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[h=1]Milano, in permesso premio
violenta una 16enne
[/h] [h=2]Arrestato un detenuto che aveva quasi finito di scontare tutta la sua pena per rapina[/h] [h=3]di Luigi Ferrarella[/h]


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Statisticamente farà parte dello «zero virgola» per cento di reati commessi da detenuti in permesso premio, prezioso strumento-ponte tra la detenzione e il ritorno in libertà a fine pena: ma intanto quello «zero virgola» sconvolge tragicamente il mondo di una ragazzina di 16 anni dell’hinterland milanese aggredita sul pianerottolo di casa, costretta a entrarvi, e lì violentata per mezzora da un detenuto in giorno di permesso premio dal carcere di Bollate. L’uomo (di cui qui non si indicherà il nome perché, avendo un comune conoscente con il fratello della vittima, in un paese piccolo rischierebbe di far indirettamente identificare la minorenne) è italiano, ha 35 anni, e tra pochi mesi, il 31 ottobre, avrebbe finito di scontare l’intero cumulo di pene (3 anni e 3 mesi) inflittogli in passato per due rapine. Proprio in vista della libertà, per evitare che di colpo passasse dalla cella al nulla e tentare invece di predisporre una qualche rete di assistenza, il Tribunale di sorveglianza di Milano in aprile l’aveva ammesso ai primi permessi premio affinché entrasse in contatto con il centro di assistenza psicosociale. Il 28 aprile era giorno del terzo permesso, con ritorno alle 22 in carcere.

Ma adesso le indagini del pm Gianluca Prisco, sfociate nell’arresto ordinato dalla gip Teresa De Pascale per violenza sessuale aggravata e rapina, «raccontano» cosa avrebbe però fatto l’uomo alle tre del pomeriggio di quella giornata. La 16enne, infatti, la mattina dopo ha denunciato che un uomo l’aveva sorpresa mentre stava aprendo la porta sul pianerottolo, le aveva tappato la bocca, e con la dichiarata minaccia di un coltello (non si sa se reale o meno) l’aveva costretta a entrare in casa, dove con modalità molto pesanti aveva abusato di lei per più di 20 minuti, frugando poi in casa e facendosi dare 100 euro. A riprova di problemi psicologici dell’uomo, lui stesso le avrebbe chiesto di non denunciarlo perché era un carcerato in permesso, e le aveva persino accennato di frequentare un bar dove conosceva un comune amico del fratello: elementi a partire dai quali non è stato difficile agli inquirenti risalire al detenuto, poi riconosciuto in foto «senza ombra di dubbio» dalla 16enne.




Nel primo interrogatorio l’arrestato, dopo aver declinato nome e cognome, si è chiuso in un mutismo tale da nemmeno finire di rispondere alle domande di rito sulle generalità, con ciò inducendo il gip a interrompere quasi subito l’interrogatorio e a trasmettere al pm gli atti per l’eventuale ulteriore reato di «rifiuto d’indicazioni sulla propria identità personale». L’accusa di violenza sessuale (da 5 a 10 anni di pena base) subirà due aggravanti, per aver commesso il fatto ai danni di una minore e mentre era in misura alternativa al carcere; la rapina (da 3 a 10 anni) sarà appesantita dalla recidiva reiterata.


11 maggio 2016 | 23:17
 

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