Novità

QUELLI CHE TI GIUDICANO A VOLTE ....

Alien.

Advanced Premium Member
Napoli, corruzione e falsi incidenti: 22 arresti, anche dei giudici

Red -

GIOVEDÌ 27 SETTEMBRE 2018

[IMG2=JSON]{"data-align":"none","data-size":"full","src":"https:\/\/www.sostenitori.info\/wp-content\/uploads\/2018\/09\/auto-guardia-di-finanza-681x381.jpg"}[/IMG2]
Accuse per 22 persone: corruzione in atti giudiziari, è questo il risultato di una indagine della Guardia di Finanza di Torre Annunziata.

A far notizia è la presenza di ben tre giudici di pace nel registro degli indagati.

Assieme a loro, diversi avvocati e consulenti tecnici, tutti – secondo quanto racconta tgcom24 – implicati in contenziosi civili riguardanti incidenti stradali, in qualche circostanza falsi.

Le Fiamme gialle hanno inoltre avviato una serie di perquisizioni.
Leggi anche: Cosa pensano poliziotti e carabinieri dell’idea di accorpare Polizia, Carabinieri e Guardia di Finanza
Gli inquirenti – scrive il quotidiano online – hanno portato alla luce 37 episodi di corruzione. Un sistema “oliato” in cui erano coinvolti una ventina di avvocati e diversi periti oltre ai tre giudici di pace.

“Gli inquirenti hanno accertato che gli avvocati di fatto dettavano le sentenze ai giudici di pace e stabilivano a chi dovesse essere riconosciuta la responsabilità di un incidente automobilistico.

[IMG2=JSON]{"data-align":"none","data-size":"full","src":"https:\/\/www.sostenitori.info\/wp-content\/uploads\/2018\/07\/guardia-di-finanza-sc-500x281.jpg"}[/IMG2]

Corruzione in atti giudiziari, corruzione semplice e favoreggiamento i reati contestati dalla Procura di Roma e dalla Procura di Torre Annunziata che hanno coordinato gli uomini della locale guardia di finanza.

Tra gli indagati anche alcuni rappresentanti delle forze dell’ordine. Mazzette per 30mila euro sono state trovate nella abitazioni di un giudice di pace e di una sua collaboratrice nel corso delle perquisizioni.”
Napoli. Sentenze vendute a 500 euro. Spuntano altri giudici corrotti

IN AMBIENTE E SALUTE, CAMPANIA, CRONACA, CULTURA, CURIOSITÀ, DEMOCRAZIA DIRETTA, ECONOMIA, ESTERI, EVENTI CINEMA E MUSICA, LAVORO, LAVORO E OCCUPAZIONE, LAVORO E OCCUPAZIONE, PARLAMENTO EUROPEO, POLITCA, REGIONI, SPORT & MOTORI, UNCATEGORIZED / BY ADMIN / ON SETTEMBRE 30, 2018 AT 8:21 AM /

30/09/2018 – Organizzavano falsi incidenti per ottenere cospicui rimborsi da parte delle assicurazioni. Ma il sistema è stato smantellato dalla Guardia di Finanza di Torre Annunziata a seguito di una inchiesta coordinata dalla procura oplontina e dai magistrati di Roma. In manette sono finiti in 23: tra questi giudici di pace, avvocati e medici. In totale sono 27 gli indagati, tra loro diversi periti assicurativi. Oltre alla notifica dei provvedimenti restrittivi, in corso anche perquisizioni alcune delle quali disposte dalla procura oplontina.

Mazzette per 30mila euro a casa del giudice
Mazzette per 30 mila euro sono state trovate nella abitazioni di un giudice di pace e di una sua collaboratrice nel corso delle perquisizioni. Corruzione in atti giudiziari, corruzione semplice e favoreggiamento i reati contestati dalla Procura di Roma e dalla Procura di Torre Annunziata che hanno coordinato gli uomini della Finanza.

loading…



Indagati rappresentanti forze dell’ordine
L’indagine è partita poco più di due mesi fa e in 45 giorni gli inquirenti hanno portato alla luce 37 episodi di corruzione.
Un sistema «oliato» in cui erano coinvolti una ventina di avvocati e diversi periti oltre ai tre giudici di pace.Tra gli indagati anche alcuni rappresentanti delle forze dell’ordine. Gli inquirenti hanno accertato che gli avvocati di fatto dettavano le sentenze ai giudici di pace e stabilivano a chi dovesse essere riconosciuta la responsabilità di un incidente automobilistico.

La sentenza scritta «a 4 mani»
Numerosi i presunti casi di corruzione emersi nell’ambito di contenziosi civili per sinistri stradali: il giudice concordava con l’avvocato di parte la nomina di un consulente compiacente a cui veniva chiesto di rilasciare una perizia «favorevole». Per la nomina il perito pagava una tangente al giudice di pace ma riceveva, a sua volta, un compenso dall’avvocato interessato ad ottenere una consulenza compiacente. Alla fine l’avvocato e il giudice di pace scrivevano la sentenza «a quattro mani», decidendo il danno, l’entità del risarcimento, le percentuali di responsabilità e l’onorario. Infine, in base alla somma liquidata, il giudice di pace si appropriava anche di un’ultima tranche della sua tangente.

«Onorario troppo alto, non esageriamo»
Mentre stavano scrivendo una sentenza «a quattro mani» l’avvocato «corruttore» si rivolge al giudice di pace «corrotto» e gli dice: «Il mio onorario è troppo alto, non esageriamo altrimenti se ne accorgono». È emerso anche questo nell’ambito delle indagini della Finanza. In un altro caso uno dei giudici corrotti si lamenta con l’avvocato «corruttore» per essersi presentato con la mazzetta, il tariffario prevedeva 500 euro «a prestazione» e gli sconti anche di soli 50 euro erano mal sopportati, composta da banconote da 10 euro, quindi troppo voluminosa e vistosa.



«Sistematica violazione delle norme»
L’attività di indagine ha consentito di «raccogliere un’impressionante mole di elementi indiziari disvelando l’esistenza di un sistema corruttivo così diffuso da coinvolgere una notevole quantità di soggetti gravitanti intorno all’ufficio dei giudici di pace di Torre Annunziata» scrive il gip di Roma, Costantino De Robbio, nell’ordinanza di custodia cautelare con cui ha disposto il carcere per 22 persone. Per il giudice si è in presenza di una «sistematica violazione delle norme» alla luce di una «eccezionale capacità a delinquere dimostrata dagli indagati che hanno una non comune idiosincrasia al rispetto delle regole ed una pervicacia che rende assolutamente negativa ogni prognosi di collaborazione».

La «mazzetta» in banconote da 10
Nel provvedimento di circa sessanta pagine sono citate anche un serie di intercettazioni. In un dialogo uno dei giudici di pace finiti in manette si lamenta del taglio di banconote ricevute per una mazzetta. «Ma che sei venuto con tutte carte da dieci…mo lo picchio a questo!» si legge nella intercettazione.

Gli avvocati accusati sospesi dall’Ordine
L’Ordine degli avvocati di Torre Annunziata col presidente Gennaro Torrese annuncia d’aver «già trasmesso gli atti al consiglio distrettuale di disciplina per assumere provvedimenti in garanzia e tutela dell’avvocatura e degli stessi colleghi coinvolti che, per atto dovuto, saranno sospesi dall’esercizio della professione per potersi difendere al meglio». – FONTE
CONTINUA A LEGGERE >>




//////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////////


Corruzione in Sicilia, così il giudice del Cga aggiustava le sentenze


04/07/2018 - 19:23

di Lara Sirignano Il consigliere laico nominato in quota Mpa inguaiato da Piero Amara e Giuseppe Colafiore, i due avvocati arrestati nel febbraio scorso dalla Gdf sugli sviluppi di una inchiesta della Procura di Messina che ha coinvolto anche i magistrati di Siracusa. Parte dei soldi finirono nelle tasche di un ex presidente della Regione


[IMG2=JSON]{"data-align":"none","data-size":"full","src":"https:\/\/www.lasicilia.it\/resizer\/690\/442\/true\/1530724715717.jpg--corruzione_in_sicilia__cosi_il_giudice_del_cga_aggiustava_le_sentenze.jpg?1530724715000"}[/IMG2]


0

Quando l’allora presidente del Cga, massimo organo di giustizia amministrativa in Sicilia, vide che la sentenza, depositata oltre un anno dopo la camera di consiglio, era diversa da quella concordata con i suoi giudici, scrisse al collega che aveva redatto il provvedimento, Giuseppe Mineo, consigliere laico nominato in quota Mpa. Voleva capire perché il verdetto deliberato nel segreto della camera di consiglio fosse nel frattempo cambiato. Mineo, oggi arrestato per corruzione in atti giudiziari e rivelazione di segreti d’ufficio, gli rispose che forse, visto il tempo trascorso, aveva dimenticato cosa era stato stabilito. Una spiegazione che decisamente non ha convinto il Gip che ha disposto il carcere per l’ex giudice. ECCO CHI E' GIUSEPPE MINEO


Per gli inquirenti, se le sentenze magicamente cambiavano quando il relatore era Mineo il motivo era un altro: la corruzione. La Procura di Messina guidata da Maurizio de Lucia non ha dubbi, l’ex componente del Cga in cambio di soldi si era detto disponibile a favorire le imprese siracusane Open Land e AM Group nei ricorsi che queste avevano intentato davanti al Cga contro il Comune e la Sovrintendenza di Siracusa. Sfruttando il suo ruolo di relatore della causa si sarebbe impegnato a sovrastimare il danno che i due enti avrebbero dovuto risarcire alle società controllate dai costruttori siracusani Frontino in un interminabile contenzioso peraltro ancora in corso.



A confermare i sospetti dei magistrati sono le rivelazioni di due personaggi che le vicende le conoscono bene: Piero Amara e Giuseppe Colafiore, legati a doppio filo ai Frontino e loro difensori in diversi contenziosi. Arrestati a febbraio dalla Finanza nell’ambito dell’inchiesta che ha svelato il «sistema Siracusa», la rete di corruzioni messa su per pilotare inchieste e affari che ha coinvolto anche l’ex pm Giancarlo Longo, Amara e Colafiore hanno cominciato a collaborare. Le loro dichiarazioni, al vaglio anche dei Pm romani che indagano su presunte sentenze pilotate al consiglio di Stato, raccontano di un vero e proprio accordo corruttivo con Mineo.

«Il giudice voleva 115mila euro. Non per sé, ma per il carissimo amico Giuseppe Drago, ex presidente della Regione siciliana molto malato che doveva fare un costoso intervento in Malaysia. Drago è poi morto nel 2016. Il pagamento è fatto per assecondare Mineo. - spiega Amara - Mineo ci chiede di aiutare Drago». Il denaro non viene dato direttamente al politico, ma passa per il conto maltese dell’imprenditore siracusano Alessandro Ferraro a cui oggi il gip ha concesso i domiciliari. "Dopo, incontrammo Mineo e parlammo della camera di consiglio. - prosegue il legale - Mineo ci ha rivelato il suo orientamento su Open Land e su AM Group. Cercammo, io e Calafiore, a Roma all’hotel Alexandra, alla presenza di Ferraro di convincerlo a riconoscere di più. L’incontro fu preparato, Calafiore venne con degli appunti e scrisse addirittura un’ipotesi di sentenza. Gli atti furono consegnati a Mineo...». Ma qualcosa va storto, perché intanto esplode il caso «Procura Siracusa» e tra veleni ed esposti si comincia a parlare della gestione che l’ex pm Longo faceva di certi fascicoli. Tutto si blocca, ma per il Gip, il reato non viene meno. E nella misura cautelare Mineo viene descritto come una persona «avvezza a una particolare professionalità a delinquere in spregio alla funzione pubblica ricoperta».

Docente universitario a Catania, esperto di controllo di legalità per il Comune di Vittoria, nel 2016 l’ex giudice ha sfiorato la nomina al Consiglio di Stato. Il suo nome era stato proposto dal governo Renzi, ma a costargli la poltrona a Palazzo Spada è stato il procedimento disciplinare aperto a suo carico proprio per i ritardi nel deposito delle sentenze al Cga. Ritardi che, alla luce della nuova inchiesta, forse non erano dovuti solo a una scarsa attitudine al lavoro.


************************************************** ***************

22 marzo 2016 Mazzetta tributaria: tra giudici venduti e sentenze comprate

Le inchieste degli ultimi mesi hanno fatto emergere la corruzione tra alcuni magistrati tributari. Il governo pensa all'abolizione delle commissioni, coinvolgendo la giustizia ordinaria

JONATHAN NACKSTRAND/AFP/Getty Images
«Non credo che i controlli siano una leva idonea e sufficiente per eliminare il problema della corruzione e della concussione. Il problema è culturale: lo scarso senso della legalità economica». Così parlò Saverio Capolupo, comandante generale della Guardia di Finanza a proposito del bilancio sulla caccia a evasori e corrotti presentato due settimane fa, e che è caduto a cavallo tra le indagini che hanno coinvolto le commissioni tributarie riguardo il presunto aggiustamento di alcune sentenze.

Insomma la sola azione repressiva non può essere l’unico strumento per arginare la criminalità economica. Le indagini della Guardia di Finanza hanno restituito nell’ambito delle indagini sulle commissioni tributarie un’immagine in cui la mazzetta è prontissima a scattare. Da Milano a Palermo, e non necessariamente in denaro sonante: soldi si, ma anche regali e favori.
«Non credo che i controlli siano una leva idonea e sufficiente per eliminare il problema della corruzione e della concussione. Il problema è culturale: lo scarso senso della legalità economica» Saverio Capolupo, comandante generale della Guardia di Finanza

Per addomesticare una sentenza va bene un'auto praticamente regalata da un concessionario al giudice che aveva in mano la causa tributaria dello stesso concessionario. Allo stesso modo a Milano quattro giudici tributari finiscono in manette a causa delle mazzette nascoste nei cesti di Natale.

L’ultimo caso a Roma: nella mattinata del nove marzo sono 13 le persone accusate di aver pilotato e truccato decine di sentenze in cambio di mazzette. Tra questi tredici alcuni sono giudici tributari e uno in particolare solo nel 2013 aveva subito una condanna a 4 anni e 4 mesi con le identiche accuse per cui è stato arrestato dalla procura di Roma.

Volano dieci, venti, anche cinquantamila euro per volta. Lo si sente nelle intercettazioni delle indagini della procura di Roma, con tanto di conferma del fruscio delle banconote e dalla viva voce delle intercettazioni ambientali degli indagati. A Milano è la segretaria del giudice a inguaiare gli indagati. “Ricordo – riferisce ai magistrati la segretaria di Luigi Vassallo, arrestato nell’inchiesta, Mirella Orbani – che Matteo Invernizzi (uno degli imprenditori che secondo i pm avrebbe cercato sentenze favorevoli in cambio di denaro, ndr) è venuto in studio da noi (…) con una busta contenente 60 mila euro in contanti e la consegnò a Vassallo. Quando siamo rimasti soli, io e Vassallo, quest’ultimo ha aperto la busta in mia presenza e ha contato il denaro. Ricordo che erano tutte banconote da 500 euro”.
L’ipotesi sul tavolo del governo è di spostare la competenza sui ricorsi fiscali verso la giustizia ordinaria



Casi che tornano a far parlare e scrivere di “fisco pulito”, una espressione che ricorda un po’ quella super agenzia antievasione e anticorruzione che avrebbe dovuto vedere la luce nell’ormai lontano 1995 e che avrebbe dovuto avere a capo l’ex pm di Mani Pulite Antonio Di Pietro. Per vedere un organismo anticorruzione ci sono voluti altri vent’anni, che altrettanti ce ne vogliano per rivedere il funzionamento delle commissioni tributarie non è escluso.

Intanto l’ipotesi sul tavolo del governo è di spostare la competenza sui ricorsi fiscali verso la giustizia ordinaria. Lo scoglio però riguarda la necessità di più magistrati e nuovi concorsi, perché i giudici, a eccezione dei presidenti delle commissioni tributarie, potrebbero non essere più onorari, cioè non necessariamente magistrati di carriera. In questo modo si alzerebbe il livello tecnico delle stesse commissioni rendendo meno permeabile il sistema a pressioni e corruzioni emerse dalle inchieste degli ultimi mesi.

Un percorso lungo, scrive il Corriere della Sera, il cui primo step dovrebbe arrivare a breve con la creazione di una commissione tecnica che vedrà la partecipazione dei ministeri dell’Economia e della Giustizia.



************************************************** ****************** Condannato per corruzione il giudice resta al suo posto


“Sentenza venduta”, nei guai il presidente del Tar Marche
[IMG2=JSON]{"data-align":"none","data-size":"full","src":"https:\/\/www.lastampa.it\/rf\/image_lowres\/Pub\/p3\/2012\/10\/14\/Italia\/Foto\/RitagliWeb\/F0XF78R23580--330x185.jpg"}[/IMG2]
Dopo la sentenza penale il Pd vuole «le dimissioni o per lo meno la sospensione» di Passanisi dall’incarico e in un’interrogazione parlamentare chiede al premier Monti un’azione disciplinare


Pubblicato il 14/10/2012
Ultima modifica il 14/10/2012 alle ore 16:20
GIUSEPPE SALVAGGIULO
TORINO


Può continuare a pronunciare sentenze un magistrato condannato in primo grado per corruzione in atti giudiziari?Per la legge sì, poiché non è prevista una sospensione automatica. Per il Pd no, tanto da invocare in Parlamento un intervento del presidente del Consiglio Monti.

Il protagonista è Luigi Passanisi, presidente del Tar Marche. Una settimana fa è stato condannato in primo grado a tre anni e sei mesi di reclusione (il pm ne aveva chiesti sei). Il reato è il più infamante per un giudice: corruzione in atti giudiziari per aver «venduto» una sentenza del Tar di Reggio Calabria nel 2005, quando ne era presidente. Il presunto corruttore, condannato a quattro anni, è Amedeo Matacena, imprenditore e deputato di Forza Italia dal 1994 al 2001, già coinvolto in un’inchiesta per concorso esterno in associazione mafiosa, nella quale dopo un’assoluzione annullata dalla Cassazione è stato condannato in secondo grado a cinque anni. Secondo la Procura e il tribunale, Passanisi aveva accettato la promessa di ricevere 200 mila euro dal deputato per favorire le sue società di navigazione in alcuni ricorsi contro l’Ufficio marittimo.



Il processo si è concluso con altre sei condanne, tra cui quella della moglie dell’alto magistrato, Graziella Barbagallo, a un anno e otto mesi, per accesso abusivo ai sistemi informatici in concorso con Agatino Sarrafiore, ex comandante provinciale della Finanza, a sua volta condannato a otto mesi in appello per rivelazione di segreto d’ufficio. Secondo il pm, la moglie di Passanisi aveva chiesto aiuto al finanziere, insospettita da quanto capitato al figlio. Il ragazzo si era imbattuto in una pattuglia di carabinieri che cercavano di piazzare una microspia nell’auto del padre.

Di fronte all’imprevisto incontro, i militari avevano simulato un controllo anti rapina, ma il ragazzo non l’aveva bevuta. Preso il numero di targa dell’auto dei carabinieri, lo aveva passato alla madre, che si era rivolta al finanziere per un controllo nelle banche dati delle forze dell’ordine, rivelatore dell’indagine sul marito.

Per Passanisi si tratta del secondo infortunio giudiziario. Nel 2009 il sindaco di Catania Umberto Scapagnini, medico di Berlusconi, lo aveva nominato assessore al contenzioso e all’urbanistica, ma il Consiglio di presidenza (corrispondente del Csm) dei giudici amministrativi aveva negato l’autorizzazione perché voleva svolgere il doppio ruolo di presidente del Tar a Reggio e assessore a Catania. Passanisi non si era dato per vinto, invocando «le libertà e i diritti fondamentali garantiti dalla Costituzione» e facendo ricorso allo stesso Tar Calabria, che gli aveva dato ragione insediandolo in Comune. Ma la carriera politica era stata troncata dal trasferimento del fascicolo per competenza al Tar Lazio, dalla prima sentenza negativa e dall’infruttuoso appello al Consiglio di Stato. Di quella esperienza gli resta un processo davanti alla Corte dei conti per illegittimi incarichi nell’ufficio stampa del Comune, per i quali è stato condannato in primo grado a un lieve risarcimento con Scapagnini e altri assessori.

Dal 2009 Passanisi è presidente del Tar Marche. Ora, dopo la sentenza penale, il Pd reclama «le dimissioni o per lo meno la sospensione» dall’incarico e con un’interrogazione parlamentare chiede al premier un’azione disciplinare «per grave lesione del prestigio e della credibilità della magistratura». Passanisi ha sostenuto di non aver mai avuto rapporti con Matacena, ha annunciato appello e rifiuta l’ipotesi di autosospendersi. Nelle prossime settimane continuerà a presiedere udienze e a firmare sentenze.

SCOPRI TOP NEWS





************************************************** *************************************************
Io giudice vi svelo le vergogne della casta


Il codice non scritto prevede "vivi e lascia vivere". Decisivi gli appoggi politici al Csm

- Sab, 02/03/2013 - 08:20
commenta
Quando entri in magistratura, è come dischiudere uno scrigno segreto e misterioso. Hai l'impressione d'essere stato ammesso in un regno proibito. Con le sue leggi, i suoi codici di comportamento.
[IMG2=JSON]{"data-align":"none","data-size":"full","src":"http:\/\/www.ilgiornale.it\/sites\/default\/files\/styles\/large\/public\/foto\/2013\/02\/13\/2013-02-giustizia12.jpg"}[/IMG2]
Rigorosamente non scritti, prima regola. Nulla di ufficiale. Quello che è ufficiale è demandato a Note, Circolari, Protocolli, utili per giustificare l'esistenza di un grande apparato.


Quando entri in magistratura, resti allibito; poi, lentamente, ne assorbi il clima, le consuetudini. Ti arriva subito forte e chiaro un messaggio: vivi e lascia vivere, camperai cent'anni. Il tuo ego cresce a dismisura, tanto quanto il peso della toga. Scopri come sia importante la difesa dei tuoi privilegi: questione di sopravvivenza. Non muovere le acque, non rompere gli equilibri, non discutere le tradizioni: ne puoi trarre vantaggio al pari degli altri.


E, dunque, perché agitarsi? Non sei d'accordo? Finirai a smaltire l'arretrato dei colleghi lavativi. Sarai tollerato come un diverso, insidioso e pericoloso. Alla prima occasione, fuori.

Quando il tribunale si svuota, il collega del Sud che se ne va, vedendomi ancora chino sul lavoro, mi canzona ridendo: «Tanto, lo stipendio è sempre uguale...». In effetti non esistono orari d'ufficio.

A che ora vengo a lavorare? Quando tieni udienza. Quando tengo udienza? Lo decidi tu. Perché non si lavora al pomeriggio? Perché manca il personale.

Perché convochiamo testi, sapendo che l'udienza va rinviata? Il teste ha l'obbligo di comparire. Perché la stanza del mio collega è sempre vuota? Lavora da casa, s'è portato via i fascicoli, stende le sentenze nel tinello, dove può concentrarsi di più. Perché a Natale, a Ferragosto, a Pasqua i tribunali sono vuoti? Non ci sono attività istituzionali. Perché il collega è assente? È indisposto. Ha mandato il certificato medico, almeno? No, lo porterà al rientro. Perché il procuratore viene al lavoro con l'auto blindata partendo da casa sua, che dista decine di chilometri dall'ufficio? È stato autorizzato.

E ancora. Perché esiste la sospensione dei termini feriali e quindi non possiamo fissare udienze dal 31 luglio al 15 settembre? Perché gli avvocati vogliono andare in ferie.


Perché non decidi subito sull'istanza di scarcerazione? Il codice mi assegna cinque giorni, dunque me li prendo tutti, così posso passare il fine settimana in famiglia. Perché non scrivi subito la sentenza? Devo farla decantare, ho fissato un termine di sei mesi, come il codice mi consente.


Vorrei fare domanda di trasferimento: devo andare al Csm a parlare con il consigliere che ho votato. Devo progredire in carriera: devo andare al Csm a parlare con il consigliere che ho votato. Ho un procedimento disciplinare in corso: devo andare al Csm a parlare con il consigliere che ho votato. Vado: «Sta' tranquillo, ho già parlato con gli altri colleghi della commissione disciplinare, andrà tutto per il meglio, nessuna sanzione».


Il Consiglio superiore della magistratura salva i magistrati. È lì apposta. Ma perché ho in ballo un procedimento disciplinare? Trattasi di atto dovuto:
ho messo in galera una persona per errore. E che sarà mai!

Al Csm entri nella guardiola esibendo il famoso tesserino verde, quello che ti frutta il rispetto sociale, i favoritismi, la visibilità sui mass media. Il clima è ovattato, esoterico. Cammini su tappeti rossi. Fai anticamera. Svolazzano di qua e di là tante impiegate, altrettante fanno capannello alla macchinetta del caffè. Commessi impettiti che potresti scambiare per presidenti di qualche tribunale. Il cortile sembra una concessionaria della Lancia, vi sono schierate decine di auto minacciosamente blu, appena uscite dall'autolavaggio.

Quando finalmente entri nella stanza del «tuo» consigliere, ti accorgi che gli hai interrotto una serie interminabile di telefonate e vedi dalle pile di fascicoli sulla sua scrivania, tutti blasonati col logo ministeriale o del Csm, che in quella stanza si discutono incarichi direttivi o semidirettivi in Procure e ministeri. Sei una nullità, con quella tua banale richiesta di poterti trasferire nella località di residenza dei tuoi genitori.
In realtà, in quella stanza si decide chi sarà il procuratore generale della Cassazione o di Torino o di Palermo; chi dirigerà il tribunale di Roma o di Milano.

Una specie di gioco a scacchi in cui le pedine si muovono in base a degli scambi. Per ogni posto importante vi è già tutta la filiera degli aventi diritto, concordati e spartiti fra le correnti. Come la «dinastia sabauda», così viene definita la cordata dei giudici piemontesi.

Te ne vai via dal Csm quasi subito con una bella stretta di mano rivestita dall'accento palermitano o napoletano. Riprendi il tuo trenino per il Nord. Hai vissuto una grande giornata, sei entrato anche tu, con tanto di tesserino spillato sulla giacca, nel Palazzo che decide il destino dei grandi magistrati, quelli potenti. Per la cui nomina si scomoda persino il capo dello Stato. Per te non si scomoderà nessuno. Anzi, devi stare attento alle prossime elezioni, il Csm si rinnova. Bisogna capire in fretta a quale corrente conviene aderire.(Questa frase l'hai capita bene?)(se il governo è rosso divieni rosso se è nero divieni nero ,chiaro no?)
(*) Iudex è lo pseudonimo di un magistrato
 
Ultima modifica:

Ultima estrazione Lotto

  • Estrazione del lotto
    martedì 26 agosto 2025
    Bari
    18
    08
    78
    60
    41
    Cagliari
    70
    82
    13
    11
    39
    Firenze
    50
    48
    37
    66
    31
    Genova
    32
    65
    61
    15
    07
    Milano
    50
    59
    68
    26
    27
    Napoli
    09
    71
    80
    60
    72
    Palermo
    56
    11
    82
    01
    08
    Roma
    20
    65
    49
    27
    67
    Torino
    60
    03
    10
    61
    47
    Venezia
    17
    52
    62
    83
    23
    Nazionale
    53
    46
    70
    68
    78
    Estrazione Simbolotto
    Nazionale
    28
    39
    26
    38
    04

Ultimi Messaggi

Indietro
Alto