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[h=1]L'edificio non è a norma. Ma grazie al sindaco Pd gli islamici possono pregare[/h] [h=2][/h]
Il Centro islamico di Lugo ha acquistato un'ex falegnameria per farne un centro culturale. Il sindaco ha autorizzato il Ramadan al suo interno. La Lega: "Violate norme di sicurezza"

Marianna Di Piazza - Gio, 27/09/2018 - 18:35
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C’è un capannone nella zona industriale di Lugo che sta facendo infuriare la cittadinanza del piccolo centro in provincia di Ravenna. Si tratta di un ex falegnameria acquistata a inizio 2018 dall’associazione Centro di cultura e studi islamici di Lugo Provincia di Ravenna.
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"Hanno già i loro luoghi di culto. Basta", tuonano i cittadini. “Le persone hanno paura. In via Mazzini la situazione è preoccupante, non servono altri centri islamici”.

Ma andiamo con ordine. Dopo l'incendio che ha interessato la falegnameria nel 2013, l’associazione islamica ha acquistato l’edificio con la volontà, secondo quanto riferisce il Comune di Lugo, di cambiarne la destinazione d’uso da quella attuale di fabbricato artigianale a centro culturale. “La comunità islamica ha preso il locale per farci un centro culturale dove studiare, fare corsi di lingue, organizzare attività, fare dialogo interculturale”, spiega a ilGiornale.it Kareem Kolawole Oshoala, presidente dell’associazione Centro di cultura e studi islamici di Lugo.

Per la Lega però c’è qualcosa che non va. Poco dopo l’acquisto dell’ex falegnameria, l’Unione Comuni della Bassa Romagna ha concesso l’avvio dei lavori di ristrutturazione del capannone industriale in favore del centro culturale. Il cantiere, aperto lo scorso aprile, dovrebbe chiudersi il 30 novembre prossimo. “L'edificio è stato acquistato dall’associazione per trasformarlo in una moschea, in un luogo di preghiera e questo non è corretto”, tuona la segretaria provinciale della Lega, Samantha Gardin. La dichiarazione ha scosso la cittadina che in tal caso vedrebbe sorgere un’altra moschea nella provincia, dopo quella di Ravenna, seconda per grandezza in Italia. “C’è già un luogo di culto nella zona. Siamo molto preoccupati. Che costruiscano le moschee nei loro Paesi”, dichiarano i cittadini.

Raggiunto al telefono, il sindaco del Pd Davide Ranalli spiega a ilGiornale.it: “Non c’è alcuna ipotesi di apertura della moschea”. Quindi nessun luogo di culto secondo il primo cittadino, ma la possibilità di realizzare un centro culturale.
[h=2]Il Ramadan[/h]
Ma se è vero che l’ex falegnameria non diventerà mai una moschea, è anche vero che il sindaco ha autorizzato l’associazione a svolgere le celebrazioni del Ramadan nell’edificio “senza – tuona la Lega – le adeguate norme di sicurezza”. “Il Comune e la Provincia hanno sempre concesso l’utilizzo della palestra di uno degli istituti scolastici per il Ramadan, solo che quest’anno non abbiamo potuto dare l’autorizzazione visto che le celebrazioni si sarebbero sovrapposte al periodo scolastico”, spiega il sindaco a ilGiornale.it.“Abbiamo perciò autorizzato l’utilizzo del capannone industriale, in accordo con il Prefetto”, conclude Ranalli. “Si dovrebbe essere trasparenti e informare, ma loro di questo non ne vogliono sapere. Per cui, avendo la maggioranza assoluta, il sindaco ha deciso senza chiedere il parere agli altri consiglieri”, dichiara Silvano Verlicchi, capogruppo consigliare Per la buona politica.

“Abbiamo fatto il Ramadan nell’edificio perché non avevamo altra possibilità. Invece di stare in piazza o nei giardini pubblici siamo andati lì”, conferma Oshoala. Secondo la risposta del Comune alla richiesta di accesso agli atti da parte dell’Associazione civica per la buona politica, nel fabbricato artigianale acquistato dal Centro di cultura “non è ammessa un’attività con presenza di pubblico superiore a 100 persone e neppure un’attività di tipo religioso”. “Durante il periodo del Ramadan si è registrato un via vai incredibile nell’area del cantiere, in barba alle norme di sicurezza. Questo è un capannone industriale, ci sono degli obblighi da rispettare”, racconta Gardin della Lega. Anche i cittadini hanno lamentato una forte presenza di fedeli musulmani nella zona.

“Nei giorni di Ramadan c’è sempre un movimento di gente – spiega Oshoala –, ci sono anche coloro che non frequentano il centro quotidianamente. L’affluenza è enorme ovunque, per questo si cerca di prendere un locale più grande. Non so dire quante persone: 150 o addirittura 200/250 persone nel giorno di festa del Ramadan”. Abbiamo chiesto al sindaco Ranalli ulteriori spiegazioni, ma il primo cittadino non ha voluto rispondere alle nostre domande.

“A Bologna e a Ravenna, lo strumento dell’istituto islamico ha portato poi a realizzare dei centri di culto, non vorrei che ciò accadesse anche a Lugo. Diamo tempo al tempo e vedremo cosa sarà del capannone”, dichiara Verlicchi. Ma già due locali del centro storico di proprietà dello stesso Centro islamico sono stati trasformati.


Lugo, islam in città

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[h=2]I locali di Via Mazzini[/h]
Stretta tra le case Via Mazzini è una delle strade principali di Lugo. Qui, due locali acquistati dal Centro islamico sono stati trasformati in luoghi di culto. “Abusivi”, per la Lega, secondo la quale si tratterebbe di attività commerciali. “Sono un centro culturale, non due moschee”, fa invece sapere il sindaco. Tappeti che ricoprono il pavimento, abiti e una riproduzione della Ka’ba: la sensazione all’ingresso è quella di trovarsi in una vera e propria moschea. “La sera, all’ora della preghiera, si crea un crocchio piuttosto pericoloso. I lughesi si lamentano, hanno paura di mandare i ragazzini in centro. È una situazione davvero pesante”, racconta una negoziante. E c’è anche chi ci confessa: “Con tutto quello che sta accadendo, sono proprio diventata leghista. A tutti gli effetti”.


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[h=1]Viavai di fattorini per i migranti: fanno acquisti online di moda (e pagano con carta di credito)[/h] [h=2][/h]
L'interrogazione della Lega in Toscana dopo le consegne al centro migranti: "Con quali risorse sono effettuati tali ordini di acquisto?"

Claudio Cartaldo - Gio, 27/09/2018 - 12:24
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Per ora non ci sono che alcune fotografie che, come scrive La Nazione, certificano che i migranti di due centri di accoglienza a Certaldo e Firenzuola fanno ordini online su Zalando (e non solo).


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La cosa è parsa strana a molti cittadini che vivono nei dintorni (si sa, nei paesi tutti sanno tutto). E soprattutto ai corrieri che a cadenza quasi regolare consegnano i pacchi ai migranti. Le segnalazioni sono così arrivate alle orecchie del consigliere regionale della Lega Nord, Jacopo Alberti, il quale già un mese fa aveva sollevato il dubbio e ora ha presentato una interrogazione regionale che nei giorni prossimi verrà discussa nei luoghi competenti.

"Le risorse destinate all’accoglienza dei richiedenti asilo – si legge nell’interrogazione, riportata dalla Nazione -servono a coprire tutte le necessità degli ospiti delle strutture (pulizia, vitto, beni di prima necessità), ma agli stessi ospiti viene comunque corrisposta una somma ulteriore di 2,50 euro al giorno, oltre alle ricariche telefoniche". Non solo. I migranti dopo qualche tempo dal loro sbarco possono anche liberamente trovarsi un lavoro, dunque potrebbero avere anche risorse extra da spendere chissà come. Ma già ad agosto Alberti sospettava che dietro potesse esserci "attività illecite" per "raggranellare del denaro". Ora - continua il leghista - dai corrieri risulta che ogni giorno in Toscana avvengano molte consegne di prodotti di vario tipo acquistati on line e destinati alle strutture dove sono ospitati i richiedenti asilo”. Il consigliere chiede dunque di conoscere le "ragioni per le quali sono effettuati acquisti on line di beni destinati alle strutture che accolgono i richiedenti asilo, dal momento che gli ospiti delle strutture di accoglienza sono già dotati in loco di tutto il necessario e a che titolo, a nome di quale persona o ente e con quali risorse sono effettuati tali ordini di acquisto".

Secondo quanto raccontato dai corrieri al quotidiano locale, i migranti dei centri gestiti dal Consorzio L’Arcolaio (una volta in mano al Consorzio Mc Multicons srl) "pagano in contanti direttamente alla consegna, altre volte il pagamento è già avvenuto al momento dell’ordine sul portale di vendita on line, con carta di credito e quindi noi ci limitiamo a dare il pacco al destinatario".
 
[h=1]Migranti, ora le coop buoniste vanno a processo per evasione[/h] [h=2][/h]
A Macerata la procura ha ottenuto il rinvio a giudizio per tre onlus del sistema di accoglienza dei migranti nella città dove è stata uccisa Pamela

Claudio Cartaldo - Gio, 27/09/2018 - 18:08
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Il sistema dell’accoglienza per i migranti di Macerata va ufficialmente a “processo”.
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Letteralmente. La procura della Repubblica cittadina infatti ha ottenuto il rinvio a giudizio per tre Onlus (e i loro rappresentanti legali) che hanno fatto il buono e il cattivo tempo nella gestione dei richiedenti asilo.

Macerata è la città di Pamela Mastropietro, di Innocent Oseghale, Desmond Lucky e Lucky Awelima. È la città della violenza inaudita che ha ucciso e martoriato il cadavere della ragazza.

Il procuratore capo di Macerata, Giovanni Giorgio, dovrà ora dimostrare le sue accuse di fronte a un giudice. E le tre Onlus dovranno difendersi. L’accusa, ricorda La Verità, è di quelle pesanti: evasione fiscale. In totale, la procura maceratese contesta 40 milioni di redditi mai dichiarati e qualcosa come 6 milioni di euro di Iva evasa. Di fronte alla Corte di Assise saranno chiamati la Gus e il suo presidente Paolo Bernabucci, la Acsim di Daniel Chibunna Amanze (nigeriano) e la Periego che risulta guidata Laura Bracalini.

A attirare l’attenzione, per ovvi motivi, è la Gus. Del Gruppo Umana Solidarietà si era occupato un anno fa anche ilGiornale.it, raccontando di come avesse a quel tempo convinto "ben 24 Comuni ad assegnargli l’amministrazione degli Sprar nel 2016. Non soddisfatto, ha collezionato pure incarichi prefettizi: Cagliari (54mia euro), Ancona, Ascoli Piceno (1.245.312 euro), Piacenza (332.235), Macerata, Roma, Latina, Fermo e il più ricco da 1,6 milioni a Teramo". Nel bilancio del 2016 il Gus iscrisse "9.319.399 di crediti verso le Prefetture" e "7.250.387 di crediti Sprar”. Totale: oltre 16 milioni.

Secondo quanto scrive La Verità, per i progetti Sprar realizzati in tutte le Marche oggi il Gus "riceve, compresi i 12 milioni di Macerata, incarichi per oltre 20 milioni di euro in Regione) nella prima azienda per fatturato e dipendenti della provincia di Macerata: 31,5 milioni di introiti, 470 impiegati, 88.000 euro di utile".

La posizione più critica da un punto di vista giudiziario appare proprio quella del Gus. Secondo quanto scrive La Verità, sarebbe questa Onlus ad "aver orchestrato e gestito il sistema Macerata per la spartizione degli appalti per la gestione dei migranti”. Ed è sul Gruppo Umana Solidarietà che pende l’accusa più alta di evasione, ovvero 10,4 presunti milioni di occultamento e 5 milioni di iva che, secondo la procura, avrebbe evaso. In più, “Bernabucci e Lattanzi sono accusati di essersi attribuiti reciprocamente consulenze attingendo ai fondi del Gus".

Per quanto riguarda le altre due Onlus, i problemi non sono molto diversi. Saranno poi i giudici a decidere se le accuse dei pm siano fondate oppure no. Alla Acsim la procura contesta il fatto che "la moglie di Amanze – scrive la Verità - è dipendente della Onlus con uno stipendio incompatibile con le finalità di una società che non ha scopo di lucro". Diverso invece il caso della Periego, che dovrà rispondere di attività immobiliari ritenute “anomale”.
 

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