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lei ha detto "famolo strano"

Alien.

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[h=6]IL CASO[/h] [h=1]L’ex marito e il prete. La lite
per gelosia finisce in ospedale
[/h] [h=2]Il coniuge segnalato per stalking, il parroco, un religioso africano in servizio da anni
in una parrocchia del Piacentino, è stato sospeso[/h] di Giusi Fasano
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È una storia come mille altre, tranne che per un dettaglio. I personaggi soliti, diciamo così, sono un ex marito che non ha saputo accettare l’idea di essere lasciato e che si comporta da stalker e una ex moglie che non ha dubbi: la rottura del matrimonio è irrevocabile. Ma poi c’è quel dettaglio «un po’ originale» che «non ha bisogno di alcun giornale», come direbbe Fabrizio De Andrè. E cioè: l’ex marito stalker ha sorpreso lei con un parroco, un religioso africano in servizio da anni in una parrocchia del Piacentino. Di più. I due uomini se ne sono dette di ogni genere, lo scontro è diventato fisico, la faccenda è diventata materia di referto medico, ne è nato un procedimento penale e il parroco è stato allontanato.


[h=5]La storia d’amore[/h]
Ce n’è abbastanza per farne la chiacchiera-madre dell’estate piacentina ma anche cremonese, perché il fattaccio, cioè la rissa fra i due, è avvenuta a Cremona. La pagina pubblicata su La Provincia di Cremona, ieri, non è sfuggita a nessuno, né nella città lombarda né in quella emiliana. Si racconta della storia d’amore fra il sacerdote quarantenne e la donna che, dicono i ben informati, sarebbe sua parrocchiana oltre che sua coetanea. La premessa di tutto è la relazione finita fra i due coniugi. Sembra però che a lui sia sempre sfuggito il senso della parola «fine». Niente. Non ha mai davvero creduto che lei, madre dei suoi due figli, non lo amasse più e che potesse tagliare i ponti. Così nel tempo l’ha tormentata tutte le volte che ha potuto. Telefonate a ogni ora del giorno e della notte, pedinamenti, accuse, litigi continui. Dopo aver capito che non l’avrebbe mai convinto a desistere, lei aveva segnalato tutto ai carabinieri senza però denunciarlo ma presentando una istanza di ammonimento (prevista dalla legge sullo stalking).





[h=5]Rischi penali[/h]
L’uomo era stato chiamato e avvisato dei rischi penali che avrebbe corso se avesse continuato a infastidire la sua ex moglie. Evidentemente anche questa volta non ha colto il senso di quell’avviso. E certo non sarà un caso se l’altra sera si è trovato proprio nello stesso parcheggio in cui lei aveva da poco posteggiato la sua auto. La donna aveva un appuntamento con il parroco. Lui deve aver seguito l’incontro e quando è intervenuto spalancando la portiera era evidente a tutti e tre che sarebbe stato inutile negare la relazione con il sacerdote. I toni si sono fatti incandescenti in pochi secondi e il prete ha perso la pazienza per primo: o almeno, così ha raccontato l’ex marito ai carabinieri che lui stesso ha chiamato dopo aver preso un pugno in faccia. Chiusa la lite al parcheggio, il vincitore del match (lo stalker) prima si è presentato in ospedale — da dove è uscito con la medicazione e una prognosi di una settimana — poi ha chiamato la diocesi e ha raccontato tutto. Risultato: il sacerdote è stato allontanato dalla parrocchia «per un periodo di riposo e di riflessione», hanno saputo i suoi fedeli e forse sarà rimandato in Africa. Chissà che il prossimo «dettaglio un po’ originale» di questa storia non sia lei che cambia continente. Con tanti saluti al suo ex marito.







IN QUESTO CASO NON FACCIO COMMENTI.............ANDREI OLTRE LA DECENZA..........
 
MA QUESTI CHE SI FUMANO ?
[h=1]Migranti, la sentenza della Cassazione: dire "vai via" è odio razziale[/h] [h=2][/h]
Il verdetto della Cassazione emesso contro un 45enne imputato per concorso in una aggressione contro due stranieri a Gallarate

Claudio Cartaldo - Gio, 12/07/2018 - 15:15
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Secondo l'ultima sentenza della Cassazione la frase "Che venite a fare qua...dovete andare via", se rivolta a cittadini extracomunitari, può assumere i caratteri dell'odio razziale.


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Si legge nella sentenza, depositata oggi, emessa nei confronti di un 45enne imputato, il cui ricorso è stato respinto, che era stato condannato per concorso in lesioni ai danni di due stranieri. Nella condanna, i giudici hanno aggiunto la "finalità di discriminazione razziale"

I fatti. Durante l'aggressione ai due extracomunitari, avvenuta in un circolo a Gallarate, i due imputati (il ricorrente e un coimputato) avevano rivolto ai due immigrati la frase "che venite a fare qua...dovete andare via". Ed è proprio questa frase a determinare, secondo i giudici della Suprema Corte, la "finalità di discriminazione razziale".

"La circostanza aggravante della finalità di discriminazione o di odio etnico, nazionale, razziale o religioso - si legge nella sentenza - è configurabile in linea generale, secondo i principi affermati dalla giurisprudenza di legittimità, in espressioni che rivelino la volontà di discriminare la vittima in ragione della sua appartenenza etnica o religiosa". E questo non solo quando "l'espressione riconduca alla manifestazione in un pregiudizio nel senso di inferiorità di una determinata razza", ma anche se "la condotta, per le sue intrinseche caratteristiche e per il contesto in cui si colloca, risulta intenzionalmente diretta a rendere percepibile all'esterno e a suscitare in altri analogo sentimento di odio etnico e comunque a dar luogo, in futuro o nell'immediato, al concreto pericolo di comportamenti discriminatori".

Ecco perché, scrivono i giudici, le frasi pronunciate dai due imputati "erano ritenute chiaramente espressive della volontà che le persone offese, e gli altri cittadini extracomunitari presenti ai fatti, lasciassero il territorio italiano a cagione della loro identità razziale".

DIO se ci sei pensaci tu!
 
QUESTI INVECE CI PAGANO LE NOSTRE PENSIONI---------------LI DOVREMO MANTENERE A VITA ? GRAZIE "COMUNISTI"
[h=1]Si rifiutano di pulire il sentiero: sgomberati migranti a Brescia[/h] [h=2][/h]
Da questa mattina l'ostello Trentapassi di Zone, nel bresciano, è vuoto. Ieri i richiedenti asilo che lì erano ospitati hanno lasciato il paese. Il sindaco: "Non collaboravano"

Eugenia Fiore - Gio, 12/07/2018 - 10:49
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Pretendevano di stare lì senza fare nulla e si rifiutavano di dare una mano al Comune a pulire il sentiero.
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Così, ieri, 22 richiedenti asilo hanno dovuto fare le valige e lasciare l'ostello di Trentapassi di Zone, nel Bresciano. "A me dispiace sul piano umano, perchè questo provvedimento può avere il sapore di una punizione, ma non si poteva transigere sul versante dell'autorevolezza - dice Marco Zatti, sindaco di Zone -. Ne arriveranno altri, di profughi. Si riparte da zero. Spero che col nuovo gruppo si instauri un clima di reciproca collaborazione".

Zatti, in cambio dell'ospitalità, aveva chiesto solo un po' di "collaborazione" per pulire il sentiero delle piramidi d'erosione, un'area che fa parte, tra l'altro, della riserva naturale della Regione Lombardia. Nessuno tra gli immigrati, però, ha accettato e così il sindaco ha chiesto per iscritto al prefetto Annunziato Varde di intervenire, allontanando alcuni dei soggetti che all'ostello Trentapassi condizionavano le scelte del gruppo con posizioni intransigenti.

Tutto, comunque, è avvenuto senza tensioni: i profughi erano stati informati in mattinata del trasloco, nel pomeriggio hanno preso i loro effetti personali e, a bordo di un autobus, hanno lasciato il paese. I 22 africani o
ra saranno portati in un'altra struttura di accoglienza, da dove saranno poi smistati in varie direzioni.


HANNO RAGIONE E MICA SONO ITALIANI SONO AFRICANI è

DOMANI MI DIPINGO DI NERO E VADO IN UN ALBERGO A 5 STELLE .,





E I 5 MILIONI DI ITALIANI POVERI CHI LI ACCOGLIE ?


 

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