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Kenya:Facevano credere a donne di vaccinarle contro il tetano,ma in realtà le sterilizzavano
Posted on novembre 17, 2014
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vaccinazioni kenya sterilizzazione donne

Fermato il piano dell’Oms e Unicef in kenya.Donne vaccinate con quello che doveva essere il vaccino per il tetano,ma che in realtà le sterilizzava.Ma perchè? Per il controllo della popolazione, tramite l’utilizzo di un vaccino che regola la fertilità

I medici kenioti cattolici e i vescovi hanno denunciato il governo e le Nazioni Unite per aver già somministrato a un milione di donne un vaccino contro il tetano contenente un antigene che produce anticorpi abortivi.

«Quello che sta accadendo è gravissimo», dice a tempi.it Stephen Karanja, ginecologo, presidente dell’Associazione dei medici cattolici del Kenya e membro del consiglio esecutivo della commissione Salute della Conferenza episcopale del paese. «Le ragazze stanno subendo trattamenti di sterilizzazione a loro insaputa senza che il governo abbia controllato i contenuti dell’antidoto. Ora le donne sono alla terza somministrazione, occorre bloccare tutto prima che si arrivi alla quinta se vogliamo salvarle».
«Abbiamo inviato sei campioni provenienti da tutto il Kenya ai laboratori del Sud Africa. Hanno riscontrato la presenza dell’antigene Hcg», ha spiegato Muhame Ngare, medico presso il Misericordia Medical Centre di Nairobi. Altri campioni sono stati analizzati dall’Università di Nairobi con risultati identici.



A finanziare i trattamenti sono l’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) e l’Unicef.

(non donate soldi all'unicef)

Il 4 novembre scorso in un comunicato l’Associazione dei medici cattolici ha reso noto che i risultati «confermano la nostra peggiore paura; la campagna dell’Organizzazione mondiale della sanità non mira a sradicare il tetano neonatale ma è un ben coordinato ed efficace tentativo di sterilizzazione di massa per il controllo della popolazione, tramite l’utilizzo di un vaccino che, come provato, regola la fertilità».
Dopodiché è intervenuto il ministro della Salute, James Macharia, smentendo i medici pur senza entrare nei dettagli ma semplicemente dichiarando che «lo raccomanderei a mia figlia e a mia moglie perché lo approvo al cento per cento e confido che non abbia effetti contro la salute».Senza entrare nello specifico,questa è una spiegazione che non vale assolutamente a nulla.

Di fronte a tali pressioni,e all’infondatezza delle dichiarazioni del ministero della salute, il governo keniota è stato costretto a sospendere il programma di vaccinazione anti tetano dell’Oms e dell’Unicef scoprendo che in realtà alla quinta dose avrebbe provocato, la sterilizzazione di 2 milioni e trecentomila donne dai 14 ai 49 anni d’età.


Stephen Karanja, presidente dell’Associazione dei medici cattolici del Kenya e membro del consiglio esecutivo della commissione Salute della Conferenza episcopale del paese, spiega a tempi.it il risultato dell’azione della Chiesa e della comunità scientifica che ieri hanno incontrato i membri della Commissione parlamentare per la Salute. «Sono felicissimo. Di fronte all’evidenza scientifica ci hanno dato ragione sospendendo le vaccinazioni.Non è servito convincerli. Davanti alle prove scientifiche sono rimasti scioccati, erano mortificati: un membro della commissione ha detto agli altri: «Di fronte all’evidenza abbiamo ancora dubbi su chi stia mentendo?». I commissari hanno stabilito che siccome il vaccino viene dall’Oms, non potrà essere più somministrato finché non lo avrà analizzato il governo, insieme ai medici e alla Chiesa.>>

Fonti: Kenya. Medici i denunciano piano Oms di sterilizzazione | Tempi.it

Kenya. Fermato programma tetano Oms | Tempi.it





MA PERCHE' SEI NATO ?
 
Muore per una overdose di chemio
Medici sotto processo a Palermo



Valeria chiese della terapia anche all’infermiera, che le rispose: «È u stissu´»
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PALERMO- Overdose di chemioterapici: sarebbe stato un semplice errore numerico a uccidere Valeria Lembo, la donna di 34 anni morta il 29 dicembre del 2011. Il suo calvario, iniziato il 7 dicembre del 2011, è stato raccontato oggi dai genitori e dalla zia davanti al tribunale monocratico che processa quattro medici e due infermieri del reparto di Oncologia medica del Policlinico, imputati a vario titolo per omicidio colposo e falsificazione di cartella: Sergio Palmeri, allora primario del reparto, il medico Laura Di Noto, lo specializzando Alberto Bongiovanni, lo studente universitario Gioacchino Mancuso, l’infermiera professionale Clotilde Guarnaccia e l’infermiera Elena D’Emma. Alla vittima furono somministrati, invece di nove, novanta milligrammi di vinblastina, una molecola chemioterapica usata per combattere il morbo di Hodgkin.
La madre di Valeria: «Si era subito resa conto dell’errore»
«Lo hanno capito subito di avere fatto un grosso errore», ha affermato Rosa Maria d’Amico, madre della vittima. La dottoressa Di Noto, il pomeriggio successivo alla dose letale di chemio, chiamò diverse volte a casa e al cellulare di Valeria, consigliandole di andare al pronto soccorso: «Così andammo al Buccheri La Ferla e il giorno dopo mia figlia venne ricoverata al Policlinico. Valeria si era subito resa conto che le avevano sbagliato la terapia». La madre di Valeria ha poi sottolineato: «Lo disse anche all’infermiera che le rispose: `È u stissu´ (è lo stesso, ndr). Anche Palmeri sapeva. Quando mio genero e mio marito andarono a chiedere cosa era successo, il medico disse: `dopo trent’anni di onorata carriera mi darei pugni in testa, tutto questo per una dose in più.». Qualche giorno dopo le braccia di Valeria erano rosso intenso: «Sembrava avesse dei guanti - ha proseguito Rosa Maria - aveva le croste in viso. Andava continuamente in bagno. E poi cominciò a vaneggiare. La cosa che mi fa più schifo è che il dottore Palmeri non ha avuto l’etica professionale, né il coraggio di uomo di dirci come stavano le cose». Il 16 dicembre Valeria Lembo venne trasferita all’ospedale Cervello, dove si resero subito conto della gravità della situazione. «Il dottore Bongiovanni - prosegue la madre della vittima - chiamava ogni notte, per informarsi della sua condizione». Il figlio di Valeria, che aveva sette mesi quando la madre è morta, chiede sempre di lei: «Mi dice: nonna, prendiamo un razzo e andiamo a trovare la mamma. Mi manca». Una storia straziante ripercorsa anche dal padre di Valeria, Carmelo Lembo, e dalla zia, Anna Maria D’Amico. Il processo è stato rinviato al 23 marzo per l’esame degli imputati.
 
Dopo la morte di Maometto nel 632, gli eserciti islamici sbaragliarono rapidamente prima l'impero persiano nel 637, poi logorarono l'impero bizantino con la conquista di Siria e Palestina (633-640), Egitto (639-646), Gerusalemme (638). La conquista dell'Africa del Nord avvenne dal 647 al 763. Nel 711 iniziò l'occupazione della Spagna protrattasi per ben otto secoli fino al 1492. Nel 718 gli islamici si spinsero in Francia occupando Narbona, Tolosa (721), Nimes e Carcassonne (725), prima di essere fermati a Poitiers (732). In Italia i primi attacchi islamici alla Sicilia iniziarono nel 652 e il controllo stabile sulla Sicilia è durato fino al 1061, mentre solo nel 1190 finisce la presenza islamica nell'isola. Le incursioni islamiche raggiunsero la Sardegna, Amalfi, Gaeta, Napoli e Salerno, il Monferrato, la Riviera Ligure. Nell'813 gli islamici distrussero l'odierna Civitavecchia, avanzarono verso Roma e saccheggiarono la Basilica di San Pietro e la Basilica di San Paolo per due volte (la seconda nell'864). A Bari fondarono un Emirato islamico durato 25 anni a partire dall'847. La Storia ci dice che dalla morte di Maometto nel 632 fino a quando i cristiani cominciarono a reagire organizzando le Crociate a partire dal 1.096, ovvero 464 anni, gli islamici avevano già occupato con le guerre e una lunga scia di sangue le sponde orientale e meridionale del Mediterraneo, la Spagna, la Sicilia e avevano per due volte saccheggiato la Basilica di San Pietro a Roma.

e tu porgi l'altra guancia dopo dovrai piegarti a 90°
 
Prende i ladri a martellate: è accusato di tentato omicidio


Il coraggio può costare caro a un agricoltore toscano: al momento non gli è riconosciuta la legittima difesa. Rischia almeno 7 anni di galera


Fabio Franchini - Lun, 09/03/2015 - 16:07
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Per la seconda volta in due giorni gli sono piombati i ladri in casa e lui, agricoltore toscano cinquantenne, si è stufato di subire inerme.


Se il giorno prima i malviventi, sfondata una finestra, gli avevano portato via diversi attrezzi agricoli, l’indomani li ha cacciati a colpi di martello.

È la storia – riportata da La Nazione – di un coraggioso contadino delle campagne Palazzuolo, nel comune di Monte San Savino, in provincia di Arezzo. La sua temerarietà però potrebbe costargli carissimo. L’uomo è infatti accusato di tentato omicidio: rischia una pena di almeno sette anni di carcere.

L’agricoltore ha raccontato agli inquirenti di essere stato allarmato da rumori sospetti. Prima l’arrivo di un auto, poi passi furtivi. Fresco della recente brutta esperienza si è messo in guardia e, constatato l’ennesimo furto in arrivo, ha deciso di reagire, impugnando un martello. Si ritrova così faccia a faccia con i due delinquenti e gli si scaglia contro. La colluttazione è violenta: dopo aver preso una manica di botte, l’uomo colpisce alla testa un criminale, tramortendolo. L’altro ladro soccorre il complice, trascinandolo in auto. E scappano inseguiti dal contadino, che chiama dunque i carabinieri.

Il contuso è ricoverato in un ospedale di Siena e racconta di essersi ferito cadendo; di comune accordo con il “collega” malavitoso ha studiato a tavolino la versione da raccontare e pare non esserci alcuna prova che possa inguaiarli al di là di ogni ragionevole dubbio: non possono essere accusati di furto. E il pubblico ministero, allora, giudica l’unico dato certo, ovvero la martellata in testa di chi cercava di difendere casa propria. Al momento è giudicata come tentato omicidio, non legittima difesa.


ma non si può denunciare lo stato per complice ?
 

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