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Elezioni, i vescovi emiliani prendono posizione contro i sovranismi
I vescovi dell'Emilia Romagna, a poco più di dieci giorni dalle elezioni regionali, tuonano contro i sovranisti ed i populisti

Giuseppe Aloisi - Lun, 13/01/2020 - 18:25





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I vescovi dell'Emilia Romagna scendono in campo con un documento a poche giorni dalle elezione valide per il rinnovo del consiglio regionale.
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I presuli emiliani dicono di non poter "tollerare" l'avanzata di "sovranismi e populismi". Un passaggio abbastanza chiaro, che ha il sapore di un'indicazione elettorale palese. La Conferenza episcopale della Regione interessata dall'appuntamento elettorale, che vede contrapposti soprattutto Lucia Borgonzoni, candidata del centrodestra, e l'uscente Stefano Bonaccini, che è invece sostenuto dal Pd e dal centrosinistra, ha voluto condire il documento con una serie di ulteriori argomentazioni tematiche, ma il messaggio principale sembra essere chiaro.
La "democrazia" - fanno presente i consacrati, come riportato dalla Sir, non può essere "umiliata" e "disattesa". Tra i vari punti sollevati dai vescovi, che hanno da poco festeggiato la nomina cardinalizia di mons. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna che ha preso possesso in questi giorni della sua sede romana, c'è anche la tutela dell'europeismo: l'Europa, all'interno della dissertazione vescovile, viene definita "casa nostra". Nessuna critica all'Unione europea, quindi. Ma c'è anche dell'altro. Lo stile politico, il linguaggio, da utilizzare in queste ultime fasi della campagna elettorale, dovrebbe possedere delle caratteristiche ben precise: "Libero da offese e falsità, concreto nelle proposte, rispettoso delle persone e delle diverse idee politiche". Caratteristiche che i cosiddetti "populisti" non sarebbero soliti rispettare o quasi. C'è spazio anche per la tematica ecologica, su cui la Chiesa cattolica, mediante la pastorale di Papa Francesco e tanti appelli di contorno, sta incidendo con costanza. Pure le tematiche bioetiche sono state chiamate in causa. Dai problemi legati all'inquinamento alla tutela della vita sin dal suo concempimento: le speranze che i vescovi ripongono nei candidati, prescindendo dal partito di riferimento, sono molte e variegate. "Sono necessarie anche una legislazione e una regolamentazione che non penalizzino alcune categorie di persone nell’accesso alla casa, alla scuola, al lavoro, alla salute", hanno continuato i vescovi. La considerazione principale, però, come notato anche da Repubblica, rimane quella relativa alla necessità di sbarrare la strada al sovranismo-populista.
Il virgolettato mediante cui i vescovi dell'Emilia Romagna tuonano è il seguente: "In una società bensì giusta, ma non fraterna, la democrazia prima o poi cede il passo alle tante forme, oggi ritornate di moda, di sovranismi e populismi. Non possiamo tollerare che ciò abbia a realizzarsi nella nostra Emilia-Romagna". Una nota che è non è difficile da interpretare, perché si inserisce all'interno della linea adottata dalla Chiesa cattolica da quando il "sovranismo-populista" è comparso sulla scena politica. Gli ecclesiastici hanno detto la loro. Ma lo hanno fatto davvero molto a ridosso del voto, che si svolgerà il prossimo 26 gennaio. La tempistica e il contenuto del documento potrebbero essere aspramente criticati nel corso delle prossime ore.

Povere anime mi fanno pena giudicano da un pulpito del paradiso e criticano chi sta all'inferno.Loro non hanno figli non hanno mogli,non hanno problemi economici,non hanno tasse da pagare gli arriva tutto gratis dal governo con l'8x1000 dai poveri devoti con le elemosine,fanno sesso con le mogli altrui,violentano,hanno attici da 200 mq,fanno orge e droga e poi fanno, pure politica ed hanno ammazzato 9 milioni di esseri umani con la Santa Inquisizione.ancor più del Nazismo.mi fanno solo vomitare.


Vaticano, fermato un monsignore: festini gay e droga al Palazzo dell’ex Sant’Uffizio
Vaticano, fermato un monsignore: festini gay e droga al Palazzo dell’ex Sant’Uffizio

Il segretario di un importante cardinale colto in flagrante dalla Gendarmeria della Santa sede e spedito a disintossicarsi nel riserbo più assoluto. La lussuosa auto con targa d'Oltretevere lo avrebbe protetto dai controlli della polizia italiana. Il religioso era in predicato di diventare vescovo, ma la nomina è stata fermata. Papa Francesco furioso
di Francesco Antonio Grana | 28 GIUGNO 2017
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Un festino gay a base di droga. È quello che hanno scoperto gli uomini della Gendarmeria vaticana in un blitz all’interno di un appartamento nel Palazzo dell’ex Sant’Uffizio. Proprio lì dove per un quarto di secolo l’allora cardinale Joseph Ratzinger ha svolto il suo incarico di prefetto della Congregazione per la dottrina della fede prima di essere eletto Papa. L’inquilino dell’appartamento, stando a quanto raccontano in Vaticano, è un monsignore che svolge le mansioni di segretario di un importante porporato a capo di un dicastero della Curia romana. L’uomo, subito fermato dalla Gendarmeria, è stato prima ricoverato per un breve periodo nella clinica romana Pio XI per disintossicarsi dalle sostanze stupefacenti, e attualmente si trova in ritiro spirituale in un convento in Italia.
In Vaticano bocche cucite o quasi sull’operazione delicatissima svolta dagli uomini comandati da Domenico Giani. Qualcuno si lascia scappare di essersi lamentato più volte per un continuo via vai dal portone di ingresso, la sera, di persone che erano abituali frequentatori del monsignore fermato. All’interno dei sacri palazzi spiegano che l’appartamento dove si consumavano i festini a luci rosse a base di droga non doveva essere assegnato al segretario di un capo dicastero. Si tratta, infatti, di un’abitazione riservata ai superiori: prefetti, presidenti o segretari della Curia romana e non semplici monsignori. Così come aveva destato diversi malumori che il presule in questione avesse una macchina lussuosa con la targa della Santa Sede. Anche questo è un privilegio riservato ad alti prelati. Evidentemente, come emerso anche da alcune ricostruzioni fatte in Vaticano, era proprio questo veicolo che consentiva al suo proprietario di trasportare la droga senza essere mai fermato dalla polizia italiana.



Si racconta di un Papa a dir poco infuriato quando, dopo che era arrivata la soffiata ed era stata decisa l’operazione della Gendarmeria, ha saputo che il monsignore era stato beccato sul fatto. Tra i condomini del Palazzo dell’ex Sant’Uffizio l’imbarazzo è diffuso, ma anche la rassicurazione che, almeno per il momento, tornerà a regnare un po’ di tranquillità nell’edificio. Il suo ingresso principale, infatti, dà direttamente su piazza del Sant’Uffizio che è già territorio italiano ed è fuori da ogni controllo delle Guardie Svizzere e della Gendarmeria. Chiunque, di giorno e di notte, può entrare liberamente in Vaticano da questo accesso senza subire alcun controllo e senza ovviamente essere schedato. Una location perfetta per godere dei privilegi dell’extraterritorialità senza però dover sottostare né ai controlli dello Stato italiano, né a quelli della Città del Vaticano.
Risolta, per usare un eufemismo, la vicenda a dir poco incresciosa del monsignore, resta da chiarire la posizione del cardinale di cui era segretario. “Possibile che non si sia mai accorto di nulla? Eppure diceva che lavoravano insieme fino a tardi”, si lascia scappare ancora un alto prelato. Si vocifera che, considerando anche l’età del porporato che ha ampiamente superato i 75 anni, ovvero l’età canonica delle dimissioni, Francesco abbia deciso di accelerarne il pensionamento anche a causa degli ultimi avvenimenti. “Aveva proposto il suo segretario per l’episcopato. Fortuna che non lo hanno nominato vescovo. Ora che cosa sarebbe successo?”, è la considerazione di un presule condivisa anche da altri confratelli. Ma qualcuno ha fermato questa nomina prima che fosse troppo tardi.
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Quante furono le vittime della caccia alle streghe?
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©Salvator Rosa, Streghe e incantesimi, 1646
Un milione, cinque milioni, nove milioni: sul numero di condanne a morte della caccia alle streghe si possono leggere le stime più disparate, e non soltanto in testi non precisamente noti per la loro accuratezza storica come il Codice da Vinci, ma anche in altri considerati ben più attendibili come Il mondo infestato dai demoni dello scettico Carl Sagan.
Sono cifre paragonabili a quelle delle vittime dell'Olocausto, in un'Europa che però, alle soglie dell'età moderna, contava appena cinquanta milioni di abitanti. La realtà, come vedremo, è ben diversa, ma è interessante ricostruire come siano nate queste stime e perché continuino a circolare ancora oggi.
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©Frans Hals, La strega, 1630
La stima di nove milioni di vittime fu formulata per la prima volta dall'illuminista tedesco Gottfried Christian Voigt (1740-1791), che criticò e rivide al rialzo la stima di Voltaire di qualche centinaio di migliaia di vittime. Voigt calcolò, in modo peraltro impreciso, il numero di condanne pronunciate nell'abbazia tedesca di Quedlinburg per un periodo di 29 anni e lo estrapolò prima in senso cronologico a 650 anni di storia (stima ben superiore all'effettiva durata della caccia alle streghe) e poi in senso geografico all'intera Europa, arrivando a un totale di oltre nove milioni di vittime. Questa stima, sebbene infondata, rimase popolare fino al Novecento, soprattutto per ragioni ideologiche legate alla polemica contro la religione cristiana in ambiente illuminista, per diffondersi poi in funzione anticattolica nei paesi protestanti e infine trovare un'ultima fortuna nei movimenti femministi. Tra i suoi sostenitori ci furono il teologo protestante austriaco Gustav Roskoff, la femminista statunitense Matilda Joslyn Gage, l'antropologa britannica Margaret Murray e il fondatore della Wicca Gerald Gardner.
Inoltre, bisogna considerare che fino all'inizio del XX secolo gli studi sulla caccia alle streghe si affidavano molto ai resoconti dei cacciatori di streghe, i quali ovviamente erano interessati a ingigantire il pericolo che combattevano e si vantavano del loro ruolo nel distruggerlo. Fondare gli studi sulla caccia alle streghe su questi resoconti sarebbe un po' come basare la ricerca sul satanismo in Italia sugli articoli di Cronaca Vera.
Nel 1929 lo studioso inglese Cecil L'Estrange Ewen pubblicò il primo studio sistematico sui registri dei tribunali (Witch Hunting and Witch Trials), dimostrando che fino ad allora gli storici avevano usato solo il 3% dei dati disponibili e avevano fatto delle estrapolazioni grossolanamente sbagliate.
La Wicca

Mentre la grande maggioranza degli storici ritiene che la caccia alle streghe del passato perseguisse un'eresia di fatto inesistente, oggi una religione delle streghe esiste davvero: è la Wicca, un movimento basato su credenze e riti considerati di antica origine pagana. La Wicca è stata resa popolare nel 1954 dall'inglese Gerald Gardner, come l'erede moderna dell'antica religione delle streghe che, nata dal paganesimo, si sarebbe tramandata in segreto per secoli. In realtà fu lo stesso Gardner (insieme con altri autori) a scrivere gran parte dei rituali che dichiarava di avere riscoperto e oggi gli storici concordano che la Wicca sia nata effettivamente non prima degli anni Venti del secolo scorso. Tuttavia alcuni storici, come l'inglese Ronald Hutton, hanno sottolineato la sua importanza come un autentico nuovo movimento religioso, che ha conquistato un significativo numero di seguaci nel mondo. È difficile quantificare esattamente il numero di aderenti, ma nel censimento inglese del 2011 circa 12.000 persone si sono identificate come wiccan.
Forse sarebbe più corretto definire la Wicca come una forma di spiritualità incentrata sulla natura che non come una religione: gli aderenti alla Wicca, infatti, non hanno né una dottrina scritta, né chiese o templi, ma praticano i loro rituali all'aperto, in luoghi che riconoscono come sacri. I loro rituali sono di solito legati a fenomeni naturali, come le stagioni, gli equinozi e i solstizi. Possono riunirsi in congreghe, oppure operare come “eclettici”, dedicandosi cioè alla ricerca del sacro in modo solitario. La loro morale si può riassumere nella frase: «Fai ciò che vuoi, purché tu non faccia del male a nessuno». Nonostante la Wicca sia stata spesso associata al satanismo, non ha niente in comune con esso: i suoi rituali non hanno nulla a che fare con l'adorazione del diavolo. Tuttavia i wiccan vedono talvolta la caccia alle streghe come una persecuzione nei confronti dei loro predecessori ideali, che venivano ingiustamente accusati di satanismo.
Negli anni Settanta altri due studiosi, Norman Cohn e Richard Kieckhefer, dimostrarono indipendentemente che un'altra fonte usata fino a quel momento dagli storici era del tutto fuorviante. Si trattava del lavoro di un romanziere francese dell'Ottocento, Étienne Léon de Lamothe-Langon, che riportava una media di centinaia di vittime per ogni processo nelle zone di Tolosa e Carcassonne (fino a 400 condanne per un singolo processo). Cohn e Kieckhefer dimostrarono che questi numeri non avevano alcun fondamento documentale e con ogni probabilità erano stati inventati.
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©Osculum infame: una strega rende osceno omaggio al Diavolo, illustrazione del Compendium maleficarum di Francesco Mario Guazzo, 1608
Da allora i registri dei tribunali sono stati analizzati in modo sistematico, arrivando attualmente a un numero di esecuzioni capitali documentate pari a circa 12.000. Naturalmente di molte esecuzioni non sono rimaste tracce e quindi l'incertezza principale sta nel come stimare il numero di esecuzioni non documentate. Sono stati proposti diversi metodi. A seconda delle metodologie impiegate, variano le stime sul numero totale di vittime: le più accreditate sono comprese tra quarantamila e sessantamila, cosa che corrisponde a oltre centomila processi tenendo conto che in media circa un processato su due veniva condannato a morte.
Il ridimensionamento delle stime sul numero di vittime non deve però far sottovalutare la portata del fenomeno. In primo luogo, se si considera tutto il personale coinvolto nel sistema giudiziario, come ufficiali di corte, testimoni, amici e familiari degli accusati, la caccia alle streghe influenzò comunque la vita di milioni di persone. Ma soprattutto, per imparare dal passato è necessario ricostruire correttamente i fatti. Se non sappiamo che cos'è accaduto la prima volta, come possiamo evitare che accada di nuovo?
Tratto da: Query N. 16






Peter Gomez



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