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Luca Donadel, studente di Scienze della Comunicazione di 23 anni, ha realizzato un video con cui, attraverso un sistema Gps di rilevamento dei tracciati delle navi, è riuscito a ricostruire i movimenti dei natanti delle Ong attraverso il Mediterraneo verso le coste libiche. "I giornali di sinistra e quelli cattolici ce l'hanno con me, puntano a sminuire il mio lavoro", accusa ora il blogger in un colloquio con il Giornale, che partendo da un video "di Gefira che aveva fatto l'esperimento prima di me" ha poi tracciato le rotte e "postato il risultato sulla mia pagina Facebook. In poco tempo è stato visualizzato da un numero impressionante di contatti".
Un lavoro quello di Luca che non è piaciuto a cattolici e comunisti. In un articolo di Avvenire, il video del giovane è stato definito "immorale", l'Unità ha parlato di "video bufala che anche la destra cavalca", il Manifesto ha titolato "La bufala rilanciata da Striscia prepara nuove stragi in mare". "Cercano di denigrare il mio lavoro attaccandomi a livello personale. Perché non fanno loro un video in cui provano a controbattere a ciò che ho detto? D'altronde i tracciati di un gps non si possono smentire, sono inequivocabili visto che sono dati e numeri".
E i dati dicono che da quando le organizzazioni non governative operano tra il canale di Sicilia e la Libia il numero dei migranti che arrivano sulle coste italiane è sensibilmente lievitato. Si parla di un'aspettativa di 250mila immigrati per il 2017 contro i 181mila del 2016. "Ricordo che ci sono le indagini aperte dalle varie procure siciliane a confermare ciò che ho detto - conclude Luca - e ho citato anche altri dati oltre ai rilevamenti gps, quali il numero dei morti in mare nel corso dei mesi passati, indicando un aumento, come confermato di recente anche dal procuratore di Catania Zuccaro".
si un bel giochino che ci porta allo sterminio degli italiani.Se non andiamo subito al voto ma i politici restano attaccati alla poltrona altrimenti perdono la pensione.
[h=1]Ha infranto un tabù e finisce alla sbarra[/h] [h=2][/h] Puntando il faro sulle Ong, Zuccaro ha infranto un tabù. Ad attaccarlo è la sinistra e chi fa affari con l'accoglienza
Il procuratore capo di Catania Carmelo Zuccaro ha fatto un'uscita impropria. Nasconderlo per convenienza politica sarebbe ipocrita.
Questo non significa che la sua inchiesta sia un «teorema sull'acqua», come da accusa del partito dei tifosi degli sbarchi, non fosse altro perché al lavoro sul presunto teorema ci sono altre tre procure: Palermo, Trapani, Reggio Calabria. Tutti e quattro, con Catania, uffici giudiziari cui lo stesso «partito» mediatico che ieri bombardava Zuccaro, ha sempre conferito un'aura di intoccabilità. Finché non hanno osato sfiorare un sacro totem.
Che non è tanto quello dei migranti, quanto quello dell'industria della solidarietà, uno dei pochi settori che, nell'Italia della decrescita infelice, è ancora florido. Un'industria che non ha il dovere di rendicontare i suoi introiti, ha un mezzo lasciapassare sulle norme che regolano l'impiego dei lavoratori, gode di buona stampa. E, soprattutto, è legata strettamente, e non solo da affinità politiche, a due mondi che contano: quello cattolico e quello della sinistra. E va ricordato che nel prossimo Def è previsto uno stanziamento di 4,6 miliardi di euro che, in buona parte, andrà proprio ad alimentare questa industria.(E IO PAGO)
Dunque il procuratore Carmelo Zuccaro è un ingenuo? Non risulta. Fino a oggi non è mai stato sfiorato dalle polemiche. Catanese, è stato ufficiale di complemento della Guardia di finanza, poi ha svolto una lunga carriera tutta in distretti giudiziari che fanno rima con Cosa nostra. Alla guida di Catania, dove era stato procuratore aggiunto e coordinatore distrettuale dell'Antimafia, è arrivato con un voto a larga maggioranza del Csm. Quello stesso Csm che è rimasto a guardare di fronte alla baraonda dell'inchiesta Consip e che invece ieri ha tenuto a far sapere che aveva messo nel mirino all'istante Zuccaro. Il procuratore, tra l'altro, è uno che di solito non va in televisione, è disponibile con i giornalisti, ma ci tiene a specificare che non rilascia dichiarazioni sottobanco, che si assume la responsabilità di tutto ciò che dice. E non risulta che abbia ambizioni politiche. Insomma, non è un Ingroia qualunque.
Eppure ha fatto un'uscita impropria, anomala. Ma un motivo c'è. Ed è l'estrema anomalia dell'inchiesta che si è trovato a trattare. Lo si capisce da una parte delle sue parole cui non è stata data grande pubblicità: «Ho dei dati conoscitivi, ma se non mi si forniscono degli strumenti particolari per poter acquisire le prove e, quindi, uno sforzo investigativo maggiore io rischio di restare alle conoscenze e non poterle tradurre in atti processuali». Il senso è chiaro: la Procura vuole verificare, ma servono mezzi speciali. Si tratta di tracciare i movimenti di navi in alto mare, di farlo ai margini di un Paese in guerra, di intercettare le comunicazioni di scafisti chiaramente legati a una mafia internazionale che da anni si arricchisce sul traffico di uomini, di fare chiarezza sull'attività non sulle attività di organizzazioni note e con sedi italiane come Save the children e Medici senza frontiere, ma di ben più oscure Ong, alcune delle quali nate apposta per svolgere questa attività, con sedi a Malta, in Spagna e in Germania.
È un'inchiesta che non può prescindere da un impegno del governo. E, infatti, gli elementi da cui parte l'indagine sono stati raccolti dai servizi di intelligence, ma non quelli italiani, guarda caso.
E il timore che il governo in carica non fosse così entusiasta di dare una mano al pm non è così infondato, visto che al linciaggio del magistrato, sia pure con sfumature diverse, si sono prestati i vertici delle istituzioni, vedi la presidente della Camera Laura Boldrini, il ministro dell'Interno Marco Minniti e quello della Giustizia Andrea Orlando, subito seguito dal Csm, mai tanto rapido a intervenire. Il pretesto dell'offensiva contro Zuccaro è che «non si tocca chi salva le vite».
E ci mancherebbe. Ma si dimentica che l'anno scorso, anno di massima attività delle Ong, c'è stato il record di morti nel Mediterraneo. E che i migranti sono l'oggetto di questo traffico sanguinoso, mentre il soggetto è chi guadagna su quei morti. Chiunque dovrebbe voler fermare questo scempio, anche chi vuole accogliere i migranti. C'è un pm che l'ha capito e ha deciso di metterci la faccia. E ora vogliono fargliela pagare.
[h=1]Ong-trafficanti, le segnalazioni dei servizi e il silenzio del governo[/h] [h=2][/h] Fonti militari maltesi e 007 italiani: a bordo delle navi del Moas mercenari e strumenti per le intercettazioni
L'intelligence italiana conosce bene la pratica. I file sul Moas e sulle altre Ong in grado di mandare navi davanti le coste libiche incominciarono a venir redatti fin dall'inizio di Mare Sicuro, la missione navale per la difesa degli interessi nazionali varata nel marzo 2015.
L'attenzione del personale d'intelligence imbarcato sulle nostre unità si focalizzò immediatamente sull'addestramento e sulle capacità del personale di soccorso del Moas, l'Ong basata a Malta e guidata dall'americano Christofer Catrambone e dalla moglie italiana Regina. Bastò poco per scoprire - spiega una fonte de il Giornale - che «gran parte di quel personale veniva arruolato nelle stesse liste di contractors ingaggiati dalle compagnie private di sicurezza». Gli «angeli custodi» dei migranti, con cui lavorava anche Emergency erano, insomma, veri e propri mercenari. O se vogliamo un titolo più à la page professionalissimi «contractors».
Ma la rivelazione più interessante raccolta da il Giornale è un'altra. Secondo fonti militari di Malta le attività del Moas coprono attività d'intelligence per conto del governo statunitense.
E secondo le stesse fonti su almeno una delle due navi del Moas sono, o erano, installate strumentazioni per intercettazioni ad ampio raggio. Nulla d'illegale per carità. Negli Stati Uniti l'intelligence outsourcing, l'affidamento di operazioni di spionaggio a società private dà lavoro a 45mila persone e spartisce fondi per 16 miliardi di dollari. Il problema è la copertura sotto cui il Moas svolge la duplice attività. Il coordinamento delle operazioni di soccorso viene infatti realizzato con il coordinamento della Guardia Costiera. Come se, insomma, un'ambulanza in capo al 118 o a un altro numero di pubblico soccorso, utilizzasse la propria attività per raccogliere informazioni finalizzate alle strategie di potenze straniere.
Non a caso il comandante generale della Guardia Costiera ammiraglio Vincenzo Melone è atteso in Commissione Difesa del Senato per rispondere, già martedì prossimo, a domande che riguarderanno non solo l'esigenza di salvare i profughi in mare, ma anche di preservare gli interessi nazionali in un'area critica come le coste della Libia. Interessi apertamente calpestati dal Moas che per primo - come rivelano sia le segnalazioni di Mare Sicuro, sia dalla missione europea EunavFor Med - iniziò a varcare il limite delle acque territoriali libiche. Tra le quattro operazioni al di sotto delle 12 miglia messe sotto esame nel 2016 due vennero portate a termine tra giugno e luglio dal Phoenix e dalla Topaz-Responder, le due imbarcazioni di 41 e 50 metri in capo al Moas registrate in Belize e nelle isole Marshall. Operazioni registrate dai trasponder di bordo sicuramente non sfuggite all'attenzione della Guardia Costiera.
Il problema a questo punto è se la duplice attività svolta dal Moas sia stata segnalata al nostro governo e se queste segnalazioni siano state recepite con la dovuta attenzione. Per capire che le operazioni del Moas erano il simulacro mediatico di altre attività bastava consultare il sito internet di Tangiers Group, la compagnia capofila di Christoper Catrambone in cui si pubblicizzano apertamente attività come «assicurazioni, assistenza d'emergenza e servizi d'intelligence». Ma come dimostrano gli avvertimenti «politici» ricevuti dal procuratore della Repubblica di Catania, Carmelo Zuccaro, responsabile dell'inchiesta sul Moas e sulle altre Ong, portare alla luce e denunciare quell'ambiguità non è altrettanto facile.
In fondo il signor Catrambone restituiva parte dei proventi incassati con le attività d'intelligence devolvendo 416mila dollari al comitato elettorale di una Hillary Clinton considerata, fino allo scorso novembre, la prossima, inarrestabile inquilina dello Studio Ovale.
Il tutto mentre la moglie Regina spiegava sul sito Open Democracy - un'organizzazione di George Soros - la necessità di garantire agli immigrati accessi facilitati in Europa. Referenze complicate e imbarazzanti. Capaci di vanificare anche le esigenze di sorveglianza attribuite solitamente a un governo.
LA BOMBA DI ZUCCARO [h=1]Immigrazione, Grasso attacca Di Maio: "Hai lacune in diritto...", il grillino replica: "Non le accetto da te"[/h] 29 Aprile 2017
È scoppiato il botta e risposta tra il vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio, e il presidente del Senato, Piero Grasso, dopo la denuncia pubblica del procuratore di Catania, Carmelo Zuccaro, sulla sospetta collusione tra le Ong e i trafficanti di immigrati. A favore delle Ong sono scesi in campo il premier Paolo Gentiloni e il ministro della Giustizia, Andra Orlando, che ha invitato il magistrato a "far parlare gli atti giudiziari". Fuori dal coro dei ministri è stato Angelino Alfano, a favore del procuratore catanese. A fare eco però al pensiero dominante nel governo, ci hanno pensato i presidenti di Camera e Senato, Laura Boldrini e Piero Grasso.
Un vero e proprio "accanimento", ha scritto Di Maio su Facebook, contro Zuccaro: "Il governo ha iniziato una crociata contro il Procuratore di Catania Zuccaro e ha chiesto di farsi spalleggiare dai due Presidenti delle Camere - Boldrini e Grasso - che dovrebbero essere due cariche al di sopra delle parti e che invece hanno deciso di prendere parte alla fiera dell'ipocrisia sulle Ong. Da queste persone non accetto lezioncine sulla responsabilità delle cariche istituzionali!".
A stretto giro, sempre su Facebook, ha risposto Grasso mettendo i panni del docente: "Caro Luigi - ha scritto - sei giovane, ma faresti bene a ricordarti che a tutte le età si può e deve imparare. Hai già dimostrato più volte di avere grosse lacune, in storia, geografia e diritto: qualche lezione ti sarebbe utile".
La replica non si fa attendere da parte del grillino che ha preso di petto l'attacco del presidente del Senato: "Continuano gli attacchi. Il presidente del Senato Grasso dice che sul caso Ong ho qualche lacuna e ho bisogno di qualche lezione.
Caro Grasso, io non smetto mai di imparare nella vita, ma dal suo partito che prendeva soldi dal business degli immigrati non ho proprio nulla da apprendere. Anni e anni di magistratura eppure le è sfuggito".
"È una cagata, roba di provincia, la provincia più triste". Ha parlato così Oliviero Toscani in merito alla campagna di comunicazione per le primarie del Pd. Il fotografo e pubblicitario milanese è stato telefonicamente raggiunto in Messico da Il Fatto Quotidiano e si è subito espresso duramente in merito al dibattito che riguarda il partito: "Lasci stare questa politica, non me ne intendo e non ne voglio sapere, non mi interessa più niente della politica italiana".
Toscani non ha per niente seguito il confronto tv per le primarie e si è duramente espresso nei confronti degli italiani e di Matteo Renzi. "Gli italiani coglioni che ancora perdono il tempo con questa politica, chiacchieroni ma non hanno ancora capito che devono mandare tutti a cagare?".
E sull'ex premier dice: "Deve andare fuori dai coglioni quello lì, aveva perso, non è andato ed è ancora lì".