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In Europa crescono i crimini legati all'odio contro i cristiani

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[h=1]In Europa crescono i crimini legati all'odio contro i cristiani[/h] [h=2][/h] È questo uno dei trend che emerge dai dati sugli "hate crimes" diffusi dall'Osce/Odihr per l'anno 2014: in Europa sempre più spesso ad essere colpiti da questo tipo di crimini sono gli appartenenti alla maggioranza della comunità



Alessandra Benignetti - Lun, 23/11/2015 - 11:00









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Chi lo ha detto che sono solo le minoranze ad essere perseguitate? Dal rapporto dell’OSCE/ODIHR, che qualche giorno fa ha reso pubblici i dati del 2014 sui cosiddetti “hate crimes” in 46 paesi del mondo, compresa l’Italia, emerge un quadro ben diverso.
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Uno dei dati più interessanti di questo rapporto infatti, che ogni anno raccoglie dati sugli "hate crimes", ovvero quei crimini contro persone o beni che sono motivati da un pregiudizio o discriminazione, è infatti quello sui crimini contro i cristiani negli stessi Stati europei. Questo trend è evidenziato dai dati collezionati dall’Osce attraverso un duplice sistema di raccolta informazioni, che coinvolge, da un lato i punti di contatto nazionali ufficiali di 43 Paesi, e dall’altro le segnalazioni di 122 ONG legate alla società civile. Secondo i dati forniti da questi diversi attori, si evince che almeno in tre grandi Stati dell'Europa occidentale, come Francia, Germania ed Italia, le aggressioni fisiche e materiali con alla base pregiudizi contro la fede cristiana, supererebbero in certi casi sia quelle nei confronti di altri gruppi religiosi, sia quelle derivanti da pregiudizi di altra natura.
In Italia, infatti, nel 2014 gli “hate crimes” a sfondo religioso, anche contro i Cristiani, vengono subito dopo quelli legati alla xenofobia. A confermare questo trend si aggiungono anche i dati che riguardano, ad esempio, gli “hate crimes” in Francia nell’anno 2013, dove si sono registrati 602 casi di crimini motivati da pregiudizio contro i Cristiani, tra cui 197 casi di profanazione di cimiteri e 405 casi di danneggiamento di chiese. Nello stesso anno in Francia, “solo” 301 sono stati invece, secondo l’Osce/Odihr, gli “hate crimes” contro i musulmani. Anche i dati che riguardano la Germania per il 2014 riportano centinaia di casi di violenza nei luoghi di preghiera, nelle chiese, la profanazione di un cimitero e, nel 2013, anche alcuni casi di aggressione fisica.
"Benché i dati pubblicati dall'OSCE/ODIHR siano tra i più completi a livello internazionale, certamente vi è un ampio numero oscuro di “hate crimes” non registrati”, ha commentato Mattia Ferrero, delegato per le attività internazionali dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani, sentito al telefono da ilGiornale.it, “tuttavia, è possibile svolgere alcune considerazioni sui trend riscontrabili”. “Uno degli aspetti di maggiore interesse consiste nel fatto che gli “hate crimes” colpiscono tanto le minoranze, quanto le maggioranze. In particolare, gli “hate crimes” contro i Cristiani, anche e soprattutto nell'Europa occidentale, rappresentano un numero molto significativo, comparabile, se non superiore in alcuni casi, a quelli nei confronti di altre comunità religiose” continua l’avvocato Ferrero, “in secondo luogo, essendo gli “hate crimes” motivati da odio religioso, principalmente degli atti di violenza contro luoghi di culto e non violenze contro le persone, le vittime e le autorità sono portati a sottovalutarli, ed è quindi necessario aumentare l'attenzione, sia a livello politico e di opinione pubblica, sia da parte delle autorità, verso gli “hate crime” anticristiani”. Inoltre il delegato dell’Unione Giuristi Cattolici ha sottolineato come occorra “valutare con molta attenzione gli "hate crimes" più ricorrenti, ovvero quelli motivati da odio etnico, razziale, nazionalistico e religioso, perché si tratta di fenomeni che sono in grado di portare ad un escalation di violenza a livello interno ed internazionale”. “La prevenzione di conflitti ed instabilità dell'area europea passa anche attraverso la prevenzione e lotta di questo tipo di hate crimes" ha affermato l’avvocato.
Un altro trend che emerge dai dati del report, è quello che vede, in quasi tutti i Paesi esaminati, i casi di hate crimes contro persone LGBT, sottostare in valore numerico ai casi di violenza motivati da odio etnico e religioso, che sono invece predominanti. È quanto ha evidenziato in una nota stampa l’associazione Pro Vita Onlus, tramite il portavoce dell’associazione Alessandro Fiore. “Alcune associazioni e molti organi di stampa presentano il fenomeno dei crimini d'odio contro persone LGBT come un'assoluta emergenza nazionale, i dati oggettivi a nostra disposizione ci restituiscono un quadro diverso”, ha dichiarato il portavoce. Come ha affermato l’Osce nella decisione di Atene n.9 del 2009, quindi, anche gli individui appartenenti alla maggioranza della comunità possono essere vittime di “hate crimes”, ed è importante per questo, si legge nella decisione della Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, contrastare i crimini di odio a tutti i livelli. Sono soprattutto questo tipo di crimini spesso, infatti, a minacciare la “sicurezza dei singoli e la coesione sociale”, fino a sfociare in “conflitti e violenza su larga scala”.
 
[h=1]Il sangue dei cristiani ​versato in tutto il mondo[/h] [h=2][/h] Rispetto al 2013 sale da 6 a 10 il numero delle nazioni dove il livello delle persecuzioni contro i cristiani è classificato come "estremo"



Alessandra Benignetti - Mer, 14/10/2015 - 09:58









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Perseguitati dal fondamentalismo islamico, da quello buddhista e indù, oppure da regimi dittatoriali e autoritari. Dimenticati, dall’Occidente e dalla comunità internazionale, che non fa abbastanza per aiutarli.
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Sono i cristiani. Quelli che, nel mondo, più di tutti, sono vittime di violenze e persecuzioni a sfondo religioso. Il trend negativo degli anni scorsi rispetto al fenomeno delle violenze contro questo gruppo religioso infatti, si riconferma, ed anzi, si mostra in crescita, secondo i dati contenuti nel rapporto biennale “Perseguitati e dimenticati”, presentato ieri dalla fondazione Aiuto alla Chiesa che Soffre Onlus, che prende in esame 22 Paesi in cui i cristiani “subiscono gravi limitazioni alla libertà religiosa”. Di questi 22 Stati, 17 hanno sperimentato l’aggravarsi della condizione dei fedeli cristiani nel biennio preso in esame dal rapporto, il 2013-2015, come pure è cresciuto il numero delle nazioni in cui il livello delle violenze viene classificato come “estremo”.
Siria, Iraq, Nigeria e Sudan si sono aggiunti, infatti, alla già nutrita lista di Paesi in cui le violenze contro i cristiani sono sistematiche e all’ordine del giorno. L’ascesa dei gruppi estremisti e fondamentalisti che fanno capo al sedicente Stato Islamico in Iraq e Siria, o quella dei jihadisti di Boko Haram in Nigeria, è ovviamente la prima causa della crescita degli attacchi contro le comunità cristiane. Ma non è l’unica. A rendere il quadro ancora più preoccupante ci sono infatti, anche le chiese attaccate e costrette a chiudere, o i sacerdoti minacciati dai movimenti nazionalisti indù in India, o dagli estremisti buddisti in Sri Lanka. Attacchi che non vengono risparmiati nemmeno in Israele, dove l’attentato del giugno del 2015 alla Chiesa dei Pani e dei Pesci viene fatto rientrare da molti leader cristiani locali nel quadro di una serie più ampia di attacchi. Esecuzioni, detenzioni e torture contro coloro che professano la religione cristiana si verificano anche in Paesi come la Corea del Nord, l’Eritrea, la Cina e il Vietnam, dove la libertà di culto continua ad essere fortemente limitata dai governi locali. Seppure in forma più lieve, violazioni alla libertà religiosa sono state registrate anche nella Federazione Russa dove, secondo quanto testimonia il rapporto di ACS Italia, alcune comunità religiose continuano ad avere difficoltà a registrare le proprie chiese. Un Paese dove si teme una ulteriore crescita dell’estremismo religioso nella società a scapito dei cristiani è, infine, la Turchia.
A fornire una testimonianza diretta dai fronti più caldi della violenza contro coloro che professano la fede cristiana, sono intervenuti alla presentazione del rapporto, che si è svolta nella sede dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro a Roma, il patriarca di Babilonia dei Caldei, Louis Raphaël I Sako e Monsignor Matthew Ndagoso, arcivescovo di Kaduna, in Nigeria. In particolare il patriarca Sako ha fatto un quadro della situazione in Iraq, dove, centinaia di migliaia di cristiani sono stati costretti a lasciare le proprie abitazioni a causa delle persecuzioni. Di questi, 120mila nello scorso mese di agosto, sono fuggiti in una sola notte. Riguardo proprio la presenza cristiana nel Vicino Oriente, il rapporto sottolinea come questa sia destinata a scomparire entro 5 anni, se i numeri dell'esodo cristiano da queste terre dovessero continuare ad attestarsi sui livelli attuali. Il patriarca ha poi fatto appello alla necessità di condurre un intervento di terra contro l’Isis in Iraq. “Gli Stati Uniti”, ha detto, “se volessero, potrebbero finire Daesh (lo Stato Islamico) in una settimana”. Invece, accusa il patriarca, “hanno distrutto l’Iraq”, e nel Paese ormai frammentato, secondo Sua Beatitudine, è “in corso una guerra condotta per l’economia, per il petrolio e per il gas”, della quale fanno le spese solo i civili innocenti. Il patriarca Sako ha poi auspicato che contro l’Isis in Iraq possa essere dispiegata una forza internazionale che collabori con le forze sul terreno, come le autorità irachene o i Peshmerga curdi.
Monsignor Matthew Man-Oso Ndagoso, arcivescovo di Kaduna in Nigeria, e ancor prima di Maiduguri, teatro di violenti attentati del gruppo jihadista Boko Haram, ha parlato di “persecuzione sistematica” verso i Cristiani residenti nel nord-est del Paese. Il monsignore, anch’egli vittima delle persecuzioni da parte del gruppo fondamentalista, ha testimoniato infatti come, oltre a subire violenze, i cristiani residenti in queste zone siano costretti a vedersi negati i diritti più basilari, compreso l’accesso all’acqua potabile. Nella sola diocesi di Maiduguri, in particolare, sono state distrutte 350 chiese e 100mila persone sono state costrette ad abbandonare le loro case.
Monsignor Antonio Franco, assessore dell’Ordine Equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, ha illustrato, inoltre, alcuni dei progetti della CEi in favore dei rifugiati iracheni nei campi profughi in Giordania, in cui rientrano non solo aiuti di tipo umanitario, ma anche l’assistenza scolastica, sia per bambini, sia per gli universitari. Alla presentazione del rapporto del 2015 è intervenuto, infine, a sottolineare l’importanza rivestita dal promuovere una attenta informazione sulle persecuzioni religiose subite dai cristiani nel mondo, il presidente della sezione italiana di Aiuto alla Chiesa che Soffre, Alfredo Mantovano.
 

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