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Tutte le batoste sui pensionati da Prodi a Conte

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Tutte le batoste sui pensionati da Prodi a Conte

I vecchietti italiani in 20 anni hanno perso il 30% del potere d’acquisto. Aiutano i giovani disoccupati o i precari eppure sono dimenticati dallo Stato

Michele Di Lollo - Lun, 27/01/2020 - 11:22





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In questo Paese soffrono. E non sono i soli. Tartassati, umiliati, sono diventati il bancomat di qualsiasi governo.
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Quando c’è un buco, quando non si sa dove trovare i soldi per questa o quella manovra ecco che tutti si precipitano su di loro: i pensionati. Colpendo loro, si colpisce un’ampia fetta di popolazione perché, purtroppo, in Italia, le pensioni sono un potente ammortizzatore sociale per i giovani precari e non solo.
Nonostante questo ruolo strategico, i pensionati, sono spesso considerati privilegiati da mungere. È quello che è accaduto con le ultime rilevazioni Istat. Lo studio rivela che le pensioni sono cresciute più degli stipendi. Di qui i titoloni di alcuni giornali. È partita così la caccia al vecchietto ricco che forse vuole preparare il terreno per qualche altro esproprio ai danni della categoria. Negli anni di vessazioni ce ne sono state molte. Lo scrive la Verità.
La più pesante è la mancanza dell’adeguamento totale al costo della vita, la cosiddetta perequazione. Da 20 anni le indicizzazioni delle pensioni sono nel mirino, con l’unico scopo di produrre risparmi. In alcuni periodi le pensioni sono rimaste bloccate, mentre in altri, hanno subito differenti indicizzazioni che hanno tuttavia prodotto una riduzione non più recuperabile. Dal 2000 c’è stata una perdita del potere d’acquisto di quasi il 30%. E nessuno ne parla.
La prima batosta la dà proprio la sinistra. Il governo Prodi per l’esattezza. Nel 1997 azzera la rivalutazione dei trattamenti superiori a 5 volte il minimo, cioè pari agli attuali 1.430 euro circa. L’azzeramento si è protratto con i governi D’Alema e Amato. Dopo una tregua negli anni 2001-2006 (governo Berlusconi), nel 2008, Prodi azzera la rivalutazione delle pensioni oltre 8 volte il minimo. La situazione precipita con i successivi premier Mario Monti, Enrico Letta, Matteo Renzi e Paolo Gentiloni.
In particolare Monti, con la manovra Salva Italia, blocca la perequazione nel 2012-2013 per i trattamenti superiori a 3 volte il minimo (riconoscendola perciò nel 2012 solo per quelle fino a 1.405,05 euro mensili, mentre nel 2013 solo per quelle fino ad 1.443 euro). P
oi arriviamo al governo di Giuseppe Conte. "L’avvocato del popolo" decide di colpire i trattamenti superiori a 5 volte il minimo. L’Inps ha quindi dovuto chiedere il rimborso di quanto versato. L’ultima parola l’ha scritta la legge di bilancio: rivalutazione, sì, ma di 53 centesimi lordi al mese per pensioni tra 3 e 4 volte il minimo. Una mancetta inutile. Una miseria che puzza di presa in giro.
Tra le misure a scapito dei pensionati c’è il contributo di solidarietà su cui si sono sbizzarriti diversi governi con la motivazione di colpire i nonni ricchi e quindi privilegiati. Il prelievo adottato anche con la scorsa legge di Bilancio, è a carico di assegni superiori a 100mila euro. Anche nelle tasse sulla casa, i pensionati vengono colpiti senza pietà. La Tari è calcolata in base alla superficie dell’immobile e ai componenti del nucleo familiare.
Quindi penalizza quegli anziani che hanno ereditato un appartamento grande, dove vivono da soli.
Sempre in tema di fisco, i pensionati hanno un’Irpef più pesante dei lavoratori dipendenti. Con la riduzione del cuneo fiscale, previsto dalla legge di Bilancio 2020, un impiegato con 35mila euro di reddito verserà 8mila euro di Irpef, cioè il 23% del suo reddito, mentre un pensionato pagherà 8.972 euro, pari al 25%. Sono stati esclusi dal bonus Renzi di 80 euro, destinato ai lavoratori dipendenti, che è stato portato a 100 euro. Un lavoratore con un reddito fino a 12.500 euro, con il bonus da 100 euro si trova ad avere un’aliquota negativa che diventa zero a 12.509 euro. Se questa stessa cifra la dichiarasse un pensionato dovrebbe versare allo Stato 1.300 euro, pari al 10,73% del suo reddito.
Un’altra penalizzazione è sul ticket sanitario dal quale sono esenti solo le pensioni minime (515 euro), quelle sociali (460 euro) e i redditi degli over 65 entro circa 36mila euro. Infine l’assegno di reversibilità. Ridurlo è sempre stata una grande tentazione. Ci riuscì Lamberto Dini che lo agganciò a tre fasce di reddito. La riforma è in vigore ancora oggi. E non è una buona notizia.


MA perchè semplice la maggioranza dei cittadini è dipendente ed i poveri sono la maggioranza.
 
Il Fisco controlla le foto per metterci alla gogna

Il Fisco può utilizzare il web in più modi. Per scovare evasori fiscali e furbetti le autorità possono attingere alle immagini presenti su internet

Federico Giuliani - Lun, 27/01/2020 - 13:34





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Il contrasto all'evasione fiscale passa anche dai dati raccolti online, veri e propri indizi che sempre più spesso trovano spazio nelle sentenze dei giudici e nelle circolari dell'Agenzia delle Entrate.
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Certo, resta sempre l'incognita della veridicità da dimostrare per le informazioni pubblicate dagli utenti sui vari social network, ma il Fisco, intanto, affila le armi.
Innanzitutto è bene fare un breve ripasso delle direttive. Come sottolinea Il Sole 24 Ore, la circolare 16/E del 2016 ha aperto all'uso delle informazioni reperite sul web sulle cosiddette “fonti aperte”, cioè su social, motori di ricerca e servizi online. Le successive linee guida per i controlli 2020 prevedono, tra le altre cose, un riscontro sui siti internet di circoli e associazioni alla ricerca delle finte Onlus.
Il Comune di Pineto, provincia di Teramo, ha accertato l'imposta di pubblicità non versata per quattro anni utilizzando alcune foto scaricata da Google Street View. Gli spaccati mostravano chiaramente un veicolo sul quale era ben visibile l'installazione di un cartellone pubblicitario. La Cassazione, di fronte a una simile evidenza, ha respinto le obiezioni del contribuente, che ovviamente contestava le immagini.
Il Fisco e il web
In generale, il Fisco può utilizzare il web in più modi. Le autorità fiscali possono attingere alle immagini presenti su internet per reperire informazioni sulle caratteristiche degli immobili, sulla zona in cui si trovano, ma anche per scovare le finte Onlus e le false offerte che circolano in rete, come ad esempio palestre, piscine o centri benessere fasulli. In altre parole il Fisco è chiamato a individuare quelle immagini e quei dati (pubblici sulla rete) utili a inchiodare eventuali furbetti.
È tuttavia doveroso fare una distinzione tra Italia e Francia. Mentre il Fisco del nostro Paese può fare un uso “sartoriale” di internet, quello francese può farlo in modo “industrializzato”. In altre parole, Parigi può raccogliere e analizzare i dati pubblicati dai cittadini sui social in maniera automatizzata.
Per quanto riguarda i social, i messaggi e le foto presenti sui vari Facebook, Instagram e via dicendo, possono documentare “attività, consumi e spostamenti dei cittadini”. Dunque sono a tutti gli effetti prove, che non a caso sono usate nel campo delle cause di divorzio oppure per rilevare un tenore di vita incompatibile con il reddito dichiarato, o ancora per fare luce su una residenza fittizia.
Abbiamo parlato della veridicità. L'immagine da sola non è sufficiente a inchiodare colpevoli veri e presunti, perché ritenuta informazione incompleta e troppo generica. In certi casi, come ad esempio in campo amministrativo, è stata stabilita legittima l'emanazione di un'ordinanza demolitoria.


L'unico sarebbe uno sciopero fiscale.Totale
 

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