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La tazzina di espresso in 40 anni è lievitata da 50 a 2000 lire(1€/1.20€)
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di Gianni Pistini
L’iniziativa di «Caffè, brioche e amicizia», promossa dalle associazioni di categoria Acepe (Associazione commercianti ed esercenti pubblici esercizi) e Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi) sta volgendo al termine con l'ultimo appuntamento del 10 novembre. La proposta ha preso il via il 20 ottobre e così per i tre giovedì successivi. I locali aderenti stanno praticando il prezzo al banco di espresso e cornetto a un euro, in fasce d'orario prestabilite. «È un segno di partecipazione alla difficoltà economica generalizzata», è quanto si vocifera negli ambienti.
Ma curiosando a ritroso, qual era la cifra che l'avventore pagava tempo addietro? Consultando vecchi listini, imposti dai sodalizi, si desume che quarant'anni fa l'aromatica tazzina di caffè costava 50 lire, triplicava nel 1975, arrivava a 650 lire dieci anni dopo, nell’85, per raggiungere la cifra di 1000 lire nel 1990. In quel periodo, onde tutelare il consumatore, un'apposita legge dell'ottobre dello stesso anno, «vietava tutte le intese tra imprese, che limitassero la concorrenza all'interno del mercato nazionale». Con ciò, non era più possibile determinare un valore prefissato perché ciò avrebbe creato un «cartello», contrario al sunto legislativo. Dopo quella data venne indicato un prezzo «consigliato». In seguito non ci fu neppure questo suggerimento: si lasciava libera facoltà di scelta al gestore di praticare la cifra che più coerentemente era conveniente per il suo tipo di locale. Proseguendo l'analisi dei prezzi, l'espresso al bar cinque anni fa costava, in media, 1500 lire. Nel gennaio 2001, con l'introduzione dell'euro, tutti i valori indicati in lire vennero tal quali trasformati nella nuova valuta europea, cosicché il costo della tazzina divenne 0,77 euro (vecchie 1500 lire), anche se vi era già chi praticava altri importi. In tempi più recenti, il frequentatore di bar e caffè, causa gli arrotondamenti, è arrivato a spendere 80 o 85 centesimi per un espresso. Ora, con l'iniziativa «Caffè, brioche e amicizia», si è tornati ai prezzi di alcuni lustri fa. Sembrerebbe però che la risposta degli avventori non abbia riscosso il successo sperato.
Assieme al costo della singola tazzina, però, nel corso dei decenni è cambiato anche il valore di molti altri fattori, che hanno portato il prezzo del caffè al suo valore attuale. «Negli ultimi quarant’anni sono cambiati i costi di moltissimi elementi - ha spiegato Francesco Deruvo, presidente della Fipe - come le materie prime, i vari costi gestionali, affitti, personale. Basti pensare che negli anni 60 un dipendente costava all’incirca 5mila lire a settimana, mentre oggi si parla di 500 euro tra salario e vari oneri sociali». Secondo Deruvo, però, i commercianti di una volta guadagnavano di più rispetto a quelli attuali: «Oggi c’è una minor differenza tra prezzo di acquisto e quello di vendita: non sempre, infatti, oggi si riescono a riversare sul listino tutti gli aumenti delle spese». Questa è la situazione attuale qui a Trieste e in Italia. Ma diamo un'occhiata a quanto si paga l’espresso in altri paesi per soddisfare il proprio palato. A Parigi, il prezzo minimo si aggira su 1 euro e 10 centesimi, se consumato al banco, anche se in zone più prestigiose l'esborso è decisamente superiore. Stessa cifra, in media, in Germania. La Svizzera è al top del costo: il più economico vale 1,30 euro, a salire. In Austria e Belgio la media del prezzo è di 90 centesimi. Naturalmente ci sono altri paesi europei i cui costi sono più bassi: Spagna e Portogallo, per citarne un paio. Casomai il problema sarà raggiungere i paesi iberici.
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di Gianni Pistini
L’iniziativa di «Caffè, brioche e amicizia», promossa dalle associazioni di categoria Acepe (Associazione commercianti ed esercenti pubblici esercizi) e Fipe (Federazione italiana pubblici esercizi) sta volgendo al termine con l'ultimo appuntamento del 10 novembre. La proposta ha preso il via il 20 ottobre e così per i tre giovedì successivi. I locali aderenti stanno praticando il prezzo al banco di espresso e cornetto a un euro, in fasce d'orario prestabilite. «È un segno di partecipazione alla difficoltà economica generalizzata», è quanto si vocifera negli ambienti.
Ma curiosando a ritroso, qual era la cifra che l'avventore pagava tempo addietro? Consultando vecchi listini, imposti dai sodalizi, si desume che quarant'anni fa l'aromatica tazzina di caffè costava 50 lire, triplicava nel 1975, arrivava a 650 lire dieci anni dopo, nell’85, per raggiungere la cifra di 1000 lire nel 1990. In quel periodo, onde tutelare il consumatore, un'apposita legge dell'ottobre dello stesso anno, «vietava tutte le intese tra imprese, che limitassero la concorrenza all'interno del mercato nazionale». Con ciò, non era più possibile determinare un valore prefissato perché ciò avrebbe creato un «cartello», contrario al sunto legislativo. Dopo quella data venne indicato un prezzo «consigliato». In seguito non ci fu neppure questo suggerimento: si lasciava libera facoltà di scelta al gestore di praticare la cifra che più coerentemente era conveniente per il suo tipo di locale. Proseguendo l'analisi dei prezzi, l'espresso al bar cinque anni fa costava, in media, 1500 lire. Nel gennaio 2001, con l'introduzione dell'euro, tutti i valori indicati in lire vennero tal quali trasformati nella nuova valuta europea, cosicché il costo della tazzina divenne 0,77 euro (vecchie 1500 lire), anche se vi era già chi praticava altri importi. In tempi più recenti, il frequentatore di bar e caffè, causa gli arrotondamenti, è arrivato a spendere 80 o 85 centesimi per un espresso. Ora, con l'iniziativa «Caffè, brioche e amicizia», si è tornati ai prezzi di alcuni lustri fa. Sembrerebbe però che la risposta degli avventori non abbia riscosso il successo sperato.
Assieme al costo della singola tazzina, però, nel corso dei decenni è cambiato anche il valore di molti altri fattori, che hanno portato il prezzo del caffè al suo valore attuale. «Negli ultimi quarant’anni sono cambiati i costi di moltissimi elementi - ha spiegato Francesco Deruvo, presidente della Fipe - come le materie prime, i vari costi gestionali, affitti, personale. Basti pensare che negli anni 60 un dipendente costava all’incirca 5mila lire a settimana, mentre oggi si parla di 500 euro tra salario e vari oneri sociali». Secondo Deruvo, però, i commercianti di una volta guadagnavano di più rispetto a quelli attuali: «Oggi c’è una minor differenza tra prezzo di acquisto e quello di vendita: non sempre, infatti, oggi si riescono a riversare sul listino tutti gli aumenti delle spese». Questa è la situazione attuale qui a Trieste e in Italia. Ma diamo un'occhiata a quanto si paga l’espresso in altri paesi per soddisfare il proprio palato. A Parigi, il prezzo minimo si aggira su 1 euro e 10 centesimi, se consumato al banco, anche se in zone più prestigiose l'esborso è decisamente superiore. Stessa cifra, in media, in Germania. La Svizzera è al top del costo: il più economico vale 1,30 euro, a salire. In Austria e Belgio la media del prezzo è di 90 centesimi. Naturalmente ci sono altri paesi europei i cui costi sono più bassi: Spagna e Portogallo, per citarne un paio. Casomai il problema sarà raggiungere i paesi iberici.
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