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La pasionaria di Sel
[h=1]Boldrini, una vita da regina grazie ai poveri immigrati[/h] [h=2]Donna in carriera, all’Alto commissariato Onu per i rifugiati aveva 8mila euro al mese con casa e viaggi pagati. Bastava difendere gli extracomunitari[/h]
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18/05/2013

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Laura Boldrini


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di Matteo Pandini
@Padanians
Per Laura Boldrini non è stato semplice cambiare vita. Dopo circa 25 anni passati nelle Agenzie delle Nazioni Unite ha lasciato il suo ultimo incarico (portavoce dell’Alto commissariato per i rifugiati, l’Unhcr) solo dopo essere stata eletta alla Camera grazie a Sinistra ecologia e libertà.
Ha detto addio a un contratto da dirigente ma è caduta in piedi, perché è passata dai quasi 8mila euro netti al mese della sua vecchia attività ai circa 17.600 che spettano alla terza carica dello Stato, prontamente ridotti a 12.500 dopo la sobria sforbiciata decisa col suo omologo a Palazzo Madama, Piero Grasso. Un taglio che ha entusiasmato i grillini e che ha galvanizzato i fan di questa acerrima rivale dell’ultimo governo di centrodestra, troppo duro - a suo dire - con gli extracomunitari. A sessant’anni - gliene mancano otto - la dottoressa Boldrini avrà già diritto a una pensioncina che, assicurano dal suo efficientissimo staff, non è stata ancora calcolata con precisione ma senza dubbio sarà «contenuta». D’altronde l’ha maturata in soli quindici primavere.
Nulla di strano, per certi ambienti. Quelli delle organizzazioni internazionali sono contratti particolari, che di solito durano da uno a tre anni e possono essere rinnovati. Spesso i funzionari hanno benefit come l’affitto della casa e il rimborso della retta scolastica dei figli, oltre a correzioni alla busta paga in base al costo della vita e la copertura finanziaria per alcuni viaggi privati.
Ma com’è stata la carriera dell’attuale presidente della Camera? Negli anni Ottanta aveva cominciato a lavorare per la Fao, accantonando una sommetta ogni mese per ottenere il vitalizio. I fondi non furono sufficienti per acquisire il diritto: al termine dell’incarico le vennero restituiti. Nel 1993 è passata al Programma alimentare mondiale. Ruolo di portavoce per l’Italia. Un incarico che non prevedeva copertura previdenziale. Poi, il grande salto: portavoce dell’Alto commissariato. Contratto importante, tecnicamente inquadrato come P4, step XI. Dodici mensilità tra i 7 e gli 8 mila euro. Netti. Senza trattamento di fine rapporto. A differenza di altri colleghi, non ha avuto il rimborso per gli studi della figlia ventenne (che Chi ha descritto impegnata sui libri in quel di Londra per laurearsi in Scienze politiche). Ovviamente, i viaggi per attività istituzionale (con alberghi e ristoranti connessi) sono stati a carico dell’Agenzia. E meno male per lei, visto che la terza carica dello Stato non s’era risparmiata. Ha girato come una trottola. Non solo in Europa o nell'area del Mediterraneo. Missioni su missioni. Anche in luoghi di crisi. Pakistan, Afghanistan, ex Jugoslavia, Caucaso, Iran, Angola, Ruanda, Sudan.
Dalla mezzanotte (ora di Ginevra) del 16 maggio sono scaduti i termini per farsi avanti e sperare di occupare il posto lasciato libero dalla dottoressa Boldrini. Sul sito dell’Unhcr sono snocciolati i compiti di chi vuole cimentarsi in un incarico così delicato. Sul web sono elencati con precisione. Tra le altre cose, il prescelto dovrà mantenere i contatti con le autorità nazionali e i mass media e curare le missioni diplomatiche. Il tutto con un obiettivo primario: il bene dei rifugiati. Che l’Unhcr vuole ovviamente «proteggere e assistere» per «trovare soluzioni durevoli». Il successore dell’attuale presidente della Camera dovrà affrontare seminari, conferenze, tavole rotonde sui temi umanitari. E poi, come chiarisce il sito internet ufficiale, dovrà produrre comunicati stampa. Evidenziare i problemi dei rifugiati. Organizzare corsi di formazione per giornalisti. Condurre gruppi di cronisti nella aree di emergenza per «aumentare la visibilità dell’Unhcr». Informare il personale.
Mica tutti possono ambire a un ruolo del genere. È richiesta la laurea, almeno dieci anni d’esperienza, la perfetta conoscenza dei problemi dei rifugiati e le leggi dei diversi Paesi. Ottima padronanza dell’inglese e dell’italiano. Oltre, ovviamente, a «eccellenti capacità relazionali». E attitudine a parlare in pubblico. Laura Boldrini era così brava da meritarsi la definizione di personaggio dell’anno nel primo numero del 2010 di Famiglia cristiana. Era diventata un punto di riferimento per chi s’indignava contro il centrodestra, in particolare per i respingimenti dei barconi in arrivo dall’Africa. Solo Nichi Vendola poteva far cambiare vita alla dottoressa Boldrini. Originaria di Macerata, in una delle sue prime uscite pubbliche ha deciso d’andare al funerale di una coppia d’anziani suoi corregionali. Si erano suicidati per problemi economici. La fresca presidente della Camera, già portavoce dell’Alto commissariato, aveva spiazzato tutti: «Non immaginavo tanta povertà». Dopo tutto quel girovagare, bentornata in Italia.



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[h=1]Kyenge, Boldrini e sinistra fanno i buonisti sugli immigrati. Intanto gli italiani muoiono[/h] [h=2]L'azzoppamento sistematico delle leggi sull'espulsione e la magistratura politicizzata hanno consentito ai killer di Milano e Livorno di restare fra noi[/h] Share on gmailShare on print|More Sharing ServicesAltro
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11/05/2013

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di Maria Giovanna Maglie
Mada Kabobo che ha usato il suo piccone insanguinato nella mattanza a Milano, Ablaye Ndoye che ha massacrato una ragazza a Castagneto soffocandola nel suo stesso sangue, l’altro uomo che alle nove di sera una settimana fa ha aggredito una studentessa alla stazione di Bologna, e giù indietro nelle cronache dei furti, delle violenze, dello spaccio di droga, degli omicidi, hanno tutti una caratteristica comune che nessun buonismo, nessuna sentenza, nessun predicozzo che metta sullo stesso piano vittime e carnefici uccidendo così le vittime una seconda volta potranno cancellare: erano in Italia illegalmente, erano stati fermati, identificati, condannati all’espulsione anche più di una volta, ma qui erano rimasti circolando indisturbati e impuniti, finché non hanno massacrato.
Io non sosterrò mai che le uscite del neo ministro dell’Integrazione, Cecile Kyenge, o le prediche del neo presidente della Camera, Laura Boldrini, siano fonte di istigazione, non le accuso, né loro né i dolenti poeti della domenica alla Nichi Vendola, di essere mandanti di queste morti; dico però che queste persone hanno potuto uccidere perché le richieste inopportune di cambiare le leggi da parte di alcuni politici e il boicottaggio delle leggi esistenti e necessarie da parte dei giudici, lo rendono possibile, addirittura lo agevolano.
Alla luce di vicende gravissime come quella di Milano sarebbe necessario che il governo di larghe intese e il premier Enrico Letta dicessero con chiarezza cristallina che non è opportuno, non solo che non è urgente, abolire il reato di immigrazione illegale, e che lo ius soli è un argomento troppo serio e complesso per affrontarlo nei talk show in tv. Un clandestino è un clandestino, non un migrante, non c’è niente di romantico né di meramente solidale; un clandestino arriva senza autorizzazione, senza un lavoro, senza un progetto, senza speranze; un clandestino finisce col delinquere anche solo per sopravvivere: farlo restare con un pretesto di legge, interpretando creativamente le norme, boicottando le nostre leggi solo per ragioni politiche, attaccandosi pretestuosamente a direttive europee, come fanno numerosi magistrati, è incosciente e pericoloso. Attirare nuove masse abolendo i controlli all’ingresso e promuovendo un indiscriminato diritto di nascita e cittadinanza è suicida. Tra le sciocchezze politically correct che circolano in questi giorni una vuole che gli italiani sarebbero entusiasticamente a favore. Balle, per una volta tocca essere d’accordo con Grillo, fate un referendum e vedrete che cosa rispondono gli italiani!
Infine, gentile presidente del Consiglio, davvero si sentiva l’esigenza in un governo ristretto, tanto da accorpare come pacchi donne, giovani e sport, di una furbata come la nomina di un ministro dell’Integrazione? Qua c’è già abbastanza disintegrazione interna.
Mada Kabobo, 31 anni, è un ghanese irregolare e con precedenti. Era stato segnalato nel 2011, in Puglia, gli era stata intimata l’espulsione. Sarebbe stato identificato durante un normale controllo circa un mese fa anche a Milano. I precedenti penali a suo carico sono per furto e resistenza. Ma Kabobo ha fatto richiesta di asilo politico e ottiene, nel 2012, per questo motivo un permesso di soggiorno temporaneo, previsto dalla legge. La commissione incaricata di valutare la sua posizione respinge in seguito la sua domanda e da quel momento scade anche il suo permesso di soggiorno. Kabobo, però fa ricorso contro la decisione in tribunale e di conseguenza, per «motivi di giustizia», pur non essendo in regola sul territorio italiano non può essere allontanato prima della definizione giuridica della sua vicenda. Analoga è la storia dell senegalese Ablaye Ndoye: condannato per furti e violenze, aveva chiesto asilo politico, provvidenziale pretesto per restare, non era stato mandato nell’apposito centro perché non c’era posto, sic, e quindi era libero; dallo scorso marzo, dopo che l’asilo gli era stato negato, era scomparso, si fa per dire, visto che nel paese lo conoscevano tutti e che viveva con la comunità senegalese, non apprezzato, si dichiara ora, ma tollerato, e certo non denunciato a norma di legge.
Ora, secondo Laura Boldrini, che aborre il termine clandestino tanto da chiedere ai giornalisti di non usarlo invocando la Carta di Roma e secondo il ministro Cecile Kyenge, che non molto tempo fa ha ottenuto di far uscire da un centro di espulsione due romeni poi arrestati per rapina, qualsiasi immigrato che riesca a entrare in Italia dovrebbe essere libero di restarci, e qualsiasi immigrata che riesca a entrare in Italia in stato di gravidanza, libera di restare, dovrebbe partorire un cittadino che diventi automaticamente italiano. Loro sono fatte così, speriamo che la mattanza di Milano faccia rinsavire gli altri.




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[h=1]Pm "soft" e avvocati gratis: perché gli immigrati clandestini in Italia sono intoccabili[/h] Share on gmailShare on print|More Sharing ServicesAltro
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Così le espulsioni sono diventate impossibili: gli assi nella manica degli illegali


di Andrea Morigi
Da quando il pacchetto sicurezza, approvato già piuttosto monco dal governo Berlusconi nel 2009, è stato smontato pezzo per pezzo, è diventata un’impresa costosa e faticosa rimpatriare un immigrato illegale. Prima i magistrati e la Corte europea di Giustizia, poi la Corte Costituzionale si sono accaniti in particolare contro il reato d’immigrazione clandestina, depotenziando l’efficacia dei decreti di espulsione o di allontanamento. Basta che il destinatario sia povero per giustificarne la permanenza. Non aveva i mezzi economici per tornare a casa, quindi rimane e fa come gli pare. Anche perché non esiste più l’aggravante del reato di clandestinità né la pena detentiva per l’ingresso illegale nel territorio dello Stato, originariamente prevista con la reclusione fino a quattro anni. Tutto abolito per compiacere i tifosi dello ius soli, nella versione che pretende che, una volta toccato il suolo italiano non lo si abbandoni più.
Una fra tutte è Laura Boldrini, la quale quand’era a capo della struttura italiana dell’Unhcr, l’agenzia Onu per i rifugiati, si era spesa per purificare il linguaggio giornalistico e la politica da ogni possibile accenno all’illegalità del soggiorno degli stranieri. Era prevalsa l’idea che potrebbe trattarsi di migranti richiedenti asilo. Intoccabili anche nel caso di bocciatura delle loro legittime istanze, finché non si sia concluso l’iter dei ricorsi, per i quali godono del gratuito patrocinio legale. Sono povere vittime, in fuga da un pericolo di morte o da un’emergenza umanitaria. Tanto che la legislazione li protegge a oltranza e, davanti all’eventualità di allontanare dal territorio nazionale un perseguitato o uno scampato a un disastro naturale, finiscono per passare in secondo piano anche le esigenze della legalità e dell’ordine pubblico.


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[h=1]Quanto ci costano i clandestini: un miliardo e seicento milioni[/h] [h=2]Cie, controllo delle frontiere e spese di cooperazione: i costi dell'immigrazione[/h] Share on gmailShare on print|More Sharing ServicesAltro
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17/05/2013

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Un miliardo e seicento milioni di euro. E' la cifra monstre che lo Stato italiano spende ogni anno per fermare il fenomeno dell'immigrazione clandestina. L'inchiesta è de La Notizia che prova a mettere ordine nella giungla di leggi e leggine che regolano le modalità di contrasto dell'immigrazione clandestina.

Le singole voci di spesa - Le voci di spesa, scrive il quotidiano, sono principalmente tre: la detenzione degli immigrati nei Centri d'Accoglienza ed Espulsione (CIE); il controllo delle frontiere; e le spese per la cooperazione con i paesi terzi finalizzata ad arginare il fenomeno. Soldi ben spesi? Non proprio, visti i risultati. La Bossi-Fini è così contraddittoria e soggetta alle più svariate interpretazioni che la strategia immaginata per contenere il fenomeno fa acqua da tutte le parti. I limiti della legge, insomma, sono sotto tutti gli occhi tutti.

Soldi buttati - Nonostante ciò, il governo non solo ha confermato il budget per i prossimi tre anni ma, in alcuni casi, lo ha aumentato. Esempio: per i Cie sono stati stanziati 236 milioni di euro per il 2013, 220 per il 2014 e 178 per il 2015. Per il 2013 i milioni aggiuntivi rispetto al 2012 sono 66, che in tempi di spending review non sono proprio bruscolini. Ma si sa, le spese da tagliare sono sempre altre.
I dati - Eppure basterebbe leggere i dati diffusi dalla Polizia di Stato sull'efficacia di tali politiche. Si legge nel rapporto: "Nel 2012 sono stati 7.944 (7.012 uomini e 932 donne) i migranti trattenuti in tutti i centri di identificazione ed espulsione (CIE) operativi in Italia. Di questi solo la metà (4.015) sono stati effettivamente rimpatriati con un tasso di efficacia (rimpatriati su trattenuti) del 50,54%".







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[h=1]La Boldrini detta le regole alla tv: "Nei talk show vadano gli immigrati"[/h] [h=2]La presidente della Camera lancia l'idea di invitare negli studi televisivi i rifugiati o chi è un immigrato: "Quando si parla di loro non ci sono mai"[/h] Share on gmailShare on print|More Sharing ServicesAltro
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03/06/2013

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Chi deve andare nei talk show? Il dibattito su chi deve sedere nelle poltroncine dei salotti della tv non riguarda solo il Movimento Cinque Stelle. Ora il problema arriva anche a Montecitorio e stuzzica anche l'attenzione della presidente della Camera, Laura Boldrini. Secondo la Boldrini in tv non devono andare solo i politici, ma un pò tutti compresi profughi e rifugiati: "Nei talk show spesso si contrappongono politici e non chi agisce in un determinato settore. Su un tema a me caro, ad esempio, quello dell'immigrazione, in questi anni ci sono stati molti dibattiti senza che ci fosse mai un immigrato o un rifugiato", ha detto la Boldrini, che oggi a Montecitorio ha ricevuto un gruppo di ragazzi diversamente abili insieme ai loro familiari e ai rappresentanti delle associazioni che si occupano del sostegno alla disabilita'. La presidente della Camera da sempre difende i diritti dei profughi e dei clandestini e vorrebbe che chi ad esempio non ha un permesso di soggioprno o è in Italia con la richiesta d'asilo spiegasse le sue ragioni e i suoi problemi in tv. Un'apertura e una proprosta quella della presidente della Camera che fa discutere ma che si inserisce nella discussione che tiene banco in parlamento e tra le forze politiche sullo ius soli e su nuove norme che permettano una regolarizzazione degli immigrati nel nostro paese. Bisogna capire adesso se i vari Vespa, Floris e Santoro raccoglieranno il consiglio di miss Montecitorio. (I.S)






che non dovete andare a votare................ma siete italiani







 
la giustizia non funziona,per gli Italiani si

la giustizia non funziona,per gli Italiani si

Come rimanere clandestini a norma di legge

La giustizia non funziona: nelle larghe maglie delle leggi italiane sui rimpatri c'è sempre spazio per restare in Italia





Paola Fucilieri - Lun, 03/06/2013 - 16:09




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Milano - Si fa presto a dire rimpatri. Le vie per rimandare a casa loro gli stranieri che non hanno titolo per restare in Italia sono molto più impervie e disseminate di ostacoli di quel che si può pensare.

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Furberie ed escamotage per evitare o rinviare l'espulsione, avallate dalla superficialità di certe politiche in materia d'immigrazione, sono infatti all'ordine del giorno. Lo stesso vale per una semplice domanda d'asilo. Che può essere presentata e ripresentata senza limiti. E nel frattempo - a meno che il rigetto non «colga» l'immigrato proprio mentre è in volo per casa, circostanza piuttosto rara - si può fare ricorso e restare in Italia. Proprio quel che è capitato a Mada «Adam» Kabobo, il 31enne ghanese che lo scorso 11 maggio, a Milano, ha preso a picconate tre uomini uccidendoli: l'africano aveva fatto richiesta di asilo politico nel 2011, status che gli era stato negato in prima battuta. Ma lui aveva presentato ricorso, sul quale i giudici non si sono ancora pronunciati e per questo, a causa del procedimento pendente, pur essendo irregolare non poteva essere espulso.
Tuttavia anche chi sembra praticamente già rimpatriato, con tanto di espulsione e il volo che lo aspetta all'aeroporto, può trovare un modo per rimandare la partenza. Salire su un'aereo per far tornare un clandestino nel proprio paese d'origine, con una scorta di poliziotti e il personale medico necessario, insomma, solo in apparenza è un'operazione priva di difficoltà. Senza contare che anche nei periodi più critici, come tra il 2011 e il 2012, quando i nordafricani sbarcavano numerosi sulle coste italiane e la Direzione centrale dell'immigrazione e della polizia delle frontiere aveva disposto un servizio bisettimanale di voli charter collettivi da Milano e Roma per il loro rimpatrio, l'organizzazione lasciava piuttosto a desiderare.
Alla stregua di un bus urbano un aereo partito da Linate con destinazione Tunisi fa prima tappa a Roma, a Bari e a Palermo per poi far ritorno a Milano, con viaggi che durano una dozzina di ore e partenze variabili tra le 5.30 e le 7 del mattino. E gli imprevisti per sospendere la scorta e rinviare il volo all'ultimo momento, di certo non sono mai mancati e ci sono tuttora. Basta che lo straniero da riaccompagnare dia in escandescenze rifiutandosi di uscire dalla sua stanza al Cie (Centro d'identificazione ed espulsione) e la scorta viene subito sospesa. Poi c'è naturalmente chi, pur di non andarsene, è disposto a compiere gesti di autolesionismo, ingerendo qualunque porcheria prima della partenza o assumendo comportamenti estremi con urla, schiamazzi, minacce, sputi o addirittura lanci di feci verso il personale addetto alle scorte. Proprio sulle scorte si apre un capitolo a parte, costellato da episodi che oscillano tra il grottesco e l'inaccettabile. E non si tratta solo del fatto che i poliziotti che svolgono questi servizi non vengano selezionati con criteri adeguati, che permettano un'equa distribuzione dei carichi di lavoro. O che anche il personale sanitario impiegato in questi voli (dovrebbe essere un medico, ma spesso viene mandato solo un infermiere senza contare che a volte non si trova nessuno e allora il volo viene annullato, ndr) sia quasi sempre lo stesso e spesso non sappia ancora in cosa si concretizzi veramente il proprio ruolo. In Marocco un gruppo di poliziotti di scorta che si erano portati dall'Italia il sacchetto viveri distribuito dalla polizia, sono stati infatti costretti a sostare a lungo all'interno degli uffici delle forze dell'ordine locali perché rischiavano una multa a causa di una mela: secondo le severe leggi di quel Paese, infatti, il frutto era stato introdotto nello stato senza essere stato prima dichiarato nella scheda distribuita a bordo prima dell'atterraggio.
In Venezuela, sempre un gruppo di poliziotti di scorta, trattenuti da impegni burocratici, avevano perso il volo-coincidenza per far ritorno in Italia. Così sono stati costretti a consegnare i passaporti alla polizia di frontiera di quel paese ai colleghi locali prima di recarsi in albergo per passare la notte. Come se, anziché pubblici ufficiali nell'esercizio di delicate funzioni, fosse dei balordi. O semplici turisti, magari svampiti o indisciplinati.
Altri sedici agenti, durante un servizio di scorta a cinque nigeriane da Milano Linate a Roma, hanno dovuto aspettare tre ore in aeroporto perché Alitalia li aveva messi in overbooking. Nonostante quella scorta fosse costata 17mila euro solo di biglietti.
 
La storia si ripete. quando l'imperò romano si afflosciò l'Italia divenne preda di tutte le razze barbare. così siamo destinati noi,si perderà il controllo del territorio, e finiremo in mano allo straniero. Comunque non sarà una grossa perdita?????????????
 
Già e non saremo più Italiani.....ma che importa tanto noi non ci saremo.....non siamo eterni......8 milioni di giovani e non...giovani... sono senza lavoro.....non credo che abbiano vita facile....verremo rimpiazzati perchè chi ci governa ha la pancia piena ed è senza Anima.Se puoi non andare a votare.....è solo un consiglio.
 

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