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solo Berlino ha guadagnato dall’euro

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[h=1]Lo studio che inchioda la Germania: solo Berlino ha guadagnato dall’euro[/h]

Mai come in questi tempi, l’euro è stato messo in discussione. I movimenti critici nei confronti della moneta unica e nel mondo in cui è stata gestita, sono cresciuti in maniera esponenziale. E anche se non tutti sono dichiaratamente a favore dell’uscita dall’euro, sono in molti a chiedere un cambio di passo. Così, ed è evidente, la moneta unica non funziona. E lo dimostrano ormai innumerevoli studi che hanno sancito più volte una critica definitiva nei confronti del sogno di molti difensori dell’Ue.

L’euro può anche non essere stato un errore, come affermano i suoi difensori. Ma il fatto che sia un’emanazione e un’arma della politica economica della Germania è una realtà di fatto. Tanto che adesso sono numerosi i think tank e i centri studi che affermano che Berlino sia l’unica ad aver realmente guadagnato da questo sistema.

Come riporta l’Huffington Post, il Cep (Centrum für Europäische Politik) di Friburgo ha pubblicato un report molto dettagliato su vincitori e vinti a vent’anni dalla sua istituzione della moneta. E quello che ne scaturisce, è che ci sono solo due Paesi ad aver tratto profitto dalla moneta unica: Germania e Olanda. E se a dirlo è un centro studi tedesco, va da sé che non lo si può accusare di essere avverso alla Germania.

I
dati sono eloquenti. Tra il 1999 e il 2017, la Germania ha guadagnato circa 1900 miliardi di euro, ovvero circa 23mila euro per abitante. E a parte l’Olanda, per il resto nessun Paese ha tratto realmente beneficio da questo moneta. Anzi, le altre due potenze europee, Italia e Francia, hanno assistito a un netto calo della crescita e della competitività. Per Parigi si parla di una perdita di 3600 miliardi di euro, mentre per l’Italia addirittura di 4300 miliardi. Numeri che, divisi in base ai cittadini, indicano che si sono persi 56mila euro pro capita in Francia e 74mila euro in Italia.

Il problema dell’euro, come scritto da Huffington Post, riguarda in particolare la competitività e le disuguaglianze sociali. Quello della competitività, in particolare, è un problema che sembra non solo irrisolto ma anche (attualmente) irrisolvibile poiché, a detta del Cep, “i singoli paesi non possono più svalutare la propria valuta per rimanere competitivi a livello internazionale”. Una perdita di competitività che ha condotto “a una minore crescita economica, a un aumento della disoccupazione e al calo delle entrate fiscali. La Grecia e l’Italia, in particolare, stanno attualmente attraversando gravi difficoltà a causa del fatto che non sono in grado di svalutare la propria valuta”.

Lo studio si fonda su analisi di come sarebbe stato alto il Pil pro capite in assenza dell’euro. E l’Italia è quella che ha perso più di tutti. I ricercatori del centro tedesco affermano che senza l’euro, il Pil italiano sarebbe stato più alto di 530 miliardi di euro. “In nessun altro Paese tra quelli esaminati l’euro ha portato a perdite così elevate di prosperità” come in Italia, scrive il report.

E sulla situazione del nostro Paese, il rapporto conclude: “L’Italia non ha ancora trovato un modo per diventare competitivo all’interno dell’eurozona. Nei decenni prima dell’introduzione dell’euro, l’Italia svalutava regolarmente la propria valuta con questo scopo. Dopo l’avvento dell’euro non è stato più possibile. Invece, erano necessarie riforme strutturali. La Spagna mostra come le riforme strutturali possono invertire la tendenza negativa”.

Insomma, adesso a criticare la nostra moneta, ma soprattutto a puntare il dito sulla Germania non sono più solo i movimento sovranisti ed euroscettici. Anche i ricercatori tedeschi iniziano a essere molto duri nei confronti della politica di Berlino nei confronti dell’Unione europea. Ed è una conferma di come sia stata proprio la Germania la prima responsabile della crisi economica e di consenso nel sistema europeo.

NON COMPRATE NULLA DALLA GERMANIA-AUTO-ELETTRODOMESTICI ECC-


IL NAZISMO 2° CAPITOLO
 
SIA AVETE CAPITO BENE 30MILA EURO AL MESE CON I NOSTRI SACRIFICI. MA................



[h=1]Trentamila euro al mese. Gli stipendi d’oro dei burocrati Ue[/h]
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Trentamila euro più benefit. A tanto ammonta la cifra che ogni mese Jean-Claude Junckerincassa dall’Unione europea come presidente della Commissione. Uno stipendio non troppo diverso da quello di Donald Tusk, presidente del Consiglio europeo, e leggermente superiore di quello di Federica Mogherini, Alto rappresentante per gli Affari esteri dell’Ue.

Come ricorda l’Huffington Post, le cifre sono ragguardevoli. Tusk e Juncker hanno un compenso annuo di 405.415 euro (e una pensione che si stima di 60.264 euro per cinque anni di servizio). Subito dopo, c’è Mogherini, con uno stipendio di 376.815 euro l’anno e una pensione stimata di 56.772 euro. Per i vice presidenti della Commissione Frans Timmermans, Valdis Dombrovksis, Andrus Ansip e Jyrki Katainen, si parla di una busta paga da 362.743 euro e 54.588 euro di pensione, sempre per cinque anni di servizio. Mentre per i commissari, il compenso annuo è di 323,914 euro l’anno e una pensione da 49mila euro.

Numeri importanti ma che fanno ancora più riflettere se si paragonano a quelli dei grandi leader del mondo, a cominciare dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump fino al presidente russo Vladimir Putin. Un paradosso se si pensa al peso dei due leader rispetti ai burocrati dell’Unione europea. Ma è un paradosso che esiste: basti pensare al fatto
che Juncker e Tusk guadagnano più del presidente Usa e più del triplo rispetto al leader del Cremlino. E se a questi stipendi si aggiungono i benefici che hanno i vertici dell’Ue, arriva una condizione da privilegiati che fa veramente fatica a comprendersi, specialmente in un momento di crisi dell’Unione europea e dove da più parti invocano austerity e minacciano una nuova crisi economica.

Insomma, gli stipendi dei vertici Ue e dei falchi che vogliono una riduzione del costo del lavoro non sembrano subire crisi. Anzi, a questi si aggiungono indennità, benefit, assegni familiari. Tutto per riempire il portafogli dei grandi euroburocrati. Ma potrebbe rivelarsi un clamoroso boomerang proprio in un periodo in cui le elezioni europee rischiano di far entrare nell’Europarlamento un fiume di protesta rappresentato da partiti sovranisti, euroscettici e molto critici nei confronti dell’Unione europea.

Ed è chiaro che questi stipendi saranno un clamoroso punto a favore del blocco che punta a cambiare l’Europa. I falchi dell’austerity, da sempre impegnati a ricordare i loro piani finanziari per l’Unione europea, non potranno certo giustificarsi di fronte a questi emolumenti. Ed è già iniziata la campagna elettorale anche su questo punto. Come scritto su Il Giornale, il Movimento Cinque Stelle ha lanciato il suo atto d’accusa nei confronti degli stipendi degli euroburocrati: “Il Presidente della Commissione Juncker percepisce il 138% dello stipendio del funzionario con più alto grado della Commissione e cioè 27.436,90 euro al mese”.

Frasi cui la Commissione europea era apparsa più che sorda: “Dobbiamo attenerci alla realtà dei fatti e non alla mitologia” hanno detto da Bruxelles. Anzi, la Commissione ha anche sostenuto che quegli stipendi fossero frutto di un livellamento con l’inflazione. “I salari di tutto il personale europeo devono evolvere in linea con i salari dei funzionari degli Stati membri. In Belgio e Lussemburgo, dove lavora l’ 80% dello staff, il tasso d’inflazione è stato del 2,1%. E l’adattamento è di 1,5%. Questi sono i fatti, è legislazione, votata democraticamente da Consiglio e Parlamento”. Chissà se pensano lo stesso dei salari dei lavoratori di tutta Europa.
 
MA QUESTI NON SE LI MANGIANO ,PECCATO.



[h=1]Coldiretti, il pesce più pericoloso d'Italia: te lo mangi? Ecco che orrore contiene[/h]
25 Febbraio 2019
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In Italia è allarme cibi killer: secondo un’analisi di Coldiretti nel 2018 è esplosa anche più di una segnalazione alimentare al giorno. Su 398 allarmi 70 riguardavano prodotti italiani, 194 prodotti europei e 134 prodotti extra europei. Il dato è allarmante perché, come riporta Il Tempo, 4 cibi pericolosi su 5 provengono dall’estero.

Gli alimenti più a rischio sono stati classificati all’interno di una lista nera: al primo posto c’è il pesce della Spagna per l’alto contenuto di mercurio e l’infestazione del verme Anisakis, al secondo le ostriche francesi per il Norovirus, al terzo il pollo proveniente dalla Polonia a causa della contaminazione della salmonella enterica, al quarto ancora il pesce francese con l’Anisakis. A metà classifica le nocciole della Turchia caratterizzate dall’alta presenza di tossine, al sesto le cozze spagnole per l’infezione del batterio Escherichia Coli, al settimo le arachidi egiziane con aflatossine cancerogene, all’ottavo il manzo del Brasile ancora per l’Escherichia, così come per il pollo del Brasile, mentre l’ultimo posto è occupato dalle nocciole dell’Azerbaijan per aflatossine.

Leggi anche: Listeria nel vitello tonnato, ecco il prodotto da evitare

Il problema maggiore, attualmente, come sottolinea lo stesso presidente di Coldiretti Ettore Prandini, deriva dall’impossibilità di rintracciare in tempi rapidi i prodotti più a rischio. Accanto a questa emergenza se ne aggiunge una seconda, quella del falso made in Italy: nei paesi esteri viene utilizzata in maniera impropria l’etichetta italiana, alludendo a colori, parole e immagini della penisola che di fatto finiscono ingiustamente sui prodotti taroccati. Gli alimenti più coinvolti da questo secondo fenomeno sono soprattutto i formaggi, come il Parmigiano Reggiano e il Granda Padano. "In sostanza, all' estero più di due prodotti su tre sono falsi".
 

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