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Svolta nella sanità, ora spetta al paziente dimostrare l'errore del medico
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14/10/2014 - Basta con le cause facili contro i medici: lo ha deciso il Tribunale di Milano con una sentenza che sconfessa la giurisprudenza degli ultimi 20 anni. D'ora in poi in caso di presunto errore medico l'onere della prova spetta al paziente, che ci penserà due volte prima di andare in giudizio contro il dottore: spetterà al primo infatti dimostrare l'errore del medico e non più il contrario.

Vedi anche:
Errore medico, il SSN costretto al "fai da te". Chi paga la malpractice?
La sanità ai tempi dell'Xbox: una console ci visita a distanza
Chiudono 72 mini-ospedali per 3000 posti letto. L'elenco regione per regione
Riforma Sanità: spunta l'idea del ticket legato al reddito

Una sentenza che se da una parte favorisce il medico, dall'altra protegge anche il paziente. Infatti, pur di non rischiare denunce ed evitare contenziosi, molti medici mettevano in pratica quella che si definisce "medicina difensiva", ovvero evitavano di occuparsi di casi particolarmente difficili o di imbarcarsi in interventi potenzialmente a rischio sebbene efficaci per la cura del paziente.

La nuova sentenza inoltre dà solo cinque anni e non più dieci di tempo per agire in giudizio, passati i quali il diritto al risarcimento del danno passerà in prescrizione.
La responsabilità del medico ospedaliero viene così definita come "extracontrattuale da fatto illecito" (articolo 2.043 Codice), e non più "contrattuale" (articolo 1.128), definizione che aveva l'effetto di porre a carico del medico l'obbligo di di risarcire il danno anche quando non era in grado di provare che avesse ben operato o quando il danno era dovuto a una causa a lui non imputabile.

"Tale inquadramento -si legge nella sentenza del Tribunale milanese-, unito all’accresciuta entità dei risarcimenti liquidati, ha indubitabilmente comportato una maggiore esposizione di tale categoria professionale al rischio di dover risarcire danni anche ingenti, con proporzionale aumento dei premi assicurativi".

Dunque "ricondurre la responsabilità del medico nell'alveo della responsabilità da fatto illecito dovrebbe favorire l'alleanza terapeutica fra medico e paziente, senza che venga inquinata (più o meno inconsciamente) da un sottinteso e strisciante "obbligo di risultato" al quale il medico non è normativamente tenuto, spesso alla base di scelte terapeutiche difensive, pregiudizievoli per la collettività e talvolta anche per le stesse possibilità di guarigione del malato."

CASTA...SALVA..................


ADESSO SE IL MEDICO SBAGLIA..........SON .......QUELLI LI......... TUOI..............


MA PERCHè NON METTONO MAI I NOMI DI CHI FA QUESTE ....BELLE COSE........



ha indubitabilmente comportato una maggiore esposizione di tale categoria professionale al rischio di dover risarcire danni anche ingenti, ]con proporzionale aumento dei premi assicurativi..............CAPITO MEDICI ED ASSICURAZIONI HAN CONVINTO..............QUALCUNO AD ESSERE A LORO FAVORE.........................hahahahahha
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Errore medico, il SSN costretto al "fai da te". Chi paga la malpractice?
di QuiFinanza
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04/08/2014 - La "malpractice" medica è uno dei temi più scottanti della sanità: in Italia, in media, ogni mese, si contano 15 casi di presunta malasanità. Uno ogni due giorni, secondo i dati divulgati qualche anno fa dalla Commissione parlamentare istituita ad hoc.
Errori attribuibili al personale medico o sanitario, ma anche disservizi e carenze strutturali sarebbero responsabili di oltre 300 casi di decessi. La metà dei quali si è registrata in Calabria e in Sicilia.


Un problema che le regioni e strutture affrontano con la logica del "fai da te": buona parte delle amministrazioni stanno adottando schemi misti di copertura dei rischi provvedendo per proprio conto alla gestione dei sinistri più lievi e affidandosi a un assicuratore per gestire i risarcimenti di maggiore entità.
Nel dossier Ania (Associazione Nazionale Imprese Assicuratrici) divulgato lo scorso 24 luglio, dal titolo emblematico "Malpractice, il grande caos" si legge che il costo sociale ed economico della malpractice potrebbe giungere a circa 2 miliardi l’anno, sommando i premi assicurativi pagati dalle amministrazioni degli ospedali al risarcimento diretto dei sinistri che rimangono a loro carico per le franchigie contenute nelle polizze o per le scelte di autoassicurazione.

Una situazione resa ancora più complessa dal fatto che è sempre più difficile trovare compagnie disposte ad assicurare la sanità, dove vige un rapporto tra sinistri e premi tale per cui per ogni 100 euro incassati di premio, le assicurazioni ne pagheranno 173 come risarcimento (loss ratio, 173%).

E il grande caos è destinato ad espandersi a Ferragosto, quando scatterà l'obbligo per i medici liberi professionisti, secondo quanto previsto dalla legge n.148/2011, di essere assicurati contro i rischi della responsabilità civile, anche se il decreto Semplificazioni ha recentemente esonerato da questa disposizione i dipendenti del Servizio sanitario nazionale.

La protezione assicurativa in ambito sanitario è un tema di grande interesse per i cittadini, che si chiedono chi paghi oggi l'errore medico. Lo abbiamo chiesto al dott Luigi Orlando Molendini, specialista in Medicina Legale e docente di Hospital Risk Management per Cineas (consorzio universitario dedicato alla diffusione della cultura del rischio).
Su chi ricadono oggi i costi dell’errore medico?
"Se l’errore è avvenuto presso una struttura sanitaria ne rispondono come responsabili sia il medico che la struttura dove il medico lavora. Il paziente danneggiato può quindi rivolgersi all’uno, all’altro oppure ad entrambi. In caso di prestazione eseguita presso lo studio privato di un professionista ne risponde esclusivamente il medico. Se questi soggetti sono assicurati il risarcimento del danno è coperto dalla compagnia di assicurazione (nei limiti previsti dalla polizza stipulata), in caso contrario ne rispondono con il proprio patrimonio".
C’è un rischio che questi costi ricadano anche sugli utenti?
"I costi dei risarcimenti di fatto ricadono già sugli utenti. Tali costi sono aumentati notevolmente negli ultimi 15-20 anni, inizialmente sono stati sostenuti dal sistema assicurativo, oggi ricadono sul sistema sanitario togliendo risorse da investire nella ricerca e nella cura dei pazienti. Questa tendenza, inoltre, ha favorito la cosiddetta medicina difensiva, ovvero l’effettuazione di prestazioni non necessarie per la cura, con ulteriore sperpero di risorse".
L'assicurazione obbligatoria per gli operatori sanitari è una soluzione valida?
"Il tema è da tempo oggetto di dibattito anche politico, ma ad oggi manca quella soluzione organica di cui ci sarebbe bisogno. Il decreto Balduzzi del 2012 aveva previsto alcune misure potenzialmente utili (tra queste l’istituzione di un fondo per la copertura assicurativa dei professionisti sanitari, l’introduzione di contratti assicurativi bonus-malus, l’adozione di tabelle di legge per la quantificazione dei risarcimenti, l’aggiornamento degli albi dei consulenti dei tribunali), che però sono ancora in attesa di attuazione. Il recente emendamento accolto nel D.L. di riforma alla P.A. relativo all’obbligatorietà assicurativa per le strutture, così come l’analogo obbligo per i liberi professionisti (che entrerà in vigore il prossimo 14 agosto), sono misure che rischiano di aumentare le criticità per gli operatori sanitari poiché prevedono l’obbligo di assicurarsi in un mercato con sempre meno compagnie disposte ad assicurare".
 

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