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OPERAI SI MA NON STUPIDI

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Ecco come il Pd umbro ha perso il voto degli operai

Scandalo sanitopoli, alleanza col M5S e classe operaia trascurata in favore della grande imprenditoria (Brunello Cucinelli). Questi i tre grandi errori che hanno portato alla sconfitta del Pd

Francesco Curridori - Lun, 28/10/2019 - 15:05

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E, ormai, anche l'Umbria non è più una roccaforte del Pd. Il centrodestra, dopo aver conquistato Perugia nel 2014 e Terni nel 2018, si prende anche la Regione, favorito sicuramente dall'inchiesta sulla sanità che ha travolto giunta di Catiuscia Marini, ma non solo.

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La sconfitta del centrosinistra umbro, secondo Federico Geremicca de La Stampa, dipende fondamentalmente da tre fattori. Il primo, come già sottolineato, è lo scandalo sanitopoli, a cui è seguito un braccio di ferro molto laborioso tra i vertici del Pd e la governatrice Marini che, dopo aver annunciato di volersi dimettere, aveva cambiato idea per alcuni giorni. Alla fine le dimissioni sono arrivate, ma il secondo grave errore è stato senza dubbio allearsi con il Movimento Cinque Stelle. Se la giunta Marini è caduta è principalmente per opera dei grillini che hanno presentato svariate denunce in procura contro il governo regionale. In pratica le "vittime" si sono alleate con i loro "carnefici"."Mettiamola giù semplice, e senza offesa per nessuno: le «guardie» si alleano coi «ladri», ma che roba è?", si domanda Geremicca.
Il terzo ed ultimo grabe errore è aver gestito malissimo la campagna elettorale, conclusasi con la cosiddetta "foto di Narni". Proprio negli ultimi giorni utili è sceso in campo anche il premier Giuseppe Conte che anziché andare a parlare con gli operai della Thyssenkrupp, l'acciaieria di Terni, ha preferito fare due tiri al pallone insieme a Brunello Cucinelli, imprenditore del cashmere. In definitiva "anche in questa regione il Pd ha visto allentarsi - fino a diventare quasi inesistente - il suo rapporto con i ceti tradizionali di riferimento", evidenzia Geremicca. Ma, oltre all'acciaieria di Terni, la sinistra ha puntato il dito contro le piccole e medie imprese, contro le partite Iva che, con la manovra appena presentata, ha trattato "alla stregua di sicuri e irrecuperabili evasori fiscali".
 
Pd e 5S si scaricano le colpe E il governo rischia l'implosione

La foto di Narni è già sfocata: dopo la sconfitta umbra è corsa ad accusare gli alleati. E i grillini ortodossi festeggiano

Chiara Sarra - Lun, 28/10/2019 - 10:16


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Una batosta ben peggiore del previsto. Un'alleanza nata per salvare la faccia in una Regione segnata dagli scandali che hanno coinvolto il Pd e dove il Movimento 5 Stelle in un anno aveva già dimezzato il consenso.
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Ma ora l'Umbria rischia di minare pesantemente il governo giallorosso.
Fin dal primo momento dem e grillini hanno fatto partire lo scaricabarile. Delusi soprattutto i 5 Stelle che, a nemmeno due ore dalla chiusura delle urne, già palravano di un esperimento che "non ha funzionato", chiudendo così a qualsiasi ipotesi di una coalizione anche a livello nazionale. Tace, per ora, Luigi Di Maio, mentre Nicola Zingaretti sottolinea come il Partito democratico debba ora "riflettere molto su questo voto e le scelte da fare" e accusa "il caos di polemiche che ha accompagnato la manovra economica del governo". A partire cioè dalle contestazioni rivolte dai grillini all'operato di Giuseppe Conte e Roberto Gualtieri. Ma anche da Matteo Renzi che non ha perso occasione per rinfocolare gli animi.
E oggi rincara la dose pure la senatrice Monica Cirinnà che, a Radio Cusano Campus, ammette le colpe del Partito democratico ("Pensavamo di poter contenere i danni, io non sono convinta che li abbiamo contenuti", dice), ma punta il dito contro il Movimento 5 Stelle: "Il M5S nasce come movimento di protesta e poi si rende conto che il governo è un'altra cosa, un gruppo di persone molto litigioso al suo interno e si trova a gestire una roba che loro non sono in grado di gestire". E se la prende pure con l'ex premier e attuale leader di Italia Viva la cui "linea centrista e neoliberista" ha danneggiato il partito. Parla di "sconfitta evidente" il capogruppo Pd in Senato, Andrea Marcucci, secondo cui non ci saranno ripercussioni sul governo, ma che mette comunque nel mirino i giallorossi: "Il matrimonio tra Pd e M5S in Umbria mette in evidenza tutti i limiti di alleanze costruite all'ultimo minuto e senza contenuti".
E se c'è chi - come l'europarlamentare 5S Dino Giarrusso - assicura che l'alleanza alle Regionali "non mi risulta" archiviata, c'è anche chi tra i pentastellati 'festeggia' un risultato che dà ragione a chi quell'alleanza non l'ha mai digerita. Come Gianluigi Paragone che, in un video su Facebook, imputa la "disfatta" alla mancanza di "coerenza e linearità" legata all'alleanza con il Pd e alla scelta di un candidato "vicino a Forza Italia". E getta un'ombra anche sul premier, al centro di un'inchiesta del Financial Times che lo vede legato a un fondo indagato dal Vaticano. "Sarebbe stato meglio andare da soli e schiacciare il Pd", dice ancora Paragone pur sottolineando di voler restare nel movimento, "Non accuso Di Maio, e forse l'errore è di Conte, e anzi la sconfitta è proprio di Conte (va dal re del cashmire, altro che avvocato del popolo), di Fico e anche di Grillo che continua a insistere con quell'alleanza. Non oso pensare cosa potrebbe accadere, in Emilia Romagna, Toscana, Calabria..."
 
Di Maio chiude a nuove alleanze col Pd: "Strada non praticabile"

Il capo politico del Movimento 5 Stelle detta la linea: "Azzerare le aspettative e ritrovare lo spirito originario. Andiamo meglio da soli"

Luca Sablone - Lun, 28/10/2019 - 14:25

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Enorme delusione registrata da Luigi Di Maio alla luce del catastrofico risultato del Movimento 5 Stelle alle elezioni Regionali in Umbria.
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In un'intervista rilasciata ai microfoni di SkyTg24, il capo politico pentastellato ha affermato che il patto civico con il Partito democratico "era un esperimento" che però "non ha funzionato": dunque a suo giudizio "questa strada non è più praticabile".
Il ministro degli Esteri si è soffermato sul tema delle alleanze, osservando come il M5S "che stia con alleato con la Lega o che stia alleato con il Pd non ne trae giovamento: il Pd ci fa male come la Lega a starci al governo insieme". Volgendo lo sguardo alle prossime votazioni locali bisognerà "azzerare le aspettative e ritrovare lo spirito originario". Il faro resta sempre la creazione della terza via: "Possiamo crearla restando fuori dai due poli. Il Movimento va meglio quando va da solo".
"Il governo va avanti"
Dopo essersi complimentato con Donatella Tesei per la vittoria ottenuta, l'ex vicepremier ha rassicurato che i risultati umbri "non fermeranno il governo" che attualmente sta lavorando "per portare avanti il programma". Il suo impegno è volto a "far durare il governo altri tre anni e poi per farlo valutare dagli italiani, il voto arriverà. Saranno gli italiani, a quel punto, a dire se avremo lavorato bene o male".
Di Maio ha poi ripercorso i primi passi condivisi con i dem: "Abbiamo mantenuto la promessa sul taglio dei parlamentari e la promessa di evitare l'aumento dell'Iva, approvato misure che nei prossimi mesi daranno frutti e miglioreranno la vita degli italiani". Adesso però è arrivato il momento di "innovare e migliorare il programma, perché ci possono essere delle migliorie".
Per quanto riguarda la manovra ha sottolineato che "deve definire dove vanno i soldi per le famiglie che fanno i figli, quale sia lo strumento per erogare le risorse". Ancora aperta la questione delle partite Iva, ma non solo: "Bisogna capire a chi va il taglio del cuneo fiscale e poi c'è tutta la questione legata ai meccanimi plastic tax". Il capo politico del Movimento 5 Stelle si è schierato a favore della sugar tax, ma ha specificato che "altri tipi di intervento sulle entrate vanno visti bene e avremo modo di discuterne".
 
Di Maio sotto assedio: i 5stelle lo scaricano e invocano Di Battista

La debacle elettorale in Umbria costa caro al Movimento 5 Stelle: la leadership di Luigi Di Maio è sempre più in bilico

Pina Francone - Lun, 28/10/2019 - 11:54



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Scricchiola e traballa la "panchina" di capo politico di Luigi Di Maio.
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La leadership di Giggino all'interno del Movimento 5 Stelle, non da oggi, è in discussione. Ma la disfatta elettorale in Umbria, dove i pentastellati si sono fermati al 7,4% è forse l'ultima goccia in un vaso già tracimante.
L'alleanza umbra con il Partito Democratico, oltre a essersi rivelata fallimentare, non è mai piaciuta né a gran parte della compagine, né a una larghissima fetta dell'elettorato M5s. E oggi presentano il conto.
Ecco perché oggi, all'indomani di una debacle clamorosa, Di Maio è sulla graticola. E nei mirino di tanti esponenti e parlamentari 5stelle. Come Paola Nugnes, Carla Ruocco, Barbara Lezzi, Mario Michele Giarrusso e Ignazio Corrao, giusto per citare i primi che si sono espressi in queste ore.
"Abbiamo bisogno di Alessandro Di Battista, di toglierci la giacca, uscire dal palazzo e lasciare le poltrone. Perché abbiamo perso la nostra identità", il parere dell’europarlamentare M5s, che critica aspramente anche la decisione di Di Maio di stringere il patto con i dem per le regionali umbre.
A Corrao, ha fatto eco la Ruocco: "Occorre rimettere in discussione la linea adottata e puntare sulle competenze, che nel M5s ci sono ma non sono utilizzate al meglio", il suo tweet. Dunque, molto duro Mario Michele Giarrusso: "Questo non è il Movimento 5 Stelle per cui abbiamo lavorato tanti anni e con tanta fatica…".
Infine, l'amaro giudizio di Barbara Lezzi: "Siamo sfuggiti alla responsabilità politica. Questo è un dato di fatto di cui tutti dovremmo farci carico. Il movimento merita e ha bisogno, ora più che mai, della voce di tutti coloro che ci hanno sempre creduto, che lo hanno costruito e che lo hanno raggiunto negli anni. Nessuno sia escluso…".
E quel nessuno sembra avere il nome e il cognome di Alessandro Di Battista.
 
L'AVVOCATO DEGLI ITALIANI E DELLE POLTRONE OCCUPATE ABUSIVAMENTE.

Il Financial Times: "Conte collegato a un fondo sotto indagine per corruzione"

Lo scoop del Financial Times sul premier

Angelo Scarano - Lun, 28/10/2019 - 00:28

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"Un fondo di investimento sostenuto dal Vaticano al centro di un'indagine sulla corruzione finanziaria era alla base di un gruppo di investitori che assunse Giuseppe Conte -ora primo ministro italiano- per lavorare su un accordo perseguito poche settimane prima che assumesse la carica".
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Lo scrive il Financial Times. Che poi aggiunge: "Il collegamento con Conte rivelato in documenti esaminati dal Financial Times probabilmente attirerà un ulteriore esame sull'attività finanziaria del Segretariato di Stato vaticano, la potente burocrazia centrale della Santa Sede, che è oggetto di un'indagine interna su transazioni finanziarie sospette". E ancora: "Conte era un accademico di Firenze poco conosciuto quando è stato assunto a maggio 2018 per fornire un parere legale a favore di Fiber 4.0, un gruppo di azionisti coinvolto in una lotta per il controllo di Retelit, una società italiana di telecomunicazioni lo scorso anno. L'investitore principale in Fiber 4.0 è stato il Athena Global Opportunities Fund, finanziato interamente per 200 milioni di dollari dal Segretariato Vaticano e gestito e di proprietà di Raffaele Mincione, un finanziere italiano".
Il giornale ricorda che "la fonte finale dei fondi di Mincione non è mai stata dichiarata nella battaglia degli azionisti per il controllo di Retelit ed era sconosciuta prima che la polizia vaticana questo mese facesse irruzione negli uffici del Segretariato per sequestrare documenti e computer a causa della preoccupazione per un affare di proprietà di lusso a Londra stretto con Athena". Oltre a ripercorrere le recenti vicende giudiziarie interne al Vaticano sulla vicenda, il quotidiano rileva che "Conte è balzato dall'essere un politico sconosciuto a guidare un governo populista italiano nel giugno 2018" e ripercorre le tappe della crisi d'agosto e del nuovo esecutivo da lui presieduto con Pd e M5S. Si ricorda, inoltre, che "ha già affrontato accuse di conflitto di interessi in relazione all'accordo Retelit, dopo aver emanato un decreto basato sul cosiddetto 'golden power' che favorito i suoi clienti di una settimana prima di diventare primo ministro. Ha negato ogni conflitto di interessi ma è verosimile che debba affrontare nuovi approfondimenti sui suoi legami con la transazione e il coinvolgimento del Vaticano"


MA LA FANNO TUTTI FUORI DAL VASINO ?
 
Regionali in Umbria, Matteo Salvini umilia Luigi Di Maio e compagni con una foto: "Bocciati dagli italiani"
28 Ottobre 2019
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Regionali in Umbria, Matteo Salvini umilia Luigi Di Maio e compagni con una foto: Bocciati dagli italiani





Matteo Salvini come ogni mattina dà il suo "buongiorno amici" sui social. Ma questa volta il leader della Lega lo fa con una foto che la dice lunga della sua soddisfazione per il risultato delle elezioni regionali in Umbria. Salvini infatti ha pubblicato una immagine con le facce disperate di Luigi Di Maio, Giuseppe Conte, Nicola Zingaretti e Matteo Renzi e la scritta "Bocciati dagli italiani". Del resto, è difficile dargli torto. Il centrodestra, con la candidata Donatella Tesei ha raggiunto il 57,5 per centro delle preferenze contro il 37,5 per cento di Vincenzo Bianconi sostenuto da Pd e Movimento 5 stelle. La Lega, in particolare, ha ottenuto il 36,9 per cento dei consensi, Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni il 10,4 per cento, cifre da record. Male i partiti del governo giallo-rosso. I Cinque stelle addirittura sono crollati al 7,4 per cento.

Leggi anche:
"Fin dove hanno il coraggio di arrivare?". Umbria, Mario Giordano smaschera il Pd: tutte le balle che hanno raccontato
 

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