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HAI CAPITO I ROSSI? [h=1]Coop Lombardia, il piano per lasciare a casa 200 persone[/h]
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L' apocalisse si avvicina e l' avvisaglia è un avviso, appeso tristemente in bacheca a mo' di lista di Schindler. Tu osservi la bacheca, e leggi: «Comunicazione dell' intenzione di procedere a riduzione del personale, ai sensi dell' art 24 e L 23 luglio 1991 n223». Proprio così. È in questo scarno burocratese, in un avviso appeso ai muri lividi della Direzione Patrimonio della Coop Lombardia, che viene prennunciato lo stato di crisi e l' assai prossimo licenziamento di 200 dipendenti della suddetta Coop Lombardia, nel silenzio assordante - si diceva una volta - dei sindacati (ma Filcams Cgil, Fisascat-Cisl Uiltucs-Uil sono stati abbondantemente informati). Duecento persone rischiano di affollare le strade della Lombardia. E una calma innaturale ammanta riunioni, assemblee, documenti e comunicati interni dell' enorme fabbrica della grande distribuzione lombarda.
«Il personale eccedente ammonta a 200 unità (full time equivalent) la cui collocazione aziendale e i cui profili professionali sono descritti nell' Allegato A», recita, per l' appunto, la lunga lettera con cui la Coop comunica il bagno di sangue, via raccomandata, ai sindacati. Un documento firmato asetticamente da Luca Rizzardi , respondabile Relazioni col Personale e Sindacali.

Da cui emerge l' identikit di Coop Lombardia che «esercita attività commerciale nella grande distribuzione organizzata e vanta 56 punti vendita, 42 supermercati, tutti in ambito lombardo a Milano, Monza Brianza, Como, Varese, Lodi, Pavia, Cremona, Bergamo, Brescia». Tutti prossimi alla scure del taglio dell' organico. Organico che conta 4236 dipendenti a tempo indeterminato e di cui 1761 occupati a tempo pieno e 2475 a tempo parziale «per un totale di 3.198 full time equivalent». Nella stessa missiva si racconta della stratificazione dei problemi: dal calo delle vendite, (-4,79%, quasi tre volte la media del settore che è di -1,2%) e degli scontrini (-2%); dell' inaugurazione, forse eccessiva, nell' ultimo bienno, dei cinque nuovi punti-vendita di Cassago Magnago, Roncadelle, Monza, Milano-Bicocca (anche chiamato il «Supermercato del futuro»), con un giro vorticoso di ricollocazione del personale; e degli onerosi investimenti per campagne sconti per soci e clienti. «Visti questi presupposti appare evidente come, tanto sul piano tecnico, quanto su quello organizzativo e produttivo (ma anche sul piano giuridico), non siano ipotizzabili alternative riorganizzative che possano nella specie escludere o differire o limitare il ricorso alla riduzione del personale di sede, visto il carattere strutturale degli esuberi qui denunciati». E quindi: «... L' organico di sede, che già oggi appare pletorico rispetto alle esigenze, necessita e necessiterà di un ulteriore adeguamento al mutato assetto organizzativo».

La purga dei lavoratori è l' unica soluzione all' emorragia dell' azienda. E i tempi di attuazione saranno «immediati attraverso la procedura prevista dagli art 24 e 4 L223/91», seguono le varie fasi di accordo formale previsto dalla legge, naturalmente. Ma, altrettanto naturalmente la società fa sapere che la dichiarazione di esubero «risulta oggi ineluttabile, visto il perdurante andamento economico sopra descritto»; e che «la società ha presente le difficoltà di ricollocamento» e cerca la sottoscrizione con le OO.SS., i sindacati territoriali, «un accordo di chiusura». Cioè, tradotto: dato che, in fondo alberga in noi una scintilla d' umanità, prevediamo per voi un incentivo all' esodo. Paghiamo chi se ne vuole andare spontaneamente. Anche se, non sappiamo ancora quanto paghiamo, poichè: «Non essendo riconosciute in azienda attribuzioni patrimoniali diverse da quelle previste già dalla legislazione vigente non ha modo di indicare un metodo di calcolo di attribuzioni...».

C' è da dire che il licenziamento è democratico. Il fantomatico "Allegato A" della sopracitata missiva elenca i morituri.
Tra i profili professionali eccedenti 14 sono previsti nella provincia di Bergamo, 10 nella provincia di Como, 19 in quella di Cremona, 77 a Milano, 3 a Lodi, 14 a Pavia, 7 a Monza Brianza, 12 a Varese. Ed è un' operazione chirurgica che attraversa tutte le qualifiche: addetti alla vendita, responsabili di reparto, addetti alle operazioni ausiliarie, direttori di ipermercato, specialisti e banconieri. Ci racconta un dipendente della Coop: «Il problema è che qui nessuno dice nulla, nessuno si lamenta per primo, perché hanno paura dei sindacati; e hanno paura di esser inseriti in una lista nera e di essere fatti fuori per primi...».

Insomma, per i vertici sindacali la situazione è grave ma non è seria. Ma è molto grave. Al punto da creare un serio precedente nella regione più ricca d' Italia.
Licenziamenti collettivi simili si erano già verificati alla Coop Tirreno e alla Coop friuliana. Ma erano stati contenuti nell' ambito dei media locali; e di quella straordinaria filosofia del mutuo soccorso che spinge l' insieme della Coop nazionali a muoversi in quadrata falange per salvare una consorella in brache di tela.
Solo che ora le brache di tela, e le crisi aumentano a macchia d' olio. Difficile contenerle. «Il problema è un difetto strutturale», continua il dipendente «le Coop si basano su un sistema consortile e su singole autonomie oramai insostenibili: non è un caso che in Emilia si siano fuse per sopravvivere...». In Lombardia, invece, ora la sopravvivenza dei posti di lavoro diventa una scommessa...

di Francesco Specchia
 

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