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Caldaie a gas, divieto di vendita dal 2029: l’ipotesi Ue che può diventare legge

di Massimiliano Jattoni Dall’Asén01 feb 2023
Caldaie a gas, divieto di vendita dal 2029: l'ipotesi Ue che può diventare legge

L’aria nelle città del Nord Italia è veleno. I livelli di inquinamento atmosferico, infatti, sono ancora troppo alti in molte città e e lontani dai limiti normativi, più stringenti, previsti per il 2030. Secondo il nuovo report di Legambiente “Mal Aria di città. Cambio di passo cercasi”, redatto e pubblicato nell’ambito della Clean Cities Campaign, i livelli delle polveri sottili e del biossido di azoto sono allarmanti. Ben 29 delle 95 città monitorate hanno superato gli attuali limiti normativi per gli sforamenti di PM10 (35 giorni all’anno con una media giornaliera superiore ai 50 microgrammi/metro cubo) con le centraline di Torino (Grassi) che si piazza al primo posto con 98 giorni di sforamento, seguita da Milano (Senato) con 84, Asti (Baussano) 79, Modena (Giardini) 75, Padova (Arcella) e Venezia (Tagliamento) con 70. Queste città hanno di fatto doppiato il numero di sforamenti consentiti. Sempre per il PM10, l’analisi delle medie annuali ha mostrato come nessuna di esse abbia superato il limite previsto dalla normativa vigente, ma ciò non è sufficiente per garantire la salute dei cittadini, in considerazione delle raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità e dei limiti previsti dalla nuova Direttiva europea sulla qualità dell’aria, che entreranno in vigore dal 1° gennaio 2030.
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L’allarme di Legambiente

«L’inquinamento atmosferico non è solo un problema ambientale, ma anche un problema sanitario di grande importanza», spiega Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente, «in Europa, è la prima causa di morte prematura dovuta a fattori ambientali. È necessario agire con urgenza per salvaguardare la salute dei cittadini». E per combattere l’inquinamento in ambito urbano, Legambiente propone una serie di interventi: dal passaggio dalle Ztl (zone a traffico limitato) alle Zez (Zone a zero emissioni) al potenziamento del Trasporto Pubblico, dalla mobilità elettrica condivisa alla capillare diffusione di misure strutturali, come il Superbonus (opportunamente corretto dagli errori del passato), e gli incentivi alla sostituzione delle caldaie a gas.



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Il cambio di rotta sulle caldaie a gas

La stessa Ue ha stabilito l’anno scorso un cambio di rotta sulle fonti di energia da cui dipendiamo prevedendo la sostituzione delle caldaie a gas con le pompe a calore. A maggio dell’anno scorso era rimbalzata su ogni media la notizia dello stop alle caldaie a gas, la cui vendita dovrebbe essere vietata a partire dal 2029. L’obiettivo di fermare il cambiamento climatico – o almeno quello di ridurre i danni – resta un chiodo fisso per l’Unione europea e la pubblicazione delle linee guida sul risparmio energetico relative al pacchetto RePower Eu (valore del piano: 210 miliardi) spingono verso un’Europa più green e anche più indipendente dal gas russo. L’intento è di bandire nell’arco dei prossimi sei anni le caldaie a gas attraverso l’introduzione di «limiti di progettazione ecocompatibile più rigorosi per i sistemi di riscaldamento, che implicano il 2029 come data finale per l’immissione sul mercato di caldaie a combustibili fossili autonome».



Cosa vi sarà nella norma Ue

Il piano varato dalla Commissione prevede linee di indirizzo e non imposizioni immediate. Il divieto, dunque, perché diventi tale necessita di una norma, sulla quale Bruxelles sta ancora lavorando. Comunque andrà, non si tratterà di un cambiamento repentino, ma di un progressivo abbandono delle vecchie caldaie «a combustibili fossili autonome» entro il 2029, in mezzo il loro declassamento sulle etichette che riportano le performance energetiche da attuare tra il 2025 e il 2026. Ma il primo step dovrebbe esserci già nel 2025, con un’inversione di rotta sulle agevolazioni per l’aquisto di questa tecnologia. I nuovi incentivi dovranno essere rivolti a sostenere l’acquisto di pompe di calore e la sostituzione dei vecchi impianti delle caldaie a gas, unitamente «all’allacciamento a sistemi di teleriscaldamento efficienti nelle aree densamente popolate». Poi, come detto, toccherà al declassamento delle etichette sulla performance energetica, passo che punta ovviamente a disincentivarne l’acquisto e a procedere con una sostituzione dell’impianto. La presenza in un immobile di una caldaia declassificata abbassa la classe energetica e dunque svalorizza la struttura stessa.
 

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