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Le gang di pedofili ignorate dalla polizia inglese per evitare tensioni razziali

SOCIETÀ/
Andrea Massardo
19 GENNAIO 2020
Secondo quanto emerso da un’inchiesta interna, che ha preso il nome di “operazione Liden” condotta dalla polizia inglese e riportata dal quotidiano inglese Times, le forze dell’ordine britanniche avrebbero insabbiato indagini per stupri ai danni di minore per quasi 15 anni. La motivazione, secondo gli inquirenti, risiede nella nazionalità pachistana degli stupratori seriali, che avrebbe rischiato di mettere in moto un’ondata razzista che avrebbe destabilizzato la situazione interna del Paese. I fatti si sarebbero svolti quasi interamente nel South Yorkshire, con gli stupri di gruppo perpetrati nella quasi totalità da individui di nazionalità pachistana.

I fatti, che risalgono ad un periodo che va dai primi anni Novanta al 2013, erano stati già messi in luce da InsideOver, a seguito delle sentenze che avevano portato ad una pena complessiva di oltre 200 anni di galera le 20 persone condannate. La mancanza di indagini accurate e tempestive in grado di portare alla luce i fatti hanno permesso ai quasi 100 indagati di perpetrare i crimini indisturbati per anni, mettendo in pericolo la vita di oltre 1400 ragazze, quasi tutte minorenni, che sono state avvicinate negli anni. Alcune di loro sono state costrette a subire continui stupri per anni, senza possibilità di ribellarsi anche a causa della negligenza della polizia di istanza sul territorio.

La macchia nera della mancata collaborazione delle forze dell’ordine, che hanno preferito coprire gli aguzzini piuttosto che difendere le vittime, non ha però ancora portato alla luce i nomi dei responsabili all’interno della polizia britannica
. Nonostante le parole del portavoce della polizia dello Yorkshire del Sud abbiano ribadito che al giorno d’oggi la negligenza degli agenti non sarebbe più tollerata, i colpevoli delle mancate segnalazioni sono rimasti ignoti, lasciando una ferita ancora aperta nelle vittime degli stupri e nei loro familiari. I dubbi inoltre che forse, senza la costanza di una delle vittime a presentare esposti nei confronti della polizia, nemmeno questo spiraglio venisse fatto nella vicenda sono assai elevati.

La gravità dei fatti era detta anche dal modo in cui essi venivano perpetrati: una delle vittime, al processo del 2018, sostenne di essere stata violentata prima del compimento del sedicesimo anno di età da oltre 100 uomini, tutti provenienti dall’Asia meridionale, con la minaccia addirittura di essere abbandonata in mezzo alla foresta qualora non avesse collaborato.
Le prime indagini ufficiali partirono nel 2004, a seguito della morte di Victoria Agoglia, una 15enne finita nel giro degli aguzzini. Grazie a questa inchiesta fu possibile scoprire una banda di oltre cento uomini dediti a questo tipo di pratiche disumane. La polizia però preferì insabbiare il caso per non creare ulteriori tensioni razziali all’interno del Paese.

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"Il killer del mio ragazzo libero grazie a un cavillo: ora sono terrorizzata"

La ragazza di Alessandro Polizzi, ucciso da Riccardo Menenti, teme ora di fare la sua fine. Il killer è stato infatti scarcerato per decorrenza dei termini

Valentina Dardari - Dom, 19/01/2020 - 15:33





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Julia Tosti vive adesso nella paura, nel terrore che l’uomo che ha ammazzato il suo ragazzo, il 24enne Alessandro Polizzi, possa adesso decidere di cercarla e uccidere anche lei.
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Già, perché quell’uomo, Riccardo Menenti, è uscito dal carcere di Terni lo scorso 10 gennaio. Era rinchiuso dietro le sbarre in attesa della condanna definitiva. Menenti per quel terribile omicidio era stato condannato all’ergastolo fino al terzo grado. Ora invece è a piede libero, scarcerato per decorrenza dei termini di custodia cautelare. I genitori di Alessandro hanno voluto essere presenti al momento della scarcerazione del killer di loro figlio, gridando la loro rabbia per quella assurda decisione, arrivata dopo sei anni dall’omicidio.

E poi c’è Julia Tosti, la ragazza di Alessandro, che era con lui la notte in cui è stato ammazzato davanti ai suoi occhi. Lei che era scampata alla furia omicida di Menenti, grazie anche al ragazzo che l’aveva difesa, ora teme per la sua vita. Julia è terrorizzata che l’omicida ora la voglia andare a cercare per terminare il suo lavoro.
Quella tragica notte
Era la notte tra il 25 e il 26 marzo del 2013, quando l’uomo è entrato con il volto coperto da un passamontagna nel suo appartamento a Perugia, uccidendo a sangue freddo il giovane, accecato dalla vendetta per suo figlio Valerio che aveva subito tre pestaggi dopo la fine della relazione con Julia, divenuta poi la fidanzata di Alessandro. Menenti, ex pugile di 60 anni, aspetta ora fuori, da uomo libero, che venga fissata dalla Cassazione la data del ricorso presentato dai suoi avvocati. Come riportato da Il Messaggero, Julia è terrorizzata, perché la persona che ha ammazzato il suo Alessandro vive adesso a pochi chilometri di distanza da lei e dai familiari di Polizzi.
Julia ha paura che voglia uccidere anche lei
“Sono sconcertata non riesco a capacitarmi. Non riesco a capire come sia possibile che l'uomo che ha ucciso Alessandro e mi ha quasi ammazzato, ora sia libero” ha detto incredula. Teme che l’assassino voglia terminare il lavoro iniziato quella sera e ucciderla. Tanto, come ha sottolineato lei stessa, non ha nulla da perdere. Menenti è già stato condannato più volte all’ergastolo e, se il futuro per lui vuol dire finire la propria vita in carcere, non si farebbe certo problemi a uccidere anche Julia. C’era anche lei a manifestare venerdì con la famiglia Polizzi, in quella giornata dura soprattutto psicologicamente. “Abbiamo vissuto e condiviso ancora una volta la rabbia, il dolore. E la volontà che sia fatta giustizia, una volta per tutte” questa la loro speranza.

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