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Etichette: il ‘finto Made in Italy perfettamente legale’

Se da una parte le nuove norme europee sulle etichette hanno portato benefici ai consumatori quali l’obbligo di indicare la provenienza in frutta e verdura fresche, dall’altra danneggiano il Made in Italy, come spiegato dal giornalista di Libero Attilio Barbieri in un’intervista rilasciata a Di Martedì: “L’Europa ci ha messo del suo e di fatto ha abolito l’obbligo di indicare in etichetta lo stabilimento dove è avvenuta l’ultima trasformazione o la trasformazione sostanziale. A questo punto è possibile fare pasta a marchio italiano in qualunque parte del mondo anche senza nulla di italiano“. Per realizzare prodotti Made in Italy che del nostro Paese non hanno assolutamente niente basta avere, continua Barbieri, una sede legale in Italia. Si tratta di “un finto Made in Italy perfettamente legale“.

Leggiamo su Italianinprimapagina.it:

Fatto in Italia, prodotto italiano, made in Italy: purtroppo queste diciture non garantiscono in alcun modo che il prodotto sia davvero dello Stivale. Men che meno che lo sia al 100%. In assenza di norme aventi valore di legge capaci di regolarne l’utilizzo, il «made in…» viene indicato su base volontaria e non è vincolante sulla reale origine delle merci né delle materie prime utilizzate. L’ultimo tentativo per introdurre una norma in merito risale al decennio scorso: la legge non entrò mai in vigore perché la Commissione europea l’ha bocciata con un parere circostanziato sostenendo che rappresentava «un ostacolo alla libera circolazione nel mercato unico».”

E marchio italiano non significa necessariamente Made in Italy:

“Una marca italiana non garantisce che il prodotto sia made in Italy al 100 per cento.

Anche brand storici impiegano regolarmente materie prime d’importazione. Esemplare il caso dell’olio extravergine: 9 referenze su 10 fra quelle che si trovano abitualmente in vendita impiegano oli extravergini «comunitari». Eppure meno di un consumatore su 4 è cosciente di acquistare un prodotto non italiano. Potenza del brand. Un andazzo che premia la politica dell’industria alimentare: non importa da dove arrivino gli ingredienti, la garanzia sta dalla marca. Fidarsi è bene, non fidarsi è meglio.”
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Pubblicazione di lafucina.it.




VIDEO

http://www.lafucina.it/2015/01/20/made-in-italy/
 
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Sciroppo di Glucosio-Fruttosio: 5 motivi per starne alla larga


Diversi studi hanno evidenziato che il consumo di bevande che lo contengono può contribuire all’obesità infantile
Pubblicato il 21/01/2015 da Chiara Cevoli

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Sciroppo di Glucosio-Fruttosio: 5 motivi per starne alla larga

Diventato quasi onnipresente nelle etichette dei prodotti che compriamo al supermercato, in pochi sanno cos’è realmente, a cosa serve, da dove deriva e soprattutto: fa male o fa bene?[/B

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Lo sciroppo di glucosio-fruttosio (HFCS -High Fructose Corn Syrup) è prodotto dal mais, in particolare dall’amido di mais: tramite l’uso di composti chimici o enzimi a partire dalla lunga catena di molecole di glucosio che formano l’amido, si arriva ad una soluzione, lo sciroppo, che contiene oltre al glucosio percentuali variabili di fruttosio (45-55%).
Perché ne dobbiamo stare alla larga?

1. Nel saccarosio un legame chimico unisce il glucosio e il fruttosio. Quando si mangia, gli enzimi dello stomaco e dell’intestino rompono questo legame chimico. Nell’HFCS nessun legame chimico lega il glucosio al fruttosio: gli zuccheri sono già “slegati”, quindi entrano molto velocemente in circolo. Il fruttosio della frutta, al contrario, è “intrappolato” nelle fibre ed è quindi assorbito dall’intestino molto lentamente.

2. Una parte del fruttosio negli sciroppi HCFS non potendo essere tutto velocemente assorbito rimane nell’intestino dove fermentando può causare coliche. La maggior parte arriva invece al fegato dove è trasformato in grassi e stimola (con ritardo) la secrezione di insulina: questo processo a lungo andare oltre a causare problemi a livello epatico, porta all’insulino-resistenza, primo passo verso il diabete di tipo II.

3. Diversi studi hanno evidenziato che il consumo di bevande contenenti HFCS può contribuire all’obesità infantile. Inoltre questo sciroppo sembra sia una delle cause primarie dell’epidemia di diabete di tipo II che sta colpendo i paesi occidentali.

4. L’assunzione di fruttosio, a differenza del glucosio non è controllata dagli ormoni, quindi non solo non stimola la secrezione di insulina, ma anche di altri ormoni che regolano l’appetito: in pratica non arriva mai, o con molto ritardo, il senso di sazietà. Perciò noi mangiamo, mangiamo e mangiamo senza sentirci mai sazi, ma contemporaneamente ingrassiamo e non poco perché le calorie sono le stesso dello zucchero.

5. Le industrie alimentari usano questo dolcificante perché costa molto meno del comune zucchero, saccarosio, rende i prodotti più soffici e fa sì che si conservino più a lungo. Quindi, in pratica comprando gli alimenti che lo contengono, oltre a far guadagnare uno sproposito a chi già guadagna molto sulla nostra salute, sosteniamo un’agricoltura di sfruttamento, inquinante e eticamente sbagliata. E intanto ci ammaliamo.






In quali alimenti è contenuto? Vi riporto una piccola lista, giusto per farvi capire che lo aggiungono a tanti, troppi alimenti:

Tra le merendine: Kinder Brioss, Crostatine del Mulino Bianco
Yogurt: quasi tutti i Muller 0% lo contengono, e qui siamo proprio di fronte un paradosso alimentare.
Biscotti: Oro Saiwa (chi non li ha mangiati quando messo a dieta o semplicemente per “stare attenti alla linea”?), Biscotti Galbusera Ricchi in Fibre (Più Integrali, Col Cuore Frollino, Turco).


Leggete le etichette quando comprate qualsiasi prodotto confezionato al supermercato, questo è l’unico modo che avete per esser sicuri di quello che mangiate.

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Pubblicazione di Dott.ssa Chiara Cevoli Biologo Nutrizionista.
 
Il lato oscuro della produzione di banane


Un quinto dei lavoratori uomini è sterile e le lavoratrici rischiano di avere figli con difetti genetici
Pubblicato il 20/01/2015 da La Fucina

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Il processo di produzione di banane nasconde un lato oscuro: un quinto degli uomini che lavorano nelle piantagioni è sterile e le lavoratrici rischiano di dare alla luce bambini con difetti genetici e vedono aumentare del 50 per cento la probabilità di contrarre la leucemia. Tutto questo a causa delle sostanze chimiche tossiche impiegate per coltivare questo frutto, come spiegato sul Corriere della Sera:

“Oggi nelle piantagioni di banane si fa largo uso di sostanze chimiche tossiche affini agli insetticidi. Queste sostanze possono creare disturbi neurologici, sterilità e leucemia nei lavoratori delle piantagioni. In più uccidono indiscriminatamente gli animali invertebrati presenti nel suolo. La malattia chiamata Sigatoka nera è controllata con ripetute spruzzate di fungicida, fino a una ogni tre giorni… L’Università del Costa Rica afferma che un quinto dei lavoratori maschi delle piantagioni di banane è sterile, e che le donne hanno il 50 per cento di probabilità in più di sviluppare la leucemia e di avere figli con difetti genetici. Oggi nelle piantagioni di banane si fa largo uso di sostanze chimiche tossiche affini agli insetticidi. Queste sostanze possono creare disturbi neurologici, sterilità e leucemia nei lavoratori delle piantagioni. In più uccidono indiscriminatamente gli animali invertebrati presenti nel suolo. La malattia chiamata Sigatoka nera è controllata con ripetute spruzzate di fungicida, fino a una ogni tre giorni… L’Università del Costa Rica afferma che un quinto dei lavoratori maschi delle piantagioni di banane è sterile, e che le donne hanno il 50 per cento di probabilità in più di sviluppare la leucemia e di avere figli con difetti genetici“.

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La sostanza tossica che ricopre le pere

L'Italia l'ha vietata ma la frutta proveniente da alcuni paesi può essere trattata con questa sostanza
Pubblicato il 22/01/2015 da La Fucina

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La sostanza tossica che ricopre le pere

Si chiama etossichina, ed è stato vietato l’utilizzo dai ministeri della Salute e dell’Ambiente in quanto “sono state sollevate rilevanti criticità relative al valore degli attuali residui, rispetto al rischio per la salute degli utilizzatori e dei consumatori“. Ma alcuni paesi come Spagna e Portogallo hanno adottato una deroga per l’utilizzo dell’etossichina, quindi è possibile che nei supermercati italiani siano vendute pere importate trattate con questa sostanza. La vicenda ha suscitato la reazione di Coldiretti:

“E’ allarme in Italia per la presenza di frutta spagnola “tossica” perché trattata con una sostanza pericolosa per la salute utilizzata per allungarne la conservazione anche durante il trasporto. Una misura necessaria per tutelare la salute dei consumatori e difendere i produttori italiani dalla concorrenza sleale. Il Governo si adoperi a livello comunitario per la definizione di norme che siano comuni a tutti gli Stati Membri. La Spagna è il principale fornitore di frutta in Italia con un valore delle importazioni che è aumentato del 5 per cento nel 2013 per un totale di 478 milioni di chili dei quali ben 22 milioni di chili sono rappresentati da pere sulle quali nel Paese iberico è consentito l’utilizzo della molecola tossica. L’uso di questo formulato per il trattamento della frutta è infatti ancora ammesso in Spagna sulle pere destinate ad essere vendute anche in Italia nonostante siano state sollevate rilevanti criticità relative al valore degli attuali residui rispetto al rischio per la salute degli utilizzatori e dei consumatori, da parte delle autorità scientifiche“.
Etossichina sulle pere, come difendersi

Per sapere se nelle pere è presente l’etossichina bisogna leggere la provenienza della frutta: per fortuna da dicembre sono entrate in vigore le nuove norme europee che prevedono l’obbligo di indicare la provenienza in frutta e verdura fresche, e quindi basta comprare pere italiane per evitare questo inconveniente.

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Farina 00: l’uomo non l’ha mai mangiata


Le farine raffinate sono un fattore nocivo della nostra alimentazione

Pubblicato il 23/01/2015 da Franco Berrino

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Sono rimasto molto compito di avere visto un servizio alla televisione in cui un pizzaiolo napoletano a cui si è chiesto “che farina usa?” ha risposto “la farina”, come se ci fosse una sola farina. Per cui la farina era la farina 00 e anche per molti di noi effettivamente è così: quando vogliamo fare un dolce in casa, vogliamo fare la pasta in casa, andiamo a comprare la farina 00.
La farina 00 è una strana cosa, l’uomo non ha mai mangiato una roba così, fino a 60/70 anni fa era una cosa comune macinare il grano a pietra, è soltanto all’inizio del secolo scorso che sono comparsi i mulini di acciaio con cui si sono potute fare delle farine finissime, e quindi setacciandole si arriva alla cosiddetta farina 00. Questo tipo di farina rappresenta un vantaggio enorme per il commercio e per la grande distribuzione perché ha il grande che gli viene tolto ogni elemento vitale: vengono tolti sia la crusca, sia il germe di grano e quindi rimangono soltanto gli amidi, un po’ di glutine e un po’ di proteine del grano.

La farina 00 ha il vantaggio clamoroso che non va mai a male: potete tenerla per 10-20 anni e va sempre bene, se non ci vanno i topi a farci la pipì sopra è sempre una roba buona, nel senso che non è andata a male. Mentre se voi invece prendete una farina fatta con il grano macinato già dopo qualche settimana vi accorgete che rancidisce un po’ e dopo 6 mesi fa le farfalline, ma nessuna farfallina sarebbe così stupida da andare a mettere le sue uova nella farina 00.

La farina 00 e la farina 0, sono molto simili come composizione, sono diventate un uso comune, un uso abituale, però è un fattore nocivo della nostra alimentazione, perché questo sminuzzamento estremo del chicco di grano, fa sì che questi amidi siano molto più facilmente attaccabili dai nostri enzimi digestivi. Se volete si può dire che sono anche più facilmente digeribili, ma questo non è un pregio. Gli amidi sono dei polimeri di glucosio, decine di migliaia di molecole di glucosio che si attorcigliano in particelle molto piccole, molto molto facilmente digeribili, quindi fanno alzare la glicemia molto rapidamente, ma se si alza la glicemia molto rapidamente anche le insuline e il pancreas produce rapidamente insulina e questo apporta tutta una serie di conseguenze metaboliche che possono essere nocive per la nostra salute, naturalmente favorisce il diabete per esempio, ma la glicemia alta favorisce anche lo sviluppo dei tumori.

Quindi sarebbe bene spostarsi verso delle farine non così intensamente raffinate come quelle che ci propone l’industria oggi. Purtroppo nei normali supermercati, si trova la farina 00, qualche volta la farina 0 e poi si trova la farina integrale. Se si prepara un dolce con la farina integrale rimane anche buono, però non è molto fine, per cui varrebbe la pena prendere la farina integrale e setacciarla in casa per togliere la crusca più grossolana, ma sarebbe bene che i supermercati vendessero anche la farina setacciata, cosa che adesso alcuni cominciano a fare. Si chiamano farine di tipo 1 o 2 che per esempio uso per fare i dolci quando li voglio fare un po’ raffinati. Contengono anche un po’ di fibre, un po’ più di fibre. La componente dei cereali che più protegge sono le fibre, le sostanze che sono associate alle fibre e le sostanze che ci sono nel germe, tutte cose che sono state tolte dalla farina 00.

Personalmente mi piace molto farmi il pane, fare la pizza o farmi le piadine e i cosiddetti ciapati e molto spesso la mattina a colazione mi macino il mio grano per fare i ciapati e se il grano è appena macinato, è macinato da pochi minuti quando fate il vostro pane, i vostri chapati. Vi accorgete della differenza e il gusto è veramente… provare per credere!

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