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Macron sfida ancora l'Italia: ci rimanda indietro un tir pieno di migranti
I clandestini beccati vicino a Nizza e subito rimpatriati in Italia. Salvini accusa il governo Conte: "È complice o incapace?"

Andrea Indini - Sab, 02/11/2019 - 18:01

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I clandestini, la gendarmerie li ha pizzicati a pochi chilometri da Nizza. Erano tutti e trentuno stipati su un camion che stava viaggiando su un'autostrada nel sud-est della Francia.
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Dopo essere stati fermati durante un controllo di routine, i pachistani sono stati portati nel nostro Paese mentre l'autista è stato arrestato e portato a Mentone. Un'azione che, pur seguendo le procedure di non ammissione che sono entrate in vigore nel 2015 dopo la chiusura dei valichi con l'Italia, ha scatenato l'ira della Lega. "Altro che Orbàn, è l'europeista Macron a confermarsi spietato", ha lamentato Matteo Salvini accusando il governo Conte di essere "complice" dei francesi o "incapace" a gestire l'emergenza immigrazione.
Dal 2015, con la scusa dell'emergenza terrorismo, il governo francese ha sospeso gli accordi di Schengen e ha iniziato a pattugliare tutti i confini e i valichi con l'Italia. Come già documentato la scorsa estate in un reportage del Giornale.it, il limite dei due anni imposto dai trattati è stato ampiamente aggirato. E così non passa giorno senza che la gendarmerie non batta a tappeto i treni provenienti dall'Italia in cerca di clandestini o le autostrade del sud del Paese per fermare i passeur. E così, una volta che i migranti vengono pizzicati senza il permesso di soggiorno, vengono immediatamente caricati su un furgone, trasferiti al confine e consegnati alle autorità italiane per essere rimpatriati (guarda il video). Così è successo anche ieri, come annunciato dal procuratore di Nizza, quando durante un controllo su un'autostrada nel sud-est della Francia, a qualche chilometro dal confine italiano, trentun pachistani sono stati trovati dentro a un camion.

Migranti, gli abusi della Francia: "Chiusi in container senza cibo"











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"Tra gli occupanti del camion - ha fatto sapere il procuratore di Nizza - c'erano tre adolescenti di circa 15 anni ma senza famiglia". Senza pensarci troppo, i francesi hanno consegnati i trentun pachistani alle autorità italiane. "Abbiamo agito sulla base della procedura di non ammissione in vigore dal ripristino del controllo di frontiera nel novembre 2015", ha dichiarato la prefettura francese ricordando che questo tipo di procedura si applica quando il controllo avviene in uno dei cosiddetti "valichi autorizzati". Una sorta di frontiera virtuale che permette agli agenti di fermare tutti gli irregolari, indipendentemente dall'età. Peccato che, come ricorda il vice presidente del Senato Roberto Calderoli, la decisione di sospendere gli accordi di Schengen e di ripristinare i controlli alla frontiera sia stata unilaterale. "Questa è l'Europa a cui siamo inchinati - tuona il leghista - veniamo trattati da repubblica delle banane e ci trattano come se fossimo un centro di raccolta di clandestini a cielo aperto".
Ora l'ufficio del procuratore di Nizza si ripromette di mettersi al lavoro per rintracciare la rete di trafficanti che ha permesso ai trentun pachistani di arrivare fino a pochi chilometri da Nizza. La realtà, però, è che il loro unico scopo è di respingere il maggior numero di stranieri possibile. Tanto che la stessa prefettura delle Alpi Marittime ha rivendicato "l'efficacia delle misure per combattere l'immigrazione clandestina, che opera 24 ore al giorno, sette giorni alla settimana", per rimandare i clandestini nel Belpaese. Anche quelli che, come dimostrato dal Giornale.it, vengono beccati a centinaia di chilometri dal confine italiano (guarda il video). E gli stratagemmi usati dalla gendarmerie, su impuslo del governo francese, sono molteplici. Tra questi anche la falsificazione dei documenti. Eppure, nonostante le continue denunce, l'Unione europea, che tanto si è spesa contro i porti chiusi dell'Italia e i respingimenti dell'Ungheria, non ha mai mosso un dito per contrastare il pugno duro di Emmanuel Macron.

Così la Francia falsifica i documenti per mandare i migranti in Italia


 
NON CI SONO GLI IMMIGRATI CHE CI DANNO I PROBLEMI MA QUELLI DI CASA NOSTRA.

Toscani salvato, per il pm dare del "fascista" a Salvini non è reato

Il pm di Milano Stefano Civardi ha chiesto l'archiviazione per Oliviero Toscani a seguito della denuncia presentata dal leader della Lega che il 2 agosto scorso era stato insultato dal noto fotografo

Francesco Curridori - Sab, 02/11/2019 - 11:44


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Dare del 'fascista' e dell' 'incivile' a Matteo Salvini non è reato. Il pm di Milano Stefano Civardi ha chiesto l'archiviazione per Oliviero Toscani a seguito della denuncia presentata dal leader della Lega che il 2 agosto scorso era stato insultato dal noto fotografo.

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Toscani, ospite del programma radiofonico 'La Zanzara', a chi gli chiedeva se Salvini fosse fascista, rispose: "No, di più. Peggio, dopo aver visto ciò che si è visto. Chi è che parla di castrazione? E lui dice no, non possono sbarcare...non sono clandestini sui barconi c'è della gente. Salvini è un incivile". Oggi il fotografo, interpellato dall'Adnkronos, si è mostrato fiero della denuncia ricevuta: "Sono andato persino al palazzo di giustizia per i commenti che faccio. La penso così e pago per questo, i soldi servono per dire quello che uno pensa, questo è il mio commento". E ancora: "È il mio pensiero, il pm mi ha detto 'va bene' - conclude Toscani - quello che ho detto è quello che penso".
Il pm Civardi, invece, spiega il Corriere, ha motivato la sua decisione spiegando che i termini "fascista" e "incivile" non rientrano nel reato di diffamazione, ma l'uso di quei termini può essere "scriminato dall'esercizio del diritto di critica politica" tutte le volte in cui l'epiteto, "lungi dall'essere semplice argumentum ad hominem" e dunque "gratuito attacco alla persona di Salvini" o al suo partito, intende "biasimare scelte politiche al centro del dibattito pubblico".
 
ITALIANI FATE SCHIFO ALLA SINISTRA MA LO AVETE CAPITO O NO ?




La sinistra si "scorda" una norma. E regala 1,6 milioni ai nomadi
L'incredibile caso a Ferrara. Già partito l'esposto della Lega alla Corte dei Conti. Mai incassati i crediti verso i nomadi

Giuseppe De Lorenzo Eugenia Fiore - Sab, 02/11/2019 - 10:06

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Se ci si mette a conteggiare gli anni, i mesi, i giorni e i soldi mai stati incassati vengono le vertigini. Dal 1989 ad oggi, si stima almeno un milione e seicentoquarantadue mila euro.
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Esatto, circa 1,6 milioni di canone che i nomadi avrebbero dovuto versare nelle casse del Comune di Ferrara e di cui invece non se n’è mai vista l’ombra.
Questa assurda storia inizia il 16 novembre di trenta anni fa. Al governo della città emiliana c’era Roberto Soffriti, allora esponente del Partito Comunista Italiano (poi Pds). Negli anni ’80, all’ombra del castello estense non esistevano aree di sosta autorizzate per i nomadi, che vivevano sparpagliati in alcune zone della città. “Versavano in una situazione di estremo disagio”, raccontano i volontari di quegli anni, “con un alto tasso di analfabetismo e in condizioni igieniche precarie”. L’amministrazione rossa decise allora di individuare in via delle Bonifiche un’area dove farli abitare e “favorire l’integrazione”.
Fin qui, nulla di strano. È storia. Il seguito però è curioso. Il Consiglio Comunale dell’epoca approvò un “Regolamento” molto chiaro. All’articolo 3 stabiliva che l’autorizzazione alla sosta era consentita "previo pagamento anticipato di un canone giornaliero per l'uso dei servizi (consumo acqua, energia elettrica, raccolta rifiuti) e versamento di una cauzione su cui rivalersi in caso di danni alle strutture del campo o di debiti non assolti”. I consiglieri assegnarono alla giunta il compito di emanare un provvedimento che determinasse “quanto” e “come” i nomadi dovessero versare l’obolo. Ma per 29 anni nessuno c’ha pensato. Una dimenticanza? Forse. Fatto sta che la svista ha prodotto un danno non indifferente per le casse comunali.

Pure i nomadi elogiano il "metodo Lega": "Noi, contenti dello sgombero"











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La determinazione del canone è arrivata solo a novembre dell’anno scorso, pochi mesi prima che il centrosinistra perdesse rovinosamente le elezioni comunali. Il Pd decise di chiedere ai Sinti (cittadini italiani) 10 euro al giorno per ogni nucleo familiare. Più il 50% del canone da versare per la cauzione (5 euro). L’obiettivo era quello di recuperare i crediti verso chi ha alloggiato nel campo a spese dell’amministrazione. Considerato il termine di prescrizione dei debiti, si era deciso risalire fino al 2008. Quindi dieci anni di arretrati: se si considera una media di 10 famiglie nomadi, il conto si aggira intorno a 547mila euro. Sui venti anni precedenti, però, non si può fare più nulla. Sono debiti estinti. Calcolatrice alla mano, il conto dal 1989 al 2008 sarebbe stato di altri 1.095.000 euro. In totale si arriva ai sopra citati 1,6 milioni di euro. Un’enormità.
“Qualcuno dovrà pagare per questo”, si inalbera Nicola Lodi, attuale vicesindaco leghista. La nuova giunta ha presentato un esposto alla Corte dei Conti per verificare se vi siano stati “danni erariali per i mancati versamenti e per il ritardo con cui la delibera è stata formulata”. Se le giunte di sinistra avessero stabilito già nel 1989 il canone, i nomadi avrebbero dovuto pagare. Ma così non è stato. Senza contare che nel frattempo, oltre a non aver incassato nulla, il Comune ha pure speso per mantenere l’alloggio dei nomadi. Dal 2008 a oggi, per l’energia elettrica sono sfumati 391mila euro; altri 94mila euro per l’acqua; ulteriori 178mila per lavori vari di manutenzione (che peraltro spettava ai nomadi) e esborsi consistenti per progetti di integrazione (114mila solo a una associazione). La fattura è da capogiro.
Oggi il campo nomadi non esiste più. Le ruspe “guidate” da Lodi si sono abbattute sulle baracche fatiscenti (leggi qui). “Abbiamo trovato una condizione igienica indecente”, racconta il vicesindaco. Bagni intasati dalle feci, scarichi che ristagnavano vicino alle case, bambini costretti a giocare tra i rifiuti (guarda qui). Prima dell’abbattimento i nomadi sono stati trasferiti altrove (leggi qui). Al comune è costato 10mila euro circa di lavori, più 2.800 al mese di contributi per le associazioni che ne ospitano alcuni. Un’inezia rispetto al passato (circa 8mila al mese). Le utenze (acqua, luce, gas) sono già state intestate ai singoli capi-famiglia, che devono pure pagare l’affitto. Il progetto durerà sei mesi: se i nomadi si adegueranno alle regole, bene. Altrimenti arriverà lo sfratto. “La sinistra ci attacca”, conclude Lodi, “ma noi abbiamo trovato una soluzione in soli due mesi. Loro invece li hanno mantenuti per anni a spese dei ferraresi, lasciando proliferare un campo ai limiti dei diritti umani”.

Nomadi, il campo sgomberato in tempo record











 
Giuseppe Conte, il nuovo emendamento: in arrivo 7 milioni di euro per personale e dirigenza di Palazzo Chigi
2 Novembre 2019
Giuseppe Conte, il nuovo emendamento: in arrivo 7 milioni di euro per personale e dirigenza di Palazzo Chigi





Ma il Conte bis non era il governo che avrebbe abbassato le tasse agli italiani? Sembrano lontani i tempi in cui i Cinque Stelle si affacciavano dal balcone di Palazzo Chigi affermando di "aver abolito la povertà". A distanza di un anno sappiamo benissimo che il Reddito di cittadinanza non ha cambiato di certo la situazione economica del Paese, ma che il premier da loro scelto per ben due volte si immolasse alla causa dei "ricchi" ci fa comunque specie.
Leggi anche: Giuseppe Conte ossessionato da Salvini: l'ultimo avvertimento a Pd e M5s
Secondo Adnkronos dal 2020 sono in arrivo 5 milioni di euro in più per il personale della Presidenza del Consiglio e 2 milioni per i dirigenti della Presidenza, per un totale di 7 milioni di euro. La novità è contenuta in un emendamento, bollinato dalla Ragioneria Generale dello Stato, al decreto legge Riordino dei ministeri. Quando si dice "alla faccia della povertà".
 

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