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La prova che incastra Conte: ha mentito sul Mes. Il documento che lo inchioda

Il premier Conte ha provato a scaricare la colpa sul centrodestra ma i fatti lo smentiscono. Il trattato valido oggi è stato ratificato e firmato da Monti nel 2012

Federico Giuliani - Mar, 14/04/2020 - 10:18





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“Il Mes non esiste da ieri”, ha tuonato pochi giorni fa in conferenza stampa Giuseppe Conte.
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Usando queste parole il premier aveva due obiettivi: legittimare il pessimo operato del governo giallorosso in sede europea e respingere le accuse della maggioranza, che lo accusavano, a ragione, di essersi fatto soggiogare da Bruxelles.
Le spiegazioni dell'ormai ex Avvocato del popolo non sono apparse per nulla brillanti. Anzi: assomigliavano molto più a un elegante scarica barile che non a una ordinata narrazione dei fatti. In ogni caso, la domanda che tutti si fanno adesso è: chi ha istituito il Mes? Il quotidiano La Verità ha fatto il punto della situazione.

Il Pd e il Movimento 5 Stelle hanno cercato di attribuire la paternità del Trattato che istituisce il Meccanismo europeo di stabilità ai governanti in carica all'epoca della sua approvazione, e cioè al premier Silvio Berlusconi e al ministro dell'Economia e delle Finanze Giulio Tremonti. La realtà è ben diversa e basta dare un'occhiata alle carte ufficiali.
Il ruolo di Mario Monti
La relazione che accompagna il disegno di legge per la ratifica del Mes è stata presentata in Senato il 3 aprile 2012. È stata firmata da Monti, Terzi e Moavero e parla chiarissimo: “Il Trattato che istituisce un Meccanismo europeo di stabilità è stato sottoscritto dai 17 Paesi dell'eurozona il 2 febbraio 2012, in una nuova versione che supera quella sottoscritta l'11 luglio 2011”. Ricordiamo che a partire dal novembre 2011 c'era in carica Mario Monti nelle doppie vesti di presidente del Consiglio e ministro dell'Economia.
Il testo varato dall'Ecofin l'11 luglio 2011, cioè quello firmato da Tremonti, non è “stato avviato a ratifica in nessun Paese dell'eurozona” dal momento che la nuova stesura amplia “sia l' ammontare massimo di risorse disponibili, sia la tipologia delle operazioni consentite dal Fondo salvastati”.
In altre parole esistono due diversi trattati sul Mes. Uno firmato da Tremonti nel 2011 ma mai entrato in vigore; uno, quello valido oggi, ratificato e firmato da Monti nel 2012. Una domanda sorge spontanea: perché il trattato è stato modificato? Riavvolgiamo il nastro e torniamo al 21 luglio 2011. Al termine del vertice euro, gli allora leader europei spinsero per apportare modifiche sostanziali al primo trattato, specificando tra l'altro di avviare “al più presto le procedure necessarie per l' attuazione di tali decisioni”.
Di lì a poco – si parla di mesi – varie riunioni tenutesi a Bruxelles portarono alla stesura definitiva del trattato firmato da Mario Monti. Morale della favola: il trattato attribuito a Berlusconi e Tremonti non ha mai visto la luce.
Conte ha provato a scaricare la colpa sul centrodestra ma, ancora una volta, è stato smentito dai fatti.
 
L'idea di Forza Italia: "Deducibilità delle spese per le vacanze fatte in Italia"

Il senatore di Forza Italia Massimo Mallegni illustra alcune proposte per sostenere il turismo, colpito in modo gravissimo dall'emergenza coronavirus. "Il turismo è un pezzo molto importante del Pil italiano e muove, ogni anno, circa 500 miliardi"

Raffaello Binelli - Mar, 14/04/2020 - 09:13





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Non si sa ancora se e quando potremo andare al mare (o in montagna) questa estate. Anche se tutti ci speriamo.
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Intanto si iniziano a calcolare i danni enormi per il turismo causati dal coronavirus. Un settore che in Italia dà lavoro a tre milioni e mezzo di persone, muovendo il 13% del Pil a livello nazionale. Una bella fetta della nostra ricchezza, dunque, dipende dalle vacanze. Il senatore Massimo Mallegni (Forza Italia) denuncia che il "governo sta lasciando senza protezione e senza aiuti un settore nevralgico del Paese - si legga in un'intervista sul Quotidiano Nazionale - non si rende conto del grido di dolore che sale dall'intero settore del turismo che, se consideriamo l'indotto, è un pezzo molto importante del Pil italiano e muove, ogni anno, circa 500 miliardi. Oggi il settore è allo stremo: si calcola, solo nell'alberghiero, un crollo del Pil del 100% e per il comparto di almeno il 70%".
Ma cosa si potrebbe fare, di concreto, per sostenere il turismo? Mallegni spiega che "in Senato abbiamo vincolato il governo, nel dl Cura Italia, a un ordine del giorno per agganciare il settore a un fondo perduto al fine di cercare di ristorare le ingenti perdite e di evitare che tre milioni e mezzo di persone perdano il lavoro". E illustra tre proposte avanzate da Forza Italia: "Un fondo di due miliardi e mezzo per le imprese, l'azzeramento del cuneo fiscale e la possibilità di lavorare in sicurezza, per gli imprenditori e i lavoratori, la deducibilità per le vacanze in Italia e non i buoni vacanza, e infine dimezzare l'Iva e non far pagare le tasse regionali". Un pacchetto di proposte che, nel loro complesso, potrebbero dare un po' di ossigeno al turismo, che versa in grave crisi.

La prima cosa che il governo dovrebbe fare, spiega Mallegni, è "dichiarare lo stato di crisi del settore. Solo così tutte le imprese e l'indotto saranno trattati come l' industria manifatturiera e collocati in capo al Mise e a ottenere i fondi di cui hanno bisogno".
 
L'infettivologo Galli rivela: "L'epidemia ha perso vigore"

Il primario di Malattie infettive del Sacco di Milano precisa: "La forza del virus non è cambiata, ma l'epidemia si indebolisce a causa delle misure di distanziamento"

Francesca Bernasconi - Mar, 14/04/2020 - 09:45





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"L'epidemia, in senso lato ha perso vigore, continua a indebolirsi a seguito delle misure di distanziamento sociale".
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Ad affermarlo è Massimo Galli, il primario di Malattie infettive dell'ospedale Sacco di Milano, in un'intervista al Giorno. Ma precisa: "La forza del virus quella era, quella è rimasta".
Sull'andamento dei numeri, che realmente "saranno 5-6 volte superiori a quelli che vengono misurati", Galli ammette che "un certo ridimensionamento c'è, da una settimana a questa parte". E spiega: "Qui all'ospedale Sacco vedo pazienti che entrano con meno complicanze. I protocolli sono ottimizzati, sia pure in mancanza di farmaci specifici. Tanti malati, penso agli anziani, arrivano però ancora oggi in condizioni compromesse. Per questo stiamo lanciando un'iniziativa congiunta che coinvolge l'Università Statale di Milano, il Cnr, la Simit e i geriatri, approvata dal comitato etico dello Spallanzani. Metteremo online un questionario al quale tutti potranno accedere".

Le misure di contenimento sono state utili, a detta del professor Galli, per "scongiurare una diffusione a centri concentrici" e ora "l'epidemia perde vigore perché siamo asserragliati nelle case. Tuttavia, verosimilmente, la catena dei contagi si estende ancora all'interno della famiglia". Oltre agli asintomatici, infatti, ci sono persone che, pur sospettando di essere state contagiate, non possono ottenere la conferma dal tampone. In alcuni casi poi "i sitomi presto o tardi vengono fuori, tanto da rendere necessario per alcuni il ricovero in ospedale. Questo ha un suo peso nel provocare le oscillazioni che vediamo nelle statistiche di questi giorni".
E sul post emergenza dà una speranza: "Mi auguro che non sia nemmeno necessario indossare le mascherine, a luglio". Ma avverte: "Anticipare ora l'allentamento delle misure sarebbe un grosso errore. Adesso è il momento di organizzare la ripartenza, e credo che in luglio e agosto di occasioni per andare in vacanza ne avremo poche, se si tratta di rimettere in moto la produzione". In ogni caso, quindi, non ci sarà molto tempo per andare in vacanza, anche se ieri Massimo Galli aveva precisato: "Se tra maggio e giugno riusciremo a fare quello che va fatto, non è impossibile che in luglio e in agosto si riesca ad andare anche al mare", pur restando in Italia.
 
INSOMMA FACCIAMO SCHIFO A TUTTI ?


Il medico della Alan Kurdi: "I malati con il Coronavirus? Salvare migranti conta di più"
La volontaria assicura che a bordo non ci sono migranti con i sintomi del Covid-19, ma ammette: "La nave è molto piccola e quando siamo tra di noi non indossiamo le mascherine"

Cristina Verdi - Mar, 14/04/2020 - 11:08





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Italiana, classe 1985, Caterina Ciufegni, medico, ha scelto di salire sulla nave Alan Kurdi per assistere i migranti soccorsi nelle acque del canale di Sicilia.
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Non ha paura del coronavirus. "La vita delle persone che muoiono nel Mediterraneo", dice a Repubblica, vale di più. "La volontà di salvare chi, pandemia o non pandemia, sale sui gommoni per fuggire da torture e dalla guerra, era prevalente", spiega al giornalista in un’intervista pubblicata ieri sullo stesso quotidiano.
Dopo una settimana al largo delle coste siciliane, domenica il Viminale ha assicurato che, nonostante i porti chiusi per l’emergenza sanitaria, non avrebbe "fatto mancare l'assistenza umanitaria ai migranti nello spirito di solidarietà già mostrato in tutte le altre precedenti occasioni". La soluzione individuata dalle autorità italiane è quella del trasferimento dei naufraghi su una nave che verrà scelta con il supporto tecnico della Guardia Costiera, dove i migranti verranno controllati dalla Croce Rossa e sottoposti ad un periodo di quarantena.

Al termine dell’isolamento preventivo i 149 profughi soccorsi dalla nave della Ong tedesca Sea Eye verranno ricollocati in Germania. Il governo di Berlino avrebbe già dato rassicurazioni in questo senso alle autorità italiane. Si parla di "concreta disponibilità" ad accogliere i migranti, che arrivano per la maggior parte da Bangladesh, e da Marocco, Algeria, Chad, Sudan, Ghana, Siria. Le persone a bordo, assicura la dottoressa toscana, "non hanno sintomi da Covid".
"Nessuno – ha assicurato a Repubblica - ha febbre, tosse o difficoltà respiratorie, nonostante stiano esposti al vento sul ponte di poppa". Quando sono saliti sulla nave, racconta la giovane dottoressa, tutti hanno "chiesto notizie sul Covid". Ma non è di certo il virus a fermarli, aggiunge. Quando la Alan Kurdi ha preso il largo da Burriana, in Spagna, due settimane fa, a bordo c’erano un centinaio di mascherine chirurgiche, guanti e tute di protezione, ha raccontato Ciufegni al quotidiano che l’ha intervistata.
Altri dispositivi sono stati forniti dalla Guardia Costiera italiana nei giorni scorsi. Ma i diciassette membri dell’equipaggio quando sono fra di loro non indossano i dispositivi di protezione."La Alan Kurdi è piccola, molti di noi condividono la stessa cabina", spiega. L’obbligo di portare le mascherine c’è soltanto con i migranti, mentre il protocollo da seguire con i casi sospetti è l’isolamento "nella cabina più vicina al bagno".
"Sulla Alan Kurdi siamo in 166, e stiamo cercando di convivere in situazioni più che estreme", ammette però la dottoressa. Insomma, il rischio che sulla nave possa scoppiare un focolaio esiste. "Quando siamo saliti su questa barca non l'abbiamo fatto di certo a cuor leggero", va avanti il medico, che però è convinta che "di fronte a persone che scappano dalle torture, il coronavirus passi in secondo piano".







 

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