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Roma, scure sulle auto storiche: ora non possono più circolare

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di Alberto Amedeo Isidoro
Pubblicato 08 marzo 2023

Dal 28 febbraio scorso nella cosiddetta “zona verde” di Roma, recentemente ampliata fin quasi al raccordo anulare, le auto d’epoca sono “fuorilegge”.

Roma, scure sulle auto storiche: ora non possono più circolare


PER IL SINDACO DI ROMA SONO ROTTAMI - Classificate con l’assai poco lusinghiera etichetta di rottami, le auto d’epoca a Roma ora non possono più mettere ruota. L’ordinanza numero 27, firmata dal sindaco, Roberto Gualtieri, dallo scorso 28 febbraio equipara i mezzi storici a tutti gli altri veicoli a benzina fino a Euro 2 e a gasolio fino a Euro 3, considerati inquinanti. Il risultato? Nella nuova “fascia verde” della capitale - che ora che si estende fin quasi al raccordo anulare, è diventata la più grande d’Europa - le auto classiche non potranno più circolare.
NESSUNA DEROGA - I decreti e le delibere emessi da Regione e Giunta Regionale del Lazio, Città Metropolitana e Comune di Roma che impediscono la circolazione dei veicoli storici non fanno alcuna distinzione tra auto semplicemente “vecchie” e modelli di effettivo interesse storico. A Roma, in pratica, i certificati di storicità rilasciati dall'Asi (Automotoclub storico italiano), dai registri nazionali Alfa Romeo, Fiat e Lancia e da tutti gli enti certificatori di veicoli storici previsti dall'articolo 60 del Codice della strada sono considerati carta straccia.
UNO “SCHIAFFO” INGIUSTIFICATO - Finora, le richieste da parte delle istituzioni più importanti del settore di una modifica dell’ordinanza che contempli delle deroghe per tutelare le auto storiche sono rimaste inascoltate dalla giunta comunale e regionale. Così come lettera morta sono caduti gli appelli al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. Per il mondo del vintage su ruote quello inferto dal Comune di Roma e dalla Regione Lazio è un colpo durissimo. Uno schiaffo sonoro apparentemente ingiustificato: i numeri, infatti, dicono che nella capitale le auto d’epoca sono appena 9.945 in una platea di oltre 4 milioni di veicoli. Si tratta dello 0,25% del totale e di mezzi che, sul suolo cittadino, percorrono all’anno lo 0,014% dei chilometri macinati nello stesso periodo dai veicoli d'uso quotidiano.
A RISCHIO C’È UN INDOTTO ENORME - Oltre che su questi dati, inequivocabili nel dare una misura dell’assoluta marginalità della quota di inquinamento atmosferico attribuibile alle auto d’epoca, per provare a scongiurarne il divieto a Roma, l’Asi e gli altri enti attivi nella tutela del motorismo storico italiano, come Aci Storico, nei loro appelli all'amministrazione capitolina, fanno leva sul fatto che si tratta, nella stragrande maggioranza dei casi, di auto da collezione. Macchine, quindi, usate solo sporadicamente, oltre che mantenute costantemente in efficienza dai loro proprietari. In questo quadro non può essere tralasciato nemmeno il cospicuo indotto economico generato dal settore delle auto classiche, la cui lunga filiera è composta da officine e carrozzerie specializzate, artigiani, organizzatori di eventi e raduni. La speranza delle associazioni, ora, è che nella capitale venga applicato un modello simile a quello adottato dalla Regione Lombardia, Piemonte, dal Comune di Milano, di Genova, Torino e tanti altri, dove le auto d’epoca, anche se non sempre, possono circolare.


la "maglia" si stringe sempre più ,poi arriva la "nuova"pass digitale chi l'attiverà sara come firmare la propria ,proprietà personale ,allo stato e con un clic ti bloccano tutto anche il conto corrente .State sereni.............dite sempre di
NO.


cosa vi serve un.............

 

L’AI “ruba” il 30% del lavoro: colosso silura 7800 lavoratori

Un piano per assumere molto meno, sostituendo in massa dei dipendenti umani con l'intelligenza artificiale. Ecco l'annuncio che conferma le previsioni​

4 Maggio 2023 07:00Foto di Luca Incoronato

Luca Incoronato​


GIORNALISTA PUBBLICISTA​





L’intelligenza artificiale è destinata a sostituire una fetta importante di lavorati in alcuni settori? Un timore giustificato, che potrebbe però non essere diverso da quanto già espresso nel corso degli ultimi 50 anni.
Nessuno può dire con certezza, ad oggi, se l’AI rappresenterà davvero una svolta epocale degna di un film di fantascienza. L’alternativa, forse più realistica, prevede che, per quanto rivoluzionaria, diventerà uno strumento comune nelle mani umane, con conseguenze appena relative sul mercato del lavoro.
Innegabile, invece, la volontà del mondo imprenditoriale di comprendere fino in fondo le potenzialità di questo sistema. Potrebbero infatti aprirsi scenari interessanti per molte aziende, in quanto a stipendi risparmiati, quantitativo inferiore di tasse da versare, disponibilità h24 e molti altri benefit.

IBM preferisce l’AI ai lavoratori umani.

Il settore tecnologico è di certo quello più a rischio in quanto a sostituzione dei dipendenti umani con l’intelligenza artificiale. La prova, qualora servisse, l’ha fornita IBM, che ha svelato un piano quinquennale molto preoccupante per alcuni.
Con una tempistica forse da rivedere, considerando come l’1 maggio si festeggi in molti Paesi nel mondo la festa dei lavoratori, il CEO di IMB, Arvind Krishna ha rilasciato un’intervista a Bloomberg. Il focus è stato quello del prossimo futuro della società, che ha intenzione di sostituire il 30% dei ruoli di back-office con l’intelligenza artificiale nei prossimi cinque anni. Un progetto al via fin da subito, procedendo con una netta riduzione delle assunzioni. La stima è quella di 7800 dipendenti in meno nel prossimo quinquennio, il cui apporto sarà offerto esclusivamente dall’AI.
Non ci saranno licenziamenti, per essere chiari, ma IBM non intende sostituire quelli che andranno via, per cambio impiego o pensione, con altri esseri umani. Statisticamente la società non vedrà calare il proprio numero di dipendenti, avendo aumentando le assunzioni in altri reparti, il che apre a due temi. Da una parte ci si chiede quanto sia reale il timore della sostituzione dell’uomo da parte dell’AI. Dall’altra, invece, quali siano i lavori più a rischio. Il mondo del lavoro in toto potrebbe statisticamente non risultare sconvolto ma alcuni ambiti risentiranno di questa nuova direzione più di altri.

AI: i lavori a rischio

La generale diffusione dell’intelligenza artificiale tra il grande pubblico ha dato il via a una serie di studi sul futuro del mondo lavorativo. Uno di questi, condotto da un team dell’Università di Princeton, ha analizzato in maniera approfondita le potenzialità di dieci differenti AI, applicandole a svariati campi della conoscenza umana e soffermandosi nello specifico su 52 abilità in nostro possesso. Il risultato? Ecco alcuni dei lavori maggiormente a rischio.
L’insieme di intelligenza artificiale e avanzamento nel campo della robotica potrebbe convertire del tutto il settore dell’assemblaggio, così come i self-checkout potrebbero inizialmente pareggiare la cifra di cassieri umani, per poi in futuro superarla o azzerarla.
Con i chatbot che stanno diventando sempre più “intelligenti”, gli operatori per l’assistenza potrebbero non essere più persone in carne e ossa. Stesso discorso vale in ambito telemarketing. Forse non nei prossimi anni ma gli impiegati di banca rischieranno d’essere sostituiti da piattaforme digitali dall’alta capacità di “dialogo” con il pubblico.
Anche il settore della burocrazia potrebbe mutare radicalmente, a partire dai commercialisti, che resteranno probabilmente attivi ma dovranno fronteggiare la concorrenza dell’AI in ambito di revisione e confronto con le piattaforme del governo.
L’intelligenza artificiale è oggi in grado di ottimizzare le impostazioni di una fotocamera, professionale e non, componendo anche foto artistiche. Per questo nel prossimo futuro la vita dei fotografi sarà ben differente. A rischio anche addetti stampa, data la creazione automatizzata di comunicati e mail, analisti di mercato, organizzatori di viaggio e non solo.
Ci attende un futuro potenzialmente più simile alle previsioni del cinema di quanto pensavamo possibile. Un cambiamento che sarà probabilmente meno radicale di quanto temiamo, al quale però sarebbe il caso di prepararsi fin da subito, imparando a far propri i tantissimi servizi AI in circolazione.
L’AI “ruba” il 30% del lavoro: colosso silura 7800 lavoratori

Fonte: 123RFL'Intelligenza artificiale porta a meno 30% di assunzioni per una grande azienda della tecnologia
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