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[h=1]Tagli Sanità: dai denti alle visite, si pagherà quasi tutto[/h]
di QuiFinanza
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07/08/2015 -
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Il decreto legge sugli enti locali è stato approvato, e insieme ai tagli nei trasferimenti a Comuni e Regioni porta con sè i circa 2,5 miliardi di tagli al comparto Sanità, anticipato non senza polemiche nei giorni scorsi. Saranno circa 180 le prestazioni diagnostiche messe fuori copertura, così come indicato della bozza di decreto che il ministero della Salute sta preparando per integrarlo a quello sugli enti locali. Una lista cui medici e operatori sanitari dovranno adeguarsi prima di prescrivere visite o esami. In assenza di gravi e conclamate patologie - infatti - analisi, visite specialistiche, risonanze magnetiche e tac saranno a carico del cittadino. Vediamo nelle slides seguenti quali prestazioni non saranno più gratuite.

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CURE DENTISTICHE

La copertura è prevista per i ragazzi fino ai 14 anni e per le persone con acclarati problemi economici. Il compito di fissare le soglie dell’indigenza economica è demandato alle Regioni. La bozza del documento "si limita a omogeneizzare le condizioni già applicate definendo esplicitamente i criteri utilizzati e specificando per ciascuna prestazione quali sono i soggetti beneficiari (minori fino a 14 anni, vulnerabili per motivi sanitari, vulnerabili per motivi sociali), lasciando comunque alle Regioni il compito di fissare le soglie di reddito o di Isee che discriminano la vulnerabilità sociale". Le prestazioni di odontoiatria interessate sono 35 su 180 (20% circa).

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TEST ALLERGOLOGICI

Fra le voci che verranno sottoposte a controlli più rigidi anche l'allergologia. Alcuni test allergologici e le immunizzazioni (cosiddetti vaccini) dovranno essere prescritti solo a seguito di visita specialistica allergologica.

ESAMI DI LABORATORIO
Il contenimento dei costi interessa gli esami di laboratorio, anche se va detto che in molti casi sono pagati dai cittadini non esenti da ticket. Comunque la bozza ministeriale ci mette del suo – e del nuovo -, eliminando tendenzialmente i controlli generici. In alcuni casi, quando mancano fattori di rischio – per esempio, familiarità, ipertensione, obesità, diabete, malattie cardiache – il colesterolo e i trigliceridi possono essere ripetuti ogni tre anni. Restano sotto l’ombrello del servizio pubblico le diagnosi e il monitoraggio di alcune patologie, come la fibrosi cistica. Con tutta probabilità sarà compilato un elenco delle malattie ammesse a controllo preventivo.

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TAC E RISONANZE MAGNETICHE

Per la diagnostica per immagini il provvedimento si è concentrato solo su Tac e Rmn degli arti e la Rmn della colonna con mezzo di contrasto, per un totale di 9 prestazioni. Il ministero ritiene che la prescrizione di queste prestazioni secondo i livelli di appropriatezza proposti possa contribuire anche a ridurre le liste di attesa.

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DIALISI

Per quanto riguarda la dialisi, "le condizioni di erogabilità sono riservate alle metodiche di base (domiciliari e ad assistenza limitata) che risultano appropriate solo per pazienti che non presentano complicanze da intolleranza al trattamento e/o che non necessitano di correzione metabolica intensa. Si tratta di 2 prestazioni".

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MEDICINA NUCLEARE

Circa la medicina nucleare (scintigrafia, Pet), la prescrizione adeguata viene confinata a quattro prestazioni di carattere prettamente specialistico (previa, dunque, prescrizione del medico specialista), per le quali sono definite condizioni di erogabilità e indicazioni prioritarie, connesse soprattutto a patologie tumorali.

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MEDICINA DIFENSIVA

L’amministrazione affronta anche lo spinoso problema della medicina difensiva, cioè tutte le questioni legate alle responsabilità medico legali conseguenti alle cure prestate.
Si tratta di un argomento cruciale che non solo costa al sistema sanitario, ma incide sull’efficienza e sul funzionamento. In questi anni il numero delle denunce è cresciuto notevolmente, nonostante l’80% di esse siano risultate infondate.
Tra le soluzioni, che potrebbero essere adottate, è prevista la distinzione tra medico dipendente e libero professionista in caso di errore presunto. Nel caso di medico dipendente dal servizio pubblico , la responsabilità civile sarà di natura extracontrattuale con tempi di prescrizione fissati a cinque anni. Infine ci dovrebbe essere l’obbligo di una preventiva conciliazione con il cittadino per le strutture pubbliche.



OTTIMO METODO PER STERMINARE GLI ITALIANI DEL CETO MEDIO CHE NON ESISTE PIU' OSSIA I COMPAGNI PER ORA RESTERANNO SOLO I RICCHI...........POI NEPPURE I POLITICI .....SE CONTINUANO COSI....CHE GLI PAGHERA' LO STIPENDIO ?NESSUNO SARANNO FATTI FUORI DA CHI VUOLE UN'ORDINE MONDIALE.

SORRIDERA' PURE L'INPS......EVITANDO di pagare LUNGHE PENSIONI...............?
sorrideranno pure i becchini ?



L'IMMAGINE ELOQUENTE DEI SOLDI MESSI NEL CAMICE LA DICE L'UNGA .............(foto del giornale)



http://www.quifinanza.it/9775/soldi/tagli-sanita-dai-denti-alle-visite-si-paghera-quasi-tutto.html





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[h=1]l welfare al contrario, così lo Stato aiuta più i ricchi che i poveri[/h] [h=2]Il paradosso della spesa per assistenza: al 40% più povero delle famiglie italiane va meno di un quarto del totale[/h]
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di Enrico Marro





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Tra i tanti paradossi della spesa pubblica italiana ce n’è uno particolarmente fastidioso, quello che vede la spesa assistenziale andare a favore più dei ricchi che dei poveri. Il presidente dell’Inps, Tito Boeri, lo sospettava già da economista, ma ora che ha una visione diretta dei dati ne ha avuto la conferma.
Prendendo la spesa per prestazioni assistenziali gestita dall’Inps e legata anche a requisiti di reddito e suddividendo le famiglie che ne beneficiano in dieci decili secondo l’Isee (misura reddito e patrimonio) si osserva che essa va per meno di un quarto (il 23%, per la precisione) agli ultimi 4 decili, cioè al 40% delle famiglie più povere. In particolare, solo il 4% della spesa va all’ultimo decile, mentre il 10% delle famiglie più ricche beneficia del 14% della spesa e al secondo decile dei più ricchi va, in proporzione, la fetta maggiore dell’assistenza, il 19%. Insomma, un terzo della spesa si rivolge al 20% più ricco.



[h=5]La spesa[/h] Il totale delle uscite considerate vale circa 20 miliardi l’anno, di cui la metà per le integrazioni delle pensioni al minimo, quasi 5 miliardi per pensioni e assegni sociali e il resto per maggiorazioni varie delle pensioni, sempre legate al reddito. Ma allora come è possibile che la spesa si addensi verso i decili di famiglie più ricche? Per due ragioni. La prima è che una parte delle prestazioni in pagamento sono ancora quelle liquidate quando i requisiti di reddito non erano previsti dalle norme o erano meno severi. Per esempio, l’integrazione al minimo, che lo Stato dà a 3,5 milioni di pensionati che hanno meno di 15 anni di contributi versati e non raggiungono l’importo minimo fissato per legge ogni anno (502,38 euro al mese nel 2015), fino al 1983 era concessa indipendentemente dal reddito e dall’83 al 1992 sulla base dei redditi del solo pensionato, mentre solo dal 1992 si considera anche quello del coniuge. La seconda ragione che spiega il paradosso è che un conto è considerare come requisito per la prestazione il solo reddito Irpef, come si fa ora, un altro l’Isee, che include anche la ricchezza patrimoniale immobiliare e mobiliare (conti correnti, depositi, titoli, azioni e altri investimenti finanziari) e il possesso di veicoli e che lo fa non solo per il beneficiario, ma anche per il coniuge e i figli, cioè per tutti i tutti i componenti del nucleo familiare.





[h=5]Il metodo[/h] È evidente che se si applicasse l’Isee, soprattutto quello riformato nel 2013 che è abbastanza sofisticato e può contare sull’incrocio delle banche dati, non solo si scoverebbero più facilmente prestazioni erogate a evasori fiscali, ma si potrebbe anche risparmiare qualche miliardo di euro all’anno che oggi va a famiglie che non hanno bisogno di assistenza. Un’operazione che potrebbe servire alla spending review, la revisione della spesa pubblica, oppure a finanziare l’introduzione del Reis, il reddito di inclusione sociale, contro la povertà, ma che si scontra col tema dei cosiddetti diritti acquisiti. Altri risparmi sarebbero possibili se l’Isee si applicasse anche ad altre voci importanti di spesa, come per esempio l’indennità di accompagnamento per gli invalidi totali non autosufficienti (13,6 miliardi nel 2014 per circa 2 milioni di persone) e che sono state sempre slegate dal reddito. Ma quest’ultimo, come è facilmente intuibile, è un capitolo ancora più difficile da toccare.

7 agosto 2015 (modifica il 7 agosto 2015 | 11:12)
 

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