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[h=1]In Francia è guerra tra musulmane e non a colpi di burkini e décolleté hot[/h] [h=2][/h]
Da una parte il diritto delle donne occidentali di mostrare le proprie forme senza essere importunate. Dall'altra le musulmane ribelli che sfidano la legge per farsi il bagno coperte con il burkini

Eugenia Fiore - Mer, 26/06/2019 - 14:45
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Liberté, egalité. E décolleté. In Francia è guerra tra chi sfida il divieto del burkini nelle piscine e chi, invece, rivendica la laicità dello Stato a colpi di foto hot.
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Tutto è iniziato qualche giorno fa a Grenoble. Qui un gruppo di donne musulmane ha lanciato una protesta nelle piscine a favore del burkini, il costume da bagno in linea con i dettami islamici che copre tutto il corpo lasciando scoperti solo mani, piedi e viso. Ma tante piscine in Francia lo proibiscono, considerandolo un simbolo religioso islamico e quindi contrario alla laicità dello Stato.

Alla protesta hanno aderito i membri della Alleanza cittadina di Grenoble, scesi in campo per difendere quello che viene considerato un diritto delle donne musulmane. Un'altra incursione è avvenuta poi in un'altra piscina della città francese, la Jean Bron. Per tutta l'operazione, tra l'altro, non è da escludere che le islamiche si beccheranno pure delle multe.

Le musulmane che hanno partecipato hanno poi spiegato alla stampa di aver agito in nome della libertà di tutte le donne. Ma non a tutte le donne francesi, appunto, l'iniziativa è piaciuta. E anzi, c'è proprio chi ha lanciato una sorta di contro-protesta. E sempre in nome della libertà. Il vero protagonista dell'hashtag #JeKiffeMonDécolleté è, appunto, il seno. A lanciare l'iniziativa è stata la giornalista francese Zohra Bitan, che ha invitato le donne a condividere le foto del loro décolleté su Twitter. L'obiettivo? Incoraggiare gli utenti di Internet a reclamare il loro diritto di vestirsi come desiderano, senza subire insulti o commenti sprezzanti.

Mentre continua la ribellione pro-burkini, sui social sono inziate a girare sempre più foto di décolleté di donne francesi. E qual è la differenza tra le due proteste? Be', il décolleté rispetta la legge. Il burkini, invece, no.


Frenchwoman hits back at man who told her she was showing too much cleavage ⁦@DailyMailUK#JeKiffeMonDecollete https://t.co/qv8ttU08Jc

— Zohra Bitan (@ZohraBitan) 26 giugno 2019
#JeKiffeMonDecollete petit rappel historique et artistique.... pic.twitter.com/DLd9M5efUc

— Korsikaë (@Mondolo81727858) 22 giugno 2019





 
Toggle navigation[h=1]I cristiani di Axum non vogliono le moschee: “Meglio morire”[/h] RELIGIONI /

Daniele Dell'Orco
26 GIUGNO 2019
Non è passato molto tempo da quando, per raggiungere Axum, si doveva percorrere una (e ovviamente unica) impervia strada non asfaltata che partiva sia da Adua che da Gondar. E pure allora era comunque una fortuna, visto che durante i più duri anni di guerra civile la città era rimasta del tutto isolata dal resto dell’Etiopia. Tanto bella quanto inaccessibile, Axum è famosa in tutto il mondo per il suo immenso patrimonio architettonico, che va dalle testimonianze archeologiche di epoche molto antiche, alle centinaia di stele risalenti a vari periodi tra il III e il IX sec. d.C, a siti archeologici di importanza planetaria come la reggia della regina di Saba. La sua storia, intrecciata a quella del re Salomone, è alla base del culto che rende Axum una città sacra per i cristiani. Sia il Talmud ebraico, sia la Bibbia, sia Corano, e finanche il Kebra Nagast, il libro fondamentale per la storia dell’impero degli altopiani, raccontano della sua visita a Gerusalemme avvenuta tra il 1000 ed il 950 a.C., quando volle andare ad incontrare personalmente il re d’Israele per sottoporgli alcuni enigmi che le avrebbero dimostrato le capacità tanto decantate del sovrano. Fatalmente, finì con innamorarsene. Dall’unione tra Saba e re Salomone nacque Menelik, il cui nome significa “figlio dell’uomo saggio”. Secondo una delle ricostruzioni storiche, a lui, una volta divenuto adulto, venne affidata l’Arca dell’Alleanza, che conterrebbe le tavole con i dieci comandamenti tramandati a Mosè da Dio, e si dice sia tuttora sotto la vigile guardia dei monaci cristiani ortodossi della città. Di uno dei monaci, per l’esattezza.

Nella chiesa di Nostra Signora Maria di Sion (meta di pellegrinaggi da tutto il mondo), infatti, possono accedere solo loro, e solo uno tra loro è il guardiano dell’Arca che viene descritta come una cassa in legno d’acacia rivestita d’oro, con due statue di cherubini poste sul coperchio da cui scaturivano aloni di luce e lampi divini che colpivano chiunque vi si avvicinasse. Il guardiano viene nominato di volta in volta dal suo predecessore, e non può mai allontanarsi dall’Arca nel rispetto dei detti biblici del Kohanim.

Che si sia credenti o meno, tutto questo contribuisce a rendere Axum uno dei luoghi più sacri del Cristianesimo. Per questo la richiesta avanzata da alcuni gruppi di musulmani, che si stanno radunando sotto la bandiera Justice for Aksum Muslims per chiedere il diritto di costruire una moschea in città, ha scatenato la reazione rabbiosa dei chierici cristiani.

Uno di loro, Godefa Merha Merha, ha definito Axum “la nostra Mecca”, asserendo che così come le chiese sono vietate nel luogo più sacro dell’Islam, le moschee non potrebbero mai esistere nella città-monastero del Tigrè. “Se qualcuno dovesse venire a costruire una moschea, moriremo. Non è mai stato permesso, e noi non permetteremo che accada nella nostra epoca”, ha aggiunto.

Uno scontro religioso per certi versi paradossale, visto che fu proprio un imperatore etiope, il cristiano Aṣḥama ibn Abjar, ad offrire riparo agli islamici in fuga dalle persecuzioni per mano dei governanti della Mecca, allora non musulmani, che vennero inviati in Etiopia da Maometto in persona.

Oggi, i musulmani costituiscono circa il 10% della popolazione di Axum (73mila abitanti, di cui l’85% sono cristiani ortodossi e il restante 5% appartiene ad altre confessioni cristiane), e molti di loro pregano in 13 moschee temporanee organizzate in abitazioni private (o prese in affitto dai proprietari, anche cristiani), altri invece, non avendo la possibilità di farlo, pregano per strada, all’aperto. Il culto islamico, in definitiva, non è vietato, ma le difficoltà pratiche e logistiche stanno creando tensioni tra le due comunità. I cristiani ortodossi, per dirne un’altra, sostengono che solo gli inni e le benedizioni cristiane dovrebbero essere ascoltati all’interno della città per preservarne la santità, e per questo non si mostrano granché tolleranti di fronte ai richiami dei muezzin.

Le comunità locali sperano che possa essere il primo ministro Abiy Ahmed, di padre musulmano e madre è cristiana, a risolvere in un modo o nell’altro la contesa. Da parte loro però, i musulmani sembrano determinati a portare avanti in proprio la loro battaglia. Anzi, si sono riuniti in un organismo particolare, il Consiglio regionale dei musulmani, che si sta organizzando per discutere direttamente con i cristiani nel tentativo di convincerli a permettere l’apertura di una moschea ad Axum. In nome di una coesistenza civile e pacifica che forse potrebbero provare a spiegare anche a milioni di propri fratelli sparsi in giro per il mondo.
 

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