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Covid, la Svezia in controtendenza: perché in pochi vogliono vaccinarsi

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SOCIETÀ/
Mauro Indelicato
28 NOVEMBRE 2020
Ancora una volta la Svezia si conferma in controtendenza rispetto al resto dei Paesi europei nell’affrontare la pandemia. Il Paese scandinavo nella prima parte dell’emergenza coronavirus ha fatto parlare di sé per la mancanza di forti misure restrittive. Adesso è sul vaccino che si avverte una profonda differenza rispetto al resto del vecchio continente. L’istituto Novus, come riportato da Libero, ha rilevato che meno della metà degli svedesi vuole farsi il vaccino. Non ci sarà, in poche parole, la corsa all’antidoto anti Covid. Qual è il motivo dietro questo orientamento?

La Svezia non è un Paese “no vax

I sondaggi condotti tra gli svedesi hanno fatto emergere soprattutto sfiducia nel vaccino. In Europa non sono certo gli unici ad esprimere un certo scetticismo. Anzi, i dibattiti sulla sicurezza delle dosi che a breve verranno immesse sul mercato non mancano. Ma in Svezia la percentuale di dubbiosi è apparsa davvero molto alta. Le farmacie non si stanno preparando a gestire resse e ordinazioni, come invece sta già avvenendo da altre parti. Si potrebbe pensare che tutto questo sia frutto di un atteggiamento anti vaccini dell’opinione pubblica svedese. Del resto, non sarebbe una sorpresa: dalla Germania all’Italia, passando per la Francia e il Regno Unito, soprattutto sui social movimenti “no vax” sono sorti ovunque in Europa, grazie anche ai social. E questo ben prima dell’ondata di pandemia capace di sconvolgere le vite di milioni di persone.

A ben guardare i dati degli ultimi anni riguardanti la Svezia, la realtà è ben diversa. Sul sito del ministero della Salute svedese c’è un elenco di undici vaccini che vengono somministrati ai bambini. Ma, è specificato, tutto è su base volontaria.
Non c’è alcuna obbligatorietà. Nonostante questo, le statistiche dicono che la vaccinazione infantile supera il 90%. Percentuale alta anche per quanto riguarda i vaccini contro le influenze stagionali. Gli svedesi quindi non sono così scettici riguardo gli strumenti vaccinali.

La confusione del 2009

Per trovare una risposta allo scetticismo attuale contro i vaccini anti coronavirus, occorre tornare indietro a undici anni fa. Era la primavera del 2009 quando, questa volta dal Messico, giungevano prime voci di un nuovo morbo capace di causare casi gravi di infezione. Si trattava del virus A/H1N1, il quale aveva fatto il salto di specie dal maiale all’uomo tanto da essere poi definito “influenza suina“. Dopo i primi focolai rintracciati in nord America, la comunità scientifica ha lanciato l’allarme e l’11 giugno 2009 l’Oms ha dichiarato la pandemia, la prima del XXI secolo. È quindi scattata una vera e propria corsa al vaccino, specialmente in previsione di una possibile ondata epidemica prevista per la stagione autunnale. Nulla di tutto questo è avvenuto: “Il virus si è adattato all’uomo e la pandemia è diventata un’endemia”, è stata la ricostruzione data dal virologo Massimo Clementi su InsideOver il 31 ottobre scorso.
Nel frattempo però proprio la Svezia nel 2009 è stato il Paese che ha aperto la corsa alle vaccinazioni. Si calcola che il piano di allora del governo ha permesso la somministrazione delle dosi, prodotte dalla inglese GlaxoSmithKline, a circa il 70% della popolazione. Il fatto poi che la tanto temuta pandemia non è arrivata, ha generato confusione tra gli svedesi.

Una corsa inutile al vaccino che oggi non si vorrebbe replicare. Anche perché nella mente della popolazione scandinava non è rimasto solo il ricordo della confusione, ma anche degli effetti collaterali dovuti alle dosi somministrate. La narcolessia, ossia la patologia che induce al sonno diurno, era il sintomo più preoccupante e più diffuso tra chi si era vaccinato. Casi del genere sono stati riscontrati anche nel Regno Unito, come dimostrato dalla storia del piccolo Josh Hadfield, ma è in Svezia che la questione è stata ben più evidente. Lo dimostrano anche le 702 richieste di indennizzo giunte al governo, di cui 440 già pagate per una spesa totale di 100 milioni di Corone, equivalenti a dieci milioni di Euro.

I timori per oggi

Il mondo scientifico ha provato a dare una spiegazione al perché di quella correlazione tra vaccini anti suina e narcolessia: “Questa reazione – ha scritto Yolanda Smith su NewsMedical.net – è stata dovuta probabilmente alla similarità delle proteine dell’H1N1 e dei neuroni nell’ipotalamo che producono l’ormone dell’oressina, responsabile della regolazione del sonno”. Nel vaccino anti coronavirus molecole ed ormoni coinvolti sono diversi da quelli delle dosi del 2009. Ma gli svedesi non si fidano ugualmente. Troppo forte il ricordo di un’impennata repentina di casi di narcolessia dopo la vaccinazione contro l’H1N1. Si teme che, oggi come allora, la corsa al vaccino sia tanto inutile quanto dannosa. E così, per questa volta, forse gli svedesi preferiranno verificare prima cosa accade nel resto d’Europa.



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forse gli svedesi preferiranno verificare prima cosa accade nel resto d’Europa.
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