo ego è stato investito nella moneta unica perché qualcuno coinvolto con questa possa mai dichiarare che si è trattato di un errore, scrive Paul Krugman sul suo blog, The Conscience of a Liberal.

"Anche se il progetto si è rivelato un totale disastro, continueranno a dire che non è stato l’Euro a far fallire l’Europa, ma l’Europa a far fallire l’Euro."

L’Euro è la sola causa dei problemi Europei? No, ma ha contribuito, e non poco. Nel suo post, Krugman ripercorre velocemente le tappe della storia Europea della moneta unica sottolineando come la soluzione alla drammatica situazione degli ultimi anni, pur essendo a portata di mano, sia ancora molto lontana.

Europa: dagli anni ’90 all’Euro
Scrive l’economista:

"Iniziamo con l’Europa della fine degli anni ’90. Era un continente con molti problemi, ma nessuno che potesse sembrare una crisi e non molti segni di essere su un cammino dell’insostenibilità. Ma poi è arrivato l’Euro.

Il primo effetto dell’Euro è stato uno scoppio di euforia: improvvisamente gli investitori credevano che tutti i debiti europei fossero egualmente sicuri. I tassi di interesse scendevano a picco nelle periferie Europee dando spazio a grossi flussi di capitale verso la Spagna e altre economie: questi flussi hanno creato bolle immobiliari in molti paesi e il boom economico dei paesi che ricevevano tali flussi."

Dal boom al "botto"
"Il boom, a sua volta, si è trasformato in inflazione differenziata: costi e prezzi sono aumentati molto di più nelle periferie che nei paesi core. Le economie periferiche sono diventate sempre meno competitive, il ché non è stato un problema fino a quando i flussi hanno continuato ad arrivare, ma lo è diventato una volta che i flussi si sono interrotti."

L’interruzione dei flussi di capitale alla periferia dell’Euro, scrive Krugman, ha provocato seri e cadute nelle economie che hanno perso molto sia in termini di domanda domestica che dall’esterno, visto che non si tratta di paesi competitivi.

È questo il problema profondo della moneta unica, continua il nobel per l’economia: "Non c’è un modo semplice per allineare i costi che sono disallineati. Nella migliore delle ipotesi, le economie periferiche possono trovarsi a dover affrontare un periodo di elevatissima disoccupazione mentre raggiungono una lenta ed estenuante "svalutazione interna".

La situazione, continua poi Krugman, si è aggravata quando la combinazione di ricavi in calo e prospettiva per una protratta debolezza economica ha portato verso deficit di bilancio sempre più elevati e seri preoccupazioni di solvibilità.

Il fallimento dell’austerity
Nel momento del panico sul mercato azionario, il cuore dell’Europa ha chiesto che per ricevere aiuti fossero necessari programmi di austerità fiscale.

A sua volta, l’austerity ha portato al ribasso la periferia; il risultato è stata la crisi economica d’Europa nel complesso. Continua Krugman "Una delle conseguenze è stata che l’austerity si è dimostrata fallimentare nei suoi stessi termini: misure chiave come il rapporto debito/PIL sono peggiorate, non migliorate."

Si aggiunga che in un paio di occasioni, sottolinea l’economista, la scena è stata peggiorata dalle condizioni dei mercati finanziari la cui perdita di fiducia ha provocato una "corsa al debito sovrano, che ha provocato un assalto alle banche e così via, in un circolo vizioso."

Sino ad oggi, la Banca Centrale Europea ha tentato di arginare (direttamente e indirettamente) la situazione, ma anche se il panico dei mercati è stato contenuto, l’andamento macro-economico continua a peggiorare.

Crisi: qualche soluzione?
"Sin dall’inizio della crisi, i critici come me hanno sottolineato l’urgenza di una risposta a tre fasi."

La risposta a trifasica di Krugman si articola così:

1. Intervento della BCE per stabilizzare i costi di accesso al credito;
2. Espansione monetaria e fiscale alle nazioni core, per facilitare il processo di aggiustamento interno;
3. Allentamento delle richieste di austerity per i paesi periferici (non niente austerità, ma meno e che sia meno dispendiosa a livello umano).
Scrive Krugman "abbiamo il punto uno, ma niente sul 2 e 3."

Euro: e vissero per sempre... (!?)
I funzionari della moneta unica, conclude l’economista, continuano a negare l’evidenza affermando che l’origine del problema sia la "dissolutezza fiscale" che invece è solo una parte della storia. Ma le alte cariche dell’Euro continuano a decantare il successo dell’austerity con qualsiasi scusa.

A questo punto, conclude il post Krugman "È difficile immaginare un lieto fine".
 
[Alcune considerazioni su...] di Paolo Barnard




Capire perché l’Unione Monetaria Europea ci sta distruggendo (Grecia, noi, e poi Germania e tutti gli altri).



Ecco cosa è successo. A distanza di 8 anni dal fatidico 1 gennaio 2002 - quando l’Euro divenne definitivamente la moneta comune a 16 nazioni in Europa - i mercati finanziari (leggi il Tribunale Internazionale degli Investitori e Speculatori) hanno finalmente compreso che i Paesi d’Europa non sono più sovrani, specialmente nell’emissione della loro moneta. Dunque i mercati hanno dato un’occhiata ai grandi debiti dei 16 Stati della zona Euro e hanno concluso che per noi ripagarli è un vero problema. Da qui il loro panico, e la conseguente crisi di cui tutti i giornali parlano, che oggi colpisce la Grecia ma domani colpirà tutti gli altri, Germania inclusa. E ciò perché è una crisi strutturale, non di un paio di Paesi.

Vi chiederete: perché ripagare i nostri debiti è diventato un problema così allarmante? Non eravamo indebitati anche prima dell’Euro? Oggi noi Stati della zona Euro stiamo USANDO l’Euro, non ne siamo più i proprietari. Una volta noi italiani possedevano la lira, i francesi i franchi e i tedeschi i marchi ecc. Non siamo cioè più sovrani nell’uso della nostra moneta. L’Euro è a tutti gli effetti una moneta senza Stato, è una moneta ‘mercenaria’ che tutti i sedici USANO. Fra usare una moneta e possederla la differenza è enorme. Perché oggi ogni Paese dell’Euro deve, PRIMA DI SPENDERE per la cittadinanza, fare una di due cose: 1) prendere in prestito l’Euro, 2) TASSARE i propri cittadini per racimolarlo.

Spiegazione di 1) Prendere in prestito l’Euro: letteralmente dobbiamo andarlo a trovare, proprio come fa un padre di famiglia che prima di pagare le spese di casa deve trovare i soldi da qualche parte (lavoro, prestiti). Oggi, si badi bene, un Paese come l’Italia o la Francia deve bussare alle porte di creditori privati per farsi PRESTARE gli Euro PRIMA di poterli spendere per la comunità (vendiamo titoli di Stato sui mercati di capitali dove dobbiamo competere e pagare tassi decisi dai privati). Il nostro Tesoro e la nostra Banca Centrale non possono più emettere moneta in autonomia. Ecco perché oggi i nostri debiti sono un vero problema.

Al contrario, prima dell’avvento dell’Euro, noi eravamo Paesi sovrani nella moneta (lira, franchi, marchi…), e i nostri governi potevano spendere senza il bisogno di trovare il denaro in anticipo. Letteralmente se lo inventavano, come fanno oggi gli USA o la Gran Bretagna per esempio. Magari spendevano troppo, è possibile (caso Italia), ma con la propria moneta sovrana avevano tutti i mezzi per rimediare. Certamente si indebitavano, eccome, ma era un debito che contraevano DOPO AVER SPESO, non prima ancora di spendere come accade con l’Euro oggi, e soprattutto lo potevano ripagare semplicemente inventandosi il denaro necessario (suona incredibile ma è esattamente così), come fanno oggi gli USA o il Giappone. Avevano cioè il potere sovrano di gestire la propria moneta e di conseguenza i propri debiti in autonomia, e questo rassicurava i mercati finanziari che non andavano nel panico sul debito nazionale di allora come invece è accaduto oggi con la Grecia (e domani con tutti i sedici Paesi dell’Euro).

E infatti, nonostante USA o Giappone siano indebitati fino al collo, nonostante l’Inghilterra sia messa forse peggio della Grecia in quanto a debiti, i mercati non sono nel panico per loro. Il motivo, lo ripeto, è che USA, Giappone o Inghilterra hanno moneta sovrana, cioè possono spendere senza doversi PRIMA indebitare, e possono ripagare i loro debiti inventandosi moneta, cose che noi 16 non possiamo fare più. Considerate inoltre che un ‘caso greco’ non si verificò mai, per esempio, con l’Italia spendacciona, indebitata, inflazionistica ma con moneta sovrana degli anni ’60 e ‘70. Al contrario, quell’Italia era assai prospera, e la sua ricchezza di allora ancora oggi ci nutre.

Ecco cosa sta accadendo. Di chi è la colpa? Dell’inganno dell’Euro voluto a tavolino dai grandi burocrati europei (Prodi, Ciampi e centrosinistra in Italia) per l’esclusivo interesse del Tribunale Internazionale degli Investitori e Speculatori (e degli USA naturalmente), i quali oggi (ma già da prima) ci saccheggiano imponendoci misure di tagli a tutto ciò che è pubblico per comprarselo domani a due soldi. Possono farlo perché oggi noi, per i motivi sopraccitati, siamo indebitati veramente, e siamo ricattabili. Non per nulla alla Commissione Europea trovano pianta stabile 229 lobbisti del Tribunale Internazionale degli Investitori e Speculatori, in un rapporto di 4 a 1 rispetto a chi perora la causa dei cittadini.

p.s. Sapete chi ha voluto l’Italia nell’unione monetaria? La confindustria tedesca, che ha voluto inchiodare la nostra industria nella moneta unica così che ci fosse impossibile in futuro svalutare la lira per renderci competitivi contro il marco e vendere più di loro. Capito? Prodi non è scemo, è un criminale. Altro che caso Anemone.
 
Fuori dall’euro. Meglio anche per l’Italia
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euro cappio
La Polonia ha deciso di non entrare nell’euro. Troppi rischi, e il popolo non capirebbe. Il vero rischio è di diventare presto come la Grecia, la Slovenia e Cipro, in reale default. Meglio vivi fuori che morti dentro. In tutta Europa, ad ogni elezione, salgono in modo esponenziale i partiti anti-Euro o anti-Europa. Per due motivi identici. Il primo è che l’euro è diventato una trappola a vantaggio, momentaneo, solo di un paese, la Germania. La Francia aveva creduto di spartire l’impero con i tedeschi, ma si stanno ricredendo, man mano si va avanti. Nel frattempo però si sono mangiati tutto l’agroalimentare del nostro paese (Buitoni, Mulino Bianco, Parmalat, Cirio, Algida, le Maison di moda, tutte le acque minerali, ecc.), l’Alitalia e alcune banche (prima la Banca Nazionale del Lavoro per quattro soldi, alcune banche venete, che avevano già racimolato una serie di Casse di Risparmio del centro-sud dell’Italia, e tra poco, essendo in pole position, il MPS). E un po’ di Spagna. Con un ministro delle finanze che ha precisato che l’esecutivo non ha nessuna intenzione di privatizzare le società in cui lo Stato ha una quota di maggioranza.
Il secondo motivo è che un’ Europa al limite della dittatura tecnocratica di persone non elette né designate almeno dal Parlamento Europeo, eletto invece a suffragio universale, diventa democraticamente debole. Sono tecnocrati e banchieri che hanno imprigionato il sogno di una Europa Unita come comunità alla ricerca di armonizzazione, soprattutto nei suoi valori storici come le conquiste sociali, e finalmente contro la storica guerra intestina.
Questi emeriti imbecilli (e i politici che li hanno seguiti) hanno trasferito “la guerra” sul piano economico e bloccato la storia per almeno mezzo secolo. Cancellandoci, tra l’altro, dallo scacchiere economico mondiale a tutto vantaggio degli Stati Uniti.
Anzi facendo ideologicamente un punto d’onore ad abolire il sociale il prima possibile, riportando l’Europa a una situazione economica depressiva pre-seconda guerra mondiale, con una disoccupazione disastrosa e con pulsioni nazionalistiche pericolose perché coniugate alla miseria e alle sue prospettive peggiori.
Oskar Lafontaine, tra i padri fondatori dell’euro, cambia radicalmente la sua posizione e ne chiede la dissoluzione per evitare un disastro economico e sociale. Esprime tutte le sue perplessità nei confronti di quella che definisce “catastrofica moneta”. Lafontaine ammonisce che “la situazione economica sta peggiorando di mese in mese, la disoccupazione, in Europa, ha raggiunto un livello che mette in discussione sempre più le strutture democratiche”. Eppure la Linke perde consensi.
In più, alle prossime elezioni tedesche sta crescendo in modo esponenziale un nuovo partito, Alternative für Deutschland , che molto probabilmente supererà anche lui il 25%. Non è anti Europa, ma federalista e propone, oltre l’uscita dall’euro, la salvaguardia e la dignità democratica dei popoli che la compongono; che le banche paghino i loro errori e i debiti non con i nostri soldi; il ritorno al marco o a un paniere ragionato. Ribadiscono profondamente il valore sociale della convivenza e del welfare. Vuole spazzare via la tecnocrazia europea imperante e gestita dai vari club al limite della massoneria, come Bilderberg. Ribadiscono il valore assoluto della democrazia dei e nei partiti e quello del referendum popolare. Ribadiscono che i partiti non sono le istituzioni.
Il Fronte Nazionale francese della Le Pen, in forte ascesa (dato ormai a più del 20%), ha chiesto a Hollande un referendum, da organizzare in gennaio 2014, per una “uscita della Francia dall’Unione Europea”, e di ripristinare la Costituzione francese, cioè quella di prima del Trattato di Lisbona. Trattato disapprovato in Francia con referendum, ma comunque oggi con la loro Costituzione sgretolata da Bruxelles come da noi. Il grimaldello è stato il fiscal compact. Storicamente, sulla democrazia i francesi sono quelli che scherzano di meno. Ma che questa debba essere cavalcata da fascisti xenofobi diventa paradossale ! Purtroppo, in Europa una sinistra anti-capitalista è ormai inesistente.
Stessa situazione in Gran Bretagna dove il partito anti-europeista di Nigel Farace ha appena ottenuto il 23% (era al 3% cinque anni fa) alle amministrative a livello nazionali, spingendo la destra dei conservatori di Cameron al governo a chiedere anche loro un referendum sull’uscita, non dall’euro perché non sono mai voluti entrare, ma dall’Unione.
Non parliamo dell’Italia dove alle ultime elezioni politiche, un movimento, che aveva almeno il decoro di voler ridiscutere sull’euro e sulle condizioni di appartenenza all’Unione, ha ottenuto il 26% a furor di popolo.
In Grecia l’esempio è Syriza con più del 20% e sicuramente in crescendo.
In Slovenia sta avvenendo la stessa cosa. Era l’area più ricca della ex Jugoslavia. È stato il primo Paese dell’Est Europa ad adottare l’euro nel 2007. Sono passati solo sei anni e sono già pronti a cadere nella trappola degli usurai di Bruxelles e Berlino. Non solo, ma la Commissione chiede l’introduzione del fiscal compact in Costituzione e l’abolizione dell’istituto referendario (non si sa mai!). Certo che la gente non ci sta e chiede nuove elezioni. Oggi sul noto concetto dell’urgenza governano insieme centrosinistra e conservatori sulle stesse proposte. Ma le proposte del cartello della troika sono sempre le stesse, riguardano l’eliminazione a termine del sociale.
La domanda è perché tutti i paesi in difficoltà, casualmente, conoscono il medesimo ciclo? Adozione valuta unica – Collasso bilancia dei Pagamenti e dell’economia produttiva – Arrivo massiccio di capitali esteri, essenzialmente tedeschi o francesi (all’inizio), che finanziano e consentono le Bolle Immobiliari ed Azionarie – Collasso – Richiesta dell’Eurogruppo di misure suicide di Austerity fatte pagare al malcapitato e mai alle banche, tantomeno tedesche – Progressiva fuga dei capitali – Il paese di turno in profonda recessione e con crescita record della disoccupazione e della povertà. Aumento indefinito del debito. Iper-arricchimento del 7% della popolazione. E’ una trappola o un sistema imperiale?
Semplice, l’euro sottintende un’impostazione ideologica, pari nel disastro a quella sovietica, per la quale gli Stati non devono occuparsi di politica economica e tutto ciò che è richiesto per far funzionare il sistema è uno strumento oligarchico e tecnico e una banca centrale, indipendente dalla politica e quindi dalla democrazia, che si occupi teoricamente di controllare l’inflazione a tutti i costi, anche da macelleria sociale. Il disastro di oggi è semplicemente il risultato di questa ideologia. Molti sono ancora convinti di no e che non ci sia alternativa. Però sembra che i popoli si stiano svegliando da soli, con motivi un po’ diversi, ma in una unica direzione, con ripristino della democrazia partecipata e senza la “sinistra” storica e radicale.
Scritto da: Hraska – Fonte: cambiailmondo.org
 
L'esperimento europeo è fallito: qui ci sono 23 modi per dire "grazie"
di Niall Ferguson16 aprile 2013Commenti (1)
IN QUESTO ARTICOLO

Argomenti: Cultura | Jacques Poos | Comunità Europea | Henry Kissinger | Daniel Cohn-Bendit | Grecia | Borsa Valori | Lord Mandelson | Upholland



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Ci sono ventitré modi per dire «grazie» nell'Unione europea e a mio parere basta questo per far capire perché l'esperimento europeo si sia concluso in un fallimento. Vi ricordate quegli esperimenti che si facevano da bambini con il piccolo chimico? Si continuavano ad aggiungere elementi, uno dopo l'altro, per vedere quale sarebbe stato quello che alla fine avrebbe prodotto un'esplosione. È quello che hanno fatto in Europa. Hanno cominciato con sei: non era abbastanza. Sono passati a nove… niente. Dieci… cominciava a fare un po' di fumo, ma niente di più. Dodici… nulla. Quindici… ancora nulla. Venticinque… ha iniziato a gorgogliare. Ventisette… esplosione!

Sono assolutamente certo che Lord Mandelson e Daniel Cohn-Bendit vi diranno che l'esperimento europeo è stato un successo perché da quando ha preso il via, negli anni Cinquanta, l'Europa è stata in pace. Ecco, vorrei che la si smettesse con questa storia: l'integrazione europea non ha assolutamente nulla a che fare con la pace in Europa dopo la Seconda guerra mondiale: questo è merito della Nato. La creazione dell'Unione europea non aveva niente a che vedere con la guerra e la pace, altrimenti ci sarebbe stata una Comunità europea di difesa, a cui invece l'Assemblea nazionale francese oppose il veto nel 1954.

L'Europa dev'essere giudicata con criteri economici, visto che i suoi criteri sono sempre stati economici. E qual è la conclusione? Negli anni Cinquanta l'economia dell'Europa integrata crebbe del 4 per cento. Negli anni Sessanta, più o meno lo stesso. Negli anni Settanta, la crescita fu del 2,8 per cento; negli anni Ottanta scese al 2,1 per cento; negli anni Novanta fu solo dell'1,7 per cento; e così via, fino a scendere a zero. Man mano che l'integrazione europea procedeva, la crescita calava. La quota dell'Europa sul pil globale è scesa dal 31 per cento del 1980 ad appena il 19 per cento oggi. Dopo il 1980 l'Ue ha registrato una crescita superiore a quella degli Stati Uniti solo in 9 anni su 32, e con un tasso di disoccupazione costantemente più alto di quello americano. Qualcuno di voi investe? Quali sono stati i mercati azionari peggiori negli ultimi dieci anni? Grecia, Irlanda, Italia, Finlandia, Portogallo, Olanda e Belgio: i peggiori del mondo. E in aggiunta a tutto questo abbiamo l'unione monetaria: il più grande degli esperimenti falliti.

Eravate stati avvisati, signore e signori. Lo avevamo detto che un'unione monetaria senza un'integrazione del mercato del lavoro e senza alcun tipo di federalismo fiscale sarebbe finita per esplodere. Io lo predissi nel 2000 e sta accadendo ora.
Ma l'Unione europea è stato un esperimento fallito anche sul piano politico. Qual era questo esperimento? Cercare di costringere gli europei a realizzare un'unione ancora più stretta – contro il loro volere – usando mezzi economici, visto che quelli politici avevano fallito.

E quando i popoli europei votavano contro un'integrazione più spinta, si diceva ai loro governi di provarci un'altra volta. Successe con i danesi nel 1992 e con gli irlandesi due volte: nel 2001 e di nuovo nel 2008. I cittadini al referendum avevano dato la risposta sbagliata, e i governi, semplicemente ne hanno organizzato un altro. Questo fornisce qualche indizio sul perché l'esperimento sia fallito: perché ha perso legittimazione politica. E lo abbiamo visto non soltanto in Grecia, ma nei governi di tutta Europa, uno dopo l'altro: dall'inizio della crisi, due anni fa, ne sono caduti tredici, e altri seguiranno nei prossimi mesi.

L'esperimento europeo, infine, è stato un fallimento geopolitico. L'Unione europea avrebbe dovuto agire da contrappreso rispetto agli Stati Uniti. Vi ricordate il discorso di Jacques Poos nel 1991 sull'«ora dell'Europa», in cui proclamava che l'Europa avrebbe risolto la guerra in Bosnia? (1) Sì, così si pensava nel 1991. Ma poi quel conflitto ha fatto centomila vittime e 2,2 milioni di profughi, ed è finito solo quando gli Stati Uniti, finalmente, sono intervenuti per mettere rimedio a quel disastro.

Henry Kissinger una volta chiese: «Chi devo chiamare se voglio parlare con l'Europa?». La risposta è arrivata, parecchi anni dopo: bisogna chiamare la baronessa Ashton di Upholland (2). Nessuno aveva mai sentito parlare di lei, o aveva mai sentito parlare lei. I canadesi sanno quanto sia difficile gestire un sistema federale che pure conta solo dieci province e appena due lingue ufficiali: possono capire perciò meglio di tanti altri perché l'esperimento europeo, con ventisette Paesi e qualcosa come ventitré lingue diverse, sia sfociato in un fallimento ignominioso. Grazie al cielo, in Canada posso limitarmi a dire «grazie» in due lingue: thank you e merci.
 
Enrico Letta? Un uomo di Bilderberg

di C.Alessandro Mauceri 26/4/2013



Nei mesi scorsi sono state riempite pagine intere a proposito della frequentazione del sig. Monti alle riunioni di alcuni “gruppi di potere” come il Bilderberg, la Trilaterale o l’Aspen. Il gruppo Bilderberg, di cui abbiamo parlato più volte nei nostri precedenti articoli, in più occasioni è stato accusato si voler soverchiare il potere democratico dei singoli Stati (addirittura, nel suo ultimo libro, il giudice Imposimato ha riportato un documento in cui il gruppo Bilderberg veniva accusato di essere il fautore di alcune delle più violente stragi avvenute in Italia alcuni anni fa).

Già un decennio fa era quasi scoppiato uno scandalo quando era stata presentata una interrogazione al Parlamento Europeo circa la legittimità o meno del fatto che un membro della Commissione Europea, Monti appunto, frequentasse le riunioni del gruppo Bilderberg. Ai tempi si cercò di far tacere la cosa, ma tutto tornò in auge quando il sig. Monti ricevette il mandato di Presidente del Consiglio dei ministri da parte del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

Ancora una volta scoppiò lo scandalo, visto il reiterarsi delle frequentazioni non solo di Monti, ma anche di parte del suo staff al governo, alle riunioni del gruppo Bilderberg, ospitate addirittura al Campidoglio. Dopo le sue dimissioni sembrava che il problema fosse risolto e che, quanto detto a proposito della chiara volontà di questi gruppi di potere di gestire la cosa comune, fosse solo un bluff giornalistico o la mera elucubrazione di pochi estremisti.

Tutti erano felici del fatto che si fosse tornati alla normalità, con un Presidente del Consiglio nominato dopo delle consultazioni con le parti sociali e i responsabili dei maggiori partiti.

Dopo alcune settimane di trepidazione per vedere a chi, il rieletto Presidente Napolitano (lo stesso, va sottolineato che, in pochissimi giorni, prima nominò senatore a vita Monti e poi gli conferì il mandato di capo del Governo), avrebbe conferito il mandato di nuovo capo del governo, è venuto fuori il nome di Enrico Letta.

In realtà, già qualche stranezza era stata notata: Bersani, segretario del partito di cui faceva parte il neo capo del Governo, ha dichiarato di voler presentare le proprie dimissioni da questa carica dopo il conferimento del mandato al sig. Letta. Così come il fatto che non era stato dedicato, nei principali telegiornali, alcuno spazio ai commenti all’evento da parte dei responsabili del primo partito (in termini di voti ricevuti), il Movimento 5 Stelle. E così molti altri.

In realtà, una cosa avrebbe dovuto destare grande sorpresa al termine del discorso con cui il Capo dello Stato aveva comunicato il nome del nuovo presidente del Consiglio, e non il fatto che Enrico Letta è nipote di un altro Letta, Gianni, braccio destro di Berlusconi e con un passato a cavallo tra Massoneria, Vaticano e chi più ne ha più ne metta. La cosa che più di ogni altra avrebbe dovuto destare sorpresa è che il sig. Enrico Letta è anche lui membro del gruppo Bilderberg. Il suo nome, infatti, compare tra i partecipanti ad alcune riunioni del gruppo, tra cui quella tenutasi a Chantilly, in Virginia, negli USA dal 31 maggio al 3 giugno 2012.

Il nome di Enrico Letta compare anche tra i membri del gruppo Trilateral, spesso accusato di voler scavalcare, con le sue riunioni nelle quali verrebbero prese decisioni importanti sulle strategie politiche da seguire in molte parti del mondo, scavalcando in questo modo l’autorità dei singoli Stati sovrani e dei singoli governi. Chi volesse verificarlo potrà consultare il sito http://www.trilateral.org/download/file/TC_list_11-12_(2).pdf.

A questo punto, non sorprenderà scoprire che il sig. Letta fa parte anche del gruppo Aspen, per il quale, nel 2004, è stato addirittura vicepresidente dell’Aspen Institute Italy, https://www.aspeninstitute.it/istituto/comunita-aspen/comitato-esecutivo. E, chi dovesse affrettarsi a dire che non si tratta di Enrico, dirigente del Partito Democratico, ma di Gianni, lo zio, che Gasparri del Popolo delle Libertà ha definito “una delle più preziose risorse di cui l’Italia e le sue istituzioni si possano avvalere”, farebbe bene a sapere che non uno dei due, ma entrambi fanno parte del gruppo Aspen, a riprova, se mai ce ne fosse bisogno, che, ormai da anni, stiamo assistendo al passaggio dei poteri dai singoli Stati sovrani a soggetti “esterni” che si sono arrogati il diritto di assumere il potere decisionale reale, al di sopra e al di fuori di qualsiasi partito politico, movimento o ideologia.

Dopo aver visto ciò non crediamo che dovrebbe più sorprendere come mai a demandargli il mandato di costituire il nuovo Governo, il XVII, sia stato chiamato di nuovo Napolitano, lo stesso che aveva messo l’Italia nelle mani di Monti, con le conseguenze che abbiamo visto per il nostro Paese. Così come non sorprende che il think thank di cui fa parte Letta ha suggerito l’adozione di una legge sulle lobby che contenga “norme di trasparenza dei processi decisionali, anche attraverso l’istituzione di un elenco dei lobbisti; un accesso ai decisori pubblici uguale per tutte le lobby; l’obbligo, per le lobby e i decisori pubblici, di relazionare periodicamente sull’attività svolta; il divieto di “revolving door”, ossia l’impossibilità per chi ha ricoperto incarichi pubblici (non solo politici) di diventare un lobbista, e viceversa, se non dopo un certo periodo di “raffreddamento”…

Chi si aspettava che, tolto finalmente di mezzo il Governo di Monti e le sue decisioni pro Europa e contro Italia, il peggio fosse ormai passato farebbe bene a mettere il cuore in pace, perché a guidare il Governo italiano, ora, c’è una persona che, nel lontano 1997, scrisse un libro dal titolo “Euro sì. Morire per Maastricht”. Salvo poi, in un rigurgito di coscienza e a conferma della sua coerenza, tornare sui propri passi e scrivere nel 2010 un altro libro dal titolo “L’Europa è finita”.

Non per essere superstiziosi, ma è meglio sperare che, visti i presupposti, il 17 della XVII legislatura non porti male agli italiani e all’Italia. Al limite, possiamo sempre pregare. O forse no: tra i primi a commentare positivamente l’incarico a Enrico Letta è stato Monsignor Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Nuova evangelizzazione e uomo da sempre molto ascoltato nel quadro politico italiano che ha invitato il neo nominato al mantenimento degli impegni comuni: “Sono molto contento. Spero che sia veramente un momento di impegno, di rinnovamento, di responsabilità e soprattutto di corresponsabilità da parte di tutti”. Fisichella ha concluso: “Ora possiamo solo aspettare”. Cosa? Forse che il Governo trovi un modo per continuare a non far pagare l’Imu sui beni della Chiesa?

Meditate, gente. Meditate…
 
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