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Arciere1
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IN TANTISSIMI ANNI MAI SENTITO UNA COSA DEL GENERE ……………………………………
L’unico commento dei familiari di Olga Matei arriva tramite il legale di parte civile della sorella Mina Pascal, Lara Cecchini: «E’ profondamente amareggiata e chiede che sia fatta giustizia, per rispetto della memoria di sua sorella. La pena è stata ridotta quasi della metà solo per un giudizio di bilanciamento». La donna ora è in Moldavia, mentre l’ex marito di Olga, chiuso nel suo silenzio, protegge la figlia adottiva dal nuovo grande dolore che l’ha colpita: adottata in Moldavia a 5 anni, prima ha dovuto affrontare la morte violenta della madre e adesso una sentenza che la famiglia fatica comprensibilmente ad accettare. Quanto al contenuto della decisione della corte d’assise di Bologna, è sottolineata la valutazione positiva della confessione.
L’atto parla poi della gelosia dell’imputato come di un sentimento «certamente immotivato e inidoneo a inficiare la sua capacità di autodeterminazione», ma tale comunque, «a causa delle sue poco felici esperienze di vita», da scatenare la «tempesta emotiva». Una condizione «idonea a influire sulla misura della responsabilità penale», così da costituire un’attenuante.
Lo stesso Castaldo raccontò l’aggressione «Ho perso la testa perché lei non voleva più stare con me. Le ho detto che doveva essere mia e di nessun altro. L’ho stretta al collo e l’ho strangolata». Poi mandò un messaggio a una cartomante, «Cambia lavoro, l’ho uccisa e mi sto togliendo la vita», e provò a suicidarsi bevendo un mix di vino e farmaci.
ORMAI NON MI MERAVIGLIO PIU' DI NIENTE ..
IO DEVO STARE ATTENTO.. BAH......................
“Pena ridotta, uccise per una tempesta emotiva”
Tre anni fa Michele Castaldo strangolò la donna con cui aveva una relazione da poche settimane:lei non sopportava la sua gelosia e voleva lasciarlo. L’uomo confessò subito il delitto e in primo grado venne condannato a trent’anni di carcere per omicidio volontario aggravato da motivi futili e abbietti. In appello la corte d’assise di Bologna ha confermato la condanna, ma la pena è stata quasi dimezzata: 16 anni per l’operaio cesenate, oggi 57enne, che in preda a «una soverchiante tempesta emotiva e passionale», come si è espressa la perizia psichiatrica, ha afferrato a mani nude il collo di Olga Matei e l’ha ammazzata.
A determinare la riduzione del periodo di detenzione è stata una combinazione di attenuanti, come lo stato emotivo, e questioni procedurali: «Lo scandalo non è tanto la concessione delle attenuanti, cioè la valutazione della corte per cui l’imputato avrebbe agito sotto effetto di un raptus, un’interpretazione forse generosa, quanto la scelta del rito abbreviato per un reato grave come l’omicidio, rito che prevede riduzioni automatiche della pena pari a un terzo», spiega il legale di parte civile Filippo Airaudo.
Nel caso dell’uccisione di Olga, 46enne di origini moldave, madre separata (ma in ottimi rapporti con l’ex marito, ndr) di una figlia adottiva di 16 anni, un lavoro da commessa in un negozio di ottica di Riccione, la vicenda processuale è andata così: «L’omicidio volontario aggravato prevede l’ergastolo come massimo della pena, ma essendo stato chiesto l’abbreviato si scende a un massimo di 30 anni di carcere, che è poi la condanna inflitta in primo grado». In appello, dove il pg Paolo Giovagnoli aveva chiesto la conferma della sentenza, la compensazione di attenuanti generiche e aggravanti hanno fatto calare la pena a 24 anni: «A questo punto la riduzione di un terzo ha fatto raggiungere i 16 anni – aggiunge l’avvocato -. Il problema vero, in altre parole, è il rito abbreviato applicato all’omicidio». E così, nonostante la brutalità del suo delitto e le cause che l’hanno provocato, una gelosia ossessiva da cui la sua vittima voleva scappare, il reo confesso ha beneficiato di uno sconto sostanziale della pena.
A determinare la riduzione del periodo di detenzione è stata una combinazione di attenuanti, come lo stato emotivo, e questioni procedurali: «Lo scandalo non è tanto la concessione delle attenuanti, cioè la valutazione della corte per cui l’imputato avrebbe agito sotto effetto di un raptus, un’interpretazione forse generosa, quanto la scelta del rito abbreviato per un reato grave come l’omicidio, rito che prevede riduzioni automatiche della pena pari a un terzo», spiega il legale di parte civile Filippo Airaudo.
Nel caso dell’uccisione di Olga, 46enne di origini moldave, madre separata (ma in ottimi rapporti con l’ex marito, ndr) di una figlia adottiva di 16 anni, un lavoro da commessa in un negozio di ottica di Riccione, la vicenda processuale è andata così: «L’omicidio volontario aggravato prevede l’ergastolo come massimo della pena, ma essendo stato chiesto l’abbreviato si scende a un massimo di 30 anni di carcere, che è poi la condanna inflitta in primo grado». In appello, dove il pg Paolo Giovagnoli aveva chiesto la conferma della sentenza, la compensazione di attenuanti generiche e aggravanti hanno fatto calare la pena a 24 anni: «A questo punto la riduzione di un terzo ha fatto raggiungere i 16 anni – aggiunge l’avvocato -. Il problema vero, in altre parole, è il rito abbreviato applicato all’omicidio». E così, nonostante la brutalità del suo delitto e le cause che l’hanno provocato, una gelosia ossessiva da cui la sua vittima voleva scappare, il reo confesso ha beneficiato di uno sconto sostanziale della pena.
L’unico commento dei familiari di Olga Matei arriva tramite il legale di parte civile della sorella Mina Pascal, Lara Cecchini: «E’ profondamente amareggiata e chiede che sia fatta giustizia, per rispetto della memoria di sua sorella. La pena è stata ridotta quasi della metà solo per un giudizio di bilanciamento». La donna ora è in Moldavia, mentre l’ex marito di Olga, chiuso nel suo silenzio, protegge la figlia adottiva dal nuovo grande dolore che l’ha colpita: adottata in Moldavia a 5 anni, prima ha dovuto affrontare la morte violenta della madre e adesso una sentenza che la famiglia fatica comprensibilmente ad accettare. Quanto al contenuto della decisione della corte d’assise di Bologna, è sottolineata la valutazione positiva della confessione.
L’atto parla poi della gelosia dell’imputato come di un sentimento «certamente immotivato e inidoneo a inficiare la sua capacità di autodeterminazione», ma tale comunque, «a causa delle sue poco felici esperienze di vita», da scatenare la «tempesta emotiva». Una condizione «idonea a influire sulla misura della responsabilità penale», così da costituire un’attenuante.
Lo stesso Castaldo raccontò l’aggressione «Ho perso la testa perché lei non voleva più stare con me. Le ho detto che doveva essere mia e di nessun altro. L’ho stretta al collo e l’ho strangolata». Poi mandò un messaggio a una cartomante, «Cambia lavoro, l’ho uccisa e mi sto togliendo la vita», e provò a suicidarsi bevendo un mix di vino e farmaci.
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