Roberto57
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Le donne, affaccendate nella raccolta delle spighe cadute per terra, donavano agli uomini un mazzetto di garofano e basilico, da portare dietro l’orecchio per scacciare gli insetti.
Il grano si portava dal mugnaio, una parte si vendeva, una quantità poco alla volta si macinava e si prendeva la farina per fare il pane o altro, oppure serviva per nutrire il bestiame insieme alla crusca.
L’ultimo giorno di mietitura si faceva una grande festa accompagnata da un lauto pranzo (naturalmente con cibi della tradizione contadina e vino ) e canti.
Era un’occasione per festeggiare la vita, le sue stagioni e la famiglia, spesso era anche la giusta occasione per cercava di far accasare nubili e celibi.
Giovanni Verga nella sua “Sera di giugno” ci fa rivivere quei momenti con poetica lucidità:
La luna doveva già essere alta dietro il monte
Tutta la pianura, allo sbocco della valle, era illuminata da un chiarore d’alba.
A poco a poco al dilagar di quel chiarore, anche nella costa cominciarono a spuntare i covoni raccolti in mucchi, come tanti sassi posti in fila.
Degli altri punti neri si muovevano per la china, e a seconda del vento giungeva il suono grave e lontano dei campanacci che portava il bestiame grosso, mentre scendeva passo passo verso il torrente.
Di tratto in tratto soffiava pure qualche folata di venticello più fresco dalla parti di ponente e per tutta la lunghezza della valli udivasi lo stormire delle messi ancora in piedi.
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