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[h=1]Regionali, la guida al voto[/h] [h=2][/h] Dopo le polemiche della campagna elettorale seggi aperti dalle 7 alle 23 per il voto in 7 regioni e in 742 Comuni. Quasi 22 milioni alle urne


Oggi quasi 23 milioni di elettori sono chiamati al voto per rinnovare 7 Consigli regionali: Veneto, Liguria, Toscana, Marche, Umbria, Campania e Puglia. Si vota anche in 742 comuni, di cui 17 capoluoghi ma la sfida clou sul fronte dei municipi è decisamente quella per lo scranno da primo cittadino di Venezia.


Mario Valenza - Dom, 31/05/2015 - 09:12


I dati relativi a circa il 50%% dei comuni sul totale di 1.456 di Veneto, Liguria, Umbria e Campania (le regioni di cui il Viminale rende noti i dati elettorali) l’affluenza alle urne per le elezioni regionali, rilevata alle ore 12 di oggi, va attestandosi intorno al 14,5%. Nelle precedenti omologhe si votò in due giorni.

Questo il quadro dei candidati presidenti alle Regionali:

Veneto - I candidati alla presidenza del Veneto sono sei. Si va dal governatore uscente Luca Zaia (Lega) alla diretta antagonista Alessandra Moretti (Pd). Ci sono poi Flavio Tosi, staccatosi dal Carroccio, e l’indipendentista Alessio Morosin.
M5S presenta Jacopo Berti, mentre la lista civica ambientalista e solidale si affida a Laura Di Lucia Coletti.

Toscana - sette le candidature, sostenute complessivamente da 10 liste. Enrico Rossi, governatore uscente, è sostenuto da Pd e dalla lista Popolo toscano. Claudio Borghi, candidato di Lega Nord e Fratelli d’Italia, Giacomo Giannarelli, sostenuto dal M5S, Gianni Lamioni, candidato della lista Passione Toscana, espressione di Ncd e Udc e Tommaso Fattori, candidato di Sì-Toscana a sinistra. Stefano Mugnai, candidato di Forza Italia e di LegaToscana-Più Toscana. Gabriele Chiurli, sostenuto da Democrazia Diretta.

Liguria - Raffaella Paita contro Giovanni Toti: uscirà da questa sfida il presidente della Regione Liguria. Paita è sostenuta da Pd e Liguri per Paita; Giovanni Toti da FI, Ln, FdI, Nuovo Psi, Riformisti, Ap-Liguria, Liberali. Occhi puntati sul risultato che otterrà l’ex Pd Luca Pastorino, che si è candidato in contrapposizione a Paita, e che potrebbe erodere consensi alla candidata renziana. Poi c’è Alice Salvatore, 32 anni, che corre per il M5S. Gli altri candidati sono Antonio Bruno per ’Progetto Altra Ligurià, Enrico Musso, per la lista civica di centrodestra Liguria Libera; Matteo Piccardi del Partito comunista dei lavoratori; Mirella Batini per Fratellanza donne.

Umbria - Sarà con tutta probabilità lo scontro tra la presidente uscente, Catiuscia Marini (centrosinistra), e il candidato del centro destra, il sindaco di Assisi, Claudio Ricci (con Andrea Liberati del M5S a fare da terzo incomodo), a caratterizzare lo scontro elettorale. Marini è sostenuta da 4 liste, con il suo partito, il Pd, il Psi e Sel e molti esponenti della società civile, mentre Ricci può contare sull’appoggio di 6 liste, tre delle quali civiche (con anche esponenti Udc e Ncd) e tre politiche (Fi, Ln e FdI).

Marche - 5 i candidati presidenti. Tra loro il presidente uscente Gian Mario Spacca, in lizza per la terza volta, dopo avere rotto con il centrosinistra, questa volta sostenuto da Marche 2020 (la sua lista in cui sono confluiti anche candidati di Area Popolare) e FI; l’ex sindaco di Pesaro Luca Ceriscioli, sostenuto da Pd, Uniti per le Marche e Popolari Marche-Udc. E ancora Gianni Maggi di M5S, Edoardo Mentrasti (Altre Marche-Sinistra Unita), Francesco Acquaroli con la coalizione Centrodestra Marche (Fdi-An e Lega). La candidatura di Acquaroli è stata depositata dalla leader di Fdi-An Giorgia Meloni.

Campania - Vincenzo De Luca (Pd, Campania in rete, De Luca presidente, Campania Libera, Insorgenza Civile e Meridionalisti democratici, Idv, Scelta e Centro Democratico, Udc, Psi, Davvero Verdi), proverà a sfidare l’attuale governatore, Stefano Caldoro (Popolari per l’Italia, Vittime della Giustizia, Movimento mai più la Terra dei fuochi, Caldoro presidente, Noi Sud, Ncd, FI e FdI). Gli atri in lizza sono Valeria Ciarambino (M5s) e Salvatore Vozza (Sinistra e Lavoro).

Puglia - con Michele Emiliano (8 liste di centrosinistra) ci sono gli uscenti del Pd Mario Loizzo, Giovanni Giannini, Filippo Caracciolo e Ruggiero Mennea. Con la lista civica ’Emiliano sindaco di Puglià sono candidati l’ex prefetto di Bari Antonio Nunziante, il presidente uscente del Consiglio regionale Onofrio Introna e l’assessore uscente al Bilancio Leonardo Di Gioia. Nella lista ’La Puglia con Emilianò è capolista l’ex pm Desirèe Digeronimo. Centrodestra diviso: con Francesco Schittulli c’è l’ex deputato Pinuccio Gallo oltre ai fittiani Stefano Miniello, Ignazio Zullo, consigliere uscente di Forza Italia e il senatore Pietro Liuzzi. Altre quattro liste di centrodestra sostengono Adriana Poli Bortone con 8 consiglieri regionali uscenti candidati
nella lista di FI.
 
Appello al voto: votare o non votare alle elezioni del 31 maggio?



“Questo è un APPELLO agli elettori che attraverso il NON VOTO, attraverso l’ASSENTEISMO pensano di attuare una forma di protesta civile e democratica in quanto non si sentono rappresentati da nessuno dei politici rappresentati nelle liste elettorali: parassiti, privilegiati, indagati, condannati, ladri corrotti e corruttori, vere e proprie sanguisughe che – direttamente o indirettamente – sono ritenuti colpevoli di aver desovranizzato il Paese, desovranizzato la moneta, privatizzato la Banca d’Italia, accettato e firmato Trattati internazionali in contrasto con la nostra Costituzione e contrari al bene dell’Italia e degli Italiani. Colpevoli inoltre, di aver depauperato – direttamente o indirettamente – le nostre risorse economiche, sociali e politiche. Colpevoli – direttamente o indirettamente – di aver negoziato e calpestato i nostri valori culturali e identitari.

A fronte di tutto ciò e molto altro ancora, una larga parte degli elettori italiani pensa di non andare a votare a queste elezioni regionali e comunali.
E’ una forma di protesta e a loro va il rispetto per ciò che decideranno di fare, ma sappiano che non è disertando le urne che si cambia lo status quo.
Anche se istintivamente ed emotivamente detta la rabbia, per cambiare la situazione in atto, non si devono affatto disertare le urne, ma occorre fa prevalere la razionalità facendo semplicemente valere in nostri diritti e le nostre leggi.


Un articolo della legge elettorale, l’Art. 104 comma 5. Testo Unico delle Leggi Elettorali D.P.R. 30 marzo 1957, n 361 e successive modifiche TITOLO VII Disposizioni penali
Art. 104. Comma 5. Che recita: “Il segretario dell’Ufficio elettorale che rifiuta di inserire nel processo verbale o di allegarvi proteste o reclami di elettori è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa sino a lire 4.000.000.”

Questo significa che, chiunque vuole protestare contro lo status quo, deve recarsi al Seggio, presentarsi con i documenti e tessera elettorale e farsi vidimare la scheda. Ma senza toccarla, senza prenderla in mano perché se la si tocca viene contata come nulla e quindi rientra nel meccanismo del premio di maggioranza. Insomma, alimentate la casta che combattete.
Dopo che la scheda elettorale è stata vidimata potete ESERCITARE IL DIRITTO DI RIFIUTARE LA SCHEDA dicendo: ‘rifiuto la scheda per protesta, e chiedo che sia messo a verbale!’. Bisogna pretendere che venga verbalizzato il rifiuto della scheda


Si può anche esercitare il diritto di aggiungere, in calce al verbale, un commento che giustifichi il rifiuto (ad esempio: ‘nessuno dei politici inseriti nelle liste mi rappresenta’ – oppure: ‘perché nessun partito ha nel suo programma il ripristino della sovranità monetaria costituzionale’ o qualsiasi altra cosa) (d.p.r. 30 marzo 1957, n. 361 – art. 104, già citato) così facendo non esprimerete il voto, e soprattutto eviterete che il voto, nullo o bianco, sia conteggiato come quota premio per il partito con più voti.

Seguendo questa semplice procedura la scheda non è nulla, e quindi non può essere attribuita a nessun partito.
Ricordate che il segretario di Sezione ha l’obbligo a verbalizzare qualsiasi reclamo provenga dagli elettori.
In caso di rifiuto, rivolgetevi alle Forze dell’Ordine per richiedere l’intervento dell’Ufficiale Giudiziario il quale, può avere accesso nella Sezione per notificare al presidente proteste e reclami relativi alle operazioni della sezione (art. 44 comma 4 D.P.R. 30 marzo 1957, n° 361 e successive modifiche).
 
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Brivido alle urne, oggi Renzi rischia il posto




Oggi Renzi rischia grosso. E non tanto perché il voto delle Regionali potrebbe mettere in discussione la sua permanenza a Palazzo Chigi: dalla poltrona di presidente del Consiglio nemmeno un esercito di Rosy Bindi riuscirebbe a schiodarlo. Ma perché se le elezioni non si risolveranno con trionfo, per il premier i prossimi mesi saranno dolori. Paradossalmente Renzi paga la vittoria schiacciante dello scorso anno, quando alle Europee portò il Pd al 41 per cento. Una soglia mai immaginata dallo stesso ex sindaco di Firenze e che in questi mesi gli ha consentito di campare di rendita, ignorando le richieste della minoranza del partito e procedendo come un carrarmato contro chiunque gli si opponesse. E però quel 41 per cento oggi è diventato il benchmark con cui confrontarsi.

E dunque incassare meno di quella percentuale parrebbe una flessione e poco importa che la legge elettorale appena approvata assegni il premio di maggioranza intorno al 35 per cento e nemmeno che l' elezione di un governatore abbia nulla a che fare con quella di presidente del Consiglio. Una perdita di consenso sarebbe vista comunque come una battuta d' arresto, un appannamento della sua leadership, e la guerra fratricida in corso dentro il Partito democratico si inasprirebbe, e in molti affilerebbero i coltelli in vista di una resa dei conti.
 
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