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L'interrogatorio a Re giorgio

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Trattativa Stato-mafia: l'interrogatorio a Napolitano
28 ottobre 2014

L'avvocato di Riina potrà interrogare Napolitano al Colle______Processo Stato-Mafia,
L'ultimo favore a Napolitano: "Riina non può essere all'udienza"

Stato-Mafia, la deposizione di Napolitano sarà senza i boss
Trattativa Stato-mafia: l'interrogatorio di Napolitano
I magistrati di Palermo sono giunti al Quirinale per la deposizione del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, come teste sulla cosiddetta trattativa Stato-Mafia.L’udienza si terrà nella sala del Bronzino. Al Colle, con il procuratore aggiunto, Vittorio Teresi, ci sono i sostituti Nino Di
Matteo, Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene, tra gli avvocati delle sette parti civili e dei dieci imputati (non ammessi dalla Corte a partecipare direttamente o in videoconferenza alla testimonianza del Capo dello Stato) ha varcato la soglia del Quirinale anche l’avvocato Luca Cianferoni, legale del boss di Cosa Nostra, Totò Riina.

L’area di piazza del Quirinale è stata transennata ed è affollata di cronisti e fotoreporter. Una ventina circa le domande che i magistrati di Palermo dovrebbero sottoporre al Capo dello Stato. A rivolgere per primo i quesiti al Presidente sarà il procuratore aggiunto Teresi. Il capo dell’ufficio inquirente, Leonardo Agueci, sarà presente ma non interrogherà Napolitano. La prima parte della deposizione ruoterà attorno alle preoccupazioni che Loris D’Ambrosio, ex consigliere giuridico di Napolitano, espresse al Capo dello Stato nel giugno del 2012 in una lettera scritta un mese circa prima della sua scomparsa.

chissa come finira l'interrogatorio ________
 
Trattativa Stato-Mafia: gli imbarazzi di re Giorgio
di Paolo Becchi ,28 ottobre 2014

Per la prima volta nella storia della Repubblica, un Presidente sarà chiamato sul banco dei testimoni a deporre su quella che passerà alla storia come la Trattativa Stato-Mafia. Napolitano si è servito di tutti i mezzi che aveva a disposizione per sottrarsi a questo confronto: dal conflitto di attribuzione sollevato davanti alla Corte Costituzionale alle lettere inviate a Palermo, dalle alzate di scudi da parte della stampa di regime in suo favore al negato permesso agli imputati di poter assistere alla sua audizione. Ma alla fine ha dovuto cedere. Diciamolo pure: è, questa, una piccola vittoria per le nostre istituzioni e una sconfitta per re Giorgio, il quale si troverà di fronte alle domande non solo dei magistrati, ma persino dell’avvocato di Riina. Se non al boss in persona, Napolitano dovrà rispondere almeno al suo difensore, a proposito dell’allarme lanciato dal Sismi sul pericolo che contro di lui e Giovanni Spadolini venisse compiuto un attentato, nell’agosto del 1993.

È una partita difficile, che può segnare l’ inizio del tramonto di re Giorgio. Se si sottrarrà alle domande, se si riparerà dietro una non disponibilità a testimoniare, con il suo silenzio rischierà di apparire reticente; se, invece, parlerà, sarà costretto a far filtrare alcune verità.

Ci sono fatti ed episodi inquietanti che andranno chiariti, circostanze e dubbi imbarazzanti di cui si deve ancora accertare la verità. La strano ruolo di Loris D’Ambrosio, ad esempio, il consigliere giuridico del Re, autore di una lettera in cui si faceva riferimento al suo coinvolgimento nella Trattativa, l’uomo che sapeva tutto morto improvvisamente, senza che sia mai stata disposta alcuna autopsia. Cosa dirà, o non dirà, Napolitano? Cosa farà?

In questi ultimi mesi, il suo ritiro sembrava ormai definito ed imminente: a gennaio avrebbe dovuto lasciare il Colle, dopo aver portato a compimento il suo obiettivo politico, che è stato quello di bloccare, dopo le elezioni politiche del 2013, il processo democratico del Paese, forzando e costringendo i partiti alle «larghe intese» ed all’asse Pd – Forza Italia. Ma non sarà così: Re Giorgio ha deciso di restare, almeno finché le cose non si saranno stabilizzate definitivamente, con l’approvazione della nuova legge elettorale e, soprattutto, con il perfezionamento dell’intesa con Bruxelles (pare che sia stato Draghi a convincerlo che il suo ruolo resta “fondamentale” per garantire il placet da parte dei mercati finanziari e della Germania alle politiche contro i lavoratori di Renzi).

Insomma: c’è ancora bisogno di Napolitano, in mancanza di un suo successore – sul quale non si è ancora trovato il nome, essendo non condivisi i due nomi da lui proposti a Renzi e Berlusconi – , ad assicurare la “tenuta” del patto del Nazareno. Così il Re resterà. Ma ora, dal suo trono, dovrà perlomeno rispondere a quei giudici che non hanno ceduto, che nonostante tutte le pressioni non hanno chinato la testa, e che, con le loro domande, forse non riusciranno a farlo cadere, ma, quantomeno, potranno rovinare il lieto fine di questa storia.
 
Ultima modifica:
Trattativa Stato-mafia, il pm Di Matteo: "Su Napolitano siamo assolutamente sereni"
Il magistrato si difende: "L'intento è solo quello di approfondire dei fatti". Sul processo aggiunge: "Secondo noi non tutti hanno detto tutto quello che sapevano, alcuni hanno mentito, altri hanno cominciato a esternare le loro conoscenze soltanto con grande ritardo"

28 ottobre 2014
“Perseguiamo solo la ricerca della verità secondo un'applicazione rigorosa delle regole del diritto e del codice”. Parlando del processo sulla trattativa Stato-mafia, in un’intervista a Euronews il pm Nino Di Matteo si difende dalle critiche nate dopo la richiesta di deposizione del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Poi invita a non abbassare la guardia: "Non credo che ci siano gli elementi per ritenere definitivamente superato il pericolo di un ritorno della strategia di violento attacco allo Stato”.

"Vogliamo solo approfondire dei fatti"
In merito alle accuse rivolte al pool antimafia, Di Matteo dice: "Siamo assolutamente sereni perché sappiamo che la verità dei fatti è tutt'altra. L'intento è solo quello di approfondire dei fatti, quelli accaduti nel 1992 e 1993, che sono legati alle pagine più buie del nostro Paese".

"Non tutti hanno detto tutto quello che sapevano"
Per quanto riguarda il merito del processo, Di Matteo parla di "attacchi strumentali" all'impianto dell'accusa, mentre bugie e silenzi a suo avviso stanno caratterizzando le indagini sulla trattativa. "Secondo noi del pubblico ministero - dichiara - non tutti hanno detto tutto quello che sapevano, alcuni hanno mentito, altri hanno cominciato a esternare le loro conoscenze soltanto con grande ritardo rispetto ai fatti che avevano conosciuto e molti soltanto dopo che della trattativa avevano iniziato a parlare mafiosi come Spatuzza o figli di mafiosi come Massimo Ciancimino. Speriamo - conclude - che tutti quelli che sanno si facciano avanti per dire tutto".

"La mafia ha iniziato a capire che gli attentati pagavano"
La sua ricostruzione di quanto è accaduto è che "la mafia, a un certo punto, ha cominciato a capire che gli attentati eccellenti, le bombe pagavano”. "Erano utili – afferma - perché lo Stato, andando a cercare la controparte, dimostrava di cominciare a piegare le ginocchia. Cosa Nostra, in particolare Totò Riina ha capito le bombe potevano essere la strategia giusta per costringere lo Stato a venire a patti".

Le minacce da Riina
Le minacce di morte ricevute da Totò Riina per il pm Di Matteo significano che "lo stragista più pericoloso della storia delle organizzazioni mafiose in Italia, e forse non solo in Italia, ancora adotterebbe questa linea" mentre "la trattativa", "se c'è stata, ha probabilmente salvato la vita ad alcuni politici ma ha causato la morte di altri cittadini italiani".
 
Trattativa Stato-Mafia, deposizione di tre ore di Giorgio Napolitano
28 ottobre 2014

E' terminato il faccia a faccia tra Giorgio Napolitano e i pm del processo sulla presunta trattativa Stato-Mafia. La deposizione di Re Giorgio è cominciata poco dopo le 10.30 nella sala del Bronzino del Quirinale ed è durata circa tre ore la testimonianza del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano davanti alla Corte d’assise di Palermo nel processo sulla presunta trattativa Stato-mafia nei primi anni Novanta. Una testimonianza di questo tipo non era mai avvenuta prima nella storia della Repubblica. Secondo quanto reso noto da un legale, Napolitano ha risposto a diverse domande delle parti e ad alcuni non ha risposto avvalendosi della facoltà di non rispondere in base alle prerogative del Capo dello Stato.

Il faccia a faccia - Al Colle sono saliti il procuratore aggiunto, Vittorio Teresi, i sostituti Nino Di Matteo, Roberto Tartaglia e Francesco Del Bene, e tra gli avvocati delle sette parti civili e dei dieci imputati, questi ultimi non ammessi dalla Corte a partecipare direttamente o in videoconferenza alla testimonianza del Capo dello Stato, ha varcato la soglia del Quirinale anche l’avvocato Luca Cianferoni, legale del boss di Cosa Nostra, Totò Riina.

La trattativa - "Giorgio Napolitano ha riferito che, all’epoca, non aveva mai saputo di accordi" tra apparati dello Stato e Cosa nostra per fermare le stragi, ha detto Gioivanni Airo’ Farulla, avvocato del Comune di Palermo. "La parola “trattativa” non è mai stata usata" ha riferito ancora il legale, secondo il quale il capo dello Stato ha risposto anche alle domande dell’avvocato di totò Riina.

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