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Biancalani minaccia: "Niente dialogo con la Lega e Bella Ciao a messa"

Il parroco-attivista della diocesi di Pistoia ha scritto: "Anche Vicofaro non si lega" e poi: "Al termine della Messa canteremo Bella Ciao"

Matteo Orlando - Ven, 22/11/2019 - 11:55





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Massimo Biancalani, il sacerdote immigrazionista molto attento alla provocazione mediatica, torna a far parlare di sé.

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Con un post sulla sua pagina Facebook, pubblicato il 19 novembre alle ore 21:48, il parroco-attivista di Vicofaro, paese che appartiene alla Diocesi di Pistoia, ha scritto: "Anche Vicofaro non si lega. Nessun dialogo con chi fomenta odio. Al termine della Messa la Domenica canteremo 'Bella Ciao'".
Il sacerdote non ha specificato ma il riferimento sembra essere legato all'apertura di credito che ha ricevuto nei giorni scorsi la Lega di Matteo Salvini da un importante figura della Chiesa Cattolica italiana, il cardinale Camillo Ruini, già Presidente dei Vescovi italiani.
Non è la prima volta che don Biancalani attacca la Lega. Dopo essere diventato noto a livello nazionale per aver postato sui social sue foto, in piscina, in compagnia di alcuni migranti, partecipando ad una trasmissione televisiva aveva accusato Salvini di "troppa faziosità, eccessiva durezza e cattiveria", spiegando che "non siamo di fronte a un’invasione". Inoltre il prete toscano aveva attaccato il leader della Lega sostenendo: "Salvini tenta spesso di usare la religione, è una strumentalizzazione bella e buona".
Adesso la sua ultima provocazione ha attirato una risposta, seppur blanda, della Diocesi di appartenenza. Come scrive il quotidiano toscano La Nazione, dalla Diocesi di Pistoia hanno fatto sapere che quanto dichiarato da Biancalani sui social spinge "a dire con molta chiarezza che in chiesa nelle celebrazioni liturgiche non si possono eseguire canti inadeguati alla liturgia, come del resto il buon senso dovrebbe già far capire". Dalla Curia hanno spiegato che "alla manifestazione pubblica di una posizione non corretta in campo ecclesiale purtroppo non si può che rispondere con un'altra pubblica e netta presa di posizione di biasimo nei confronti di un comportamento provocatorio assolutamente inopportuno e oltretutto controproducente, che arriva dopo ripetuti richiami a una maggiore attenzione all'uso dei social". In conclusione dalla Diocesi di Pistoia hanno spiegato che la "forza del Vangelo e della preghiera domenicale parlano a tutti e tutti interpellano: non hanno bisogno di appendici fuori luogo o di strumentalizzazioni e forzature, di qualunque segno politico. Le manifestazioni o le prese di posizione personali richiedono altri contesti e altri luoghi".
Ancor di più, si potrebbe aggiungere, le prese di posizione dovrebbero veramente essere misurate da parte di un sacerdote che, in virtù della sua consacrazione, non può partecipare alla vita politica se non esprimendo il suo voto nella cabina elettorale, ma non godendo, almeno secondo le attuali norme della Chiesa Cattolica, del diritto di intervenire in campo politico promuovendo una parte politica piuttosto che un'altra.


MA NON DOVREBBE CURARE LE ANIME?

OVVIAMENTE QUELLI DI DESTRA NON ANDRANNO A MESSA LI.
 
FACILE SPENDERE I SOLDI DEGLI ALTRI. E MALATO HA IL VIRUS COMUNISTA CURATELO MA PRESTO VERRA' DEBELLATO.





Sala ha speso ben 38mila euro per un murales immigrazionista

Il murales immigrazionista di via Sammartini è costato ai milanesi la bellezza di 38mila euro. Sardone: "Per loro l'immigrazione indiscriminata resta sempre una priorità"

Aurora Vigne - Ven, 22/11/2019 - 12:25





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Il Comune di Milano ha investito ben 38mila euro in un murales pro-immigrati. La cosa ancora più assurda è che i soldi sono stati prelevati da un fondo per i giovani.
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Insomma, una scelta a dir poco discutibile in nome "della solita retorica buonista e multiculturalista". A rendere noto il fatto è Silvia Sardone, consigliere comunale ed europarlamentare della Lega, in seguito a un'interrogazione all'amministrazione di Beppe Sala. "Il murales di via Sammartini, presentato a inizio giugno in pompa magna dall'amministrazione comunale con la solita retorica buonista e multiculturalista, è costato ai milanesi la bellezza di 38mila euro come ho potuto apprendere dalla risposta del Comune alla mia interrogazione".
Come si evince dai documenti, 16mila euro sono stati prelevati dai fondi della Direzione Area Giovani Università e Alta formazione, 8mila dai fondi della Direzione Politiche Sociali Area Emergenze sociali, diritti e inclusione. Gli altri 8mila sono stati prelevati dai fondi della Direzione Cultura Area Valorizzazione patrimonio artistico. Inoltre, sono stati spesi altri 6mila euro per l'ospitalità dei quattro artisti che hanno pernottato a spese dell'amministrazione in un ostello della città.
Il conto salatissimo è stato così investito per il progetto Lasciare il segno 2, realizzato dal Comune di Milano insieme all'Associazione Bjcem - Biennale des jeunes Createurs de l'Europe et de la Mediterranee, di cui il Comune è tra i soci fondatori. Per Sardone "è assurdo che la sinistra faccia propaganda immigrazionista a due passi dalle distese di clandestini che popolano la zona della stazione Centrale: nel sottopasso Mortirolo ci sono decine di profughi senza documenti, in piazza Duca d'Aosta spadroneggiano i pusher extracomunitari e l'amministrazione si permette di gettare al vento 38mila euro solo per lavarsi la coscienza di un'accoglienza sfrenata che non sa gestire".
In questo progetto sono stati coinvolti anche 29 ragazzi dei licei che hanno incontrato mediatori culturali e hanno visitato un centro d'accoglienza. "Ma è possibile che la sinistra sia sempre in prima linea per fare politica a senso unico persino nelle scuole? Per loro l'immigrazione indiscriminata resta sempre una priorità, nonostante il parere opposto dei cittadini che a ogni tornata elettorale bocciano le politiche di Pd e compagni. Politiche che a Milano continuano a rivelarsi dannose senza che il sindaco Sala e i suoi assessori se ne accorgano minimamente".
 
Francoforte, ora i musulmani vogliono una piscina riservata

Una piscina per soli musulmani: questo è il progetto di un giovane di Francoforte. Ma la questione ruota pure attorno alle vasche separate: uomini e donne, per l'islam ortodosso, non possono nuotare insieme(Le donne sono degli esseri inferiori ,giusto!)

Giuseppe Aloisi - Ven, 22/11/2019 - 11:37





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Una piscina per soli musulmani ortodossi, dove nuotare possa significare in qualche modo circoscrivere e custodire la propria identità islamica: Francoforte, con buone probabilità, sarà il teatro di questa iniziativa.

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In Germania, con un po' di ritardo rispetto alle altre nazioni europee, è comparsa la dialettica sulla bontà dell'immigrazione. Anche la politica, specie dopo gli ultimi risultati elettorali, ha iniziato a segnalare l'esistenza di qualche difficoltà legata allo sviluppo di una società aperta. Il boom dell'Afd, poi, è significativo: il sovranismo-populista, che intende mettere in discussione il multiculturalismo e i suoi effetti, sta attecchendo pure nella civilissima nazione teutonica. Non era detto che accadesse. Sono i contorni di una situazione sociale, che va tenuta sott'occhio. Se non altro perché dal destino della Germania dipendono, almeno in parte, pure le sorti europee. E il caso di Francoforte è emblematico.
Abdullah Zerar, che è l'ideatore del progetto sulla piscina, sembra pensare che distinguersi non solo non sia un male, ma anzi contribuisca in qualche modo a difendere la comunità musulmana da usi e costumi non condivisi. Quelli che poi appartengono alla civiltà occidentale. Stando a quanto riportato su Italia Oggi, infatti, la questione ruota attorno ad una necessità specifica: i musulmani ortodossi, di base, non prevedono che uomini e donne possano nuotare insieme. Nelle piscine comuni, quelle frequentate da tutti, questo succede. Ed è anche per questa ragione che ad Abdullah Zerar è venuta questa idea: una piscina limitata alle sole persone di fede islamica consentirebbe di ovviare al problema.
Ma può esistere un luogo sportivo confessionale in uno Stato laico? Può essere avallato da parte statale un divieto d'ingresso previsto per chi non è musulmano? Domande cui magari dovrà rispondere l'amministrazione di Francoforte. Le stesse cui sta cercando di rispondere la comunità dei residenti di Francoforte. Sempre che il progetto di Zerar vada in porto. Per ora si tratta di capire se il giovane, che di mestiere fa il portiere di un palazzo, riuscirà a coprire l'investimento, che è già stato calcolato: 3milioni di euro. Secondo quanto si legge sulla fonte sopracitata, sembra che di finanziatori entusiasti ce ne siano. Tra questi, per esempio, ci sono anche le "comunità turche".
Ma questa storia delle piscine con vasche separate, a dire il vero, circola da un po'. A Friburgo ne esiste già una. Alcune realtà islamiche non sembrano troppo disposte a frequentare quelle in cui le regole sono basate sul mos maiorum europeo. Nel caso in cui Francoforte dovesse assecondare la richiesta, potrebbe innescarsi un effetto domino: "piscine di Allah" in ogni città tedesca. Con tutte le domande aperte, in termini identitari e culturali, che un fenomeno del genere porta con sè.
 
Macron promette la linea dura sull’immigrazione
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POLITICA/
Mauro Indelicato
22 NOVEMBRE 2019




“Il mio obiettivo è quello di far uscire tutte le persone che non hanno niente da fare qui”: questa frase è stata pronunciata da un’importante personalità politica francese al settimanale Valeurs Actuelles, foglio noto per le sue posizioni di destra. Sembrerebbe dunque un’intervista fatta ad un dirigente di Rassemblement National o alla stessa Marine Le Pen. E invece quella frase è nientemeno che del presidente francese Emmanuel Macron. Proprio colui che per mesi ha bacchettato l’Italia a guida gialloverde per le posizioni sull’immigrazione, adesso ha iniziato a vestire i panni di chi vuol usare il pugno di ferro contro gli immigrati irregolari.
Il nuovo piano di Macron
Nell’intervista citata il presidente francese ha voluto illustrare quanto previsto dalla nuova legge relativa alla gestione dei flussi migratori. Si torna a parlare, come negli anni di Valéry Giscard d’Estaing, di quote. Ossia, si fanno entrare solo quei gruppi di migranti che realmente servono per mandare avanti l’economia francese. Un metodo, hanno spiegato negli ultimi giorni diversi quotidiani transalpini, già usato in passato con gli italiani oppure con i migranti provenienti dall’est Europa. Quando diventava evidente la mancanza di manodopera o di francesi che volevano o potevano fare i lavori più usuranti, allora tra gli anni Settanta e la parte finale degli anni Ottanta si accettavano quote di italiani che arrivavano dal Belgio o direttamente dal nostro Paese, oppure di polacchi e bulgari che riuscivano ad attraversare la cortina di ferro.

Il primo ministro Édouard Philippe è apparso più moderato nei giorni scorsi nel descrivere la riforma. Per il capo del governo francese, la legge servirà “solo” a disciplinare meglio l’immigrazione ed a gestire soprattutto quella dei cosiddetti migranti economici. Ossia, chi verrà da Paesi in guerra o dimostra di avere esigenze umanitarie particolari, verrà fatto entrare. Tutti gli altri invece verranno fatti entrare a seconda delle necessità. Interverranno cioè i meccanismi delle quote: sentite le parti sociali e gli enti locali, in base alle esigenze di un determinato territorio il governo, di anno in anno, stabilirà quanti migranti potranno entrare in territorio francese.
Macron, che ha tutto l’interesse a non mostrarsi troppo debole sul fronte migratorio, specie adesso che gilet gialli e scioperi hanno ripreso ad imperversare, sta presentando il giro per il Paese questa riforma come vittoria dello Stato di diritto, del rispetto delle regole e del principio secondo cui può arrivare in Francia solo chi può rendersi utile. Discorsi che, a ben vedere quanto dichiarato durante la campagna elettorale del 2017 che lo vedeva contrapposto a Marine Le Pen, oggi appaiono all’opposto del suo pensiero originario.
Linea dura (e non è la prima volta)
Sull’immigrazione pare che Macron abbia iniziato a sparigliare le carte. Lo scorso mese, alla vigilia della sua visita presidenziale presso il dipartimento d’oltremare di Mayotte, l’inquilino dell’Eliseo aveva promesso un grande giro di vite contro i migranti irregolari. Nell’arcipelago dell’oceano indiano, che ogni anno deve fronteggiare l’arrivo di migranti dalle vicine Comore e da altri paesi africani, il tema dell’immigrazione è molto sentito. Prima di mettere piede nel dipartimento d’oltremare, Macron ha promesso un piano per espellere almeno 25mila migranti irregolari.
Un’affermazione che, se pronunciata nella Francia continentale, avrebbe fatto urlare allo scandalo. Oggi la strategia della linea dura, abbinata a quella delle quote inserite nella legge sull’immigrazione, sembra essere definitivamente entrata nel gergo politico del presidente francese.
 

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