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[h=1]Altro che regali e vacanze ​tredicesime in tasse e bollette[/h] [h=2][/h] Le tredicesime saranno impiegate per pagare gli aumenti iniziati a gennaio 2015. Dei quasi 35 miliardi di euro che finiranno nelle tasche degli italiani, solo 5,2 miliardi saranno per gli scopi "più piacevoli". Troppo poco per riuscire a rilanciare i consumi



Angelo Scarano - Sab, 28/11/2015 - 17:30









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Tra due settimane arriveranno le tredicesime. Una vera e propria pioggia di soldi nelle tasche dei contribuenti.
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Quest’anno ammonteranno a circa 34,40 miliardi di euro. Peccato che oltre l'85% delle tredicesime sfumerà in tasse. Secondo gli analisti di Federconsumatori e Adusbef, "sarà impiegata per pagare gli aumenti iniziati a gennaio 2015 con le tariffe autostradali, benzina, bolli, tasse, Tasi, Imu seconda casa, accise e un’altra serie infinita di ordinari balzelli che sfiancano le famiglie e mangiando i redditi e le consuete scadenze fiscali, quali tasse, bolli, rate e canoni, che durante il mese di dicembre i contribuenti sono chiamati a versare". Il risultato? L'agognata gratifica natalizia sarà ridotta dell'85,2%.
"Nel rincorrersi dei pagamenti da effettuare entro il 31 dicembre, dei 34.420 miliardi di euro di tredicesime che verranno pagate quest’anno, il 14,8%, ossia 5,2 miliardi di euro, con un aumento di 2 miliardi sul 2014, resterà realmente nelle tasche di lavoratori e pensionati". Adusbef e Federconsumatori prevedono un lieve miglioramento sul fronte Rc auto. La spesa passerà da 5,5 a 5,2 miliardi di euro (-5,4%). Per il canone Rai, invece, saranno versati 2 miliardi in meno, ma solo perché il balzello non sarà più pagato in unica soluzione ma sarà rateizzatè nelle bollette elettriche con la presunzione che ogni utente che abbia la luce in casa, debba per forza avere una televisione. La caduta dei tassi di interesse deii mutui sulla casa porterà un risparmio del 4,9%, con oneri passati da 4,1 a 3,9 miliardi di euro, mentre resteranno invariati i costi per bolli auto/moto (4,1 miliardi di euro) e per le bollette delle utenze (7,6 mld di euro). Aumenteranno, poi, le spese per l'Imu (da 1,8 a 2,1 miliardi) e per la seconda rata della Tasi (da 2 a 2,2 miliardi).
Agli italiani resteranno 5,2 miliardi di euro per gli scopi "più piacevoli". Appena il 14,8%, rispetto al 9,4% del monte tredicesime. Soldi che potranno essere utilizzati per il cenone, il regali (spesso ai più piccoli), qualche viaggio, qualcosa da mettere da parte per le future esigenze. Una cifra talmente irrisoria da non servire a rilanciare i consumi né ad alleviare le preoccupazioni di famiglie sempre più impoverite da rincari speculativi che si profilano in tutti i settori. Da qui l'invito di Adusbef e Federconsumatori, al premier Matteo Renzi perché abbia "un ravvedimento operoso, sia nella riduzione del debito pubblico (un macigno di 2.191 miliardi di euro a settembre 2015) con la vendita di oro e riserve di Bankitalia, sia nei tagli a sperperi e sprechi pubblici, destinando tali risparmi a ricerca e innovazione".
 
[h=1]Il ritorno di Ingroia: "Il Pd è nemico sociale"[/h] [h=2][/h] Il presidente di Azione Civile: "Dobbiamo ripartire costruendo un fronte popolare, democratico e partecipato dal basso"



Franco Grilli - Sab, 28/11/2015 - 20:19









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"Di Lega e Berlusconi non parlo nemmeno, ma oggi il nostro principale avversario politico è il Pd.
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È un nemico sociale, di classe, intesa come la classe dirigente, nel nostro Paese, che è largamente classe dirigente criminale che ha individuato nel Pd di Renzi il punto di stabilità, più di quanto non lo sia stata la Dc di Andreotti o Forza Italia dal 1994 in poi". A dirlo è il presidente di Azione Civile, Antonio Ingroia, nella relazione introduttiva dell'assemblea nazionale del movimento che è cominciata oggi a Roma. Per ingroia, invece, "il Movimento Cinque stelle non è un avversario ma un concorrente. Su alcune battaglie, secondo me giuste, merita il nostro sostegno, ma non può essere un alleato strategico sia perché ha un rapporto sbagliato con chi non gli appartiene, chiunque sia altro da sè non lo riconosce secondo una logica totalmente autoreferenziale, ma anche perchè non ha un progetto di società diversa".
"Senza ripetere gli errori del passato - ha detto ancora Ingroia - dobbiamo ripartire costruendo un fronte popolare, democratico e partecipato dal basso che costituisca un polo alternativo a questo Pd che parta da un progetto di società comune, una società diversa fondata su pace, lavoro e giustizia, ma non dietro le bandiere di Azione Civile. Noi abbiamo uno spirito opposto a quello del M5s. Non siamo autoreferenziali e guardiamo con simpatia tutte le esperienze dello stesso genere, a cominciare dall'assemblea permanente PrimalePersone". Per Ingroia "l'esperienza con Altra Europa è fallita perché ha intrapreso una strada sbagliata, troppo simile agli errori del passato. E per questo che guardo con attenzione critica anche l'esperienza nascente di Sinistra Italiana, ma temo che si stia commettendo il solito vecchio errore, costruire un soggetto politico prima di avere messo in piedi il fronte che non può essere un fronte di ceto politico, seppur illuminato. Altrimenti è un progetto morto fin dalla sua nascita".
 
[h=1]La grande fuga dal Pd: -62% di iscritti in pochi anni[/h] [h=2][/h] Il Pd non riesce a tamponare la fuga degli iscritti. Se va bene quest'anno chiuderà a quota 300mila. Bersani nel 2012 ne aveva 800mila. Chiudono anche moltissimi circoli



Raffaello Binelli - Sab, 28/11/2015 - 11:18




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Renzi è al governo ma il suo partito non gode di buona salute. Stavolta non parliamo di sondaggi, che lasciano il tempo che trovano dal momento che i numeri davvero importanti sono quelli che escono dalle urne.
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Il Pd è in forte crisi a livello di iscritti: è passato dai circa 800mila ai tempi in cui il segretario era Bersani, nel 2012, scesi poi mai al di sotto di quota 500mila, ai trecentomila di oggi, secondo la stima della segreteria del Nazareno (al massimo 350mila), con l'obiettivo di non scendere sotto quella che ormai viene vista come una soglia di sopravvivenza. Un calo netto di mezzo milione di iscritti, pari al 62%. E il calo, nell'era Renzi, prosegue in modo vistoso: basti tenere conto del fatto che quando il politico toscano divenne segretario, nel 2014, il suo partito contava circa 360mila tesserati.
Il quotidiano Repubblica in un'inchiesta evidenzia quella che appare, a tutti gli effetti, un crollo degli iscritti. Nel titolo si legge "Pd, militanza in fuga: chiude un terzo dei circoli, allarme regioni rosse". La situazione, in effetti, sembra più grave del previsto in quelle regioni che un tempo erano le roccaforti rosse, Toscana ed Emilia Romagna in primis. Nella sezione "Pisanova Berlinguer", un tempo la più grande di Pisa, dai 350 iscritti del 2014 oggi si contano a malapena 30 iscritti: un vero e proprio tracollo. A Roma, anche per gli scandali legati a Mafia Capitale (ma non solo), sono stati chiusi 35 circoli su 110. In Emilia Romagna, invece, le sedi sono passate da 700 a 640. Ai tempi di Bersani erano quasi 7mila i circoli. Ora è già tanto se si arriva a 4500.
Dalla segreteria Pd provano a minimizzare:"Non si tratta di disaffezione - osserva il vicesegretario Lorenzo Guerini - siamo noi che stiamo razionalizzando il quadro. Non è solo questione di costi, anzi. Se c’è un circolo con tre iscritti, magari lo facciamo fondere con quello del paese vicino. A me interessa che quei tre militanti possano partecipare, riunirsi e discutere di politica". Insomma, i circoli chiudono, gli iscritti crollano ma il partito dice che va bene così, non c'è problema.
Ma Renzi che fa? Per il 5-6 dicembre ha in programma una due giorni per rilanciare la mobilitazione. Lo strumento? I gazebo nelle piazze italiane per dire a tutti "Italia coraggio". Difficile che questo porti nuovi iscritti, però l'obiettivo del premier è smuovere le acque e far vedere che il governo ha una base che lo sostiene. Per discutere di politica basta la Leopolda, in programma, come sempre, a Firenze, quest'anno dall'11 al 13 dicembre. Vedremo come andranno le cose per la kermesse renziana. Il partito, però, è un'altra cosa.
 
[h=1]Dal Piemonte alla Sicilia: tessere false e primarie truccate[/h] [h=2][/h] Segnalazioni di irregolarità in tutta Italia dove si è votato per i segretari locali. Migliaia di nuovi iscritti fantasma che hanno sconvolto gli stessi militanti del Pd



Stefano Filippi - Mar, 29/10/2013 - 09:01




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Il nuovo che avanza nel Pd è fatto di una guerra delle tessere. Non si parla ancora apertamente di brogli, perché le verifiche (tutte avviate dopo denunce interne al partito) sono appena scattate.
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Da ogni parte d'Italia piovono segnalazioni di irregolarità nelle sezioni dove domenica sono stati eletti i segretari di circolo e provinciali in vista delle primarie nazionali dell'8 dicembre. Erano ammessi anche i non iscritti, a patto che prendessero la tessera al prezzo politico di 15 euro. Per miracolo si sono materializzate montagne di tessere last minute finite in tasca a migliaia di persone improvvisamente folgorate dalla passione politica. Quasi ovunque i risultati hanno premiato i candidati renziani.
Alcuni, come Pippo Civati, antagonista di Renzi, denunciavano da tempo il sistema del «tesseramento a pacchi». «Si è presentata gente ignara di tutto - hanno raccontato vari militanti torinesi - non sapevano nemmeno chi e come votare». Il senatore Stefano Esposito attacca Salvatore Gallo, ex socialista, ex Margherita, ora Pd renziano: «È dal 1972 che fa politica così». Nel circolo di Venaria Reale a un certo punto sono finite le tessere in bianco destinate ai nuovi. Che si fa? Racconta un iscritto che l'assessore Vincenzo Russo è andato in auto ed è tornato con un pacco di tessere candide. Peccato che gli unici a disporne dovrebbero essere il segretario o il tesoriere. A urne chiuse saranno 130 i nuovi iscritti.
Il campionario di irregolarità è vastissimo. A Catania è stato azzerato il congresso provinciale per il numero esorbitante di tessere fantasma. Giorni fa Valentina Spata, coordinatrice siciliana del gruppo di Pippo Civati, aveva denunciato che «un ex segretario di partito di Giarre e una ragazzina di 14 anni si sono trovati iscritti senza saperlo. Migliaia di tessere sono state distribuite fuori dai circoli, l'unica sede dove si può aderire al partito». Congresso sospeso anche a Desiana, nel Vercellese, quando si è scoperto che la lista a sostegno di uno dei due candidati alla segreteria provinciale era composta da persone mai iscritte al partito.
A Lecce, provincia-feudo di Massimo D'Alema, circolano 15mila tessere a fronte di poco più di 4mila iscritti. La commissione provinciale di garanzia ha chiesto invano alla commissione regionale di sospendere il congresso: si farà un semplice «monitoraggio» sul rapporto tra numero di tessere e denaro versato dagli iscritti. Gli episodi sono innumerevoli. Roma, circolo di Trastevere: il segretario Alberto Bitonti ha scritto su Facebook una lettera aperta a Renzi puntando il dito contro «l'infiltrazione di logiche clientelari». Domenica i «nuovi» si presentavano a gruppi cammellati, e ci sono stati momenti di tensione con gli «iscritti reali», come li chiama Bitonti. Milano, corsa per la segreteria provinciale: David Gentili, escluso dal ballottaggio, ha denunciato il fenomeno delle «tessere a saldo» e chiesto che la commissione per il congresso renda noti i dati del tesseramento. Nel 2012 in provincia di Milano si contavano 10.500 iscritti, lo scorso settembre si stimava fossero dimezzati mentre ora sarebbero balzati a 7mila. Napoli, congresso provinciale. I deputati Pd Luisa Bossa e Massimiliano Manfredi hanno denunciato che a Soccavo il voto è stato anticipato di un giorno senza preavviso e a Portici «esponenti di spicco del partito stanno intervenendo in modo eccessivamente pressante sulle operazioni. Piccoli ras di provincia che fanno i picchetti, tesseramenti che si gonfiano all'improvviso, voto controllato, gruppi di potere che si spostano su interessi personali. Questo Pd non smette mai di deluderci». Parola di parlamentari Pd.
 
[h=1]Euro a picco. L'allarme dalla Germania: i segnali sconcertanti[/h]
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La Deutsche Bank è molto negativa sul futuro dell' euro. Prevede il cambio a 0,85 sul dollaro prima di risalire intorno a 0,90 nel corso del 2016. Rispetto ai valori attuali un calo del 20%. Un' oscillazione che mette paura.
La caduta dell' euro è il frutto della divergenza fra Fed e Bce. La banca centrale americana considera la ripresa ormai consolidata e si prepara a stringere i freni provocando l' innalzamento del dollaro Draghi, invece, allenterà ancora di più la politica monetaria abbattendo l' euro. In altri tempi la svalutazione sarebbe stata il toccasana per il rilancio dell' economia. Ma in altri tempi c' erano la lira e le altre monete nazionali. Oggi c' è l' euro. Così cresce la paura. E' forte il rischio che, nonostante la vigorosa spallata al cambio accadranno poche cose buone. Si tratta di quella che ormai viene definita la sindrome giapponese. Gli stimoli monetari per quanto potenti non riescono a rianimare l' economia. Anche se lo yen è sceso molto e la pompa della Bank of Japan riempie il mercato di liquidità fino a farlo affogare. L' Europa va incontro ad un destino simile?
Come escluderlo. Tanto più che non mancano i segnali d' allarme. A settembre, nel silenzio generale, c' è stata una nuova battuta d' arresto dell' attività produttiva. L' euro è già sceso molto ma senza risultati apprezzabili. Il fatturato industriale è diminuito dello 0,1% su agosto e gli ordini addirittura del 2%. Entrambi i riferimenti sono in discesa dello 0,8% sul 2014.
Come si dice in questi casi? Il cavallo non beve. La ragione è molto semplice. I principali mercati di sbocco del made in Italy sono in Europa. Come tali assolutamente indifferenti al cambio. Né può servire guardare fuori dalla zona euro. Tranne gli Usa il resto delle grandi economie sta rallentando. In alcuni casi, come il Brasile si trova addirittura in recessione ed il governo non riesce a reagire perchè paralizzato dalle indagini sullo scandalo Petrobras. Certo con la svalutazione ci sono forti vantaggi per il tessile abbigliamento e gli articoli di lusso. Tuttavia l' esperienza dei mesi scorsi insegna che le eccellenze del made in Italy sono indifferenti all' andamento del cambio.
Insomma alla fine della corsa potremmo essere costrertti ad una conclusione desolante: il cambio debole e il potente bazooka monetario di Draghi sono semplici tigri di carta. Sono un forte incentivo per i mercati finanziari come dimostra ancora l' esempio giapponese (l' indice Nikkei salito del 110%). Invece rappresentano un' arma spuntata come pungolo alla produzione (il Pil giapponese è di nuovo negativo). Gli effetti positivi della caduta dell' euro rischiano di essere poco rilevanti. Almeno per l' Italia. A trarne giovamento sarebbe sicuramente la Germania che, secondo gli analisti resta competivia anche con l' euro a 1,50. Figuriamoci se vale la metà. Per la nostra economia invece potrebbero materializzarsi effetti molto negativi.
Per esempio il rialzo della bolletta petrolifera nonostante la quotazione del barile sia ancora modesta. Il prezzo della benzina potrebbe tornare rapidamente oltre la quota di 1,7 e rispunterebbe l' inflazione. Se dovesse superare la soglia del 2% Draghi dovrebbe bloccare il suo bazooka.
Così dopo la scomparsa del barile leggero verrebbe meno anche l' altro supporto che ha impedito all' economia di affondare. Vale a dire la politica di bassi tassi d' interesse. La conclusione potrebbe essere inedita e molto amara. Uno scenario nel quale la svalutazione della moneta porta più danni che vantaggi. Il mondo che gira al contrario rispetto alla lira.
Nino Sunseri
 

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